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"All the Devil's Men"di Matthew Hope(2017) racconta, praticamente, storie di persone ai margini: il doppiogiochista, il traditore, il cacciatore di taglie che è prigioniero di dosi massicce di amfetamina, altri personaggi che non sono molto diversi. Nonostante il nome, il regista Hope sembra decisamente uno che, pur se forse non è un nichilista integrale, deve essere decisamente scoraggiato da quanto avviene; la lotta contro l'Islamic State non è facile, avendo a che fare, appunto, con doppiogiochisti e personaggi vari, di un sottobosco che affianca i servizi segreti(che di per sé, spesso, non sono composti solo da persone"a prova di ogni sospetto"), composto sostanzilamene da mercenari. Viene da dire"dura lex, sed lex", ma non in riferimento ala legislazione, bensì alla dura legge della"giungla"in cui da sempre agiscono i servizi, di volta in volta denigrati, osannati, trattati"oggettivmente"(poche volte, in realtà, anche perché è molto difficile, realmente, avere una visione realistica). La complessità e la suspense legata all'attesa viene evidenziata da quest'opera, comunque di notevole interesse. Milo Gibson, figlio del più famoso Mel, offre una prova decisamente interessante, rifuggendo dai clichés più abusati, per rendere questi personaggi. Anche Sylvia Hoeks rende un ruolo difficile(la coordinatrice della CIA in un determinato settore)in modo sottilmente amiguo, senza cediment a stilemi interpretativi che sarebbero facili, ma risulterebbero senz'altro banalizzanti. El Gato
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