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mercoledì 14 aprile 2021
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gli invisibili
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Cara Paola mi è piaciuto leggere la tua recensione del 20 otobre 2014. Grazie di cuore. Chissà se ti arriverà questa mia. Lmi ritrovo con le tue riflessioni e valgono per tutto il mondo sempre di più. Un caro saluto Luisa Lorenzi
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alberto pezzi
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lunedì 7 gennaio 2019
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un' occasione per riflettere
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FILM ASSOLUTAMENTE DA NON PERDERE. UNO SPECCHIO NUDO E CRUDO DELLA NOSTRA SOCIETA’. OREN MOVERMAN CI FORNISCE UN PICCOLO MA SIGNIFICANTE AFFRESCO DI TUTTO CIO’ CHE CI CIRCONDA, MA CHE PURTROPPO NON VOGLIAMO VEDERE. RICHARD GERE E’ GEORGE, UN UOMO DISPERATO. QUANTI DI NOI SONO DISPERATI?? QUANTI SONO MESSI IN GINOCCHIO DALLA VITA?? TUTTI NOI PRIMA O POI ATTRAVERSIAMO IL DOLORE. GEORGE RIMANE SOLO, SENZA MOGLIE, SENZA CASA E SENZA SOLDI. IN UNA NEW YORK GRIGIA E SPIETATA, GEORGE VAGA ALLA RICERCA DI UNA SPERANZA DI VITA, DI UN’ OPPORTUNITA’. UNA REGIA MAGISTRALE CI PORTA ALLA DURA SCOPERTA DEL MONDO DEI SENZATETTO, FORNENDOCI MATERIALE SUFFICIENTE A FARCI RABBRIVIDIRE.
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FILM ASSOLUTAMENTE DA NON PERDERE. UNO SPECCHIO NUDO E CRUDO DELLA NOSTRA SOCIETA’. OREN MOVERMAN CI FORNISCE UN PICCOLO MA SIGNIFICANTE AFFRESCO DI TUTTO CIO’ CHE CI CIRCONDA, MA CHE PURTROPPO NON VOGLIAMO VEDERE. RICHARD GERE E’ GEORGE, UN UOMO DISPERATO. QUANTI DI NOI SONO DISPERATI?? QUANTI SONO MESSI IN GINOCCHIO DALLA VITA?? TUTTI NOI PRIMA O POI ATTRAVERSIAMO IL DOLORE. GEORGE RIMANE SOLO, SENZA MOGLIE, SENZA CASA E SENZA SOLDI. IN UNA NEW YORK GRIGIA E SPIETATA, GEORGE VAGA ALLA RICERCA DI UNA SPERANZA DI VITA, DI UN’ OPPORTUNITA’. UNA REGIA MAGISTRALE CI PORTA ALLA DURA SCOPERTA DEL MONDO DEI SENZATETTO, FORNENDOCI MATERIALE SUFFICIENTE A FARCI RABBRIVIDIRE. GEORGE RIMANE IN VITA GRAZIE ALL’ ESISTENZA DI SUA FIGLIA MAGGIE, GRAZIE ALLA PREGHIERA DI POTERLA ABBRACCIARE. DIXON, UN SUO COMPAGNO DI RIFUGIO, GLI DARA’ LA FORZA DI ANDARE AVANTI. UN GRANDE RICHARD GERE CI PORTA ALLA RICERCA DI QUEL GRADO DI SENSIBILITA’ CHE ANCORA CI MANCA E CHE INVECE DOVREMMO AVERE. IL MONDO VA TROPPO, TROPPO VELOCE PER ACCORGERSI DI CHI SOFFRE. IN UN PIANETA DOMINATO ORMAI SOLTANTO DA SOLDI E POTERE, ECCO UN’ OCCASIONE PER POTER RIFLETTERE. DA VEDERE.
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spei00
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lunedì 21 agosto 2017
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un'unica via d'uscita
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Grazie a Moverman per questo bel ritratto del mondo dell'aiuto, capace di costruire una morbida barriera per separare l'uomo in carriera da quello fuori. Molti sono i livelli di emarginazione, non solo il clochard, ma ugualmente per tutti vale la parabola di Moverman, interpretata con maestria da Gère, ovvero c'è solo una persona che ci vuole e ci può capire e bisogna fare di tutto per cercare di andarci d'accordo.
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diabolik0
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lunedì 15 maggio 2017
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bel lavoro
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Interessante questa incursione nel mondo dei "clochard", non mi pare che mai altri cineasti si siano cimentati all'uopo e abbiano affrontato il tema dei "senza fissa dimora"un esercito di invisibili, che non hanno identità,non hanno di che sfamarsi e un giaciglio per dormire,sballottolati tra una burocrazia ottusa e insensibile e una indifferenza assoluta, che li rende reietti ed emarginati,sbandati in balia della strada,privati dei diritti più elementari, alla mercè di ragazzzini impertinenti o infermieri intransigenti o impiegati solerti, ma distaccati e freddi.Il film,di forte denuncia sociale, che riguarda tutti ,nessuno si senta escluso, è asciutto,algido,volutamente ostico,privo di colonna sonora,con spericolati posizionamenti della macchina da presa,e attraverso una grande interpretazione di Gere, vuole e riesce ad essere quanto mai incisivo e realistico.
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Interessante questa incursione nel mondo dei "clochard", non mi pare che mai altri cineasti si siano cimentati all'uopo e abbiano affrontato il tema dei "senza fissa dimora"un esercito di invisibili, che non hanno identità,non hanno di che sfamarsi e un giaciglio per dormire,sballottolati tra una burocrazia ottusa e insensibile e una indifferenza assoluta, che li rende reietti ed emarginati,sbandati in balia della strada,privati dei diritti più elementari, alla mercè di ragazzzini impertinenti o infermieri intransigenti o impiegati solerti, ma distaccati e freddi.Il film,di forte denuncia sociale, che riguarda tutti ,nessuno si senta escluso, è asciutto,algido,volutamente ostico,privo di colonna sonora,con spericolati posizionamenti della macchina da presa,e attraverso una grande interpretazione di Gere, vuole e riesce ad essere quanto mai incisivo e realistico.
Insomma un buon lavoro
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totybottalla
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sabato 18 febbraio 2017
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ombre visibili dal destino struggente!
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Il film narra di un uomo che, dopo aver perduto: lavoro, casa e moglie, si ritrova vagabondo cercando in qualche modo di riavvicinarsi a sua figlia Maggie...Un lavoro ben diretto che ha le sembianze di un true reality, nel raccontare una storia così drammatica e intima, la macchina da presa si tiene a distanza lasciandoci vedere con discrezione gli eventi, bravo Gere che anima il personaggio con una sottorecitazione ben riuscita, una storia che non vanta eroismi nè percorre scorciatoie da lieto fine ma la sofferta decisione di Maggie che sa di perdono e speranza. Saluti.
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gianleo67
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domenica 30 ottobre 2016
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"sono un ragazzo padre..."
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Cacciato dall'appartamento fatiscente in cui era ospite a causa dello sfratto della sua amica e affittuaria, George si ritrova a vagabondare per le strade di Manhattan passando dalla sala d'aspetto di un grande ospedale ad un affollato dormitorio pubblico, da un banco dei pegni in cui racimolare qualche soldo ad un ufficio dell'assistenza sociale dove riscattare le proprie credenziali, cercando nel frattempo di ricucire un improbabile rapporto con una figlia ormai adulta abbandonata anni prima. La sua condizione di homeless però, lo rende un reietto condannato a vivere ai margini della società, senza alcuna speranza di riscatto e privato persino del proprio passato e della propria identità.
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Cacciato dall'appartamento fatiscente in cui era ospite a causa dello sfratto della sua amica e affittuaria, George si ritrova a vagabondare per le strade di Manhattan passando dalla sala d'aspetto di un grande ospedale ad un affollato dormitorio pubblico, da un banco dei pegni in cui racimolare qualche soldo ad un ufficio dell'assistenza sociale dove riscattare le proprie credenziali, cercando nel frattempo di ricucire un improbabile rapporto con una figlia ormai adulta abbandonata anni prima. La sua condizione di homeless però, lo rende un reietto condannato a vivere ai margini della società, senza alcuna speranza di riscatto e privato persino del proprio passato e della propria identità.
Storie di ordinaria emarginazione in questo film indipendente del filmaker di origini israliane, ma newyorkese d'adozione, Oren Moverman che puntano da un lato sul minimalismo documentaristico dagli umori blues del primo Cassavetes e dall'altro sul trasandato sex appeal di un incanutito e indomito Richard Gere. La povertà è una brutta bestia ed a poco serve addomesticarla e tenerla al guinzaglio, sembra ammiccare Moverman da una soggettiva perennemente estranea e sghemba che vorrebbe rintuzzare la cattiva coscienza di un pubblico occidentale che osserva con placida indolenza le sorti di chi non c'è l'ha fatta, definitivamente tagliato fuori da un circuito produttivo e sociale che esclude e che ghettizza, capace al più della compassione e del rispetto che si deve a quella parte di umanità finita nel cul-de-sac dell'assistenzialismo pubblico e della solidarietà privata, ma senza alcuna speranza di reinserimento e riabilitazione, men che meno meritevole dell'affetto dei suoi cari. Non ci sono intenti moralistici o reprimende politiche per un film in cui lo stesso autore si mette dalla parte di chi osserva con freddo distacco le dignitose peregrinazioni di un uomo senza speranza, di una risalita dagli inferi della solitudine e della incapienza di un reietto che cerca di ricominciare là dove si era interrotto il suo percorso di vita, tra una moglie morta di cancro non ostante i disastrosi sforzi economici che lo hanno condotto alla bancarotta ed un figlia ancora piccola abbandonata alle cure dei nonni e per questo perduta per sempre. L'America di Moverman è quella marginale e sconfitta della Kelly Reichardt di Old Joy e Wendy and Lucy, un paese delle opportunità non andate a buon fine e di una ricerca di valori umani (l'amicizia, l'amore, l'affetto filiale, perfino l'attaccamneto al proprio cane) che sembrano gli unici antidoti ad un nichilismo esistenziale da cui non pare esserci scampo. Un esperimento cinematografico di programmatcica sobrietà (camera a mano e piani fissi, colonna sonora ridotta ai minimi termini e realismo scenografico) con un titolo originale che allude ad una sospensione sine die del normale corso dell'esistenza e che utilizza il divo di turno senza abusarne ma facendo comunque le inevitabili concessioni ad un irresistibile appeal fisiognomico, alle phisique du role di chi è condannato ad avere un rapporto privilegiato col mondo femminile (la barbona scambiata per amica, l'infermiera iralandese, l'impiegata statale, la figlia sedotta e abbandonata: una bellissima ed intensa Jena Malone) e per questo meritevole di quel trasporto empatico che tradisce un finale aperto alla commozione ed alla speranza. Tutto negli ultimi 10 minuti del film. E dire che c'è l'aveva quasi fatta!
Presentato al Toronto International Film Festival nel 2014 e distribuito in Italia solo nel 2016 a cura della Lucky Red.
"El purtava i scarp de tennis, el parlava de per lu
rincorreva già da tempo un bel sogno d'amore."
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g_andrini
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domenica 23 ottobre 2016
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buon film
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La paura del destino accomuna tutti, ognuno teme di finire senza affetti. E' un film che fa riflettere, l'argomento è trattato con intelligenza. Ottima la fotografia, con l'uso delle Alexa sempre più diffuso.
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ashtray_bliss
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domenica 9 ottobre 2016
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un ritratto onesto e non patitato dei senzatetto.
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Moverman confeziona un film semplice e onesto, mettendo in scena uno dei problemi sociali più importanti al quale girano le spalle istituzioni e persone comuni. Ecco allora che si creano sciami di invisibili, persone che hanno perso tutto e che si ritrovano a barcamenarsi nelle fredde e disumane metropoli, un po' a chiedere carità per strada e un po' a chiedere un posto letto, in uno dei tanti rifugi per homeless.
La retorica e il didascalismo sono assenti in questa pellicola. Moverman non vuole insegnare niente a nessuno e nemmeno mettere in scena una storia strappalacrime alla Cassavettes per toccare le corde più sensibili del nostro animo. Il suo obbiettivo è quello di rappresentare nel modo più realistico possibile la vita quotidiana, routinaria e difficile al contempo, degli homeless e per raccontare questa storia sceglie di affidare il ruolo del protagonista George a Richard Gere.
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Moverman confeziona un film semplice e onesto, mettendo in scena uno dei problemi sociali più importanti al quale girano le spalle istituzioni e persone comuni. Ecco allora che si creano sciami di invisibili, persone che hanno perso tutto e che si ritrovano a barcamenarsi nelle fredde e disumane metropoli, un po' a chiedere carità per strada e un po' a chiedere un posto letto, in uno dei tanti rifugi per homeless.
La retorica e il didascalismo sono assenti in questa pellicola. Moverman non vuole insegnare niente a nessuno e nemmeno mettere in scena una storia strappalacrime alla Cassavettes per toccare le corde più sensibili del nostro animo. Il suo obbiettivo è quello di rappresentare nel modo più realistico possibile la vita quotidiana, routinaria e difficile al contempo, degli homeless e per raccontare questa storia sceglie di affidare il ruolo del protagonista George a Richard Gere. Del background di George non si sa nulla e poco viene a galla attravverso sporadici e laconici dialoghi. Le responsabilità personali non vengono affatto azzerate e si deduce che anche George ha avuto un ruolo fondamentale nel crearsi quella situazione, perdendo tutto e di tutto la cosa più importante che gli è rimasta: la figlia Maggie che di lui non vuole nemmeno sentir parlare.
Ma al regista non interessa puntare il dito contro e stabilire chi ha colpa e per cosa. Gli importa invece mostrare come queste persone, senzatetto, indifferentemente del perchè lo sono diventate, siano come ombre invisibili per il resto delle persone che li circondano, talvolta anche delle istituzioni ancorate ad una burocrazia massacrante che non permette loro di evolversi e cambiare la propria condizione.
Moverman segue così il suo protagonista a distanza, attravverso porte-vetro o finestre (di uffici, di negozi, di bar), atravverso riflessi di luce che delineano la distanza di sicurezza con la quale noi stessi ci accorgiamo (forse ma non necessariamente) della presenza di questi diserati attorno a noi. Originale il modo di approcciare e seguire il protagonista ma alla lunga è una tecnica che finisce per stancare lo spettatore ed appesantirne la visione. Per il resto la pellicola proseguire in modo assolutamente lineare, senza colpi di scena o momenti clou. Il regista delinea la 'normalità' di un homeless che non accetta di essere definito tale, che spende la sua giornata a girare senza una meta precisa, a vendere i propri beni, quei pochi rimasti (come un cappotto o una sciarpa) per convertire il ricavato in alcool fino ad arrivare a sera dove prima del coprifuoco deve essere allineato in quelle interminabili file dei rifugi per accaparrarsi un posto-letto. George alla fine incontrerà un ex pianista afroamericano che versa nelle sue medesime condizioni e i due proveranno a ritrovare un po' di dignità, umanità ed empatia l'uno nell'altro. In altre parole, trovando conforto in una sorta di amicizia. Salvo poi svegliarsi il giorno dopo e constatare che quel amico è scomparso. La vita dà e prende. Il susseguirsi di momenti di gioia a quelli di tristezza e solitudine sono inevitabili. Alla fine a George non resta che tentare l'ultima carta a sua disposizione: quella di chiedere aiuto ad una figlia che non lo vuole aver vicino ma che dopotutto accetterà di stendergli una mano.
Film ben realizzato e recitato, con un Gere anche in veste di produttore che si immedesima totalmente nella parte, e che riporta l'attenzione, seppur in maniera discreta, sul problema dell'emarginazione degli homeless.
Al film tuttavia manca qualcosa, quella marcia in più che avrebbe potuto consacrarlo a nitido spaccato della cruda realtà che affrontano tali persone. Moverman invece si muove prudente pur restando altamente realistico e senza proporre personaggi stereotipati e senza nemmeno risultare graffiante e incisivo. Merito della pellicola in questione è che sicuramente non sfrutta il personaggio di George per ricattare moralmente gli spettatori ma alla fine sembra di aver assistito ad un docufilm con l'happy ending dietro l'angolo piuttosto che ad un film dalla potenza narrativa e drammatica ben più elevata, come invece ci si aspettava da un prodotto del genere.
Nel complesso si tratta di un buon prodotto, seppur al di sotto delle aspettative poste, caratterizzato da un ritmo narrativo piuttosto lento e poco parlato (eccetto i lunghi monologhi del jazzista nero che incontra Gere) e basato sulle lunghe inquadrature di Gere, che atravverso il suo personaggio descrive la solitudine e disperazione di queste persone dimenticate da tutti.
2,5/ 5.
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flyanto
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lunedì 20 giugno 2016
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quando un uomo perde tutto è soprattutto la dignit
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Un altro ruolo particolare e fortemente drammatico per Richard Gere che, dopo il suo precedente in "Franny" dove interpreta un uomo fortemente dipendente dal vizio del bere, ne "Gli Invisibili" riveste i panni di un individuo che vive alla stregua di un barbone. Egli, non se ne capisce direttamente la motivazione ma si intuisce che la causa scatenante sia stata la morte improvvisa dell' amata moglie avvenuta anni addietro, si è ridotto a vagare per le strade in condizioni ovviamente di grande indigenza e trascorrendo le propri giornate a bere, a chiedere l'elemosina e a cercarsi un riparo dove trascorrere la notte. Così facendo egli trascorre la sua contemporanea esistenza con altrettanti barboni come lui e andando a trovare ogni tanto la figlia abbandonata in passato appena adolescente, la quale lavora presso un bar e che, ovviamente, nutre un profondo e giustificato risentimento nei confronti del padre.
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Un altro ruolo particolare e fortemente drammatico per Richard Gere che, dopo il suo precedente in "Franny" dove interpreta un uomo fortemente dipendente dal vizio del bere, ne "Gli Invisibili" riveste i panni di un individuo che vive alla stregua di un barbone. Egli, non se ne capisce direttamente la motivazione ma si intuisce che la causa scatenante sia stata la morte improvvisa dell' amata moglie avvenuta anni addietro, si è ridotto a vagare per le strade in condizioni ovviamente di grande indigenza e trascorrendo le propri giornate a bere, a chiedere l'elemosina e a cercarsi un riparo dove trascorrere la notte. Così facendo egli trascorre la sua contemporanea esistenza con altrettanti barboni come lui e andando a trovare ogni tanto la figlia abbandonata in passato appena adolescente, la quale lavora presso un bar e che, ovviamente, nutre un profondo e giustificato risentimento nei confronti del padre. Ma piano, piano, con una sorta di buona volontà a combattere questo suo stato assai critico, il protagonista riuscirà a commuovere la figlia abbandonata e, forse, a ricostruirsi un poco alla volta un'esistenza un pò più dignitosa.
Una pellicola estremamente dura e guanto mai realistica sulla condizione e sul mondo di quegli individui, i cosiddetti, appunto, "invisibili", che, in seguito a qualche avvenimento per loro altamente traumatico, non hanno saputo reagire adeguatamente e metabolizzare il dolore nella giusta maniera e si sono lasciati sempre più andare alla deriva, dedicandosi al bere, perdendo ogni bene economico ed addirittura la propria casa e soprattutto la propria dignità di essere umano. E Richard Gere, che il pubblico è abituato a vedere nella maggior parte delle sue performances come un seduttore od anche come un uomo con problematiche comuni a tutti, qui riveste alla perfezione un ruolo molto difficile e sicuramente "scomodo" e, ovviamente, per nulla allegro. Il bell'attore Gere così appare in vestiti consunti, con l'aspetto alquanto trasandato e barba incolta (ma che non intaccano ugualmente il suo fascino naturale), con uno stile di vita sicuramente molto deplorevole e poco ammirevole e quotidianamente in serie e continue difficoltà, maggiorate dall' ostracismo di tutti, sia sconosciuti per la strada che dalla figlia stessa a ben ragione.
Concludendo, un film molto ben girato dal regista Oren Moverman e, ripeto, altamente crudo ed assai lontano da ogni tesi buonista e, pertanto, difficile da "accettare" per la sua scomoda e quanto mai dolorosa veridicità.
Interessante ma non concepito al fine di cercare un paio d'ore di spensieratezza.
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maurizio meres
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domenica 19 giugno 2016
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quello che facciamo finta di non vedere
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Questo film rappresenta quello che vediamo,anzi che facciamo finta di non vedere tutti i giorni,dignità umana calpestata da un destino atroce,malvagio,che non lascia speranza,a chi purtroppo sfortunato nella vita è costretto a vivere in questo mondo.
La dignità e la consapevolezza di non essere più se stessi oltrepassa ogni limite di sopportazione,rimane inalterata perché la mente dell'essere umano essendo una macchina perfetta vede ciò che si vuole vedere,e soprattutto fa sognare anche ad occhi aperti lasciando sempre la speranza di una vita migliore.
Il mondo che gira intorno a loro non è altro che la pura indifferenza di una razza senza più valori,ognuno di noi vive con un paraocchi blindato,dove l'indifferenza sembra quasi un modo di vita.
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Questo film rappresenta quello che vediamo,anzi che facciamo finta di non vedere tutti i giorni,dignità umana calpestata da un destino atroce,malvagio,che non lascia speranza,a chi purtroppo sfortunato nella vita è costretto a vivere in questo mondo.
La dignità e la consapevolezza di non essere più se stessi oltrepassa ogni limite di sopportazione,rimane inalterata perché la mente dell'essere umano essendo una macchina perfetta vede ciò che si vuole vedere,e soprattutto fa sognare anche ad occhi aperti lasciando sempre la speranza di una vita migliore.
Il mondo che gira intorno a loro non è altro che la pura indifferenza di una razza senza più valori,ognuno di noi vive con un paraocchi blindato,dove l'indifferenza sembra quasi un modo di vita.
Tematica contemporanea sulle difficoltà economiche dei cosiddetti nuovi poveri,nel film lento ma del resto non poteva essere altrimenti,il regista bravissimo,mai patetico,mette in luce tutte le ragioni esistenziali che portano al totale abbandono della persona,ritengo la scelta di Gere per quel ruolo sia stata giusta,in quanto il suo modo di fare oltre che all'aspetto fisico siano in simbiosi proprio con la realtà di quelle persone che si trovano in difficolta.
Film vero da vedere,per capire uno dei veri drammi creati dal consumismo,incontrollato e ipocritamente superficiale.
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