flaviano
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lunedì 9 febbraio 2015
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12 anni schiavi di un film piatto
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Un progetto interessante che si conclude con poco o niente...un protagonista che non ci degna di un sorriso in tutto il film, una madre che non riesce a fare una scelta giusta per sé e i propri figli ma che almeno movimenta la pellicola con i traslochi da una casa all'altra, il padre che si porta dietro gli strascichi di una vita da eterno giovane risulta alla fine il più saggio e equilibrato...l'intento di rappresentare una vita normale di un ragazzo qualunque con le problematiche familiari connesse è riuscito, ma allo stesso tempo vi è stata un'ostentazione di tale normalità che ha fatto perdere la strada maestra...un ottantenne nel corpo di un quindicenne, una vitalità bradipica, l'apatia di un ragazzo che rende qualsiasi tipo di rapporto con l'altro e tutto ciò che sta intorno privo di colore.
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Un progetto interessante che si conclude con poco o niente...un protagonista che non ci degna di un sorriso in tutto il film, una madre che non riesce a fare una scelta giusta per sé e i propri figli ma che almeno movimenta la pellicola con i traslochi da una casa all'altra, il padre che si porta dietro gli strascichi di una vita da eterno giovane risulta alla fine il più saggio e equilibrato...l'intento di rappresentare una vita normale di un ragazzo qualunque con le problematiche familiari connesse è riuscito, ma allo stesso tempo vi è stata un'ostentazione di tale normalità che ha fatto perdere la strada maestra...un ottantenne nel corpo di un quindicenne, una vitalità bradipica, l'apatia di un ragazzo che rende qualsiasi tipo di rapporto con l'altro e tutto ciò che sta intorno privo di colore...
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mattiabertaina
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giovedì 6 novembre 2014
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lo straordinario nell'ordinario
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39 giorni di riprese in 12 anni; una notevole idea iniziale, coraggiosa, mai messa in scena prima di oggi. Boyhood di Richard Linklater rappresenta uno spaccato di vita del piccolo Mason, ritratto nella sua quotidianità, nel suo cammino verso l’età adulta. Nel 2002 Ellar Coltrane aveva 8 anni quando si calò nella parte del protagonista, affiancato dal padre, Mason Senior (Ethan Hawke), la madre Olivia (Patricia Arquette) e la sorella Samantha (Lorelei Linklater). Il film si snoda nei 12 anni successivi, passando per le vicende scolastiche, gli sconvolgimenti famigliari, i primi amori, la passione per la musica e per la fotografia, giungendo all’ingresso al college e al conseguente distacco dalla famiglia.
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39 giorni di riprese in 12 anni; una notevole idea iniziale, coraggiosa, mai messa in scena prima di oggi. Boyhood di Richard Linklater rappresenta uno spaccato di vita del piccolo Mason, ritratto nella sua quotidianità, nel suo cammino verso l’età adulta. Nel 2002 Ellar Coltrane aveva 8 anni quando si calò nella parte del protagonista, affiancato dal padre, Mason Senior (Ethan Hawke), la madre Olivia (Patricia Arquette) e la sorella Samantha (Lorelei Linklater). Il film si snoda nei 12 anni successivi, passando per le vicende scolastiche, gli sconvolgimenti famigliari, i primi amori, la passione per la musica e per la fotografia, giungendo all’ingresso al college e al conseguente distacco dalla famiglia. Il lavoro di Linklater è molto più di un esperimento cinematografico mai tentato prima ed è molto di più di un semplice period movie; Boyhood rappresenta una celebrazione del cambiamento ed una dichiarazione d’amore alla magia del Cinema, che da un lato mostra lo scorrere della vita sullo schermo ma dall’altro fissa indelebilmente alcuni momenti di essa, rendendoli infiniti, immortali, senza più una vera collocazione temporale. Se per Hitchcock il cinema era “la vita senza le parti noiose”, per Linklater il cinema è un racconto della normalità, di una famiglia media, che vive eventi ordinari. Il regista lavora sull’accumulo di piccoli momenti quotidiani senza ricorrere ai cliché (il primo bacio, la prima sbronza, la perdita della verginità), cercando il realismo senza scadere mai nel documentario, strutturando una vera sceneggiatura ma lasciandosi accompagnare dalla crescita naturale degli interpreti. Nessun trucco, nessun cambio di attori; Ellar e Lorelei si sono ad un certo punto sovrapposti ai personaggi che interpretavano, cambiando le carte in tavola e rendendo ancora più personale e di ricerca il lavoro del cineasta texano. Boyhood rappresenta una piacevolissima novità, premiata con l’Orso d’Argento alla Berlinale, che ritrae e dà forza al concetto di straordinario nell’ordinario accompagnando lo spettatore in una epopea di una famiglia americana calata nel reale, dalla questione della guerra in Afghanistan all’elezione del primo Presidente di colore nella storia degli Stati Uniti, con colonne sonore che hanno raccontato il primo decennio degli anni 2000, dai Weezer ai Coldplay. Un lavoro necessario che cambia angolazione del modo di fare cinema, in modo onesto ed originale.
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angelo franco giordi
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lunedì 4 maggio 2015
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un pezzo di vita vero, forte sui dettagli
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"Sai una cosa mamma, ho capito da dove vengono le vespe, beh io dico che secondo me se tiri un colpetto all'acqua presente nell'aria, nel modo giusto, si trasforma in vespa".
Mason ha una vita. La rispettabile vita di un bambino di 8 anni. Una sorellina maggiore che lo sveglia coreografando - Ooops i did it again - di Britney Spears e che a pranzo gli parla attraverso l'alfabeto farfallino. Un compagno di merende con cui imbratta muri e guarda riviste di donne in costume da bagno. Una mamma con mariti improbabili. Un giovane padre musicista a bordo di una Gto nera.
"Sai Samantha devi cominciare a riflettere intensamente su chi vuoi diventare.
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"Sai una cosa mamma, ho capito da dove vengono le vespe, beh io dico che secondo me se tiri un colpetto all'acqua presente nell'aria, nel modo giusto, si trasforma in vespa".
Mason ha una vita. La rispettabile vita di un bambino di 8 anni. Una sorellina maggiore che lo sveglia coreografando - Ooops i did it again - di Britney Spears e che a pranzo gli parla attraverso l'alfabeto farfallino. Un compagno di merende con cui imbratta muri e guarda riviste di donne in costume da bagno. Una mamma con mariti improbabili. Un giovane padre musicista a bordo di una Gto nera.
"Sai Samantha devi cominciare a riflettere intensamente su chi vuoi diventare... Vuoi essere una persona che collabora e che si preoccupa e aiuta gli altri, o vuoi essere una narcisista egocentrica?"
Pensa all'inspiegabile perspicacia dei bambini. Ai musi lunghi per le promesse non mantenute. All'insicurezza adolescenziale fatta di occhi rossi, limonate fugaci, dubbi, picchi dell'umore. Immaginati Mason che si innamora e poi viene lasciato. Vai alla nonna che gli regala la bibbia con le sue iniziali in oro e al nonno che gli regala un fucile (paradosso tutto americano veramente succoso). Ora vai a Mason che sta per partire per il college, una macchina fotografica al collo, sua mamma che piange, la sorellina dell'alfabeto farfallino che intanto è diventata grande e si è tinta i capelli.
Boyhood è stato realizzato in soli 39 giorni di riprese nell'acro di 12 anni, dal 2002 al 2013. Il regista ha riunito lo stesso cast in diverse date, monitorando un pezzo di vita vero, forte sui dettagli.
"Addio giardino, addio lillà delle Indie, addio cassetta delle lettere, addio scatola delle cose che la mamma non ci fa portare ma che noi non vogliamo buttare, addio casa, vorrò meno bene alla mamma per averci fatto trasferire, addio vecchia signora che ascolta Rock e guida la motocicletta".
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fede slevin
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mercoledì 20 maggio 2015
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sfogliare un album fotografico
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La vita di Mason viene raccontata dai sei fino ai diciott'anni, con tutti i cambiamenti somatici e non che porta con sè l'inesorabile trascorrere del tempo. La narrazione si sviluppa attraverso il rapporto con la sorella Samantha, la madre Olivia e il padre Mason Sr. che nonostante il divorzio, gli resterà vicino, per estendersi poi ad uno sguardo d'insieme su tutto il popolo americano e di come appare agli occhi di una famiglia, che più americana non si può.
Che cos'è Boyhood? Un affresco. Se prendessimo un album di foto della nostra vita, nell'età descritta dal regista e lo sfogliassimo, vedremmo tanti istanti, caratteristici, particolari. Vedremmo l'evolvere del modo di vestire, nostro e di parenti immortalati.
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La vita di Mason viene raccontata dai sei fino ai diciott'anni, con tutti i cambiamenti somatici e non che porta con sè l'inesorabile trascorrere del tempo. La narrazione si sviluppa attraverso il rapporto con la sorella Samantha, la madre Olivia e il padre Mason Sr. che nonostante il divorzio, gli resterà vicino, per estendersi poi ad uno sguardo d'insieme su tutto il popolo americano e di come appare agli occhi di una famiglia, che più americana non si può.
Che cos'è Boyhood? Un affresco. Se prendessimo un album di foto della nostra vita, nell'età descritta dal regista e lo sfogliassimo, vedremmo tanti istanti, caratteristici, particolari. Vedremmo l'evolvere del modo di vestire, nostro e di parenti immortalati. Vedremmo le acconciature del periodo, l'evoluzione dei tratti somatici, le compagnie che si frequentavano in quegli anni e sorgerebbero anche delle emozioni nel ricordare tutto questo. Tuttavia, non potremmo vedere come evolve la società da quelle foto. Per questo Boyhood va oltre, regalandoci un album fotografico d'America, immortalato attraverso gli occhi (e la macchina fotografica di Mason, non a caso) di una famiglia ordinaria, che non ha nulla di speciale, nulla di invidiabile, coi suoi alti ma anche i suoi bassi ancora una volta ordinari, come il divorzio, i continui traslochi, l'"orlo della povertà", il patrigno alcolizzato, la fine di un amore adolescenziale. Tutto nella norma, raccontato cercando di mantenere le distanze, come in un documentario, facendo una critica della società che però le distanze non mantiene, calandosi talvolta in uno sguardo più "profondo", manifestato attraverso le parole di un Mason confuso, che oscilla anch'egli tra il voler esser "fico" (come dice spesso Samantha, lato "superficiale" di questa medaglia) e il non aver bisogno dell'opinione altrui, tra il raccontare di finte ragazze, in città lasciate alle spalle e il rifiuto di ogni forma di social network "perchè non mostra chi sei realmente", come non manca di esternare il ragazzo. Un film che ha lo scopo di raccontare il cambiamento (politico, geografico, familiare) e il trascorrere del tempo, con tutte le sue conseguenze prima fra tutte, la crescita dei figli che prima o poi lasceranno "il nido". Per fare ciò, Linklater sfodera gli effetti speciali, ma solo in senso metaforico, perchè gli attori, in Boyhood, invecchiano davvero! Attraverso un esperimento cinematografico che, coi 12 anni di riprese occorsi per la realizzazione, potrebbe essere considerato tra i più innovativi di sempre, il regista riesce a portare il cinema a una nuova forma di arte, approdando a una sorta di "iperrealismo". Tuttavia, meriti a parte, trovo giusto che alla fine Boyhood non sia stato insignito della prestigiosa statuetta, perchè al di là di critiche (anche su temi scottanti, come la guerra e il governo Bush) sull'America e la società in genere, si tratta sempre di "frecciatine", che più che una puntura non lasciano e a poco serve quel sottile tentativo di dire la propria attraverso il pensiero "depresso" di un altalenante Mason. D'altronde, non si può chiedere il mondo a un film che in 165 minuti racconta 12 anni di vita, attingendo peraltro a tutti i temi che possono far parte della quotidianità di una famiglia qualunque. Dunque, benvengano le innovazioni artistiche, ma non come condizioni sufficienti per un prodotto d'eccellenza.
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critichetti
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domenica 10 aprile 2016
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progetto lodevole,effetto discutibile (spoiler)
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Partiamo dal presupposto che fare un progetto per un film che duri 12 anni è più che lodevole come idea,quindi su questo tanto di cappello,perchè effettivamente si vede veramente la crescita del personaggio (nel senso:non vengono presi attori più grandi "somiglianti" agli originali:sono proprio loro) e questa è un'idea molto bella.Ma sfruttata malissimo.Innanzitutto gli attori più giovani non riescono ad essere espressivi nè da piccoli nè tantomeno da grandi,mentre i genitori dei due protagonisti invece recitano molto bene e questo purtroppo si nota anche troppo mentre il film va avanti:il divario di bravura è veramente eccessivo.
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Partiamo dal presupposto che fare un progetto per un film che duri 12 anni è più che lodevole come idea,quindi su questo tanto di cappello,perchè effettivamente si vede veramente la crescita del personaggio (nel senso:non vengono presi attori più grandi "somiglianti" agli originali:sono proprio loro) e questa è un'idea molto bella.Ma sfruttata malissimo.Innanzitutto gli attori più giovani non riescono ad essere espressivi nè da piccoli nè tantomeno da grandi,mentre i genitori dei due protagonisti invece recitano molto bene e questo purtroppo si nota anche troppo mentre il film va avanti:il divario di bravura è veramente eccessivo.Altro problema è la sceneggiatura:ho sentito molti paragonare questa sceneggiatura a quella de "La grande bellezza" e francamente credo che non ci sia nulla di più sbagliato.E' vero che entrambi i film sono abbastanza deboli dal punto di vista della sceneggiatura e della trama,ma almeno nel film italiano c'era una crescita dei personaggi,mentre qui la crescita rimane solo fisica.Il protagonista resterà sempre uno che segue l'idea più in voga al momento per essere "più fico" e allora lo vedremo essere sempre il classico ragazzetto che pur di non sfigurare davanti agli amici fa sempre la parte del trasgressivo;la madre non imparerà mai niente dai suoi errori,anzi si sposerà sempre con uomini autoritari e violenti;la sorella sarà sempre quella un pò particolare la cui personalità non si riesce mai a capire.Giusto il padre avrà un ruolo interessante,ma compare piuttosto poco per l'importanza che dovrebbe ricoprire.Giusto nell'ultima mezz'ora si assiste ad una minima crescita interiore del protagonista,ma è una crescita che sembra molto random:non si vede il motivo che fa scaturire questa crescita!E mi dispiace,ma è una pecca molto grave in un film.La trama non ha particolari svolti narrativi e i pochi presenti,sono resi piuttosto male.A questo aggiungiamoci che la regia non regala nulla di particolare (e ancora una volta a chi paragona questo alla pellicola di Sorrentino faccio notare le numerose inquadratura paesaggistiche di gran pregio o alcune idee registiche molto interessanti che vi sono presenti) e una fotografia che nonha particolare guizzi (anzi,in un paio di scene è pure sporchina).Certo,è vero che è molto delicato come film e molto fiabesco,ma onestamente non mi basta.Anzi,oserei dire che è fin troppo fiabesco,nel senso che per il protagonista finisce praticamente tutto bene senza che lui ne abbia il merito.Vero è che il rapporto con il padre è interessante,ma ripeto:troppo poco per quello che avrebbe meritato.Ammirevole quindi l'idea di far durare la produzione di un film 12 anni,ma poi l'effetto che ne è venuto fuori,per l'attesa che si era creata attorno a questo film,è assai discutibile.L'unica cosa carina è la storia dell'inserviente che era interessato alle lettere che ritroveremo anni dopo laureato grazie ai consigli che ai tempi gli furono dati dalla madre del protagonista,ma è troppo poco per fare qualcosa di interessante. Quindi,a mio parere,è un film piuttosto evitabile.
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stenoir
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martedì 31 dicembre 2019
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un'opera comunque unica nel suo genere
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Ho spesso pensato a quanto sarebbe stato interessante (e fattibile) se la vita di un personaggio di un film potesse trascorrere idealmente nella vita reale e nel 2014, Linklater esaudisce questa mia “richiesta”. Il film, in quanto a trama, non è niente di memorabile: una famiglia americana con vari problemi/vicissitudini che potrebbe avere qualsiasi famiglia -nel mondo-; ma appunto, unica, risulta la scelta di riunire alcuni giorni, ogni anno, per dodici anni, questi attori. Così vediamo Mason (Ellar Coltrane) bambino diventare ragazzo, attraversando le fasi dell’adolescenza e con lui vediamo crescere la sorella Samantha (Lorelei Linklater) e invecchiare i loro genitori -separati- interpretati da Patricia Arquette, meritevole di un oscar, e Ethan Hawke.
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Ho spesso pensato a quanto sarebbe stato interessante (e fattibile) se la vita di un personaggio di un film potesse trascorrere idealmente nella vita reale e nel 2014, Linklater esaudisce questa mia “richiesta”. Il film, in quanto a trama, non è niente di memorabile: una famiglia americana con vari problemi/vicissitudini che potrebbe avere qualsiasi famiglia -nel mondo-; ma appunto, unica, risulta la scelta di riunire alcuni giorni, ogni anno, per dodici anni, questi attori. Così vediamo Mason (Ellar Coltrane) bambino diventare ragazzo, attraversando le fasi dell’adolescenza e con lui vediamo crescere la sorella Samantha (Lorelei Linklater) e invecchiare i loro genitori -separati- interpretati da Patricia Arquette, meritevole di un oscar, e Ethan Hawke. Le canzoni realizzate in questa decade fanno da accompagnamento musicale e si può notare anche un miglioramento qualitativo delle immagini (a livello di pellicola), rispetto all’inizio film, quasi come a voler rimarcare che il tempo trascorso nelle vite dei personaggi del film sia effettivamente lo stesso trascorso nella vita reale. In questa classifica per l’idea e la sua riuscita.
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great steven
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domenica 12 gennaio 2020
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sulle ali delle trepidanti età dell'esistenza.
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BOYHOOD (USA, 2014) di RICHARD LINKLATER. Interpretato da ELLAR COLTRANE, PATRICIA ARQUETTE, ETHAN HAWKE, LORELEI LINKLATER, TAMARA JOLAINE
Dodici anni nella vita di Mason, dall’infanzia delle elementari fino all’entrata al college, passando per tutte le persone e gli eventi che li contraddistinguono: i genitori appena divorziati (il padre inaffidabile, musicista e viaggiatore a tempo perso, che si ingegna per non deludere i figli; la madre che ritorna all’università per laurearsi, fa carriera e non azzecca un marito giusto), la sorella maggiore Samantha in perenne equilibrio precario fra risentimento e simpatia nei suoi confronti, la vicinanza di alcuni parenti e amici.
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BOYHOOD (USA, 2014) di RICHARD LINKLATER. Interpretato da ELLAR COLTRANE, PATRICIA ARQUETTE, ETHAN HAWKE, LORELEI LINKLATER, TAMARA JOLAINE
Dodici anni nella vita di Mason, dall’infanzia delle elementari fino all’entrata al college, passando per tutte le persone e gli eventi che li contraddistinguono: i genitori appena divorziati (il padre inaffidabile, musicista e viaggiatore a tempo perso, che si ingegna per non deludere i figli; la madre che ritorna all’università per laurearsi, fa carriera e non azzecca un marito giusto), la sorella maggiore Samantha in perenne equilibrio precario fra risentimento e simpatia nei suoi confronti, la vicinanza di alcuni parenti e amici. Excursus su un pezzo di storia americana in Texas, con formidabili interpreti, una fotografia (Lee Daniel e Shane F. Kelly) in evoluzione cromatica e tecnologica omogenea e perfetta, montaggio (Sandra Adair) che segue i passaggi d’umore ed emotivi della narrazione, musiche d’epoca azzeccate e un’analisi approfondita di un’umanità "qualunque". Ma ciò che più sorprende e fa la differenza, nel film di Linklater (Orso d’argento a Berlino 2014), non è il "cosa" ma il "come": la pellicola è stata girata in dodici anni reali (dal 2002 al 2013) per brevi periodi; gli interpreti sono gli stessi, attori bambini che si trasformano in spigolosi adolescenti e sbocciano in giovani esseri di cui purtroppo non viene aperto uno spiraglio-suggerimento sul loro futuro, due protagonisti bravi e credibili sempre, che maturano, dimagriscono e ingrassano, invecchiano. Alle loro spalle, anche i personaggi pubblici cambiano, le pubblicità, le mode, i gadget, le musiche. Felicità e dolori, insuccessi frustranti e svolte sensazionali, crisi economiche e amorose, tutto quel che avviene nella vita di chiunque raccontato con ironia, umorismo, affetto e senza mai scivolare nel facile sentimentalismo. Qualche parte meno riuscita (la parentesi di Olivia col secondo marito Bill, un po’ troppo artefatta), più di un numero da primo premio (Mason Sr. con la prole in un pomeriggio al bowling; la conversazione educativa di Mason col professore scolastico nel laboratorio di fotografia illuminato di rosso) e vari momenti di toccante poesia (in particolar modo la passeggiata finale del ragazzo fra i canyon montuosi con i compagni di college testé conosciuti). Oscar a P. Arquette, migliore attrice non protagonista
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zarar
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domenica 26 ottobre 2014
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guardar vivere non basta a creare un film
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Il film, ambientato in Texas, narra - o meglio - fotografa una tranche de vie di due ragazzini, un maschietto e una ragazzina di una delle molte famiglie disfunzionali del nostro tempo, dall’infanzia all’approdo al college. Film giocato sullo sdoppiamento, uno artificiale e fastidioso, l’altro più autentico. Il primo nasce dal marchingegno , peraltro già sperimentato, di incrociare una fiction con il real time di attori che crescono con il crescere della narrazione. Unico effetto: un prodotto che non ha né l’autenticità di un documentario, né quella di una storia libera da condizionamenti extranarrativi. Più interessante il secondo sdoppiamento rappresentato, anche se tutt’altro che nuovo anche questo: adolescenti e adulti crescono apparentemente insieme, ma in realtà ciascuno per conto proprio, osservandosi e giudicandosi a vicenda senza mai realmente incrociarsi, ciascuno però alla fine ‘salvato’ da una sua resilienza, una sua capacità di assorbire gli urti senza spezzarsi, e tirare avanti ‘facendosi cogliere dall’attimo’, piuttosto che cogliere l’attimo.
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Il film, ambientato in Texas, narra - o meglio - fotografa una tranche de vie di due ragazzini, un maschietto e una ragazzina di una delle molte famiglie disfunzionali del nostro tempo, dall’infanzia all’approdo al college. Film giocato sullo sdoppiamento, uno artificiale e fastidioso, l’altro più autentico. Il primo nasce dal marchingegno , peraltro già sperimentato, di incrociare una fiction con il real time di attori che crescono con il crescere della narrazione. Unico effetto: un prodotto che non ha né l’autenticità di un documentario, né quella di una storia libera da condizionamenti extranarrativi. Più interessante il secondo sdoppiamento rappresentato, anche se tutt’altro che nuovo anche questo: adolescenti e adulti crescono apparentemente insieme, ma in realtà ciascuno per conto proprio, osservandosi e giudicandosi a vicenda senza mai realmente incrociarsi, ciascuno però alla fine ‘salvato’ da una sua resilienza, una sua capacità di assorbire gli urti senza spezzarsi, e tirare avanti ‘facendosi cogliere dall’attimo’, piuttosto che cogliere l’attimo. C’è fedeltà di rappresentazione, una certa empatia, e - sotto sotto - un tenace rispolvero del mito un po’ logoro del paese delle opportunità. Manca un vero focus in un film che si può vedere, ma non mi sembra giustifichi i peana che ha ricevuto da molti.
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eleonora panzeri
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sabato 1 novembre 2014
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il manifesto di una generazione
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Una pellicola veramente particolare che merita assolutamente di essere vista.
Un film che è cresciuto con gli attori, mettendoci 12 anni per vedere la luce.
Il film preferito di mio padre è «L’albero degli zoccoli», sicuramente una pietra miliare del cinema ma vi garantisco che a 12 anni era una vera tortura.
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Una pellicola veramente particolare che merita assolutamente di essere vista.
Un film che è cresciuto con gli attori, mettendoci 12 anni per vedere la luce.
Il film preferito di mio padre è «L’albero degli zoccoli», sicuramente una pietra miliare del cinema ma vi garantisco che a 12 anni era una vera tortura.
I miei nipoti, se mai ne avrò, probabilmente vedranno questo film e proveranno la stessa cosa.
Il mondo di oggi è diverso da quello dei nostri avi, la maggioranza delle famiglie sono poco numerose, spesso divise e ancora più sovente capita di avere delle famiglie allargate.
Se una volta lo spirito della comunità e del dovere era forse più forte, oggi troviamo uomini magari validi, ma che maturano troppo tardi, oppure a uomini maschilisti e prepotenti ancora oggi.
Assistiamo a tanta solitudine, a madri sole senza aiuti e a padri che si possono permettere di vivere come adolescenti fino a tarda età.
Il ruolo della donna nella società comincia a mutare, ma ancora molto molto lentamente.
Le diversità con il modello generazionale europeo però risulta marcata a dispetto della tanto pubblicizzata globalizzazione.
Lo stesso film, fatto in Italia sarebbe molto diverso, sempre che possa essere prodotto da qualcuno.
In America il nazionalismo è veramente molto forte, viene inculcato nelle menti sin dalla più tenera età, bello crescere in un paese dove ti dicono che i tuoi sogni possono diventare realtà.
Noi qui ci sentiamo dire solo cose negative, come se essere Italiani fosse più una vergogna che un pregio.
Inoltre molta è l’importanza data alle arti creative come la musica, la danza, il teatro, la scrittura creativa e la fotografia; discipline che qui in Italia sono di secondo o terzo piano e non sicuramente alla portata di tutti.
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homer52
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sabato 8 novembre 2014
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la decade cruciale
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Nell'arco di vita di una famiglia accadono tanti avvenimenti, positivi o negativi, che ne segnano in modo indelebile l'evoluzione successiva.Il regista, in questo bellissimo film, si sofferma su una decade cruciale: il passaggio dall'infanzia all'adolescenza sino alle soglie della vita adulta cioè,prendendo in considerazione l'età dei figli, il periodo che va dai loro 6-7 anni ai diciott'anni.E lo fa con grande maestria e sensibilità analizzando con delicatezza e rigore le turbolente traversie dell'animo di ogni componente della famiglia.Chi come me ha già rivestito il ruolo di figlio, marito, padre e nonno ha potuto sentire vibrare all'interno le corde di ognuna di queste funzioni, immedesimandosi con forte partecipazione ai bravissimi attori del film.
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Nell'arco di vita di una famiglia accadono tanti avvenimenti, positivi o negativi, che ne segnano in modo indelebile l'evoluzione successiva.Il regista, in questo bellissimo film, si sofferma su una decade cruciale: il passaggio dall'infanzia all'adolescenza sino alle soglie della vita adulta cioè,prendendo in considerazione l'età dei figli, il periodo che va dai loro 6-7 anni ai diciott'anni.E lo fa con grande maestria e sensibilità analizzando con delicatezza e rigore le turbolente traversie dell'animo di ogni componente della famiglia.Chi come me ha già rivestito il ruolo di figlio, marito, padre e nonno ha potuto sentire vibrare all'interno le corde di ognuna di queste funzioni, immedesimandosi con forte partecipazione ai bravissimi attori del film.Anche gli evidenti cambiamenti fisici dei personaggi(dettati dalla voluta lungaggine delle riprese durate dodici anni) che, a dire il vero, sono sbalorditivi e non tanto per quelli scontati dei figli, ma ahimè soprattutto per quelli dei loro genitori, contribuiscono a rendere più realistica questa rappresentazione e favoriscono perciò maggiormente il coinvolgimento del pubblico.E' un monito per tutti quanti:c'è un periodo della nostra vita in cui si concentrano una miriade di problematiche e conflitti che non hanno eguali in altre fasi.Dal modo in cui riusciremo a venirne fuori deriverà la possibilità nostra e dei nostri cari di poter continuare a vivere con serenità e benessere.
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