iuriv
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giovedì 4 agosto 2016
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quasi il solito alodovar.
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Difficile parlare di questo Julieta. Nonostante le straordinarie doti narrative di Almodovar, infatti, la sensazione che qui manchi qualcosa mi ha colpito fin dal termine della visone.
Il regista, come al solito, pone una donna al centro della sua storia e la mette in relazione con un sentimento di perdita che ne domina l'esistenza. Questo, unito al senso di colpa che travolge tutti i personaggi principali, è il vero cardine attorno al quale la storia si muove.
Lo spagnolo sceglie di rinunciare all'ironia, proponendo il racconto come un dramma classico e senza filtri. Ne esce una pellicola abbastanza convenzionale, girata con discrezione, priva di guizzi ma non di momenti intensi.
Almodovar sceglie di non accompagnarci fino alla fine della storia, giudicando la sua opera, così com'è, già in grado di farci intuire gli sviluppi del rapporto centrale che la caratterizza.
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Difficile parlare di questo Julieta. Nonostante le straordinarie doti narrative di Almodovar, infatti, la sensazione che qui manchi qualcosa mi ha colpito fin dal termine della visone.
Il regista, come al solito, pone una donna al centro della sua storia e la mette in relazione con un sentimento di perdita che ne domina l'esistenza. Questo, unito al senso di colpa che travolge tutti i personaggi principali, è il vero cardine attorno al quale la storia si muove.
Lo spagnolo sceglie di rinunciare all'ironia, proponendo il racconto come un dramma classico e senza filtri. Ne esce una pellicola abbastanza convenzionale, girata con discrezione, priva di guizzi ma non di momenti intensi.
Almodovar sceglie di non accompagnarci fino alla fine della storia, giudicando la sua opera, così com'è, già in grado di farci intuire gli sviluppi del rapporto centrale che la caratterizza. Forse non fa la scelta giusta. Il personaggio assente viene introdotto in modo da costruire mistero e attesa, non poterlo saggiare lascia un filo delusi.
Comunque il regista ottiene il massimo dalle sue interpreti, profonde e capaci fino alla fine e in grado di far respirare allo spettatore i vari disagi che sono costrette ad affrontare. Riesce anche a mostrare un colpo di genio, nel momento in cui sostituisce la protagonista.
In fin dei conti Julieta è un film godibile, che fa della brevità il suo cavallo di battaglia, ma che lascia interdetti a causa di alcune svolte un po' frettolose.
E' Almodovar, ma forse non al suo meglio.
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jack beauregard
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martedì 12 luglio 2016
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un film spento
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Un film spento, che non decolla mai del tutto, che non riesce realmente ad appassionarti.
Questa è l'impressione principale che ho avuto dopo la visione (e in parte anche durante).
E sì che ce n'era di materiale, di carne messa al fuoco in questa storia che ha i contorni della tragedia, ma non sfocia mai in veri momenti drammatici. O meglio, i momenti drammatici ci sarebbero, ma ci vengono solo raccontati e spiegati a parole... peccato che siamo al cinema e non davanti a un buon libro.
Troppe cose forse, troppi personaggi abbozzati che sembrano sempre sul punto di svelare chissà cosa (come sembra sottolineare costantemente la "ansiosa" colonna sonora) o promettono chissà quale sviluppo che non viene mantenuto: penso al rapporto con la madre malata e col padre, all'amica adolescente, alla scultrice, alla governante (sbiadito riferimento hitchcockiano) il cui ruolo, seppur secondario, rappresenta il motivo scatenante della parte più oscura della vicenda.
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Un film spento, che non decolla mai del tutto, che non riesce realmente ad appassionarti.
Questa è l'impressione principale che ho avuto dopo la visione (e in parte anche durante).
E sì che ce n'era di materiale, di carne messa al fuoco in questa storia che ha i contorni della tragedia, ma non sfocia mai in veri momenti drammatici. O meglio, i momenti drammatici ci sarebbero, ma ci vengono solo raccontati e spiegati a parole... peccato che siamo al cinema e non davanti a un buon libro.
Troppe cose forse, troppi personaggi abbozzati che sembrano sempre sul punto di svelare chissà cosa (come sembra sottolineare costantemente la "ansiosa" colonna sonora) o promettono chissà quale sviluppo che non viene mantenuto: penso al rapporto con la madre malata e col padre, all'amica adolescente, alla scultrice, alla governante (sbiadito riferimento hitchcockiano) il cui ruolo, seppur secondario, rappresenta il motivo scatenante della parte più oscura della vicenda. Ma sono tutti personaggi un po' buttati lì, alla fine resta una sensazione di spreco, di mancato approfondimento.
E poi, vogliamo, dirlo, le motivazioni sono flebili, Julieta in realtà non ha nessuna colpa, a meno che uno non voglia sentirsi artefice volontario di qualsiasi evento casuale della vita (sì, ce sta na parola sola: "destino"), ma a quel punto il tema del film si sarebbe dovuto indirizzare sul campo psichiatrico o religioso. Ecco, appunto, anche la stessa deriva spirtituale della figlia è solo accennata, raccontata da terzi, non c'è una sola immagine che faccia presagire o spieghi a posteriori.
E pure la recitazione resta come un po' in sospeso, come tutto il film, con il cambio di attrici che interpretano Julieta che forse non è dei più azzeccati, troppo simili e al contempo così diverse, sulla carta dovrebbero rappresentare due stati d'animo, due stadi della vita completamente diversi, mantenendo però un trait d'union, ma l'operazione non riesce del tutto. Anche lo stacco tra le due fasi bisognava di una maggiore dilatazione cronologica, così l'asciugatura dei capelli diventa solo un giochino un po' forzato.
Oddio, non è tutto da buttare via, di buono restano molte immagini, i colori dominanti (rossi e blu), così intensi e accesi, e una storia che avanza, in maniera un po' troppo schematica (nonostante sia giocata su piani temporali diversi), ma senza mai annoiare, con un lento disvelamento e mantenendo viva una buona dose di curiosità sui suoi esiti.
Un film vedibile sicuramente, non certo imperdibile.
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fabiofeli
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venerdì 8 luglio 2016
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ognuno sconta la "sua" colpa
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Julieta (Adriana Ugarte), una bella donna in viaggio in treno in una Spagna innevata, si reca nel vagone ristorante per evitare un colloquio che ritiene noioso con un viaggiatore che vorrebbe confidarsi con lei. Lì conosce Xoan (Daniel Grao), che fa il pescatore nel mare a Nord della Spagna. Dopo una sosta del treno in una stazione si verifica un incidente. Il viaggiatore “importuno” è stato investito dal treno: probabilmente si tratta di suicidio ma Julieta si sente responsabile del fatto, perché non ha voluto ascoltarlo. Circa 30 anni dopo Julieta (impersonata nella maturità da Emma Suarez) insieme al suo attuale compagno sta per andarsene da Madrid, città che le evoca il brutto ricordo del suo fallimento come madre; incontra per strada Beatriz, una amica di Antia, la figlia nata dal matrimonio con Xoan, inspiegabilmente allontanatasi da lei, quando era entrata nella maggiore età.
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Julieta (Adriana Ugarte), una bella donna in viaggio in treno in una Spagna innevata, si reca nel vagone ristorante per evitare un colloquio che ritiene noioso con un viaggiatore che vorrebbe confidarsi con lei. Lì conosce Xoan (Daniel Grao), che fa il pescatore nel mare a Nord della Spagna. Dopo una sosta del treno in una stazione si verifica un incidente. Il viaggiatore “importuno” è stato investito dal treno: probabilmente si tratta di suicidio ma Julieta si sente responsabile del fatto, perché non ha voluto ascoltarlo. Circa 30 anni dopo Julieta (impersonata nella maturità da Emma Suarez) insieme al suo attuale compagno sta per andarsene da Madrid, città che le evoca il brutto ricordo del suo fallimento come madre; incontra per strada Beatriz, una amica di Antia, la figlia nata dal matrimonio con Xoan, inspiegabilmente allontanatasi da lei, quando era entrata nella maggiore età. Beatriz le dice che Antia vive a Como ed ha due figli. Julieta spera che ora che sua figlia è cresciuta diventando madre a sua volta la cerchi nella casa di Madrid nella quale avevano vissuto insieme; interrompe la relazione con l’attuale compagno senza dargli spiegazioni e comincia a scrivere i suoi ricordi in un diario, per mettere ordine nei suoi pensieri e nella sua vita che ha subito svolte e cesure dolorose. Quello che scrive è una specie di dialogo a distanza con Antia. Poco alla volta la storia passata svela il motivo della scomparsa di sua figlia …
Trattenuto e sobrio sono le parole giuste per descrivere il film: Almodòvar non esagera e mantiene toni sommessi, come in Parla con lei, senza scivolare nel melodramma. I dolori soffocati e i lutti che richiedono lunghi tempi di elaborazione sono trattati con mano leggera. Il regista, che firma anche la sceneggiatura, indaga sui sensi di colpa, un pesante bagaglio soggettivo a volte infondato, che ognuno si trascina dietro durante la propria vita con effetti negativi, perché gli sviluppi successivi possono prendere direzioni inattese e non desiderate. La speranza ottimistica di sanare ferite, però, non muore e la protagonista affida a un diario un messaggio nella bottiglia che forse raggiungerà miracolosamente il giusto destinatario.
La recitazione è buona, il modo di filmare è agli alti livelli ai quali ci aveva abituato il regista, il dramma regge. Un buon film, da non mancare.
Valutazione ***
FabioFeli
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samuelepolimi
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martedì 5 luglio 2016
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ma cosa diavolo si è fumato il recensore????
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Questa recensione mi ha fatto sbellicare dalle risate! consiglio a tutti la lettura per rallegrarsi la giornata!
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mauridal
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domenica 26 giugno 2016
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lo specchio che invecchia
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JULIETA un film di ALMODOVAR
LO SPECCHIO CHE INVECCHIA
Quando lo sguardo maturo di una non più giovane madre , si posa sul corpo e negli occhi della sua giovane figlia, inevitabilmente si riempie di malinconia e di nostalgia per il passato vissuto, per le gioie e le felicità perdute. La madre rispecchiandosi in quello sguardo giovane rimpiange la bellezza sfiorita del suo corpo ormai invecchiato. Tutto il film del regista Almodovar, anch’egli non più giovane, si presenta come uno specchio in cui la protagonista Julieta si racconta da anziana madre in un ricordo da giovane che ha vissuto però la tragedia e il dramma della perdita sia della figlia che del compagno .
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JULIETA un film di ALMODOVAR
LO SPECCHIO CHE INVECCHIA
Quando lo sguardo maturo di una non più giovane madre , si posa sul corpo e negli occhi della sua giovane figlia, inevitabilmente si riempie di malinconia e di nostalgia per il passato vissuto, per le gioie e le felicità perdute. La madre rispecchiandosi in quello sguardo giovane rimpiange la bellezza sfiorita del suo corpo ormai invecchiato. Tutto il film del regista Almodovar, anch’egli non più giovane, si presenta come uno specchio in cui la protagonista Julieta si racconta da anziana madre in un ricordo da giovane che ha vissuto però la tragedia e il dramma della perdita sia della figlia che del compagno . Un Drammone, direi, stemperato dalla natura sentimentale e passionale della narrazione , che con un pizzico di teatralità ammiccante alla soap opera ne completa il senso e il significato. Anche qui si adotta l’espediente dello sdoppiamento del personaggio ,Julieta da giovane è perfettamente aderente alla movida madrilena ,come tipo e atteggiamento, ma forse non è già più una donna trasgressiva e nevrotica come Almodovar concepiva il femminile negli anni '80 , tuttavia riesce a trovare il suo amore su di un treno e a fare con lui una figlia, senza troppi problemi. Il melodramma, scoppia quando la figlia cresce e mentre è in piena fase edipica. il padre muore . La colpa di questa morte accidentale ma non troppo, ricade su Julieta ormai anziana , anzi, per meglio complicare le cose, la giovane figlia si allontana e abbandona la madre, accusandola, e il senso di colpa ,il famigerato senso di colpa, colpisce ancora, se così possiamo affermare. Julieta da vecchia ha perso i suoi affetti e in una bella frase scritta in una lettera alla figlia ormai lontana, dice : la tua assenza riempie la mia vita, e la distrugge. In questo gioco di assenze e presenze invisibili, La vecchia madre Julieta non riesce a rifarsi una vita, mentre la giovane figlia scompare in un ritiro volontario ,definitivamente. E il vecchio Almodovar che fine farà? E' il suo pubblico che lo sta abbandonando, oppure sarà proprio lui ad abbandonare un certo suo cinema di follia giocosa e trasgressione ribelle? ( MAURIDAL)
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lbavassano
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sabato 18 giugno 2016
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poco ci azzecca almodovar con alice munro
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Costumi, scenografie, arredi e complementi d'arredo spettacolari, come sempre in Almodovar, appartiene alle sue scelte antinaturalistiche il non doversi porre la domanda su come una correttrice di bozze o un'insegnante di lettere classiche possa permettersi tali lussi. Restando nel campo visivo ho però trovato fastidiosa l'esasperazione tecnologica del rosso, sorta di effetto speciale. Tratto da tre racconti concatenati di Alice Munro ("In Fuga"), si è scelto di estrapolarne gli elementi narrativamente più forti, che però, sottratti al proprio contesto e forzati a convivere, perdono di verosimiglianza e compromettono fortemente quel vertiginoso approfondimento psicologico centrale nell'arte della scrittrice canadese.
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Costumi, scenografie, arredi e complementi d'arredo spettacolari, come sempre in Almodovar, appartiene alle sue scelte antinaturalistiche il non doversi porre la domanda su come una correttrice di bozze o un'insegnante di lettere classiche possa permettersi tali lussi. Restando nel campo visivo ho però trovato fastidiosa l'esasperazione tecnologica del rosso, sorta di effetto speciale. Tratto da tre racconti concatenati di Alice Munro ("In Fuga"), si è scelto di estrapolarne gli elementi narrativamente più forti, che però, sottratti al proprio contesto e forzati a convivere, perdono di verosimiglianza e compromettono fortemente quel vertiginoso approfondimento psicologico centrale nell'arte della scrittrice canadese. Addirittura offensiva per la sua intelligenza la banalità della lezione di greco, per la sua maestria di massima autrice di racconti il finale posticcio. Pessime le musiche, in sé, e forse ancor più nel voler sottolineare un aspetto di thrilling che con la storia ha ben poco a che fare.
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fabio_66
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venerdì 17 giugno 2016
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il miglior almodovar
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Negli ultimi tempi abbiamo visto un Almodovar deludente... ora torna con una perla. Sceneggiatura, fotografia, costumi, musica, scenografia e recitazione sono perfetti e si appoggiano ad un soggetto ricco e complesso. Il tutto trasmette emozioni profonde.
qualche dettaglio:
La sceneggiatura gioca su flash back e molto raramente ha dei cali di tensione, comunque ragionevoli in un film così intimista.
Costumi, scenografia e musica esaltano l'estetica di almodovar, sempre perfettamente incastonate nella sceneggiatura.
Le due attrici sono straordinarie, sia julieta giovane, così luminosa, che julieta adulta, così malinconica; due attrici inoltre che pur di età diverse hanno una singolare somiglianza e che un sapiente trucco quasi le confonde nelle varie fasi del racconto.
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Negli ultimi tempi abbiamo visto un Almodovar deludente... ora torna con una perla. Sceneggiatura, fotografia, costumi, musica, scenografia e recitazione sono perfetti e si appoggiano ad un soggetto ricco e complesso. Il tutto trasmette emozioni profonde.
qualche dettaglio:
La sceneggiatura gioca su flash back e molto raramente ha dei cali di tensione, comunque ragionevoli in un film così intimista.
Costumi, scenografia e musica esaltano l'estetica di almodovar, sempre perfettamente incastonate nella sceneggiatura.
Le due attrici sono straordinarie, sia julieta giovane, così luminosa, che julieta adulta, così malinconica; due attrici inoltre che pur di età diverse hanno una singolare somiglianza e che un sapiente trucco quasi le confonde nelle varie fasi del racconto.
il soggetto poi è bellissimo: le relazioni nelle tre generazioni il padre di julieta, julieta e sua figlia ciclicamente si ripetono; come anche i "tradimenti", le "colpe", le "passioni".
come nei grandi film quel che resta comunque sono le emozioni, dall' equilibrio delle parti... e questo è il miglior Almodovar.
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writer58
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domenica 12 giugno 2016
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tutto su mia figlia...
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Attenzione [spoiler alert]: nella recensione vi sono anticipazioni sulla trama e lo scioglimento del film.
Con "Julieta", Almodovar compie una vera e propria svolta nella sua produzione. E non solo perché abbandona il melodramma sempre in bilico tra grottesco, trasgressione e passione, in favore di un'opera misurata e quasi sommessa, ma anche perché, pur mantenendo alcuni dei suoi caposaldi narrativi (i rapporti conflittuali tra madre e figli, l'impatto del Destino sulle vite individuali), li rivisita con delicatezza, con una leggerezza sorprendente e con una misura stilistica ammirevole. Julieta è una donna di almeno 50 anni, segnata duramente dalla vita. Il fragile equilibrio che ha ritrovato viene spezzato, alla vigilia di un suo trasferimento insieme al suo compagno in Portogallo, da un incontro con un'amica di sua figlia, figlia di cui non ha alcuna notizia da 13 anni.
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Attenzione [spoiler alert]: nella recensione vi sono anticipazioni sulla trama e lo scioglimento del film.
Con "Julieta", Almodovar compie una vera e propria svolta nella sua produzione. E non solo perché abbandona il melodramma sempre in bilico tra grottesco, trasgressione e passione, in favore di un'opera misurata e quasi sommessa, ma anche perché, pur mantenendo alcuni dei suoi caposaldi narrativi (i rapporti conflittuali tra madre e figli, l'impatto del Destino sulle vite individuali), li rivisita con delicatezza, con una leggerezza sorprendente e con una misura stilistica ammirevole. Julieta è una donna di almeno 50 anni, segnata duramente dalla vita. Il fragile equilibrio che ha ritrovato viene spezzato, alla vigilia di un suo trasferimento insieme al suo compagno in Portogallo, da un incontro con un'amica di sua figlia, figlia di cui non ha alcuna notizia da 13 anni. Sapere che la figlia ha tre bambini e vive nelle vicinanze del lago di Como, apre una specie di voragine in Julieta, che fa sprofondare le certezze acquisite e fa riemergere un violento senso di colpa che la perseguita da almeno 30 anni. Quasi tutto il film è costruito intorno a un flash back che viene dipanato mentre Julieta scrive un diario-lettera rivolto ad Antìa, la sua figlia scomparsa. Veniamo così a conoscenza del rapporto con Xoan, dell'amore travolgente che li ha legati, in una casa costruita a pochi passi dal mare, un Mediterraneo insidioso, elargitore di vita e di morte. La nascita di Antìa, i rapporti non semplici con la propria famiglia di origine (la madre è malata e il padre si lega ambiguamente a una collaboratrice marocchina), la tragedia che incombe e squassa le loro vite, tutto ciò è narrato quasi sottovoce, visto attraverso il filtro dei ricordi. La dimensione della colpa, una colpa non legata ad azioni riprovevoli, quasi un marchio di fabbrica, uno stampo che accoglie le tragedie dell vita, si salda a quella del Destino, un Fato in grado di spezzare anche i legami più forti e che ci ricorda impietosamente la nostra precarietà, l'essere letteralmente in preda alle correnti della vita. Queste due dimensioni attraversano tutto il racconto e si riverberano, come onde del mare, sulle persone vicine a Julieta. La figlia scompare perché si sente essa stessa colpevole e la sua lontananza risponde anche all'infinito egoismo dei figli, capaci di punire i genitori con durezza anche per rispondere ai propri conflitti interiori. La leggerezza stilistica di Almodovar nel trattare la materia mi è parsa notevole, anche se il regista in passato aveva abbandonato il registro barocco e melodrammatico delle sue opere precedenti, come, per esempio, in "Parla con me". Ma in Julieta questo percorso giunge a compimento: per narrare la vita e i suoi drammi si può scegliere un approccio non urlato, sfumato, attento al tempo che passa e che livella l'intensità del desiderio trasformandolo in consapevolezza e rimpianti, ma anche in nuovi scenari.
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writer58
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domenica 12 giugno 2016
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tutto su mia figlia...
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Attenzione [spoiler alert]: nella recensione vi sono anticipazioni sulla trama e lo scioglimento del film.
Con "Julieta", Almodovar compie una vera e propria svolta nella sua produzione. E non solo perché abbandona il melodramma sempre in bilico tra grottesco, trasgressione e passione, in favore di un'opera misurata e quasi sommessa, ma anche perché, pur mantenendo alcuni dei suoi caposaldi narrativi (i rapporti conflittuali tra madre e figli, l'impatto del Destino sulle vite individuali), li rivisita con delicatezza, con una leggerezza sorprendente e con una misura stilistica ammirevole. Julieta è una donna di almeno 50 anni, segnata duramente dalla vita. Il fragile equilibrio che ha ritrovato viene spezzato, alla vigilia di un suo trasferimento insieme al suo compagno in Portogallo, da un incontro con un'amica di sua figlia, figlia di cui non ha alcuna notizia da 13 anni.
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Attenzione [spoiler alert]: nella recensione vi sono anticipazioni sulla trama e lo scioglimento del film.
Con "Julieta", Almodovar compie una vera e propria svolta nella sua produzione. E non solo perché abbandona il melodramma sempre in bilico tra grottesco, trasgressione e passione, in favore di un'opera misurata e quasi sommessa, ma anche perché, pur mantenendo alcuni dei suoi caposaldi narrativi (i rapporti conflittuali tra madre e figli, l'impatto del Destino sulle vite individuali), li rivisita con delicatezza, con una leggerezza sorprendente e con una misura stilistica ammirevole. Julieta è una donna di almeno 50 anni, segnata duramente dalla vita. Il fragile equilibrio che ha ritrovato viene spezzato, alla vigilia di un suo trasferimento insieme al suo compagno in Portogallo, da un incontro con un'amica di sua figlia, figlia di cui non ha alcuna notizia da 13 anni. Sapere che la figlia ha tre bambini e vive nelle vicinanze del lago di Como, apre una specie di voragine in Julieta, che fa sprofondare le certezze acquisite e fa riemergere un violento senso di colpa che la perseguita da almeno 30 anni. Quasi tutto il film è costruito intorno a un flash back che viene dipanato mentre Julieta scrive un diario-lettera rivolto ad Antìa, la sua figlia scomparsa. Veniamo così a conoscenza del rapporto con Xoan, dell'amore travolgente che li ha legati, in una casa costruita a pochi passi dal mare, un Mediterraneo insidioso, elargitore di vita e di morte. La nascita di Antìa, i rapporti non semplici con la propria famiglia di origine (la madre è malata e il padre si lega ambiguamente a una collaboratrice marocchina), la tragedia che incombe e squassa le loro vite, tutto ciò è narrato quasi sottovoce, visto attraverso il filtro dei ricordi. La dimensione della colpa, una colpa non legata ad azioni riprovevoli, quasi un marchio di fabbrica, uno stampo che accoglie le tragedie dell vita, si salda a quella del Destino, un Fato in grado di spezzare anche i legami più forti e che ci ricorda impietosamente la nostra precarietà, l'essere letteralmente in preda alle correnti della vita. Queste due dimensioni attraversano tutto il racconto e si riverberano, come onde del mare, sulle persone vicine a Julieta. La figlia scompare perché si sente essa stessa colpevole e la sua lontananza risponde anche all'infinito egoismo dei figli, capaci di punire i genitori con durezza anche per rispondere ai propri conflitti interiori. La leggerezza stilistica di Almodovar nel trattare la materia mi è parsa notevole, anche se il regista in passato aveva abbandonato il registro barocco e melodrammatico delle sue opere precedenti, come, per esempio, in "Parla con me". Ma in Julieta questo percorso giunge a compimento: per narrare la vita e i suoi drammi si può scegliere un approccio non urlato, sfumato, attento al tempo che passa e che livella l'intensità del desiderio trasformandolo in consapevolezza e rimpianti, ma anche in nuovi scenari.
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[+] non capisco esattamente
(di francesco2)
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aabbaa
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domenica 12 giugno 2016
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