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marx2
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domenica 25 marzo 2012
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ozptek dimostra di essere ancora un grande
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Un film originale, surrealista un vero film d'arte ,un film onirico e felliniano che Sa Scherzare e ironizzare sul berlusconismo con una battuta ,che racconta una storia affascinante come solo Ozptek sa fare.consiglio di vederlo assolutamente .
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salame
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domenica 25 marzo 2012
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senza nè capo nè coda
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finzione e realtà. per esempio: per i primi 15 minuti sembra che il film possa avere non dico un senso, ma almeno una trama. ma non è la realtà.
e poi: perchè ozpetek, per 2 ore, ha ritenuto opportuno mostrarci, ingrandirci e ancora mostrarci quanti nei e pori possa contenere il solo viso di elio germano, che è molto bravo (davvero) ma non tutti siamo il suo dermatologo?
perchè il buon germano perde sangue dal naso quando lo avrebbe meritato molto di più lo sceneggiatore?
di straordinaria intensità la scena della risata collettiva (sto scherzando).
molto bella la vestaglia di elio germano, purtroppo troppo poco inquadrata.
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finzione e realtà. per esempio: per i primi 15 minuti sembra che il film possa avere non dico un senso, ma almeno una trama. ma non è la realtà.
e poi: perchè ozpetek, per 2 ore, ha ritenuto opportuno mostrarci, ingrandirci e ancora mostrarci quanti nei e pori possa contenere il solo viso di elio germano, che è molto bravo (davvero) ma non tutti siamo il suo dermatologo?
perchè il buon germano perde sangue dal naso quando lo avrebbe meritato molto di più lo sceneggiatore?
di straordinaria intensità la scena della risata collettiva (sto scherzando).
molto bella la vestaglia di elio germano, purtroppo troppo poco inquadrata.
per il resto, un film insipido.
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(di paraclitus)
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paradiso perduto
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sabato 24 marzo 2012
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delusione
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Premetto che adoro Ozpeteck, ma sono rimasta veramente delusa dal suo ultimo film. Lho trovato noioso e inconsistente a livello narrativo; forse più adatto ad essere rappresentato a teatro che al cinema. Salvo solo la colonna sonora e l'atmosfera onirico-decadente che pervade tutto il film
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olgadik
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sabato 24 marzo 2012
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sei fantasmi in cerca di un posto...
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Qualcuno, mimando il penultimo titolo del regista turco, ha parlato di “anime vaganti”e proprio di questo si tratta, perché i fantasmi che prima atterriscono il buon Pietro e poi ne diventano in qualche modo la atipica famiglia (non solo allargata ma addirittura impalpabile) sono spiriti inquieti. Essi ricercano, come nella tradizione lettararia e cinematografica, una loro serenità per abitare definitivamente l’oltretomba. Ma i nostri sono anche personaggi in cerca d’autore nel quale rispecchiarsi per esistere. Da questo punto di vista Pietro, il protagonista assoluto che compare in quasi tutte le scene, è l’ideale. Venuto dal Sud a Roma, egli è un giovane puro, sensibile e un tantino troppo ingenuo.
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Qualcuno, mimando il penultimo titolo del regista turco, ha parlato di “anime vaganti”e proprio di questo si tratta, perché i fantasmi che prima atterriscono il buon Pietro e poi ne diventano in qualche modo la atipica famiglia (non solo allargata ma addirittura impalpabile) sono spiriti inquieti. Essi ricercano, come nella tradizione lettararia e cinematografica, una loro serenità per abitare definitivamente l’oltretomba. Ma i nostri sono anche personaggi in cerca d’autore nel quale rispecchiarsi per esistere. Da questo punto di vista Pietro, il protagonista assoluto che compare in quasi tutte le scene, è l’ideale. Venuto dal Sud a Roma, egli è un giovane puro, sensibile e un tantino troppo ingenuo. Coscienziosissimo nel suo lavoro notturno di confezionatore di cornetti, aspira in realtà a fare l’attore ed è disposto a recitare anche in uno spot, pur di iniziare a coltivare il suo sogno. Dunque un aspirante al teatro incontra come “magnifica presenza” in casa sua, un appartamento vecchiotto di Monteverde, una ex-compagnia di teatranti anni ’30, fantasmi che si muovono con sofisticata gestualità, modulando la voce, riempiendo i vuoti materiali e affettivi che caratterizzano la vita del loro ospite. Nella prima parte del film, ovviamente, la situazione richiama l’opera di De Filippo e il genere ghost story all’ americana, nella seconda le citazioni (Eva contro Eva, The others, Pirandello, Fellini, Tarantino, Gomorra) si sprecano anche se il regista le introduce discretamente, non in modo ingombrante, come è tipico dell’artificiosa naturalezza di Ozpetek. Alla fine, pacificati perché si svela l’enigma della loro scomparsa dalle scene, dopo una simbolica passeggiata in autobus nella Roma di oggi, paghi di aver anche saggiato un pezzetto di futuro, i fantasmi si ritireranno per sempre nel loro oblio. Nel film i temi del regista turco ci sono tutti: la solitudine, l’amicizia come balsamo per superarla, la condivisione col gruppo, l’amore per le cose e i luoghi, le sfumature gialle e i fatti storici di un passato recente, l’attenzione e il ricordo della patria d’origine, ecc. ecc. In più quest’opera ha una sua fascinosa particolarità: saranno i toni sommessi, sarà lo sguardo da bimbo stupito di Elio Germano, sarà il lieve incedere dei fantasmi in quella terra di mezzo che non possono abbandonare. Alla fine del racconto il malessere di Pietro che vede strane realtà non lo si collega più a una forma di nevrotico disagio ma al bisogno, sempre ribadito, di riferimenti affettivi per superare impasse pesanti e trovare la propria identità. A questo si aggiunge uno sguardo divertito che glissa sulla tentazione di disperare. Tra gli interpreti, citerei un folgorante intervento duro e realistico, nonché centrale per il senso del racconto, affidato ad Anna Proclemer. Aggiungerei infine che non mancano in quest’opera alcune debolezze: i personaggi fantasmatici sono pesso macchiette disegnate dai gesti e dal trucco piuttosto che caratteri veri, Pietro in alcune sequenze è presentato come un essere fin troppo inadeguato rispetto alla realtà visto che non sa neanche mettere a fuoco le sue propensioni sessuali, la scena della Badessa è perlomeno forzata e poco significativa. Però, non si sa come e perché, esci dalla sala con la sensazione di aver visto un’opera bella come la persona che te l’ha presentata.
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never_fear
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venerdì 23 marzo 2012
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caro ozpetek, dillo con parole tue!
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La sottile linea che separa l'omaggio al vero cinema dal plagio è stata ampiamente superata.
I fantasmi di Midnight in Paris riemergono per dare vita ad un intreccio, seppur gradevole, troppo vicino a quello del precedente La finestra di fronte.
Anche questa volta non mancano icone maschili da dare in pasto ad un pubblico voyerista, non manca il cameo a far brillare gli occhi di chi conosce qualcosa di cinema -vedi M.Girotti, L.Gastoni, A. Proclemer, E. S. Ricci-, non mancano personaggi di ostentatissima ispirazione Almodòvariana, non manca una trama ad hoc per un target acritico, pronto a commuoversi per qualsiasi affettività omosessuale.
Insomma, un cinema che ha abbandonato qualsiasi ambizione di autenticità per lasciar spazio ad una ben più pragmatica ambizione commerciale.
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La sottile linea che separa l'omaggio al vero cinema dal plagio è stata ampiamente superata.
I fantasmi di Midnight in Paris riemergono per dare vita ad un intreccio, seppur gradevole, troppo vicino a quello del precedente La finestra di fronte.
Anche questa volta non mancano icone maschili da dare in pasto ad un pubblico voyerista, non manca il cameo a far brillare gli occhi di chi conosce qualcosa di cinema -vedi M.Girotti, L.Gastoni, A. Proclemer, E. S. Ricci-, non mancano personaggi di ostentatissima ispirazione Almodòvariana, non manca una trama ad hoc per un target acritico, pronto a commuoversi per qualsiasi affettività omosessuale.
Insomma, un cinema che ha abbandonato qualsiasi ambizione di autenticità per lasciar spazio ad una ben più pragmatica ambizione commerciale. Ruoli e dialoghi in grado di sottrarre valore anche ad una Margherita Buy...
Come sempre apprezzabile la scelta delle colonne sonore.
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erostrato
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venerdì 23 marzo 2012
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cose mal dette
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Ozpetek non è riuscito a convincermi completamente con questo suo ultimo film; peccato. Le premesse erano ottime ma lo scorrere della vicenda è faticoso, inciampa e sembra che ad ogni stacco si debba ripartire dall'inizio. Credo che nella filmografia del regista questa ultima fatica non sarà ricordata come "magnifica presenza".
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miklino
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giovedì 22 marzo 2012
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tra sogno e realtà.
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Teatrale, colorato, poetico, sognante, emozionante, riflessivo, delicato, mai banale: sono solo alcuni degli aggettivi che frullano in testa per descrivere il nuovo (capo)lavoro di Ferzan Ozpetek. Storia originale, particolari curati con la cura di chi sa condurre in porto tematiche mai sopite. Così, in netta controtendenza rispetto al passato, in “Magnifica Presenza” omosessualità e difficoltà nelle relazioni fanno solo da sfondo alla trama, tutta impegnata a districarsi tra le “presenze” che opprimono un animo tanto sensibile quanto troppo ossessionato da perfezione e ricerca di risposte. Le atmosfere cupe si dissolvono un un mix esplosivo di colori e teatralità, in una storia che travolge e commuove allo stesso tempo.
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Teatrale, colorato, poetico, sognante, emozionante, riflessivo, delicato, mai banale: sono solo alcuni degli aggettivi che frullano in testa per descrivere il nuovo (capo)lavoro di Ferzan Ozpetek. Storia originale, particolari curati con la cura di chi sa condurre in porto tematiche mai sopite. Così, in netta controtendenza rispetto al passato, in “Magnifica Presenza” omosessualità e difficoltà nelle relazioni fanno solo da sfondo alla trama, tutta impegnata a districarsi tra le “presenze” che opprimono un animo tanto sensibile quanto troppo ossessionato da perfezione e ricerca di risposte. Le atmosfere cupe si dissolvono un un mix esplosivo di colori e teatralità, in una storia che travolge e commuove allo stesso tempo. Colori, movenze, atmosfere: tutto è perfetto e si immerge in una realtà divisa tra passato e presente, tra la sottilissima linea rossa che separa la finzione della realtà. E’ proprio ascoltando le proprie frustrazioni che Pietro lascerà lo spazio alla riscoperta del proprio “io”, unica via per distruggere paure e vincoli. Provare a vivere una vita serena ed impegnata. Per dare un senso alla “magnifica presenza”. La propria vita.
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suami7
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giovedì 22 marzo 2012
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ozpetek e le ombre di un passato non così lontano
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Si dice che vaghino senza una meta, intrappolati in un tempo che non li appartiene, prigionieri del loro dolore e in attesa di un coraggioso che finalmente li liberi. Ombre moleste, dispettose, forse solo desiderose di essere scovate, fantasmi di un passato lontano, esuli in un mondo che va avanti senza di loro. Le strane figure ritratte da Ferzan Ozpetek nel suo ultimo film “Magnifica presenza”, sono però deliziose e leggiadre e parte di una pellicola vera chicca per gli occhi e per il cuore. Un film leggero eppure mai banale, potente come l’interpretazione dei suoi attori, sempre distintisi per bravura e intensità e capaci di recitare tra passato e presente, spesso capovolgendo la realtà e spiazzando lo spettatore.
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Si dice che vaghino senza una meta, intrappolati in un tempo che non li appartiene, prigionieri del loro dolore e in attesa di un coraggioso che finalmente li liberi. Ombre moleste, dispettose, forse solo desiderose di essere scovate, fantasmi di un passato lontano, esuli in un mondo che va avanti senza di loro. Le strane figure ritratte da Ferzan Ozpetek nel suo ultimo film “Magnifica presenza”, sono però deliziose e leggiadre e parte di una pellicola vera chicca per gli occhi e per il cuore. Un film leggero eppure mai banale, potente come l’interpretazione dei suoi attori, sempre distintisi per bravura e intensità e capaci di recitare tra passato e presente, spesso capovolgendo la realtà e spiazzando lo spettatore.
La ricerca della casa perfetta è per Pietro Ponte, pasticcere catanese trapiantato a Roma, il pretesto per sentirsi più vicino al suo oggetto d’amore non ricambiato e tentare la carriera d’attore. Folgorato dalla bellezza di un’antica casa nobiliare tutta da ristrutturare, ben presto si accorgerà di non essere solo nella dimora e di condividere gli spazi con “altri coinquilini” che sembrano sbucati dagli anni ’40. Loro, gli intrusi, le magnifiche e maestose presenze, sono attori di un’importante compagnia teatrale, in quella casa sono intrappolati ormai da 69 anni, dal momento in cui sono scomparsi per circostanze sospette, e invano ad ogni nuovo inquilino chiedono aiuto affichè cerchi di scoprire il motivo della loro prigionia.
Ozpetek ripropone così molti dei suoi temi cari, a partire dall’omosessualità dei suoi personaggi, le musiche che gli ricordano casa, l’ironia sottile e impeccabile, ma stavolta stupisce per l’intensità drammatica di alcune scene e la suspance che si respira nel primo tempo del film, quando ancora troppo poco sappiamo sugli strani abitanti della casa, interpretati da un bel cast corale che indossa gli abiti di scena degli attori del cinema muto (Beppe Fiorello, Margherita Buy, Vittoria Puccini, Claudia Potenza, Cem Yilmaz, Andrea Bosca, Ambrogio Maestri e Matteo Salvino). Quanto a Pietro, il bravissimo Elio Germano, è un ragazzo che vive le sue manie e i suoi sogni in modo diverso e presto si troverà ad affrontare una situazione scomoda , abituandosi alle strane presenze della casa e interagendo con loro come in una grande famiglia allargata, con la quale condividere banchetti e giocare alle figurine che ricordano i 150 anni dell’Unità d’Italia. Un’Italia che dopo più di 60 anni non sembra poi così libera rispetto ai tempi della guerra, ancora legata a dittature fisiche e mentali, terrorizzata dal diverso e che rivive gli errori di un passato lontano in un eterno confronto. e conflitto. Il film si snoda in modo quasi del tutto lineare, poco chiaro invece il motivo di quelle presenze e il loro destino, fino a quando la verità non verrà a galla rivelando una verità scomoda e vergognosa, come la nostra celebre storia della guerra negli anni Quaranta.
Le musiche splendide e l’atmosfera pittoresca di alcune scene suggestionano molto, così come i tratti marcati di alcune figure del film, quasi almodovariane e stridenti, ma di grande impatto (c’è anche un cammeo di Maurizio Corazzi, in arte Platinette, nel film una temibile Badessa a capo di un’esercito di trans che in un magazzino abbandonato lavorano in gran segreto e di segreti ne conoscono fin troppi). Arrivando poi alla conclusione del film, senza capo né coda, dove ci si ritrova a domandarsi chi sia davvero la magnifica presenza e se soprattutto siano i molesti inquilini ad avere bisogno di Pietro per liberarsi del passato o in realtà non sia l’aspirante attore a servirsi di queste simpatiche figure per ricostruire il suo presente, la sua identità, il suo piccolo grande mondo. La verità sta sono nell'accettarsi e nell'accettare: il diverso, il destino, il passato, che in qualche caso potrebbe rivelare un oggi poetico e magico come in questa bella pellicola.
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lalli
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giovedì 22 marzo 2012
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ma che noia...
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sicuramente un bel film, ottimi attori, bella storia, ma mi dispiace dirlo è veramente noiosissimo...peccato Ferzan...
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matteo calvesi
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giovedì 22 marzo 2012
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occasione magnifica
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Un Elio Germano strepitoso domina il nuovo film di Ferzan Ozpetek; la telecamera lo insegue per tutto il film e lui riesce sempre a far rimanere interessato e sorpreso lo spettatore, una grande prova di attore che ha il suo culmine proprio nei titoli di coda, in cui realizza cinque minuti di autentica arte drammaturgica.
Il soggetto di questa nuova opera del regista turco è meraviglioso, un idea originale e sorprendente; uscendo dalla sala si ha però la sensazione che questo film possa rimanere un gran incompiuto del nostro cinema. Nella maniera più originale possibile, questa volta Ozpetek avrebbe potuto realizzare forse il suo capolavoro massimo e invece il film non riesce a scorrere nella maniera giusta, sempre ostacolato dalla comparsa di nuovi personaggi che distraggono dal tema centrale e interessante.
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Un Elio Germano strepitoso domina il nuovo film di Ferzan Ozpetek; la telecamera lo insegue per tutto il film e lui riesce sempre a far rimanere interessato e sorpreso lo spettatore, una grande prova di attore che ha il suo culmine proprio nei titoli di coda, in cui realizza cinque minuti di autentica arte drammaturgica.
Il soggetto di questa nuova opera del regista turco è meraviglioso, un idea originale e sorprendente; uscendo dalla sala si ha però la sensazione che questo film possa rimanere un gran incompiuto del nostro cinema. Nella maniera più originale possibile, questa volta Ozpetek avrebbe potuto realizzare forse il suo capolavoro massimo e invece il film non riesce a scorrere nella maniera giusta, sempre ostacolato dalla comparsa di nuovi personaggi che distraggono dal tema centrale e interessante.
La sceneggiatura manca delle analisi più profonde del personaggio, i passaggi introspettivi del Germano Monteverdino li cogliamo solo vagamente; la sua fame di conoscere e di innamorarsi è poco approfondita; il personaggio creato da Ozpetek sembra un quadro incompiuto, nel quale abbiamo capito bene come sia il paesaggio ma non riusciamo a cogliere bene il centro della scena, il soggetto lo intravediamo ma non riconosciamo le forme del viso, il colore degli occhi o le linee del suo corpo. La sensibilità, maniacalità e precisione del protagonista sono aspetti troppo suggestivi e caratteristici del personaggio per non esser affrontati con la ragionevole cura. Il film si perde in vie traverse, o come è forse meglio dire in questo caso “transverse”; diversi minuti del film passano senza che lo spettatore sia interessato a capire quello che succede, ma solamente accrescendo l’attesa del gustarsi il prossimo scambio di battute tra i fantasmi onirici della casa e il personaggio. Alcuni temi, molto ( forse troppo) cari al regista lo tradiscono, fanno disperdere lo spettatore dalla trama e dal filo logico del film, che avrebbe desiderato invece ulteriori scene tra Germano e i suoi fantasmi abusivi, come quelle deliziose in cui tutti si riuniscono intorno ad un tavolo ad attaccare figurine o in cui si siedono per cenare dopo che la “seratina” di Pietro ( alias Elio Germano) non è andata come auspicato.
Ozpetek, tanto riguardoso, anche in questa pellicola, nei confronti del piacere della tavola e del buon cibo come punto di riunione amorevole, aveva tutti gli ingredienti per realizzare il suo film consacratore a tutti gli effetti: un idea meravigliosa e originale, un attore magnifico, delle musiche sempre scelte con una giustificata ricercatezza e la splendida fotografia di Calvesi; questo “impasto” però non riesce a sollevarsi e a farsi materia ma rimane una delle tante “ciambelle amorfe” del nostro cinema italiano.
Matteo Calvesi
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