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raschelle-
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mercoledì 11 luglio 2012
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brutto
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ho sprecato due ore della mia vita per vedere un filmato amatoriale che parla di fantasmi, ..che schifezza.. hanno ancora il coraggio di chiamarlo film?!
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raschelle-
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mercoledì 11 luglio 2012
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deludente, anzi peggio!
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sul serio, sembra un filmato amatoriale , la storia è insensata e noiosa, il film è girato in una casa buia, ci mancano ancora i fantasmi..
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raschelle-
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mercoledì 11 luglio 2012
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davvero orribile!
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Orribile! La storia è ridicola, tutto il film è fatto male! Tutto il film è amientato in una casa, tutto il film è ''scuro'' , essendo ambientato in una casa e senza una decente illuminazione, sembra un filmato amatoriale! giuro , mi ha deluso sotto ogni aspetto! .. non guardatelo, penso di aver sprecato due ore della mia vita con quel ''film''
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virginia1982
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martedì 12 giugno 2012
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piacevole visione
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Magnifica o solo Piacevole visione? Ferzan centra la trama e il cast, ancora una volta. Carina l'idea degli attori- spettri che accompagnano il protagonista. Ma il film nel complesso non riesce a brillare, malgrado gli ottimi presupposti. Non viene ne approfondito ne snocciolato. La storia va avanti e si lascia vedere, ma manca di qualche brio o novità. Tutto scivola in maniera un pò scontata, cedendo a prototipi Ozpetekiani che annoiano un pò. Il passato scavato e la sua maschilista- omosessualità. Non riesce ad espandere il suo genio registico personale e innovativo. Quell'amarezza distinta che lo contraddistingue, qui fa fatica, arranca e si cela (come di consueto) tra i suoi bizzarri personaggi.
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Magnifica o solo Piacevole visione? Ferzan centra la trama e il cast, ancora una volta. Carina l'idea degli attori- spettri che accompagnano il protagonista. Ma il film nel complesso non riesce a brillare, malgrado gli ottimi presupposti. Non viene ne approfondito ne snocciolato. La storia va avanti e si lascia vedere, ma manca di qualche brio o novità. Tutto scivola in maniera un pò scontata, cedendo a prototipi Ozpetekiani che annoiano un pò. Il passato scavato e la sua maschilista- omosessualità. Non riesce ad espandere il suo genio registico personale e innovativo. Quell'amarezza distinta che lo contraddistingue, qui fa fatica, arranca e si cela (come di consueto) tra i suoi bizzarri personaggi. Ma ancor di più è velata da tonalità più commediali e dilettevoli. Promette nuovi orizzonti, che sono solo appena accennati. Sempre più bravo però Elio Germano.
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aleramo1
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lunedì 7 maggio 2012
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essere amati o recitare
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Finalmente riesco a scrivere...
Questo film e' un capolavoro che cita altri capolavori da Kubrik, Woody Allen a Bertolucci, italiano quanto basta, romano senza eccedere, ben girato, denso di emozioni e perle godibilissime: geniali sono il travestito e la "badessa", a meta' fra mago Otelma e il Marlon Brando di Coppola, nella fabbrica delle maschere di Eyes wide shut. Il Bignami teatrale e' un' altra perla, come lo psichiatra matto ed il laboratorio di pasticceria multietnico.
L'appartamento curato nei particolari piu' minuti con la consueta bravura nel descrivere il protagonista attraverso la sua abitazione, i sui tic, come la collezione di figurine risorgimentali, omaggio ai 150 anni dell'unita d'Italia?
Ottimi tutti gli attori in grado di fornire straniamento credibile, restituendo i temi teatrali del tempo di guerra, ricordiamo l'irriducibile Ferida, Anna Proclemer bravissima che curiosamente parla come Bettino Craxi, la verità viene a galla con fatica ed ambiguità, arriviamo ai giorni nostri constatando il tradimento anche degli ideali della Resistenza, conta solo l'arte che a volte supera il tradimento.
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Finalmente riesco a scrivere...
Questo film e' un capolavoro che cita altri capolavori da Kubrik, Woody Allen a Bertolucci, italiano quanto basta, romano senza eccedere, ben girato, denso di emozioni e perle godibilissime: geniali sono il travestito e la "badessa", a meta' fra mago Otelma e il Marlon Brando di Coppola, nella fabbrica delle maschere di Eyes wide shut. Il Bignami teatrale e' un' altra perla, come lo psichiatra matto ed il laboratorio di pasticceria multietnico.
L'appartamento curato nei particolari piu' minuti con la consueta bravura nel descrivere il protagonista attraverso la sua abitazione, i sui tic, come la collezione di figurine risorgimentali, omaggio ai 150 anni dell'unita d'Italia?
Ottimi tutti gli attori in grado di fornire straniamento credibile, restituendo i temi teatrali del tempo di guerra, ricordiamo l'irriducibile Ferida, Anna Proclemer bravissima che curiosamente parla come Bettino Craxi, la verità viene a galla con fatica ed ambiguità, arriviamo ai giorni nostri constatando il tradimento anche degli ideali della Resistenza, conta solo l'arte che a volte supera il tradimento.
Grazie ad Internet i fantasmi recuperano storia ed affetti virtuali, nel continuo palleggio esistenziale fra verita' e finzione che domina la vita, redenta solo dall'amore, dall'affetto, ora possono sparire di scena definitivamente, ma sui titoli di coda le lacrime di Pietro, solo nel teatro vuoto, sono di gioia compiuta nel vedere finalmente lo spettacolo ora vero che si svolgeva prima in casa sua.
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a.n.d.r.e.a.
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mercoledì 2 maggio 2012
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magnifica presenza: un film diverso.
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C'è chi ha da subito liquidato il nuovo film del regista italo-turco Ferzan Ozpetek perchè eccessivo in ogni suo aspetto: eccessivo nella storia, nei personaggi, nelle tante tematiche affrontate nel corso della vicenda. Ozpetek ha fallito, ha osato troppo, Ozpetek ha voluto superare se stesso ma è caduto. Così dicevano in molti.
E se invece fosse questo un tentativo (riuscito, tra l'altro) di rinnovare molti elementi del film a partire dalla storia stessa e dalla sua struttura? Magnifica Presenza offre non un viaggio attraverso una vicenda come un'altra, né uno sguardo introspettivo nel personaggio principale, un ottimo Elio Germano in balia della propria esistenza a cui dare un senso e una direzione.
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C'è chi ha da subito liquidato il nuovo film del regista italo-turco Ferzan Ozpetek perchè eccessivo in ogni suo aspetto: eccessivo nella storia, nei personaggi, nelle tante tematiche affrontate nel corso della vicenda. Ozpetek ha fallito, ha osato troppo, Ozpetek ha voluto superare se stesso ma è caduto. Così dicevano in molti.
E se invece fosse questo un tentativo (riuscito, tra l'altro) di rinnovare molti elementi del film a partire dalla storia stessa e dalla sua struttura? Magnifica Presenza offre non un viaggio attraverso una vicenda come un'altra, né uno sguardo introspettivo nel personaggio principale, un ottimo Elio Germano in balia della propria esistenza a cui dare un senso e una direzione. Magnifica Presenza è qualcosa di diverso: è un delicato volo sopra una Roma molto ozpetekiana, un breve sogno attraverso tante storie. Non bisogna aspettarsi una storia di fantasmi o un lineare racconto della vita di un siciliano a Roma: nessun baricentro, nessuna morale precisa, ma tanta voglia di osare, tante emozioni, tanta ambiguità. Il film inizia con un occhio che si apre su un teatro affollato: è l'occhio di Pietro, il protagonista, l'occhio dell'omosessuale che "non riesce ad essere gay figuriamoci eterosessuale", del pasticcere notturno che non ha rapporto con i colleghi, del cugino affettuoso e insicuro, del tenero amante perso nelle sue fantasticherie romantiche, dell'amico pronto ad aiutare, dell'attore pronto a fingere.
Di cosa parla questo film? Ecco la domanda più difficile di tutte: oserei dire che parla proprio di quell'occhio che apre la scena, di tutte le storie che è pronto a narrare ma che non narra mai fino in fondo, perchè le lascia tutte dolcemente sfumare in un pianto finale. Vi è un inizio della storia, uno svolgimento poco lineare e un finale praticamente nullo.
Per gli amanti di Ozpetek: rimarrete affascinati da come tutti gli elementi cari al regista (la cucina, la famiglia allargata, l'omosessualità, il passato che torna a far visita e, immancabilmente, dopo la trasferta a Lecce per Mine Vaganti, Roma e i suoi cittadini) vengono qui rimescolati secondo una nuova formula più surreale, più lontana dalla fredda realtà delle cose delle Fate Ignoranti, meno puramente drammatica come lo era in Saturno Contro, ma nemmeno comica come in Mine Vaganti.
Ecco Magnifica Presenza: l'Ozpetek di una volta che si interroga sul suo cinema, sulla sua poetica, sul suo modo di guardare il mondo, l'Ozpetek nuovo che presenta un elogio all'ambiguità dell'esistenza, alla sua contradditorietà e al disperato bisogno di evadere.
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carlona
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giovedì 19 aprile 2012
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la storia non esiste
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Letta così sembrerebbe davvero una storia interessante. Finalmente, in Italia, ci arrischiamo a fare un film un po’ sopra le righe; ci mettiamo addirittura in mezzo dei fantasmi che nell’immaginario proprio diMagnifica presenza[+]
Letta così sembrerebbe davvero una storia interessante. Finalmente, in Italia, ci arrischiamo a fare un film un po’ sopra le righe; ci mettiamo addirittura in mezzo dei fantasmi che nell’immaginario proprio diMagnifica presenza non sono sfocate immagini, corpi eterei, ma corpi reali semplicemente incoscienti del tempo che è trascorso.
Di fatto, però, il regista italo-turco Ferzan Ozpetek che tanto ama il melò, non riesce con Magnifica Presenza a replicare la straordinarietà che, invece, aveva decretato con Mine Vaganti.
Il problema è che l’idea di partenza è entusiasmante ma è stata condita con troppi elementi che, seppur a tratti hanno evitato di trasformarsi in banalizzanti clichès, sono una semplice carrellata di fatti appesi in una qualche parte della storia ma che poi non trovano minimamente giustizia nel susseguirsi delle scene. Il film è suddivisibile in due parti: la prima che si concede istantanee buffonesce e la seconda che dovrebbe sciogliere i nodi al pettine. Tuttavia, le piste annunciate vengono seguite con difficoltà visto che ci ritroviamo di fronte a un prodotto fortemente confusionario, senza una vera e propria linea narrativa che costringe lo spettatore a farsi doverosamente delle domande a cui, però, non avrà mai risposta. E questo non perché il film sia circondato da un alone di mistero: semplicemente lascia dei buchi dietro di sé, rivelando una scrittura poco curata e decisamente superficiale. Per fare una buona maionese bisogna saper dosare gli ingredienti: Magnifica Presenza è come la maionese impazzita!
Indubbiamente ci sono dei buoni elementi, come la fotografia di Calvesi e le ottime interpretazioni di Elio Germano, che gioca pochissimo con l’accento siculo e con l’omosessualità di Pietro, evitando di trasformarlo in una fastidiosa macchietta (come il, seppur divertente, trio omo di Mine Vaganti); quella di Beppe Fiorello, il ‘fantasma’ più intenso di tutti; e la straordinaria Anna Proclemer, gloria teatrale e monumento alla recitazione, che interpreta Livia Morosini.
Ma, oltre questo.. niente di più.
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blufont
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lunedì 16 aprile 2012
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ozpetek light
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Ci ha abituato ad emozioni intense Ozpetek: grandi passioni, drammi umani sviscerati, storie che si intrecciano. Eppure non bastano l'originalità del soggetto (almeno per il cinema italiano) né l'ottima interpretazione di Elio Germano né la morbida regia a fare di Magnifica Presenza il film che ci si aspetta di vedere. Non è una commedia, sebbene non manchi l'elemento ironico, in quanto l'obbiettivo principale della pellicola non è quello di divertire. Non è una ghost-story: la trama è nota a tutti fin da subito. Non è un giallo: la rivelazione finale è sviluppata con troppo poco pathos per farne l'elemento centrale.
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Ci ha abituato ad emozioni intense Ozpetek: grandi passioni, drammi umani sviscerati, storie che si intrecciano. Eppure non bastano l'originalità del soggetto (almeno per il cinema italiano) né l'ottima interpretazione di Elio Germano né la morbida regia a fare di Magnifica Presenza il film che ci si aspetta di vedere. Non è una commedia, sebbene non manchi l'elemento ironico, in quanto l'obbiettivo principale della pellicola non è quello di divertire. Non è una ghost-story: la trama è nota a tutti fin da subito. Non è un giallo: la rivelazione finale è sviluppata con troppo poco pathos per farne l'elemento centrale. Non è un film psicologico o introspettivo: la personalità di Pietro non evolve dall'inizio alla fine del film, la sua omosessualità era già chiara sia a lui che al suo entourage (e non trova spazio la frase detta alla cugina "non riesco ad essere gay, figuriamoci eterosessuale"), cosi come le sue doti di attore restano dubbie. Non è un dramma: i risvolti personali (la vita sentimentale di Pietro e della cugina, la drammatica fine degli attori fantasmi) sono trattati con (voluta?) leggerezza e sfiorano il cuore dello spettatore senza toccarlo. Non è un film surreale: gli attori, seppure dichiaratamente fantasmi ed invisibili al resto del mondo, sono per Pietro una presenza più che reale nella sua vita quotidiana, e ne è la prova la bella scena sul finale in cui la loro assenza per Pietro diviene un tormento . E' prettamente nello stile del regista restare in equilibrio tra comicità ed emozioni, leggerezza e profondità, ma forse in quest'ultima opera il suo di solito sapiente equilibrismo è stato un pò sopraffatto da un'eccessiva ambizione o da troppi elementi che distolgono lo spettatore dal messaggio cardine del film. Al di sotto, quindi, delle aspettative create dai suoi film migliori, resta comunque una bella pellicola, soprattutto rispetto alle solite commedie all'italiana che invadono le sale.
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pepito1948
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venerdì 13 aprile 2012
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fantasmi e psicanalisi
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Pietro Ponte è un giovane irrisolto: sul piano professionale -fa l'impastatore di cornetti ma vorrebbe intraprendere la carriera di attore-, sul piano delle relazioni sociali -la sua timidezza e le sue paure lo spingono a racchiudersi in una gabbia esistenziale insieme ad una lontana cugina-, sul piano sessuale ("non riesco a fare il gay, figuriamoci l'eterosessuale")- . Insomma è alla ricerca di una identità soddisfacente finora solo vagheggiata. Un giorno si ritrova da solo in casa con i fantasmi dei componenti di una compagnia teatrale che cercano di interloquire con lui, intrappolati in quella casa finchè l'enigma della loro scomparsa non sarà risolto. Dopo le prime paure e diffidenze, Pietro accetta il rapporto con gli intrusi (ormai la “sua famiglia”) indagando sui loro misteri e nello stesso tempo rovistando criticamente nei meandri della sua dimensione interna finora confusa e caotica.
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Pietro Ponte è un giovane irrisolto: sul piano professionale -fa l'impastatore di cornetti ma vorrebbe intraprendere la carriera di attore-, sul piano delle relazioni sociali -la sua timidezza e le sue paure lo spingono a racchiudersi in una gabbia esistenziale insieme ad una lontana cugina-, sul piano sessuale ("non riesco a fare il gay, figuriamoci l'eterosessuale")- . Insomma è alla ricerca di una identità soddisfacente finora solo vagheggiata. Un giorno si ritrova da solo in casa con i fantasmi dei componenti di una compagnia teatrale che cercano di interloquire con lui, intrappolati in quella casa finchè l'enigma della loro scomparsa non sarà risolto. Dopo le prime paure e diffidenze, Pietro accetta il rapporto con gli intrusi (ormai la “sua famiglia”) indagando sui loro misteri e nello stesso tempo rovistando criticamente nei meandri della sua dimensione interna finora confusa e caotica. La collaborazione tra lui e l'insolita famiglia darà proficui frutti ad entrambi: la verità è liberazione da ogni gabbia. La rappresentazione finale in teatro cui assiste Pietro nel vuoto della sala è una sorta di palingenesi generale, fine di una proiezione psico/onirica e nello stesso tempo ritorno ad una realtà ben più ricca di conoscenze, di risorse, di slanci, di affettività. E' difficile (ri)conoscere le varie facce di noi stessi se non le estrapoliamo dal nostro labirinto interiore (come nella realtà fa lo psicoterapeuta), condizione essenziale per affrontarle senza annullamenti e paure ed arrivare così ad una risultante evolutiva. Pietro vede i fantasmi in cui identifica le proprie componenti dell'io: la virilità (Fiorello), la femminilità (Buy), l'ambiguità (il belloccio innamorato), l'umiltà sociale (la domestica), la corporalità (il grassone), la materialità (il bambino goloso), la curiosità verso il diverso (il turco); guardandoli in faccia, vede il collage di se stesso e fa un'operazione di sintesi compositiva da cui uscirà più strutturato e quindi più maturo, segnando il trapasso dal bambino che gioca con le figurine all’uomo libero che si apre al mondo quale condizione per vincere le sfide difficili e talvolta dolorose della vita. Ma i fantasmi sono anche artisti: se loro sono passati a miglior vita, l'arte non può morire, non ammette vincoli ed ingabbiamenti, al limite non ammette tradimenti perchè non si schiera. La persona tradisce, non l'artista che è la personificazione della libertà (l'attrice scampata alla morte). Ozpetek consolida alcuni punti fermi della sua produzione: il contesto romano, il gruppo che riscalda o protegge, sia esso la famiglia o il clan o gli amici, il riferimento all'omosessualità vissuta, che qui è molto più sfumato. Ma fa un salto qualitativo: la narrazione deborda verso il fantastico, non fine a se stesso ma intriso di onirismo e di intimismo ai limiti della psicanalisi. E gioca con il rapporto finzione/realtà, come hanno fatto altri registi; l'ultimo è stato Woody Allen con Midnight in Paris, con cui è possibile intravedere qualche affinità. Ma il tocco magico e la poesia di Allen sono un’altra cosa. Ozpetek ha la capacità di confezionare prodotti raffinati, i suoi film non hanno smagliature, sono ben recitati, ma difficilmente superano un livello di spessore tale da renderli indimenticabili. Qui, nonostante le illustri citazioni (appunto Allen o Pirandello), il cambiamento di registro tematico non migliora i risultati: il film è elegante ma freddo, fa riflettere ma non induce a pensieri nuovi.
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perfetta
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martedì 10 aprile 2012
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divertente e malinconico
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Tornano anche questa volta molte componenti della cinematografia di Ozpetek come l'omossesualità, le grandi famiglie, il passato che torna e poi la cucina sempre al centro dei suoi film stavolta con un dolce semplice e quotidiano, proprio come il personaggio. Il protagonista è infatti un personaggio autentico nella sua semplicità, che impara a conoscere se stesso attraverso ciò che gli accade tra sogno e realtà.
Bel cast, bei costumi e trucchi, è un film che fa sorridere ma allo stesso tempo riflettere su quanto sia importante la presenza dei sogni nella vita degli uomini, quanto li si debba affrontare per meglio aver chiari i nostri desideri e infine cercare di realizzarli.Il percorso può essere tortuso e contrastante come Ozpetek ci mostra, ma le paure possono trasformarsi in consapevolezza, accettazione e quindi gioia.
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Tornano anche questa volta molte componenti della cinematografia di Ozpetek come l'omossesualità, le grandi famiglie, il passato che torna e poi la cucina sempre al centro dei suoi film stavolta con un dolce semplice e quotidiano, proprio come il personaggio. Il protagonista è infatti un personaggio autentico nella sua semplicità, che impara a conoscere se stesso attraverso ciò che gli accade tra sogno e realtà.
Bel cast, bei costumi e trucchi, è un film che fa sorridere ma allo stesso tempo riflettere su quanto sia importante la presenza dei sogni nella vita degli uomini, quanto li si debba affrontare per meglio aver chiari i nostri desideri e infine cercare di realizzarli.Il percorso può essere tortuso e contrastante come Ozpetek ci mostra, ma le paure possono trasformarsi in consapevolezza, accettazione e quindi gioia. La stessa accettazione che cercano proprio i 6 personaggi in cerca d'autore pirandelliani citati in modo nemmeno troppo nascosto dal regista.
Da vedere con lo spirito giusto, sapendo di non essere davanti ad un capolavoro ma sicuramente ad una storia da cui trarre molti spunti di riflessione.
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