ashtray_bliss
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martedì 10 gennaio 2017
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la (ri)nascita di una nazione.
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The Birth of A Nation stringe l'occhio al suo omonimo predecessore e in modo totalmente audace e impavido si appropria del titolo e ne ribalta il contenuto, raccontando la storia della rinascita dell'America attravverso le battaglie della popolazione afro-americana in cerca di uguaglianza, riscatto e anche di vendetta. Ma sopra ogni cosa, in cerca di giustizia; quella parola e quel concetto che spesso viene soffocato e annientato con le torture, le sevizie, il calpestamento dei diritti umani. Nate Parker ripercorre quindi le gesta e la vita di Nate Turner, un personaggio veramente esistito e di cui si è fatto di tutto per cancellarne le traccie e la memoria.
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The Birth of A Nation stringe l'occhio al suo omonimo predecessore e in modo totalmente audace e impavido si appropria del titolo e ne ribalta il contenuto, raccontando la storia della rinascita dell'America attravverso le battaglie della popolazione afro-americana in cerca di uguaglianza, riscatto e anche di vendetta. Ma sopra ogni cosa, in cerca di giustizia; quella parola e quel concetto che spesso viene soffocato e annientato con le torture, le sevizie, il calpestamento dei diritti umani. Nate Parker ripercorre quindi le gesta e la vita di Nate Turner, un personaggio veramente esistito e di cui si è fatto di tutto per cancellarne le traccie e la memoria. Ma oggi ci troviamo di fronte ad un prodotto eccezionalmente riuscito che ne fotografa la vita e le azioni. Supportato da un'ottima fotografia, nitida, vivida e più che mai appassionata Parker (qui oltre che attore è regista, produttore e sceneggiatore) e scandito da una regia sapiente e particolareggiata che nulla lascia al caso. Curato nei minimi dettagli The Birth of A Nation diventa sequenza dopo sequenza un fiume in piena che non edulcora e non risparmia niente per nessuno. E' violento, sanguinolento, furioso. Più di qualsiasi altra cosa emana però uno spirito rivoluzionario e reazionario, uno spirito liberatorio e audace che osa contrastare l'establishment hollywoodiano odierno proponendo visivamente, e nella stessa misura, la ferocia delle barbarie compiute dai bianchi contro i neri ma anche quelle dei neri contro i bianchi. Ed ecco la carta vincente del emergente Nate Parker: la resa visiva di una Nazione divisa sotto ogni aspetto razziale, sociale, culturale. Una Nazione che inaspettatamente cammina verso l'alba della guerra civile, la guerra di secessione e quella che porrà fine alla schiavitù dei neri. Fotografando così la decadenza morale, etica e sociale di una nazione in contrasto con se stessa. Un contrasto che viene reso in modo impeccabile anche sullo schermo, grazie alle riprese di quelle estese ed interminabili piantagioni di cotone e del contrasto naturale che si pone tra la morbidezza della materia stessa e la dolorosa difficoltà materiale di raccoglierla. Quelle mani nare, ferite ed insanguinate dalle spine per raccogliere i batufoli di cotone sono immagini che ti colpiscono, ti restano impresse ed anche dal lato estetico non possono che essere apprezzate.
La storia dunque, biografica ed ambientata nella Virginia del 1830, procede in modo lineare interrotta soltanto da alcune disparate sequenze oniriche che servono ad alleviare momentaneamente lo spettatore. E ci mostrandoci dapprima come Nate riesca a spiccare tra i bambini degli schiavi nella proprietà dei Turner per il suo talento nell'essere in grado a leggere. La famiglia "adottiva" dunque gli insegnerà a leggere ed interpretre la Bibbia e da ormai adulto l'uomo diventerà un pastore ed un predicatore di indubbio talento che riscuote successo anche tra gli stessi schiavi. Ma mentre Nate gode di una notevole libertà di azione e movimento datagli dalla famiglia di cui porta il cognome si renderà presto testimone delle sevizie e dei soprusi che la sua gente è costretta a subire quotidianamente nei campi e nelle proprietà di altri signori della terra. Nate da mite, umile e ubbediente schiavo inizierà e leggere ed interpretare i versetti biblici in modo completamente diverso da quanto fatto finora e ci vedrà l'incitamento ad una sanguinolenta rivolta. Il risveglio di un'intero popolo che decide di smettere di servire e ubbedire ma di prendersi in mano le redini del proprio destino e combattere per la propria dignità e libertà. Una sete implacabile di autodeterminazione, vendetta e giustizia. Ma quest'ultima ancora giace silenziosa e soffocata dalla sopraffazione della violenza la quale non viene risparmiata in nessuna delle sue sfumature ma viene mostrata in maniera Tarantiniana.
Eppure il risultato finale di Parker è un film visivamente potente, struggente e drammatico. Una pellicola che rappresenta un inno alla ribellione, alla libertà e all'uguaglianza tra i popoli della nazione ma che non si risparmia dal versare sangue e sfocare, come tutte le altre rivolte, in cieca violenza. Facendo così di Birth of a Nation una pellicola disturbante e pervasa dalla violenza insensata e gratuita che indistintamente caratterizzò entrambe le parti.
Attuale tutt'oggi, Nate Parker denuncia l'imperante razzismo e la divisione che continua a caraterizzare gli States duecento anni dopo i primi passi mossi dal suo omonimo predecessore.
Supportato da ottime e convincenti interpretazioni nonchè da una memorabile colonna sonora (dove su tutti spicca l'emblematica Strange Fruits), ma pure da una nitida e a tratti poetica e suggestiva fotografia si compone un ritratto audace, imponente e viscerale che riesce a scolvolrgerti ma che ti fa anche pensare e riflettere. Sul passato e sul presente, su che tipo di società siamo disposti a lasciare alle prossime generazioni, se è vero che il sangue chiama sangue e la violenza si placa con ulteriore violenza. Se aveva più ragione Malcom X oppure Martin Luther King. La risposta non è scontata ma dev'essere frutto di un lungo processo di meditazione e introspezione.
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hector ternaz
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mercoledì 21 dicembre 2016
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il valore della ribellione 2
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Un’altra intuizione di Parker, questa volta pienamente sviluppata, è quella sull’ambivalente ruolo sociale della religione: strumento di dominio attraverso la predicazione della rassegnazione, attraverso la mortificazione dei desideri più elementari considerati “impuri”, attraverso la promessa di una vita beata dopo la conclusione di una vita di privazione e sottomissione; e, allo stesso tempo, religione come “sospiro della creatura oppressa”, strumento di rivolgimento, di riscatto, di vendetta sociale. La storia conosce bene questo secondo aspetto della religione, impugnato da figure come Fra Dolcino o Thomas Muntzer. Come in quei casi, Nat Turner dà voce al suo anelito di ribellione utilizzando gli strumenti che ha a disposizione: le sacre scritture, tanto vaste ed eterogenee da contenere sia giustificazioni che condanne della schiavitù e dell’oppressione.
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Un’altra intuizione di Parker, questa volta pienamente sviluppata, è quella sull’ambivalente ruolo sociale della religione: strumento di dominio attraverso la predicazione della rassegnazione, attraverso la mortificazione dei desideri più elementari considerati “impuri”, attraverso la promessa di una vita beata dopo la conclusione di una vita di privazione e sottomissione; e, allo stesso tempo, religione come “sospiro della creatura oppressa”, strumento di rivolgimento, di riscatto, di vendetta sociale. La storia conosce bene questo secondo aspetto della religione, impugnato da figure come Fra Dolcino o Thomas Muntzer. Come in quei casi, Nat Turner dà voce al suo anelito di ribellione utilizzando gli strumenti che ha a disposizione: le sacre scritture, tanto vaste ed eterogenee da contenere sia giustificazioni che condanne della schiavitù e dell’oppressione. È normale che sia così dal momento che la sua unica lettura è la Bibbia, in quanto i “libri per bianchi” sarebbero per i difensori della schiavitù “troppo complicati per le limitate capacità intellettive dei neri”. Nat Turner usa l’Antico Testamento perché non ha accesso né a Voltaire, né a Rousseau, né a Morelly né a nessun altro autore. Nat Turner trova le parole per esprimere il suo furore negli incendiari versetti di un libro che racconta le tribolazioni di un popolo che, come il suo, ha patito la schiavitù, e trae ispirazione dalla antica lotta millenaria di quel popolo per concepire la lotta del “suo” popolo.
Storicamente, la rivolta di Nat Turner, non fu semplicemente una rivolta razziale, fu una lotta condotta da “una classe particolare della popolazione” contro un’altra classe, e ciò è testimoniato dal fatto che i rivoltosi massacrarono solo i padroni di schiavi locali e le loro famiglie, risparmiando deliberatamente alcune fattorie di “poor whites”, piccoli contadini “bianchi poveri” e privi di schiavi, incontrate lungo il loro percorso. Forse questo aspetto non è stato opportunamente messo in evidenza ma comunque il film di Parker ha il merito, e ribadisco il merito, di sottolineare un episodio importante della storia americana, la più rilevante insurrezione di schiavi degli Stati Uniti (anche se certamente non l’unica) e soprattutto il valore morale della rivolta contro l’oppressione. Nel caso specifico si trattò di una rivolta violenta, feroce, spietata, ma chi vede il film non può fare a meno di riflettere sul fatto che tutta quella violenza non fu che il tracimare di un cumulo di violenze troppo a lungo sopportate da generazioni e generazioni di neri, che non hanno avuto pietà di nessuno perché gli era stata strappata anche la pietà per sé stessi.
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luigi chierico
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lunedì 19 dicembre 2016
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ambizioso
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Mancano pochi decenni dall’inizio della Guerra di Secessione tra il Nord ed il Sud America ed il nero viene distinto dal bianco, ancora come oggi.
Nate Parker regista di colore,produttore,scrittore ed interprete del film sottolinea questa diversità mostrando frequentemente il netto contrasto tra i due colori. Un bambino nasce tra un popolo africano a cui viene dato il nome di Nat, Nate è il nome dell’autore ,ricorda Natale e viene nelle nostre sale proprio nel periodo natalizio.
Una sedia a dondolo di un candido bianco oscilla dinanzi all’ingresso di una grande villa senza che nessuno ci sia seduto. I padroni bianchi del Sud America saranno fatti rientrare nei ranghi dai loro schiavi negri così il regista annuncia “Il risveglio di un popolo”.
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Mancano pochi decenni dall’inizio della Guerra di Secessione tra il Nord ed il Sud America ed il nero viene distinto dal bianco, ancora come oggi.
Nate Parker regista di colore,produttore,scrittore ed interprete del film sottolinea questa diversità mostrando frequentemente il netto contrasto tra i due colori. Un bambino nasce tra un popolo africano a cui viene dato il nome di Nat, Nate è il nome dell’autore ,ricorda Natale e viene nelle nostre sale proprio nel periodo natalizio.
Una sedia a dondolo di un candido bianco oscilla dinanzi all’ingresso di una grande villa senza che nessuno ci sia seduto. I padroni bianchi del Sud America saranno fatti rientrare nei ranghi dai loro schiavi negri così il regista annuncia “Il risveglio di un popolo”. Ancora nel buio della notte si confondono i volti degli operai schiavi su cui si illuminano le loro candide pupille dai grandi occhi nerissimi e i loro denti tanto bianchi su un volto tanto nero. Anche la musica che accompagna l’inizio del film è data dal suono dei testi di un pianoforte, ancora i tasti bianchi accanto ai testi neri non in contrasto e rivolta ma in un’armonia che va diretta al cuore. Un gran bel film per chi sa vedere oltre, per chi non si sofferma sulla trama, sebbene importante e molto forte, talora da lasciare senza respiro. A quanto orrore arriva il bianco contro il negro:la negretta portata al guinzaglio per divertimento come un cane, una giovane violentata, un corpo lacerato dalle frustate, come il Cristo,che ricorda un’analoga scena nel film “!2 anni schiavo”. Per rimanere nel simbolismo accanto ad un intero popolo di neri una sconfinata terra, una piantagione di piante di cotone, batuffoli d’ovatta candidi soffici fiori, tante volte insanguinati dal sangue dei negri frustati dei bianchi padroni. Ancora un gran bel film per le tante belle immagini e fotografie, gli alberi che portano i loro rami al cielo parlano di Dio e di Cristo come Nat alle sue genti, i suoi discorsi tratti dalla Bibbia serviranno dapprima a far accettare la sottomissione al padrone perché “gli ultimo saranno i primi” e “per essi sarà il regno dei Cieli” e poi per condurli alla rivolta, al risveglio “ Il risveglio di un popolo” con il brano di Marco 12,44 . 22:24.” Si leveranno falsi profeti e faranno segni e prodigi da sedurre,se fosse possibile anche gli eletti…..ma in quei giorni, dopo quella tribolazione, si oscurerà il sole, e la luna non darà la solita luce e cadranno le stelle dal firmamento e le forze dei cieli si commuoveranno”. Un gran bel film, c’è ancora tanto da dire ma non posso tacere sull’immagine di una coppia di colore nell’atto di donarsi per la prima volta illuminata da candele che si appoggiano l’un l’altra per formare una sola fiamma, un amore, unione indissolubile. L’amore tra un uomo ed una donna, l’amore tra i popoli ! La colonna sonora leggera accompagna e sottolinea anche i momenti più tragici. Ottima la scenografia e l’interpretazione, e come già detto buona la musica e la fotografia. Un film adulto per un pubblico adulto non nel senso anagrafico ma cinematografico mi induce a condividere i riconoscimenti e a qualificarlo ottimo, un coraggio di Nate Parker da premiare augurando che il suo messaggio venga raccolto da tutta la terra e auspicando che ogni popolo possa vivere libero nella propria patria, sulla terra dei propri avi senza andare ramingo come “L’ebreo errante” di cui scrisse E. Sue subito dopo che Nat Turner ebbe a portare alla rivolta dei negri in Virginia.
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hector ternaz
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mercoledì 21 dicembre 2016
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il valore della ribellione
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The Birth of a Nation è significativo già dal titolo. Parker riprende derisoriamente il titolo della vergognosa pellicola di Griffith sulle “epiche” gesta dei “coraggiosi” incappucciati del Ku Klux Klan, ma soprattutto ci racconta su quali fondamenta è nata l’America, battezzata nel sudore e nel sangue di milioni di esseri umani costretti a perdere la propria umanità. Il film narra la vicenda di Nat Turner, schiavo, predicatore, ribelle. Nonostante qualche imprecisione storica (Nat nella sua vita passò nelle mani di diversi padroni), viene restituito il significato dell’istituzione schiavista in tutto il suo intollerabile abominio, la sua crudele quotidianità capace di annichilire negli uomini e nelle donne ogni rispetto di sé, ogni sentimento, ogni speranza.
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The Birth of a Nation è significativo già dal titolo. Parker riprende derisoriamente il titolo della vergognosa pellicola di Griffith sulle “epiche” gesta dei “coraggiosi” incappucciati del Ku Klux Klan, ma soprattutto ci racconta su quali fondamenta è nata l’America, battezzata nel sudore e nel sangue di milioni di esseri umani costretti a perdere la propria umanità. Il film narra la vicenda di Nat Turner, schiavo, predicatore, ribelle. Nonostante qualche imprecisione storica (Nat nella sua vita passò nelle mani di diversi padroni), viene restituito il significato dell’istituzione schiavista in tutto il suo intollerabile abominio, la sua crudele quotidianità capace di annichilire negli uomini e nelle donne ogni rispetto di sé, ogni sentimento, ogni speranza. Il regista ha realizzato una storia equilibrata, che non indulge esageratamente sugli episodi di violenza e brutalità perpetrati dai bianchi “gentlemen” del Sud – e chi conosce quella storia sa che furono un ben più orrido campionario di atrocità-, li mostra quel tanto che serve a capire che cosa significava avere la pelle nera negli Stati Uniti del XIX secolo e non si compiace di scene “splatter” per il gusto di scandalizzare il pubblico. Semmai Parker avrebbe potuto sviluppare ulteriormente uno spunto molto interessante: il fatto che la rivolta sia stata ideata e pianificata da uno schiavo tutto sommato “privilegiato” rispetto ai suoi compagni di sventura. Nat sa leggere e scrivere, è stato educato, per gran parte della sua vita ha lavorato nella casa padronale e non nei campi, è stato trattato “bene” dai suoi padroni. Eppure è l’autore di uno spietato eccidio di bianchi della Virginia. È in questo “eppure” che risiede tutta l’incomprensione, storica e contemporanea, della vicenda. Uno schiavo è sempre uno schiavo, è la maggiore coscienza della propria condizione ad alimentare il furore di Nat Turner, è la sua educazione a fargli comprendere di essere per i bianchi poco più di un animale ammaestrato, è il suo “privilegio”, la sua contiguità con il mondo dei liberi a fargli respirare il profumo irraggiungibile della libertà e a soffiare sul fuoco del suo odio per chi tiene in catene lui ed i suoi simili, l’odio per i padroni, tutti, anche quelli “buoni”.
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elgatoloco
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venerdì 13 ottobre 2017
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film di grande rilievo storico-comunicativo
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Nate Parker, attore e autore cinematografico meno che quarantenne, ha scritto e diretto"The Birth of a Nation"(2016), sulla figura di Nat Turner(18oo-1831), afroamericano ribelle allo schiavismo, in chiave mistica(era un pastore)e anche insurrezionale, non risparmiando la violenza contro la violenza terribile degli schiavisti, nellaivai Virginia, stato del Sud degli States in cui lo schiavismo imperava e bisogna ricordare che siamo, all'epoca della morte di Turner, due generazioni prima della Guerra di Secessione, che invero non cambierà tutto, ma almeno qualcosa, con la vittoria dei"Nordisti", a proposito di fine (ufficiale, almeno)della tratta degi schiavi e dello schiavismo.
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Nate Parker, attore e autore cinematografico meno che quarantenne, ha scritto e diretto"The Birth of a Nation"(2016), sulla figura di Nat Turner(18oo-1831), afroamericano ribelle allo schiavismo, in chiave mistica(era un pastore)e anche insurrezionale, non risparmiando la violenza contro la violenza terribile degli schiavisti, nellaivai Virginia, stato del Sud degli States in cui lo schiavismo imperava e bisogna ricordare che siamo, all'epoca della morte di Turner, due generazioni prima della Guerra di Secessione, che invero non cambierà tutto, ma almeno qualcosa, con la vittoria dei"Nordisti", a proposito di fine (ufficiale, almeno)della tratta degi schiavi e dello schiavismo. Già polemico nel titolo, "The Birth of a Nation"reduplica polemicamente il capolavoro muto di David Work Grifith(1915), film quantomeno controverso che, a parte il valore tecnico(Griffith non era certo uno sprovveduto), era notoriamente stato finanziato dal Ku-Klux Klan e conteneva dunque tesi programmatiche razziste.): Qui il rovesciamento: Nate Parker, dunque Natahniel come anche Nat Turner(parziale identificazione, volendo...)ci mostra l'orrore dello schiavismo, per cui il ragazzo iper.-dotato Turner , capace di leggere e scrivere quando nessun Alfroamericano sapeva farlo viene costretto, per motivi economici, a lasciare gli studi(che pproseguirà da autodidatta, con brillanti risultati)per continuare a fare il tagliatore di cotone, produzione-monocultura(o quasi)in Virginia all'epoca. Toni accesi anche fotograficamente, con l'uso frquente del flash-back, è chiaramente(e molto comprensibilmente) un film a tesi, realizzato in epoca ancora obamiana(oggi con Trump e quanto sta dietro alla figura)e non rifugge,anzi, dalla rappresentazione della violenza, che ha inevitabilmente creato polemiche(sempre salutari, credo, negli States come dappertutto)per riscrivere, anche proprio a livello di immaginario collettivo, qiuello veicolato dai media, quanto era già risaputo ma apparteneva al famoso"passato che non passa", come si suol dire... Interpreti(Bianchi, Afroamericani, mulatti)tutti/e assolutamewnte in parte. El Gato
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gaiart
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domenica 16 ottobre 2016
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di come sia piccolo l'esser uman specialmn bianco
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BIRTH OF A NATION
Facce intelligenti, occhi bianchi che si stagliano nell’oscurità del nero, intervallate al bianco del cotone nei campi, anime potenti. Con una fotografia eccellente, un cast scelto con cura fin dal piccolo protagonista Nat, unico in grado di leggere nel profondo sud degli Usa dove si svolge la storia, viene messa in piedi una realtà da molti ignorata, dimenticata, persino dai libri di storia.
Parliamo della storia particolare di un uomo, della schiavitù del popolo africano, delle torture, i soprusi fisici, morali, sessuali, economici a cui questi potenti esseri umani hanno dovuto sottomettersi per molti anni.
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BIRTH OF A NATION
Facce intelligenti, occhi bianchi che si stagliano nell’oscurità del nero, intervallate al bianco del cotone nei campi, anime potenti. Con una fotografia eccellente, un cast scelto con cura fin dal piccolo protagonista Nat, unico in grado di leggere nel profondo sud degli Usa dove si svolge la storia, viene messa in piedi una realtà da molti ignorata, dimenticata, persino dai libri di storia.
Parliamo della storia particolare di un uomo, della schiavitù del popolo africano, delle torture, i soprusi fisici, morali, sessuali, economici a cui questi potenti esseri umani hanno dovuto sottomettersi per molti anni.
Qui siamo nel 1831, prima dello scoppio della Guerra civile. Nat è uno schiavo letterato e predicatore. Il suo proprietario Samuel Turner decide di sfruttarlo ulteriormente per sottomettere anche altri schiavi, specie quelli più indisciplinati. Birth of a nation narra una storia tristemente vera.
Dopo innumerevoli atrocità commesse ai danni dei compagni di schiavitù, Nat escogita un piano per condurre la sua gente verso la libertà. Il suo movimento di liberazione andrà però incontro a una violenta rappresaglia da parte dei bianchi che porterà morti e ulteriore dolore, ma fungerà da scintilla per la ribellione, i dibattiti sulla razza e la liberazione finale dal giogo.
Il film ha un buon ritmo e si colloca nella tradizione di pellicole come 12 anni schiavo e Lincoln, ma risulta più intenso, meno lento e banale, a parte qualche ingenuo cedimento.
Proprio per questi va anche ricordato che è un’opera prima di Nate Parker, regista e attore protagonista, che ha visto lungo e ha creduto nel progetto, dato ed è stato prima prodotto in maniera indipendente in cantiere da molti anni, prima di riuscire a rivenderlo durante il Sundance Film Festival 2016, alla Fox Searchlight Pictures per 17,5 milioni di dollari, una delle cifre più alte mai pagata da una major per portare in sala un film indipendente.
Non solo per i costi, ma per la potenza del film, calibrata agli eventi di nuova violenza negli Usa verso gli afroamericani, o all’ipocrisia di chi mistifica la religione che fa da sfondo in tutto il film e nella vita, ieri come oggi, creando tanti danni e una distorsione d’interpretazione delle sacre scritture estremamente attuale, il film va visto per rendersi consapevoli di uno scempio che deve divenire irripetibile per l’umanità bianca, ma che ahimè sembra sempre e ancora una volta non capire dove sbaglia.
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