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luigi chierico
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domenica 15 dicembre 2013
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luna calante
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Generalmente un film la cui vicenda e narrazione è continuamente interrotta da flashback non è di mio gradimento; è come leggere un romanzo senza seguire l’ordine dei capitoli, o ascoltare qualcuno che perde in continuazione il filo del discorso.
Il film è così impostato, ma la vicenda e lo spettacolo non ne soffre, poiché lo scopo non è quello di narrare una storia, ma di costruire un personaggio: Jasmine.
Il regista ci riesce in maniera superlativa affidandosi alla capacità di una grande attrice: Cate Blanchett, che in questo film ce la mette proprio tutta per ambire ed ottenere l’Oscar come migliore attrice protagonista, riconoscimento che sarebbe meritatissimo.
Qui la Cate è perfettamente calata nel personaggio, è proprio magnifica, è lei che vive il dramma di Jasmine, la sua angoscia interiore, trasformando anche la sua grazia in un volto solcato dal dolore.
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Generalmente un film la cui vicenda e narrazione è continuamente interrotta da flashback non è di mio gradimento; è come leggere un romanzo senza seguire l’ordine dei capitoli, o ascoltare qualcuno che perde in continuazione il filo del discorso.
Il film è così impostato, ma la vicenda e lo spettacolo non ne soffre, poiché lo scopo non è quello di narrare una storia, ma di costruire un personaggio: Jasmine.
Il regista ci riesce in maniera superlativa affidandosi alla capacità di una grande attrice: Cate Blanchett, che in questo film ce la mette proprio tutta per ambire ed ottenere l’Oscar come migliore attrice protagonista, riconoscimento che sarebbe meritatissimo.
Qui la Cate è perfettamente calata nel personaggio, è proprio magnifica, è lei che vive il dramma di Jasmine, la sua angoscia interiore, trasformando anche la sua grazia in un volto solcato dal dolore. Il passato la rincorre, la perseguita, ma non la cambia, e se il suo passato è stata la causa del suo oggi, il suo oggi le fa commettere gli stessi errori. Non si può nascondere a sé stessi la verità, facendosi gioco della menzogna, o celandola in una vuota giustificazione “ma io non sapevo”.
Il passato fatto di inganni la perseguita, ma non le ha insegnato molto, commette gli stessi errori continuando a farsi del male. Il figlio sembra dirle : “ chi è causa del suo male pianga se stesso”, e Jasmine travagliata, abbandonata da tutti, continuerà a far uso di antidepressivi per soffocare la sua rabbia di incapacità, e nei continui soliloqui nell’illusione di essere ascoltata da qualcuno, quando ormai attorno a sé si è fatto silenzio, quando attorno a sé ha fatto terra bruciata.
Il regista però è Woody Allen quindi il film a mio avviso va letto e visto al di là di quello che si dice e si vede.
L’alta finanza è inganno, speculazione, frode senza scrupoli, ma gode del rispetto del gran mondo in cui si aggira pavoneggiando nell’eleganza e nel lusso. Diventa cieca e spietata e non si accorge più di quel che le accade attorno, finisce col non vedere l’evidenza e così da sola finisce nel baratro, nell’autodistruzione, è il fallimento! Per chi non trova la soluzione nella morte, ogni tentativo di ripresa è vano, il ricordo del passato lo perseguita, lo porta a commettere errori su errori sino al fallimento del proprio Io.
L’arroganza diventa commiserazione, il lusso disprezzo,la forza fragilità, l’amore inganno, la spregiudicatezza paura, la bellezza oltraggio, il complimento offesa.
Con la ricchezza c’è l’inganno e il tradimento, con la povertà l’onestà e l’amore, nell’una il fascino nell’altra l’ assenza di sex appeal.
Jasemin è l’alta finanza e direi, parafrasando Monti ,“due volte sull’altare, due volte nella polvere”.
Poco da dire sul protagonista Alec Baldwuin, se non avesse tradito anche la moglie non avrebbe trovato nulla da dire.
Efficace l’insignificante figura della sorella povera,( povera sorella !) affidata alle doti di un’ottima Sally Hawkins.
Efficaci le riprese fotografiche e la musica.
Un lungo applauso a Cate Blanchett, che volentieri tornerei a vedere per meglio gustarne ogni gesto, ogni parola, ogni fotogramma.
chigi
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alevigni
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domenica 15 dicembre 2013
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ma dov'é finita l'ironia di woody?
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Il film é indubbiamente drammatico e completamente affidato all'interpretazione magistrale di KB ma dov'é finita la tipica ironia di Woody??? Giá si fa fatica a sentire le sue battute pronunciate da personaggi che non siano lui, ma non sentirle affatto é ancora peggio, manca l'ingrediente principale, la ricetta é incompleta, e ti alzi dalla poltrona triste non solo per la storia drammatica ma per aver mancato l'incontro con vecchio amico, con cui hai condiviso molta parte della tua vita.
[+] ma non hai sentito....
(di francesco izzo)
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nino pell.
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domenica 15 dicembre 2013
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un woody allen come sempre tagliente
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Il film è, come di consueto stile del regista, una tagliente satira sociale riguardante i comportamenti delle persone che molto spesso sono dettati più da una soggettiva visione di vita, per questo limitante e che pertanto comporta nel commettere errori quando si intraprendono delle scelte importanti (in amore e nel lavoro), piuttosto che da una lucida e intelligente scelta razionale dei propri obiettivi da perseguire, possibilmente svincolata dal proprio "io antropologico". I personaggi di Woody Allen inoltre, come sempre, sembrano delle pedine manovrate da un gioco spesso più grande e pericoloso di loro, per cui il destino a volte si dimostra favorevole, ma altre volte invece si rileva essere crudelmente beffardo e sinistro.
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Il film è, come di consueto stile del regista, una tagliente satira sociale riguardante i comportamenti delle persone che molto spesso sono dettati più da una soggettiva visione di vita, per questo limitante e che pertanto comporta nel commettere errori quando si intraprendono delle scelte importanti (in amore e nel lavoro), piuttosto che da una lucida e intelligente scelta razionale dei propri obiettivi da perseguire, possibilmente svincolata dal proprio "io antropologico". I personaggi di Woody Allen inoltre, come sempre, sembrano delle pedine manovrate da un gioco spesso più grande e pericoloso di loro, per cui il destino a volte si dimostra favorevole, ma altre volte invece si rileva essere crudelmente beffardo e sinistro. Le tematiche di "Blue Jasmine" ovviamente non rappresentano di certo una novità, avendole il regista, intelligentemente sviluppate in tanti suoi preziosi capolavori del passato. Ad esempio anche qui, come in "Manhattan", vi è la cinica descrizione della dissoluta pochezza dei rapporti affettivi in amore e della loro poca stabilità nel tempo, condizionata naturalmente anche e soprattutto da certa falsità di fondo di cui Allen modestamente è un impeccabile maestro di vita nel sapercela descrivere. Ed anche qui possiamo notare di come gioca un ruolo importante nel destino dei protagonisti "burattini" l'elemento fortuna ( in "Match point" nel finale la fortuna si rilevò essere favorevole al protagonista, mentre ad esempio in "Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni" pareva che funzionasse di più su alcuni personaggi, di meno su altri; in questo ultimo film si dimostra addirittura brutale nei riguardi della disillusa Jasmine, un tempo felice e socialmente molto agiata). Il film quindi sicuramente è da definirsi una commedia amara nella quale ancora una volta nel destino dei protagonisti non esiste alcuna alternativa, nessun modo risolutivo per trovare un compromesso alla propria felicita: il destino alla fine o sarà favorevole o non lo sarà affatto. Nel caso specifico della protagonista, naturalmente l'attrice Cate Blanchett si dimostra ancora una volta artista di notevole spessore che si immedesima magnificamente nel ruolo a lei riservato da Allen, come un abito indossato con la più scrupolosa perfezione.
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nino pell.
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domenica 15 dicembre 2013
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un woody allen come sempre tagliente
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Il film è, come di consueto stile del regista, una tagliente satira sociale riguardante i comportamenti delle persone che molto spesso sono dettati più da una soggettiva visione di vita, per questo limitante e che pertanto comporta nel commettere errori quando si intraprendono delle scelte importanti (in amore e nel lavoro), piuttosto che da una lucida e intelligente scelta razionale dei propri obiettivi da perseguire, possibilmente svincolata dal proprio "io antropologico". I personaggi di Woody Allen inoltre, come sempre, sembrano delle pedine manovrate da un gioco spesso più grande e pericoloso di loro, per cui il destino a volte si dimostra favorevole, ma altre volte invece si rileva essere crudelmente beffardo e sinistro.
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Il film è, come di consueto stile del regista, una tagliente satira sociale riguardante i comportamenti delle persone che molto spesso sono dettati più da una soggettiva visione di vita, per questo limitante e che pertanto comporta nel commettere errori quando si intraprendono delle scelte importanti (in amore e nel lavoro), piuttosto che da una lucida e intelligente scelta razionale dei propri obiettivi da perseguire, possibilmente svincolata dal proprio "io antropologico". I personaggi di Woody Allen inoltre, come sempre, sembrano delle pedine manovrate da un gioco spesso più grande e pericoloso di loro, per cui il destino a volte si dimostra favorevole, ma altre volte invece si rileva essere crudelmente beffardo e sinistro. Le tematiche di "Blue Jasmine" ovviamente non rappresentano di certo una novità, avendole il regista, intelligentemente sviluppate in tanti suoi preziosi capolavori del passato. Ad esempio anche qui, come in "Manhattan", vi è la cinica descrizione della dissoluta pochezza dei rapporti affettivi in amore e della loro poca stabilità nel tempo, condizionata naturalmente anche e soprattutto da certa falsità di fondo di cui Allen modestamente è un impeccabile maestro di vita nel sapercela descrivere. Ed anche qui possiamo notare di come gioca un ruolo importante nel destino dei protagonisti "burattini" l'elemento fortuna ( in "Match point" nel finale la fortuna si rilevò essere favorevole al protagonista, mentre ad esempio in "Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni" pareva che funzionasse su alcuni di più su alcuni personaggi, di meno su altri; in questo ultimo film si dimostra addirittura brutale nei riguardi della disillusa Jasmine, un tempo felice e socialmente molto agiata). Il film quindi sicuramente è da definirsi una commedia amara nella quale ancora una volta nel destino dei protagonisti non esiste alcuna alternativa, nessun modo risolutivo per trovare un compromesso alla propria felicita: il destino alla fine o sarà favorevole o non lo sarà affatto. Nel caso specifico della protagonista, naturalmente l'attrice Cate Blanchett si dimostra ancora una volta artista di notevole spessore che si immedesima magnificamente nel ruolo a lei riservato da Allen, come un abito indossato con la più scrupolosa perfezione.
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marilla
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domenica 15 dicembre 2013
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le due realta'
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Il senso profondo di questo film (un senso molto sofisticato perché non pienamente apparente a mio giudizio) non risiede tanto nella critica alla doppiezza e all'ipocrisia di un certo tipo di società (critica evidente ad una prima lettura e tema peraltro già magistralmente trattato - quantomeno per il suo riferimento letterario a Delitto e Castigo - nello splendido Match Point), né risiede tanto nel conseguente e lucido confronto fra "upper" e "middle" class (dove la prima fa una ben misera figura se raffrontata alla seconda, che Allen ovviamente definisce attraverso le scarne ma fulminanti battute finali della sorella "povera", finalmente cosciente del proprio valore), né risiede tantomeno nella chiara ironia ed autoironia in merito al tema sull'uso ormai abituale, da parte di molti, degli antidepressivi (ma sono certa, ad anche Allen lo è, che i minatori del Sulcis non ne fanno uso): il senso di questo film si colloca piuttosto nella tragica domanda che esso stesso pone e alla quale in realtà non risponde, lasciando spazio alla nostra meditazione: la protagonista è solo una misera riccona newyorkese che "non vede" perché non vuole ipocritamente vedere, per poi distruggere tutto all'interno di un rabbioso processo vendicativo, nato dalla fine del suo mondo fittizio, oppure la sua splendida tragicità nasce dalla sua buona fede, nasce dal "non aver visto" poiché realmente non aveva capito? A mio giudizio non aveva capito, tant'è che non si sogna minimamente anche solo di pensare a tradire, né il marito né i risparmiatori che a lui affidano i propri risparmi, e questo non perché mente a se stessa quanto piuttosto perché in realtà ignora lo schema, dal momento che essa stessa non lo pratica.
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Il senso profondo di questo film (un senso molto sofisticato perché non pienamente apparente a mio giudizio) non risiede tanto nella critica alla doppiezza e all'ipocrisia di un certo tipo di società (critica evidente ad una prima lettura e tema peraltro già magistralmente trattato - quantomeno per il suo riferimento letterario a Delitto e Castigo - nello splendido Match Point), né risiede tanto nel conseguente e lucido confronto fra "upper" e "middle" class (dove la prima fa una ben misera figura se raffrontata alla seconda, che Allen ovviamente definisce attraverso le scarne ma fulminanti battute finali della sorella "povera", finalmente cosciente del proprio valore), né risiede tantomeno nella chiara ironia ed autoironia in merito al tema sull'uso ormai abituale, da parte di molti, degli antidepressivi (ma sono certa, ad anche Allen lo è, che i minatori del Sulcis non ne fanno uso): il senso di questo film si colloca piuttosto nella tragica domanda che esso stesso pone e alla quale in realtà non risponde, lasciando spazio alla nostra meditazione: la protagonista è solo una misera riccona newyorkese che "non vede" perché non vuole ipocritamente vedere, per poi distruggere tutto all'interno di un rabbioso processo vendicativo, nato dalla fine del suo mondo fittizio, oppure la sua splendida tragicità nasce dalla sua buona fede, nasce dal "non aver visto" poiché realmente non aveva capito? A mio giudizio non aveva capito, tant'è che non si sogna minimamente anche solo di pensare a tradire, né il marito né i risparmiatori che a lui affidano i propri risparmi, e questo non perché mente a se stessa quanto piuttosto perché in realtà ignora lo schema, dal momento che essa stessa non lo pratica. Il che, riassumendo, si potrebbe esprimere con un noto slogan pubblicitario di una antica marca di biscotti: "tempi duri per i troppo buoni". Infatti, i troppo buoni sono in realtà delle mine vaganti, poiché, una volta corrotti dalla realtà dei meno buoni, hanno solo due possibilità: o si adeguano alla corruzione, la fanno propria e la cavalcano, oppure, così come avviene nella tragedia greca, fanno morire Sansone e tutti i filistei, trascinando nella rovina tutto ciò che li circonda. Ed è, sempre secondo la mia lettura, ciò che fa la povera Jasmine (che si sceglie persino un nome evocativo del profumo della purezza, dribblando il ben più prosaico Janet), sola in realtà in un mondo di lupi, lupacchiotti e volpi. Inoltre, come mi è stato suggerito proprio da una psicoterapeuta, suggerimento che intendo qui citare come spunto di riflessione, questo film potrebbe porsi come una sorta di autogol: non dimentichiamo che in esso si fa ben presente che le due sorelle sono state "adottate" (così come molti dei figli di Allen) e che la di lui moglie (travolta da una lecita furia, a mio avviso) ha tentato di trascinare il Nostro in un giudizio legale certo rovinoso (quantomeno della sua immagine). Il lapsus non perdona e Freud ce lo ha spiegato molto bene.
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m.petter
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giovedì 12 dicembre 2013
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allen torna con "stile"
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Blue Jasmine: triste/depressa Jasmine
Una commedia drammatica giocata sul conflitto tra opposti mondi che si scontrano: il mondo ricco e altolocato di Jasmine e quello medio basso borghese della sorella. Sono due modi completamente diversi di vedere e di affrontare la vita: Jasmine, non rinuncia a fare la "bella vita" che era abituata a fare, essendo sposata con un uomo, in apparenza onesto, ma sotto disonesto in amore e nel lavoro, che lo aveva portato ad arrichirsi sulle spalle degli altri. Quando va in prigione anche Jasmine si trova invischiata in una vicenda di debiti che pian piano la portano alla rovina materiale e psicologica. Cerca riparo dalla sorella, divorziata (per via di un investimento sbagliato, sponsorizzato dal marito di Jasmine, che ha portato il marito a perdere tutti i soldi che aveva vinto alla lotteria) con due figli a carico.
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Blue Jasmine: triste/depressa Jasmine
Una commedia drammatica giocata sul conflitto tra opposti mondi che si scontrano: il mondo ricco e altolocato di Jasmine e quello medio basso borghese della sorella. Sono due modi completamente diversi di vedere e di affrontare la vita: Jasmine, non rinuncia a fare la "bella vita" che era abituata a fare, essendo sposata con un uomo, in apparenza onesto, ma sotto disonesto in amore e nel lavoro, che lo aveva portato ad arrichirsi sulle spalle degli altri. Quando va in prigione anche Jasmine si trova invischiata in una vicenda di debiti che pian piano la portano alla rovina materiale e psicologica. Cerca riparo dalla sorella, divorziata (per via di un investimento sbagliato, sponsorizzato dal marito di Jasmine, che ha portato il marito a perdere tutti i soldi che aveva vinto alla lotteria) con due figli a carico. Nonostante questo cerca di accontentarsi di quello che ha, anche se potrebbe avere di più, come le ricorda più volte Jasmine. Rischierebbe di fare la sua stessa fine se non fosse per il suo fidanzato, che pur essendo un uomo tutt'altro che galante e gentile, riesce a darle l'attenzione che merita. Almeno è un uomo onesto.
Wody stavolta ci fa vedere una New York diversa, quella della qunta strada e quella periferica degli Hamptons. Ma non si sofferma molto sull'ambiente, ci mostra molto spesso interni di case, di negozi e di hotel lussuosi dove si svolgono ricevimenti e feste. Ma questo fa parte del ricordo di Jasmine. La realtà è quella della periferia di S. Francisco (la california è una location piuttosto insolita per Woody Allen) dove vive la sorella e dove Jasmine riesce a trovare un uomo che potrebbe riportarla indietro nel tempo. Ma è una relazione fondata sulla sfiducia e quindi non potrà durare.
Anche a livello musicale Allen questa volta devia dal suo stile: per la prima volta, in alcune scene, sento affiorare musica pop (legato al presente e all'universo della sorella), anche se impera sempre il jazz (legato a Jasmine e ai suuoi ricordi)
Woody Allen in questo film non recita, ma comunque è presente col suo sguardo un po' cinico e ironico su una situazione che di felice ha ben poco.
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flyanto
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giovedì 12 dicembre 2013
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quanto il non arrendersi di fronte alla realtà pos
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Film in cui si narra di una donna che ha perso tutte le sue ricchezze, nonchè il proprio elevato stato sociale, a causa della confisca dei beni da parte dello Stato per delle innumerevoli frodi ed evasioni fiscali del marito (peraltro anche grande fedifrago dal sentimentalmente parlando). Disperata e non sapendo dove riparare, la protagonista si rifugia a S. Francisco a casa della assai modesta sorellastra. Qui, non riuscendo ad adattarsi affatto al nuovo stile di vita all'insegna delle forzate ristrettezze economiche e della necessità assoluta di dover lavorare, ella mal si adatta e tenta in ogni modo di guadagnarsi nuovamente un prestigioso stato sociale ed una migliore condizione economica.
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Film in cui si narra di una donna che ha perso tutte le sue ricchezze, nonchè il proprio elevato stato sociale, a causa della confisca dei beni da parte dello Stato per delle innumerevoli frodi ed evasioni fiscali del marito (peraltro anche grande fedifrago dal sentimentalmente parlando). Disperata e non sapendo dove riparare, la protagonista si rifugia a S. Francisco a casa della assai modesta sorellastra. Qui, non riuscendo ad adattarsi affatto al nuovo stile di vita all'insegna delle forzate ristrettezze economiche e della necessità assoluta di dover lavorare, ella mal si adatta e tenta in ogni modo di guadagnarsi nuovamente un prestigioso stato sociale ed una migliore condizione economica. Ma, fallendo per svariate motivazioni nel suo intento, già ampiamente provata dalla disavventura capitatale ed dall'uso anche continuo ed eccessivo di farmaci ed alcool, finirà impazzita e senza più alcuna possibilità di rifarsi una vita dignitosa. Questa pellicola costituisce l'ultima opera di Woody Allen che lo conferma senza alcun' ombra di dubbio, un eccellente regista. A parte qualche battuta, ovviamente carica di humour, che rende i dialoghi altamente divertenti, brillanti ed intelligentemente costruiti, il tema in sè risulta invece quanto mai drammatico. Il ritratto che Allen fa della donna è quello di una persona ormai giunta al limite della disperazione, che per delle cause avverse perde completamente la sicurezza di sè e conseguentemente la ragione sino a diventare una nevrotica, affetta da alti e bassi dell'umore e completamente dipendente ed in maniera eccessiva dai farmaci e dall'alcool. Una donna che non vuole però arrendersi alla realtà e soprattutto che non si assume mai le proprie responsabilità della sua esistenza e dei suoi eventuali fallimenti, arrivando così a perdere il senso reale delle situazioni e conseguentemente la capacità di trovare una soluzione per affrontarle e superarle. E tutto questo suo modo di essere non può che condurla che verso una misera e fallimentare, per non dire addirittura tragica, fine. Cate Blanchett è la magnifica protagonista del film e sulla quale poggia in maniera eclatante praticamente tutta la riuscita del film. Woody Allen le ha costruito questo ruolo a cui la Blanchett risponde non deludendo affatto le aspettative e rendendolo autentico, altamente credibile e propriamente personale: una donna, dunque, nevrotica e fortemente instabile che con la mimica sia dei gesti, ma soprattutto delle espressioni facciali e dello sguardo (da notare il guizzo e l'acume degli occhi), esprime tutto il disagio e lo squilibrio psichico di cui soffre e che la porterà verso la distruzione più totale. Insomma, ancora una volta anche Cate Blanchett si conferma come ottima attrice a cui, fanno contorno altri attori meno conosciuti, ma sapientemente scelti da Allen e pertanto rispondenti efficacemente ai propri ruoli, quali Sally Hawkins, Bobby Cannavale, ecc... Insomma, un film altamente consigliato che sarebbe un vero peccato perdere.
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ennas
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mercoledì 11 dicembre 2013
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p.s. a la luna blu e lo zenzero
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P. S. – Ho dimenticato un applauso meritatissimo all’ambientazione del film. La mega-villa di Jasmine ricca, che imita i graticci della Bretagna ( diamine, siamo in America, Las Vegas docet) un kitsch di alto livello – ovvero materiali costosissimi, arredi sontuosi ecc.
L’appartamento di Ginger, ossia il rovescio della medaglia, è incongruo definirlo “povero”: è saturo di quel “trash” – plasticaccia polverosa ecc. che abbonda non solo in America.
Grande Woody!
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meddows
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mercoledì 11 dicembre 2013
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allen recupera il suo classico dramma al femminile
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Lo aspettavamo al varco Woody Allen perché ancora brucia dentro quell'orribile cartolina che ha dedicato alla nostra capitale. E il ritorno ad un cinema a lui molto più congeniale era sicuramente una confortante premessa. E in effetti Blue Jasmine è proprio il classico Woody Allen degli ultimi 15 anni e se questo sia un merito o un demerito stiamo ancora cercando tutti di capirlo. Ma è ingiusto forzare la collocazione di ogni film di un regista contemporaneo nella sua cinematografia se questi ne produce uno all'anno, come sarebbe ingiusto aspettarsi da questi ritmi un capolavoro ogni 12 mesi. E quindi anche se Allen ci aveva abituato a ben altre vette, Blue Jasmine è comunque un piccolo gioiello, di scrittura e di recitazione prima di tutto.
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Lo aspettavamo al varco Woody Allen perché ancora brucia dentro quell'orribile cartolina che ha dedicato alla nostra capitale. E il ritorno ad un cinema a lui molto più congeniale era sicuramente una confortante premessa. E in effetti Blue Jasmine è proprio il classico Woody Allen degli ultimi 15 anni e se questo sia un merito o un demerito stiamo ancora cercando tutti di capirlo. Ma è ingiusto forzare la collocazione di ogni film di un regista contemporaneo nella sua cinematografia se questi ne produce uno all'anno, come sarebbe ingiusto aspettarsi da questi ritmi un capolavoro ogni 12 mesi. E quindi anche se Allen ci aveva abituato a ben altre vette, Blue Jasmine è comunque un piccolo gioiello, di scrittura e di recitazione prima di tutto. In questo si avverte il Woody Allen degli ultimi anni, ormai quasi totalmente assorbito alla funzione narrante della macchina da presa da evitare qualsiasi "intrusione" da regista. Il taglio documentaristico di 'Mariti e mogli', il metalinguaggio di 'Harry a pezzi', solo per citarne un paio dei più recenti, tutti questi stratagemmi vengono accantonati per regalare completamente la scena alla storia e ai protagonisti. Se il regista se lo può permettere è perché ben consapevole che il suo marchio è comunque vivo e pulsante nei suoi dialoghi, nella caratterizzazione dei personaggi, nelle ambientazioni borghesi, nella critica sottile e vivace ad un sistema di valori tanto precario quanto ben radicato. L'unico guizzo che il regista si concede è quello di un racconto non lineare che attraverso il montaggio salta continuamente avanti e indietro, con lo scopo non tanto di raccontare l'evoluzione di Jasmine (in quanto la protagonista si svelerà essere sempre stata una debole nevrotica incapace di costruirsi una minima personalità indipendente) ma per accrescere il forte senso di disagio nel confrontare due mondi lontani. E può apparire ingenuo rappresentare i ricchi come scaltri ed infelici e la classe media povera ma appagata, ma la lettura diventa molto più interessante se si sottolinea che il vero gap fra i due mondi è culturale e non strettamente materialistico.
In tutto questo Woody Allen offre a Cate Blanchette una interpretazione favolosa a tal punto che il film stesso non avrebbe potuto ottenere i suoi risultati senza lo sforzo titanico dell'attrice nel restituire tutta la fragilità e la tragedia di una donna vittima di sé stessa prima ancora che degli altri, prigioniera delle sue nevrosi e delle sue debolezze, del suo passato e del mancato perdono del figliastro. Ed è su questo ultimo aspetto che si può insinuare il dubbio che forse, magari inconsciamente, Woody Allen abbia prodotto il film più autobiografico da un po' di tempo a questa parte: lo strazio di Jasmine che non può riconciliarsi con il figlio ti costringe a rivedere in lei quel Woody Allen odiato e ripudiato dal suo stesso figlio e giudicato dalla società per le scelte compiute in passato. Una interpretazione forzata, è vero, ma che lascia uno spiraglio sulla volontà del regista di tornare ad un tipo di cinema più alto, più rischioso e quindi personale.
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fedson
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mercoledì 11 dicembre 2013
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nevrosi di un'america contemporanea
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Jasmine è ricca, affascinante, e sposata con un uomo d'affari col quale ha dato alla luce un figlio che studia in una delle università più prestigiose al mondo. La sua vita è un continuo susseguirsi di vacanze arricchite da Martini e gustose torte al cioccolato, nonché un incessante shopping. Tutto sembra sereno e perfetto. Sembra. Mentre l'esistenza di Jasmine prosegue verso il lusso e lo sfarzo, ecco che scopre che suo marito non solo è un abile truffatore, ma ha perfino relazioni extra coniugali con donne più carismatiche e meno problematiche di lei. La triste scoperta la porterà a vivere a casa della sorella Ginger, con la quale instaurerà un rapporto di aiuto reciproco che si rivelerà un danno per entrambe.
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Jasmine è ricca, affascinante, e sposata con un uomo d'affari col quale ha dato alla luce un figlio che studia in una delle università più prestigiose al mondo. La sua vita è un continuo susseguirsi di vacanze arricchite da Martini e gustose torte al cioccolato, nonché un incessante shopping. Tutto sembra sereno e perfetto. Sembra. Mentre l'esistenza di Jasmine prosegue verso il lusso e lo sfarzo, ecco che scopre che suo marito non solo è un abile truffatore, ma ha perfino relazioni extra coniugali con donne più carismatiche e meno problematiche di lei. La triste scoperta la porterà a vivere a casa della sorella Ginger, con la quale instaurerà un rapporto di aiuto reciproco che si rivelerà un danno per entrambe. Woody Allen torna in pista dopo alcuni film che non riuscirono a soddisfare critica e pubblico, servendosi di una storia scritta con semplicità e che veste i panni dello stesso regista e di un'arma a doppio taglio sia per i suoi protagonisti sia per la vicenda stessa. La mano di Allen nell'inserire nei suoi personaggi e nelle sue storie parti della sua enigmatica personalità (come i problemi di nevrosi ed altri problemi relativi alla condizione sociale), è cosa ormai nota al suo pubblico. La vera novità sta nell'aver scovato una validissima interprete australiana (la Blanchett), capace di indossare i panni e le irritabili abitudini di uno dei personaggi più complessi e criptici di tutta la filmografia alleniana, dando prova di un'interpretazione al di là della portata di qualsiasi altra attrice che si sarebbe imbattuta nella bella Jasmine. Solo Cate Blanchett poteva dare (triste) vita alle folli e tormentate abitudini fisiche e psichiche della nevrotica Jasmine, reduce di un delirio psicologico (dopo la scoperta della reale seconda vita del marito) che tenderà a farla camminare verso il filo del rasoio del suo stato mentale. Jasmine è una donna nevrotica, che spesso si chiude nel suo passato arrivando perfino a parlare da sola con esso; tremendamente nostalgica della vecchia vita di caviale e champagne; falsa, a volte gentile a volte arrogante, ingenua nella sua ricchezza (non fisica ma mentale) di dubbi e incertezze, e profondamente depressa. Nonostante questo, Allen riesce ad accattivarsi il pubblico verso un personaggio che è creatore-vittima delle sue debolezze e della sua realtà-irrealtà nel quale è immerso per tutta la durata della pellicola, riuscendo a produrre un film valido, leggero, dotato di una storia elementare che viene raccontata meravigliosamente dalle lacrime e dalle crisi di nervi di una Blanchett che ormai prende posto nell'Olimpo delle migliori attrici del mondo. Parlando di un'America cambiata e complessata, Allen ci racconta simpaticamente dei comportamenti e delle crisi dell'alta borghesia americana, mettendole a duro confronto con una società media e sensibile, che apprezza le piccole cose della vita e i piccoli difetti di essa, negando a testa alta una perfezione sociale inesistente, vero bersaglio di Jasmine; appartenente (quest'ultima) ad una categoria sociale americana lontana da quel Blu (colore "stabile" che simboleggia l'equilibrio delle cose) che lei stessa cerca con costanza ma senza alcun risultato.
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