Magnifica presenza |
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Un film di Ferzan Ozpetek.
Con Elio Germano, Paola Minaccioni, Beppe Fiorello, Margherita Buy.
continua»
Commedia drammatica,
durata 105 min.
- Italia 2012.
- 01 Distribution
uscita venerdì 16 marzo 2012.
MYMONETRO
Magnifica presenza
valutazione media:
2,84
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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fantasmi e psicanalisidi pepito1948Feedback: 125 | altri commenti e recensioni di pepito1948 |
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venerdì 13 aprile 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Pietro Ponte è un giovane irrisolto: sul piano professionale -fa l'impastatore di cornetti ma vorrebbe intraprendere la carriera di attore-, sul piano delle relazioni sociali -la sua timidezza e le sue paure lo spingono a racchiudersi in una gabbia esistenziale insieme ad una lontana cugina-, sul piano sessuale ("non riesco a fare il gay, figuriamoci l'eterosessuale")- . Insomma è alla ricerca di una identità soddisfacente finora solo vagheggiata. Un giorno si ritrova da solo in casa con i fantasmi dei componenti di una compagnia teatrale che cercano di interloquire con lui, intrappolati in quella casa finchè l'enigma della loro scomparsa non sarà risolto. Dopo le prime paure e diffidenze, Pietro accetta il rapporto con gli intrusi (ormai la “sua famiglia”) indagando sui loro misteri e nello stesso tempo rovistando criticamente nei meandri della sua dimensione interna finora confusa e caotica. La collaborazione tra lui e l'insolita famiglia darà proficui frutti ad entrambi: la verità è liberazione da ogni gabbia. La rappresentazione finale in teatro cui assiste Pietro nel vuoto della sala è una sorta di palingenesi generale, fine di una proiezione psico/onirica e nello stesso tempo ritorno ad una realtà ben più ricca di conoscenze, di risorse, di slanci, di affettività. E' difficile (ri)conoscere le varie facce di noi stessi se non le estrapoliamo dal nostro labirinto interiore (come nella realtà fa lo psicoterapeuta), condizione essenziale per affrontarle senza annullamenti e paure ed arrivare così ad una risultante evolutiva. Pietro vede i fantasmi in cui identifica le proprie componenti dell'io: la virilità (Fiorello), la femminilità (Buy), l'ambiguità (il belloccio innamorato), l'umiltà sociale (la domestica), la corporalità (il grassone), la materialità (il bambino goloso), la curiosità verso il diverso (il turco); guardandoli in faccia, vede il collage di se stesso e fa un'operazione di sintesi compositiva da cui uscirà più strutturato e quindi più maturo, segnando il trapasso dal bambino che gioca con le figurine all’uomo libero che si apre al mondo quale condizione per vincere le sfide difficili e talvolta dolorose della vita. Ma i fantasmi sono anche artisti: se loro sono passati a miglior vita, l'arte non può morire, non ammette vincoli ed ingabbiamenti, al limite non ammette tradimenti perchè non si schiera. La persona tradisce, non l'artista che è la personificazione della libertà (l'attrice scampata alla morte). Ozpetek consolida alcuni punti fermi della sua produzione: il contesto romano, il gruppo che riscalda o protegge, sia esso la famiglia o il clan o gli amici, il riferimento all'omosessualità vissuta, che qui è molto più sfumato. Ma fa un salto qualitativo: la narrazione deborda verso il fantastico, non fine a se stesso ma intriso di onirismo e di intimismo ai limiti della psicanalisi. E gioca con il rapporto finzione/realtà, come hanno fatto altri registi; l'ultimo è stato Woody Allen con Midnight in Paris, con cui è possibile intravedere qualche affinità. Ma il tocco magico e la poesia di Allen sono un’altra cosa. Ozpetek ha la capacità di confezionare prodotti raffinati, i suoi film non hanno smagliature, sono ben recitati, ma difficilmente superano un livello di spessore tale da renderli indimenticabili. Qui, nonostante le illustri citazioni (appunto Allen o Pirandello), il cambiamento di registro tematico non migliora i risultati: il film è elegante ma freddo, fa riflettere ma non induce a pensieri nuovi.
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