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Humandroid, la fantascienza non è più la stessa

La tecnologia non è più il nemico.
di Gabriele Niola

In foto il protagonista Chappie di Humandroid.
Sharlto Copley (51 anni) 27 novembre 1973, Pretoria (Sudafrica) - Sagittario. Interpreta Chappie nel film di Neill Blomkamp Humandroid.

domenica 12 aprile 2015 - Approfondimenti

La fantascienza è cambiata profondamente, da tempo. Da minaccia di un futuro disumano è diventata l'unico possibile custode dell'umanità. Humandroid non ne è la causa ma una delle molte dimostrazioni.
Le cause, come sempre, sono da cercarsi nella società, nel fatto che negli ultimi dieci anni la tecnologia sia entrata nella nostra sfera sentimentale e in come questo abbia portato ad un ripensamento del suo ruolo. Da quando la comunicazione in rete ha cominciato a snodarsi attraverso i social network (non più leggere e raccogliere informazioni in generale ma in maniera specifica riguardo amici ed affetti del mondo reale) e da quando la telefonia cellulare è passata ad un nuovo stadio di vicinanza e semplicità d'uso, uno che consente anche a chi una volta sarebbe stato lontano da essa di scoprirne le potenzialità e l'interesse, la tecnologia ha smesso di essere il nemico. Tutto d'un colpo abbiamo cominciato ad avere fiducia in essa.
Nel mondo occidentale la maggior parte delle persone ha oggi confidenza con le tecnologie di consumo più avanzate, quel settore che una volta era riservato a pochi adesso è per tutti. Da qui il mutamento di percezione nei riguardi del futuro. Non che smetta di essere distopico, grigio, pessimista e disperato, sono semmai le cause di questa disperazione ad essere cambiate assieme alle forze in campo.
È infatti almeno dal 2008, dall'uscita di Wall-E, che con costanza crescente i robot rappresentano la parte più umana dei film di fantascienza. Per circa cento anni il cinema si è fondato sulla consapevolezza che tutto ciò che non è umano sia il male, necessariamente opposto a ciò che è umano. Le eccezioni sono sempre esistite e vivevano in quanto tali, come opposizione alla morale comune. Siano Golem o (da Metropolis in poi) robot o intelligenze artificiali (a partire dalla seconda metà del Novecento), possono aspirare al massimo ad essere simpatici aiutanti nello stile di Il pianeta proibito ma più spesso sono impedimenti, la rappresentazione della parte peggiore di noi come se dai creatori ereditassero solo i difetti.
Priva di sentimenti, troppo razionale, priva di scrupoli e per nulla flessibile, le caratteristiche principali della tecnologia nella fantascienza che conoscevamo era di essere l'opposto dell'uomo. Tentano di dominare il mondo, distruggere la razza umana, coltivarla o nel migliore dei casi ridurla in schiavitù; i robot sono strumenti delle corporation che li creano, programmati per ingannare senza capire la gravità delle loro azioni (Alien e 2001: Odissea nello spazio) oppure si ribellano ai creatori stessi (Matrix, Terminator), troppo potenti per essere confinati.
Ora che la tecnologia la conosciamo davvero il timore è diminuito, i robot non sono più così potenti e siamo semmai noi ad esprimere il peggio mentre loro dimostrano che un mondo migliore è ancora possibile. Da quando il film della Pixar ha messo gli uomini sullo sfondo in una trama secondaria e puntato i riflettori su una coppia di automi di ferro e sulla loro storia che si svolge indipendentemente da quella degli uomini, con una potenza romantica devastante, il paradigma è cambiato.
In Humandroid l'equivalenza uomo-macchina occupa il centro del film, Chappie ragiona come un bambino, muove le orecchie come un cane e sembra fatto più di sentimenti che di cervello. Se la tecnologia rimane pura anche quando gli uomini la educano nella maniera peggiore, gli esseri umani non hanno speranze: l'unico robot malvagio di tutto il film infatti è anche il solo ad essere comandato a distanza da un essere umano.
Il nuovo film di Neill Blomkamp agisce dunque in piena continuità con altri esempi visti recentemente da Gerty di Moon (che sembra Hal9000 ma svela un buon cuore commovente), alle intelligenze artificiali di Automata (minoranze perseguitate che desiderano solo vivere) fino a quelle vulnerabili del prossimo Ex machina. Tutti robot apertamente fatti di acciaio e cavi, oggetti di metallo che non necessariamente ci somigliano, al contrario dei replicanti che sognano di poter vivere di Blade Runner, spietati assassini di cui non vediamo mai una componente tecnologica ma si confondono perfettamente con gli uomini.

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