The Birth of a Nation - Il risveglio di un popolo |
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Un film di Nate Parker.
Con Armie Hammer, Gabrielle Union, Penelope Ann Miller, Aunjanue Ellis.
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Titolo originale The Birth of a Nation.
Biografico,
Ratings: Kids+13,
durata 117 min.
- USA 2016.
- 20th Century Fox Italia
uscita mercoledì 14 dicembre 2016.
MYMONETRO
The Birth of a Nation - Il risveglio di un popolo
valutazione media:
2,92
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Il valore della ribellionedi Hector TernazFeedback: 400 | altri commenti e recensioni di Hector Ternaz |
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mercoledì 21 dicembre 2016 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
The Birth of a Nation è significativo già dal titolo. Parker riprende derisoriamente il titolo della vergognosa pellicola di Griffith sulle “epiche” gesta dei “coraggiosi” incappucciati del Ku Klux Klan, ma soprattutto ci racconta su quali fondamenta è nata l’America, battezzata nel sudore e nel sangue di milioni di esseri umani costretti a perdere la propria umanità. Il film narra la vicenda di Nat Turner, schiavo, predicatore, ribelle. Nonostante qualche imprecisione storica (Nat nella sua vita passò nelle mani di diversi padroni), viene restituito il significato dell’istituzione schiavista in tutto il suo intollerabile abominio, la sua crudele quotidianità capace di annichilire negli uomini e nelle donne ogni rispetto di sé, ogni sentimento, ogni speranza. Il regista ha realizzato una storia equilibrata, che non indulge esageratamente sugli episodi di violenza e brutalità perpetrati dai bianchi “gentlemen” del Sud – e chi conosce quella storia sa che furono un ben più orrido campionario di atrocità-, li mostra quel tanto che serve a capire che cosa significava avere la pelle nera negli Stati Uniti del XIX secolo e non si compiace di scene “splatter” per il gusto di scandalizzare il pubblico. Semmai Parker avrebbe potuto sviluppare ulteriormente uno spunto molto interessante: il fatto che la rivolta sia stata ideata e pianificata da uno schiavo tutto sommato “privilegiato” rispetto ai suoi compagni di sventura. Nat sa leggere e scrivere, è stato educato, per gran parte della sua vita ha lavorato nella casa padronale e non nei campi, è stato trattato “bene” dai suoi padroni. Eppure è l’autore di uno spietato eccidio di bianchi della Virginia. È in questo “eppure” che risiede tutta l’incomprensione, storica e contemporanea, della vicenda. Uno schiavo è sempre uno schiavo, è la maggiore coscienza della propria condizione ad alimentare il furore di Nat Turner, è la sua educazione a fargli comprendere di essere per i bianchi poco più di un animale ammaestrato, è il suo “privilegio”, la sua contiguità con il mondo dei liberi a fargli respirare il profumo irraggiungibile della libertà e a soffiare sul fuoco del suo odio per chi tiene in catene lui ed i suoi simili, l’odio per i padroni, tutti, anche quelli “buoni”.
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