Mommy |
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Un film di Xavier Dolan.
Con Anne Dorval, Suzanne Clément, Antoine Olivier Pilonn, Patrick Huard.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+16,
durata 140 min.
- Francia, Canada 2014.
- Good Films
uscita giovedì 4 dicembre 2014.
MYMONETRO
Mommy
valutazione media:
3,83
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Mommydi catcarloFeedback: 13499 | altri commenti e recensioni di catcarlo |
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mercoledì 10 dicembre 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
A venticinque anni, un (bel) po’ di sana incoscienza è inevitabile e allora il canadese francofono Dolan scrive e dirige queste montagne russe di emozioni che mischiano tocchi di commedia, in maggioranza nella prima parte, e scene grondanti melodramma che dominano il tratto conclusivo, utilizzando schemi e situazioni che finiscono per alternare il teatro da camera a tocchi di pura estetica pop in cui una colonna sonora estremamente variegata nel tempo e nello spazio gioca un ruolo fondamentale (oltre a sfoggiare il miglior utilizzo di ‘Wonderwall’ di sempre). Ma se all’incoscienza di cui sopra si unisce una capacità di fare cinema che combina una notevole perizia a una delicata sensibilità, l’accumulo di elementi eterogenei finisce per risultare in un amalgama talmente coinvolgente da far soprassedere sui difetti che pure ci sono: ‘Mommy’ non è un film perfetto (anche perché il regista è assai più interessato allo sviluppo di personaggi e sentimenti che alla coerenza nello svolgimento della storia), ma sa emozionare nel profondo a un livello tale che forse la perfezione non permetterebbe di raggiungere. Per alzare ulteriormente la posta, Dolan ha deciso di girare il film in formato 1:1 che sul grande schermo tende ad allungarsi verso l’alto quasi a simulare il display di un cellulare: una scelta stilistica che stringe sui personaggi in modo coerente con le vicende della loro esistenza – a parte un paio di brevi e illusorie aperture – ma che richiede all’inquadratura una precisione millimetrica (la fotografia è di André Turpin) e allo spettatore un certo spirito di adattamento. A prescindere dagli aspetti tecnici, per testimoniare la bravura del regista basterebbe la sola considerazione di come una trama esilissima venga trattata per due ore e un quarto senza un attimo di cedimento o un calo di tensione: la piccola storia di Diane che, malgrado le difficoltà, decide di riprendersi in casa il figlio adolescente Steve, al quale l’iperattività impedisce ogni tipo di autocontrollo, viene trasformata in un’avventura più grande della vita. La ricostruzione dell’amore tra i due è tutto meno che semplice, minata sia dai problemi del ragazzo, sia dalla fragilità della donna che vive un’esistenza scombinata ed è tutto meno che una madre perfetta: l’arrivo della vicina Kyla (altra figura fragilissima, afflitta da una fredda vita familiare e da una balbuzie di origine psicologica) come terzo vertice dell’improbabile triangolo pare riportare un po’ di luce, ma né lei né il comunque fortissimo affetto che lega i due personaggi principali potrà evitare lo scivolamento verso la tragedia (svolta favorita da un tocco di fantasociologia tanto per non farsi mancar nulla). Raccontata così magari suona come una versione postmoderna di una via di mezzo fra ‘Catene’ e ‘Incompreso’ e non si capisce il Premio della Giuria a Cannes, ma è davvero difficile descrivere a fondo un’opera come questa, con le sue sottigliezze e la sua capacità di sfruttare i clichè per costruire qualcosa del tutto diverso: basti ricordare il momento, non a caso ripreso anche sulle locandine, in cui Steve mette una mano sulla bocca della madre e poi ne bacia il dorso. Non vanno però dimenticati, almeno, l’efficace scelta dei colori, che alternano i tono caldi degli interni casalinghi a quelli freddi (malgrado il foliage) degli esterni immersi nell’autunno canadese, e la mirabile prova degli interpreti, con i tre principali che non eccedono mai nella misura benché i personaggi siano almeno qua e là a rischio e fra i quali spicca Anne Dorval che disegna con finezza l’anima tormentata di Diane.
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