ATTENZIONE: SPOILER - leggete questo commento eventualmente dopo aver visto il film.
Non è possibile dire che sia un brutto film dal punto di vista accademico. Ottima recitazione, sceneggiatura, trama solida, tranne una ventina di minuti a metà film che sono del tutto ridondanti.
Non aspettatevi una di quelle favole corali, poetiche, dolciamare, magari simpaticamente basate sul folklore partenopeo. Qui il folklore serve solo per rendere il sentimento di vuoto e miseria ancora più sottile e penetrante.
Si narra qui la miseria totale dell'uomo medio italiano (Napoletano solo per accentuare il dramma), privo della capacità di sognare qualcosa di minimamente poetico, per lui il massimo delle aspirazioni è quello di apparire in Tv, nel Grande Fratello. Lui è dipinto come soggetto poetico, ma finirà con l'abbruttirsi solo perché, per puro caso, la sua famiglia si imbatte in un provino.
Il fatto che sia così connotato nel contesto partenopeo è probabilmente del tutto inutile, forse addirittura fuorviante. Crea aspettative che verranno disilluse. Non c'è un percorso di emersione magari soltanto poetica nella monomania del povero Luciano, c'è solo un destino irreversibile verso la rovina e la malattia.
Pochi si salvano moralmente, tranne la moglie e una zia, in questo film che ritrae la dissoluzione totale di uno che già era povero. Luciano è circondato dai miseri, inconsapevolmente partecipi nel fomentare la tragedia di Luciano, complice addirittura la madre e le figlie. Sono quasi tutti troppo ignoranti e poveri di spirito per aiutarlo, anzi lo sostengono per poi interessarsi civettuolamente al fatto che sia diventato malato di mente o no. Può sembrare buffo e invece è tragedia amarissima.
Come se non bastasse, a ragion veduta, il "never give up" falsamente ripetuto dal veterano del Grande Fratello è quasi un monito a non sognare, sognare porta solo miseria. Per aver successo a quanto pare puoi solo essere fortunato (altrimenti sei sfigato). Ancor più orrorifico è l'invito delle vecchine al cimitero, che per liberarsi di lui lo assecondano nel suo delirio, dandogli l'ennesimo, incisivo, messaggio di crederci, inducendolo a credere con tutto se stesso che entrerà nella agognata casa del grande fratello.
Il film disillude, spezzando un tacito patto letterario generato dalla simpatia partenopea del protagonista. sembra voler raccontare una bella favola e invece è l'antonomasia del dramma senza speranza. Un dramma che penetra ancora di più perché è basato su una disillusione. Persino la musica dei titoli di coda stride con la condizione finale, irrimediabile, del povero Luciano. Il miserabile che è giunto fino alla casa del grande fratello solo per impazzire definitivamente. (non poteva ad esempio essere la bravata da raccontare in paese? una specie di rivincita poetica alla partenopea?)
Devo dire che nell'ultima sequenza mi aspettavo un finale geniale, che riconducesse al genere corale-fiabesco dell'inizio. Era la sua unica speranza perché con i tempi che corrono per i film italiani avrei scommesso su suicidio, galera, gogna mediatica, o internamento in psichiatria. Alla fine tutto lascia credere che vinca la psichiatria
Credevo che potesse essere una variante del Don Chisciotte, invece alla fine mi ricorda una versione più coartata del peggiore dei Masini.
Non ho trovato un compenso poetico per la siringata di tragedia e sottile disperazione che mi ha dato questo film.
E allora Masini, v....... !
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