francesco2
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giovedì 22 agosto 2019
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discutibile
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Non condivido totalmente i toni ironici usati da Zarar , ma non assegnerei assolutamente più di due stelle.
I flashback riguardanti il passato della protagonista, inizialmente significativi ed inerenti la vicenda, diventano poi ripetiitivi, tlora succhevoli, ed in più meno attinenti rispetto alla vicenda che viene raccontata, ed al complesso personaggi o dalla cui biografia è stato tratto il film.
Il quale, (non solo) a mio parere, avrebbe dovuto ritrarre meglio i paradossi del percorso, interiore ma soprattutto reale, intrapreso da una giovane inten(ziona)ta a ritrovarsi, dopo decisioni sbagliate e gravi lutti molto precoci. sempre più auoindulgente.
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Non condivido totalmente i toni ironici usati da Zarar , ma non assegnerei assolutamente più di due stelle.
I flashback riguardanti il passato della protagonista, inizialmente significativi ed inerenti la vicenda, diventano poi ripetiitivi, tlora succhevoli, ed in più meno attinenti rispetto alla vicenda che viene raccontata, ed al complesso personaggi o dalla cui biografia è stato tratto il film.
Il quale, (non solo) a mio parere, avrebbe dovuto ritrarre meglio i paradossi del percorso, interiore ma soprattutto reale, intrapreso da una giovane inten(ziona)ta a ritrovarsi, dopo decisioni sbagliate e gravi lutti molto precoci. sempre più auoindulgente.
Non risulta facileaccettare tale impostazione, in apparenza sempre più autoindulgente, perché data la vicenda raccontata la provocatorieta avrebbe dovuto costituirne un tratto saliente; tantopiù che, come è ragionevole ipotizzare, un’apparente (anti)diva come la Whiterspoon, per questo ruolo, ha dovuto spogliarsi del suo (poco) glamour hollywoodiano, e sopratutto della riservatezza di “sana”donna texana, che sembra sfoggiare in pubblico.
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filippo catani
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sabato 5 marzo 2016
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interessante a metà
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Tratto dall'autobiografia della protagonista, il film narra di una ragazza che, alle prese con un difficile frangente della propria esistenza, decide di percorrere il Pacific Crest Trall ossia un ostico percorso di oltre 1500 chilometri nel deserto.
Ecco per questa pellicola si può senza dubbio adoperare l'espressione di bella a metà o di incompiuta. Da una parte è molto bella la fotografia, la Whiterspoon si cala bene nella parte, c'è una colonna sonora ponderata di Simon and Garfunkel e troviamo alcune riflessioni interessanti. Quello che invece si digerisce a fatica sono i continui flashback che tendono a spezzettare continuamente il racconto (forse meglio farne un paio lunghi piuttosto che una decina inframezzati) e il monotono e già visto parallelo o metafora tra il cammino a piedi e quello interiore della protagonista.
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Tratto dall'autobiografia della protagonista, il film narra di una ragazza che, alle prese con un difficile frangente della propria esistenza, decide di percorrere il Pacific Crest Trall ossia un ostico percorso di oltre 1500 chilometri nel deserto.
Ecco per questa pellicola si può senza dubbio adoperare l'espressione di bella a metà o di incompiuta. Da una parte è molto bella la fotografia, la Whiterspoon si cala bene nella parte, c'è una colonna sonora ponderata di Simon and Garfunkel e troviamo alcune riflessioni interessanti. Quello che invece si digerisce a fatica sono i continui flashback che tendono a spezzettare continuamente il racconto (forse meglio farne un paio lunghi piuttosto che una decina inframezzati) e il monotono e già visto parallelo o metafora tra il cammino a piedi e quello interiore della protagonista. Insomma alla fine della visione lo spettatore si trova un po' stralunato e con l'impressione di aver già visto (quasi) tutto. Ovviamente è chiaro come, essendo tratto da una storia vera, i margini di manovra non potessero essere amplissimi.
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darkovic
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mercoledì 10 febbraio 2016
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per chi vive vita vera
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Trovo incredibile le recensioni di Mymovies su questo film che considero' perfetto sotto tutti i punti di vista.Un capolavoro assoluto che ora ,ancora scosso dalle recensioni lette nel Forum e veramente incazzato dall'aver visto che questo film non abbia vinto nessun oscar (lo metto in minuscolo perche dopo aver sperimentato che negli ultimi anni la cerimonia dei premi Usa ha elargito statuette a vere ciofeche) ,la goccia che ha fatto traboccare il vaso e' stato il non dare statuette a questo film all'attrice(non ne ero un estimatore ma dopo questo film mi sono convinto delle sue grandissime capacita') una statuetta alla regia di Vallee,perfetta e superiore secondo me anche ad Into the Wild di Penn(ch pur adoro, sopratutto come attore)allasceneggiatura,molto piu s
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Trovo incredibile le recensioni di Mymovies su questo film che considero' perfetto sotto tutti i punti di vista.Un capolavoro assoluto che ora ,ancora scosso dalle recensioni lette nel Forum e veramente incazzato dall'aver visto che questo film non abbia vinto nessun oscar (lo metto in minuscolo perche dopo aver sperimentato che negli ultimi anni la cerimonia dei premi Usa ha elargito statuette a vere ciofeche) ,la goccia che ha fatto traboccare il vaso e' stato il non dare statuette a questo film all'attrice(non ne ero un estimatore ma dopo questo film mi sono convinto delle sue grandissime capacita') una statuetta alla regia di Vallee,perfetta e superiore secondo me anche ad Into the Wild di Penn(ch pur adoro, sopratutto come attore)allasceneggiatura,molto piu scorrevole,credibile e lineare di Into the wild (praticamente voglio solo dire che per me la notte degli oscar negli ultimi anni non vale piu' niente) Non riesco neanche a recensirlo tanto sono stato colpito da questo grandissimo ,ripeto grandissimo film ,con una bellissima interpretazione di Reese Weetherspoon, e un realismo ,che ogni volta che la protagonista ha un flashback e'unpugno nello stomaco,e degli scenari fantastici ,Solo chi ha fatto trekking vero da solo puo' capire la reale introsprezione che ti da' e solo chi ha vissuto un po' a pieno la vita puo apprezzare questo film ,DA NON PERDERE ASSOLUTAMENTE-
PS :pur nel rispetto di tutte le opinioni credo che molti ,prima di mettere ilvoto e la recensione ,siano portati,come dire,a stare in linea con my movies,perche' leggere di questo grandissimo film,aggettivi come noioso ,scontatoecc e voti da 1 e 2 stelle credo proprio o che si sia visto il film intanto che si faceva altro o voler rimanere in linea coi voti di my movies
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giurg 63
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domenica 20 settembre 2015
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troppo poco wild e molto boring.
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I continui flash-backs appesantiscono la visione del film rendendolo troppo "zoppicante" ed impedendo a Reese Whiterspoon di esprimere le sue qualità recitative. Gli splendidi scenari naturali che l'interprete decide di attraversare non bastano a salvare il film, che risulta pesante, noioso, discontinuo e quasi inguardabile.
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(di darkovic)
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giank51
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giovedì 20 agosto 2015
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non c'è solo il cammino di santiago
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C'è sempre qualcosa che accomuna queste esperienze personali che prevedono per la propria rinascita un pellegrinaggio. In Europa molti sono questi cammini spirituali, il più noto è quello di Santiago di Compostela. Un lungo cammino nella natura implica un altro più intimo cammino all'interno di sè stessi alla ricerca di qualcosa che si è perduto: la propria anima. Prima di questo film ignoravo l'esistenza negli USA di qualcosa di analogo, il Pacific Trail Crest. Una totale immersione nella natura per riemergere rinnovati.
Ma questo film non si esaurisce in una versione americana dell'esperienza della "Wanderung".
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C'è sempre qualcosa che accomuna queste esperienze personali che prevedono per la propria rinascita un pellegrinaggio. In Europa molti sono questi cammini spirituali, il più noto è quello di Santiago di Compostela. Un lungo cammino nella natura implica un altro più intimo cammino all'interno di sè stessi alla ricerca di qualcosa che si è perduto: la propria anima. Prima di questo film ignoravo l'esistenza negli USA di qualcosa di analogo, il Pacific Trail Crest. Una totale immersione nella natura per riemergere rinnovati.
Ma questo film non si esaurisce in una versione americana dell'esperienza della "Wanderung". Qui aleggiano due grandi figure del panorama culturale americano: H.D. Thoreau con il suo mito della "Wilderness" e J.Hilman, lo psicologo dell'anima. Il regista ci dice che possiamo perdere la nostra anima durante la nostra esistenza per tutta una serie di motivi ma c'è sempre la possibilità di recuperla anche più autentica di prima, come? La risposta è tutta americana: immergendosi nella natura, quello che H.J. Thoreau non cessò mai di ripetere durante la sua esistenza.
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paulnacci
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lunedì 15 giugno 2015
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il coraggio di ricominciare
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Della protagonista di questo film ho soprattutto ammirato il coraggio e la volontà di rimettere ordine nella propria vita, affrontanto una sfida molto difficile sia dal punto di vista fisico che mentale.Non è facile affrontare le proprie paure.
Grazie ai flashback un pò alla volta scopriamo quali siano le state le motivazioni che l' hanno spinta ad intraprendere questo viaggio dentro se stessa. Belle immagini ottima colonna sonora .Grande somiglianza fisica tra l' attrice e la protagonista reale.
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allaroundtheworld
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lunedì 1 giugno 2015
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wild ma non troppo
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Se si ha già visto Into the wild - Nelle terre selvaggie non so quanto sia facile apprezzare questo film. Io non ci sono riuscita. Entrambe tratte da delle biografie, ma se c'è un Sean Penn alla regia e dietro la sceneggiatura, spiacente ma ne esce tutta un'altra cosa. Wild è una imbarazzante replica al femminile, con una Reese Witherspoon abbastanza insipida, che suscita ben poca empatia. Il titolo sembra più avvicinarsi ad una descrizione di quella che diventa l'esistenza della protagonista dopo la morte della madre più che evocare una sua "resurrezione" grazie all'isolamento e al contatto con la natura (... punti già qui discuibili.
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Se si ha già visto Into the wild - Nelle terre selvaggie non so quanto sia facile apprezzare questo film. Io non ci sono riuscita. Entrambe tratte da delle biografie, ma se c'è un Sean Penn alla regia e dietro la sceneggiatura, spiacente ma ne esce tutta un'altra cosa. Wild è una imbarazzante replica al femminile, con una Reese Witherspoon abbastanza insipida, che suscita ben poca empatia. Il titolo sembra più avvicinarsi ad una descrizione di quella che diventa l'esistenza della protagonista dopo la morte della madre più che evocare una sua "resurrezione" grazie all'isolamento e al contatto con la natura (... punti già qui discuibili...). In questo la scena d'apertura è d'effetto e descrive bene lo stato selvatico di Cheryl Strayed, dallo stile di vita allo stato brado tra sesso e droga. Il bello è che questa similitudine dura fino alla presentazione del titolo, quindi forse cinque minuti, anche meno. Da qui in poi quel sentore di selvatico, di selvaggio, viene sempre meno. Accompagnamo Cheryl tra i pericoli della natura (un serpente che se ne sta per i fatti suoi, e con gli ampi spazi che la circondano Cheryl esita mooooolto a lungo prima di aggirarlo di un metro o poco più....) e i suoi inconvenienti (non sapere come far funzionare un fornello, non avere le scarpe adatte....e notiamo come ogni volta incontri sempre qualcuno che finisca con il darle una mano), oltre che ai pericoli "umani" (OGNI volta che Cheryl incontra uno sconosciuto nel bel mezzo del nulla, ovviamente si tratta sempre di uomini e si fa di tutto per farci credere che lei stia per essere stuprata). Lungo il percorso si alternano flashback sulla sua vita, dalla madre alle pseudo-relazioni, ecc: non si può dire sia proprio una "trovata" registica originale, anche perché la vera linea narrativa finisce col seguire il passato di Cheryl e non il suo presente, al punto che alla fine del film lei si dice finalmente rinata... ma non si capisce in che modo esattamente arrampicarsi sulle rocce e marciare nella neve l'abbiano cambiata. Non percepiamo una sua completa fusione con l'ambiente, non c'è un vero contatto con la natura. Non è neanche un vero ritiro dal mondo il suo, vista la quantità di gente che attraversa sul cammino. Si ha più l'impressione che, mentre lei sta percorrendo il suo sentiero di rinascita interiore, noi ripercorriamo la strada che l'ha condotta alla depressione. E ci ritroviamo infine dal fondo alla cima confusionati, con la sensazione di esserci persi l'intera salita. E uscendo dalla sala, non abbiamo l'impressione ci sia rimasto qualcosa. E' difficile persino provare ammirazione o compassione. Se la pseudo-ricerca interiore c'è stata, non vi siamo stati molto partecipi. E se non c'è stata, forse a Cheryl invece che 1.600 km bastava un giro intorno all'isolato per trovare sé stessa.
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gianleo67
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sabato 9 maggio 2015
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tracking philosophy on pacific crest trail
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Delusa e insoddisfatta da una vita inconcludente e sregolata e nel tentativo di elaborare il lutto della perdita della madre e della separazione dal marito, la giovane Cheryl Strayed si cimenta senza alcuna preparazione atletica e logistica nel PCT (Pacific Crest Trail), uno dei percorsi escursionistici più impegnativi e difficili degli States che si dispiega lungo tre stati, dal confine meridionale con il Messico a quello settentrionale con il Canada, lungo una dorsale montuosa che segue parallelamente la costa pacifica del continente Nord Americano. Alla fine dei due mesi più straordinari e massacranti della propria vita, Cheryl giungerà alla meta del suo percorso come una persona totalmente cambiata e piena di rinnovate speranze per il futuro.
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Delusa e insoddisfatta da una vita inconcludente e sregolata e nel tentativo di elaborare il lutto della perdita della madre e della separazione dal marito, la giovane Cheryl Strayed si cimenta senza alcuna preparazione atletica e logistica nel PCT (Pacific Crest Trail), uno dei percorsi escursionistici più impegnativi e difficili degli States che si dispiega lungo tre stati, dal confine meridionale con il Messico a quello settentrionale con il Canada, lungo una dorsale montuosa che segue parallelamente la costa pacifica del continente Nord Americano. Alla fine dei due mesi più straordinari e massacranti della propria vita, Cheryl giungerà alla meta del suo percorso come una persona totalmente cambiata e piena di rinnovate speranze per il futuro.
Da un soggetto autobiografico della protagonista del film ('Wild: From Lost to Found on the Pacific Crest Trail') e dalla sceneggiatura dello scrittore inglese Nick Hornby, Jean-Marc Vallée ('Dallars Buyers Club' - 2013) trae un dramma esistenziale dall'animo avventuroso che sembra incrociare la metafora di una catarsi uomo-natura dell'esordio di Sean Penn ('Into the Wild' -2007), il survival-drama da biopic esemplare di Danny Boyle ('127 ore' - 2003) e la esegesi di una dimensione spirituale del percorso di autoflagellazione di Emilio Estevez ('Il cammino per Santiago' 2012), riuscendo tuttavia a mantenere una propria identità cinematografica soprattutto nella capacità di alternare il prima e il dopo (durante?) di una protagonista nella continua ed ostinata lotta contro una se stessa che non vuole e non può più permettersi di riconoscere. Giocando su di uno scarto cronologico e scenografico che sembra far coesistere nei magheggi del montaggio (dello stesso autore sotto lo pseudonimo di John Mac McMurphy) le fasi contraddittorie di un percorso esistenziale che dalla claustrofobica insofferenza per la vita di provincia (l'infanzia segnata dalla violenza paterna, l'adolescenza piena di speranze disattese, una maturità di incomprensioni familiari e coniugali, la lenta discesa nel tunnel delle dipendenze) si trasferisce negli sconfinati orizzonti di una natura selvaggia ed ostile che reclamano il drastico cambio di prospettiva necessario alla sopravvivenza fisica e psichica. Fin qui tutto bene e tutto risaputo diremmo, compresi gli incidenti di percorso di una rinnovata (s)fiducia verso il genere umano (gli ha detto bene al contrario della nostra compianta Pippa Bacca) ed i sensi di colpa da superare a colpi di flashback e voice over, se non fosse che gli elementi narrativi e le dinamiche dell'azione sembrano eccessivamente compressi nelle maglie del cut-off, rischiando di banalizzare tanto le motivazioni profonde di questo disagio esistenziale a tratti poco comprensibile (il linguaggio visivo è un talento che non tutti possiedono) quanto il drastico espediente di un'autoflagellazione 'on the road' che le vorrebbe esorcizzare (ma lei è golosa e ci ricasca col primo rockettaro che incontra). Restano, è vero, le emozioni di un drammone strappalacrime che il volto meraviglioso della superlativa Laura Dern rende credibile e umanissimo ed i rari momenti di felici intuizioni cinematografiche dal sapore favolistico (lo sguardo esopico e compassionevole di una volpe delle nevi e l'ugola d'oro di un angioletto riccioluto che sembrano aver capito chi sei) che la bellissima colonna sonora sottolinea a dovere. Tra azione (poca) e riflessione (troppa) è un film che sfida coraggiosamente i suoi abbondanti 115' meglio di come la protagonista affronti i suoi due mesi di peripezie tra le montagne dell'Oregon, riuscendo a condurre lo spettatore al di là di un 'Ponte degli Dei' che, si sà, guardano sempre con indulgenza ed il necessario distacco le sventure e le disavventure degli esseri mortali. Bravina la Witherspoon con quella faccia tosta e un pò così della brava ragazza che non deve chiedere mai. Nomination ai premi oscar 2015 per le due attrici principali.
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aldo marchioni
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mercoledì 15 aprile 2015
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bello e selvaggio
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La storia è vera.
In molti passaggi mi ha ricordato "The Unlikely Pilgrimage of Harold Fry", intendo gli incontri con i diversi personaggi.
L'immersione nel passato mi ha molto coinvolto (riconoscere Jerry Garcia sul manifesto di un concerto mi ha quasi commosso).
Sembra che a parte della nostra critica non sia piaciuto, a me è piaciuto molto.
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flyanto
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venerdì 10 aprile 2015
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un lungo cammino di rinascita personale
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Film in cui si racconta di una giovane donna che, dopo la morte della madre e dopo essere caduta in una spirale di conseguenti scelte sbagliate nel corso della sua esistenza, decide di ricostruirsi la propria vita intraprendendo un percorso quasi di "rinascita" attraverso la lunga traversata a piedi e da sola della Pacific Crest Trail. Riuscirà a portare a termine, non senza difficoltà, quanto deciso.
Questa pellicola trasporta cinematograficamente le esperienze narrate nel suo libro di memorie dalla reale Cheryl Strayed che veramente intraprese negli anni '90 e dopo un'esistenza dissoluta il difficile viaggio a piedi e da sola attraverso le montagne del territorio dell' America dell'Ovest.
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Film in cui si racconta di una giovane donna che, dopo la morte della madre e dopo essere caduta in una spirale di conseguenti scelte sbagliate nel corso della sua esistenza, decide di ricostruirsi la propria vita intraprendendo un percorso quasi di "rinascita" attraverso la lunga traversata a piedi e da sola della Pacific Crest Trail. Riuscirà a portare a termine, non senza difficoltà, quanto deciso.
Questa pellicola trasporta cinematograficamente le esperienze narrate nel suo libro di memorie dalla reale Cheryl Strayed che veramente intraprese negli anni '90 e dopo un'esistenza dissoluta il difficile viaggio a piedi e da sola attraverso le montagne del territorio dell' America dell'Ovest. Tutto il film si snoda, dunque, presentando il difficile cammino, fisico e spirituale di rinascita, della protagonista ed i pericoli in cui ella incorse, riuscendo a superarli con molta tenacia e buona volontà (nonchè un pizzico di fortuna) e ritraendo paesaggi naturali, assolati od innevati, fantastici e molto suggestivi. La trama in sè non presenta alcuna novità: svariati films e libri di memorie del genere sono stati ideati e prodotti, basti pensare anche alla precedente pellicola "Tracks" con Mia Wasikowska, e pertanto anche questo rientra nel filone avventuroso-suggestivo in cui il/la protagonista costituiscono gli eroi indiscussi, tormentati ma sufficientemente determinati, ed abili da portare a fine il loro programma ed, ovviamente, con successo. La fotografia, più che la trama, diventa il solo elemento in questo tipo di pellicole suggestivo e seducente e dunque anche di attrazione e di interesse per lo spettatore, il resto, ripeto, è solo ripetizione, sia pure in contesti diversi.
In conclusione, in generale il film è piacevole, nonostante qualch lungaggine di troppo, ma nulla di più.
Reese Whiterspoon, la protagonista, è ben rispondente al suo ruolo di donna tormentata, dedita alle esperienze più estreme di sesso promiscuo ed uso costante di eroina e dal passato quanto mai burrascoso ma anche riguardo a lei, non si può aggiungere altro di più.
Nemmeno l'abile sceneggiatura cinematografica adattata dal libro ad opera dello scrittore Nick Hornby riesce un poco a distinguere questa pellicola e renderla più particolare. Peccato!
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