fabrizio dividi
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domenica 22 aprile 2012
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camus, memorie di uno straniero
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Se un bambino coltiva un germe di se stesso adulto, la società in cui vive ne presagisce la condizione futura. E' forse una delle chiavi di lettura possibili de "Il primo uomo", ma la forza che Amelio imprime alla sua ultima fatica è di riuscire a tessere più tele contemporaneamente, fino a fare dimenticare che il protagonista sullo schermo è lo scrittore feticcio Albert Camus.
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Se un bambino coltiva un germe di se stesso adulto, la società in cui vive ne presagisce la condizione futura. E' forse una delle chiavi di lettura possibili de "Il primo uomo", ma la forza che Amelio imprime alla sua ultima fatica è di riuscire a tessere più tele contemporaneamente, fino a fare dimenticare che il protagonista sullo schermo è lo scrittore feticcio Albert Camus. il depotenziamento dello stilema iconografico classico dell'intellettuale francese d'altronde nasce da lontano, proprio dallo stesso Camus, che nel suo ultimo libro (incompiuto) scrive la sua biografia sotto forma di romanzo, cambiandosi addirittura il nome; e in questo senso il film ha il grande merito di rimanere fedele al testo di riferimento affrancandosi dalle didascaliche e limitative sembianze di un film meramente "biografico".
La storia procede su due piani temporali: il primo, in un'Algeria degli Anni 20, in cui si intravedono le prime contraddizioni di una convivenza pacifica ma già problematica tra indigeni e coloni francesi. Jacques, alter-ego di Camus, è un bambino riflessivo, obbediente, timido ma orgoglioso che fa tesoro di ogni piccola esperienza per maturare e crescere con forti figure femminili di riferimento, mamma e nonna, che hanno tratti archetipici di ogni famiglia. Un maestro illuminato e uno zio affettuoso completano il retaggio sociale di cui il piccolo si ciba, supplendo all'assenza del padre morto in guerra. Qui le tappe di crescita sono raccontate senza estetismi né aneddotica oleografica, ma per tappe iniziatiche che fanno crescere il piccolo tra punizioni corporali severe, ma forse rimpiante, e avventure godibili e malinconiche di stampo truffautiano.
L'Algeria dello scrittore adulto (siamo a fine anni 50) è al contrario un paese sfasciato dalla resistenza all'oppressore francese, ferito da attentati e da un inconciliabile rapporto tra opposte fazioni. Il protagonista torna in un paese che gli appartiene solo nei ricordi e nella presenza della madre, del maestro e dello zio, meravigliose icone del tempo che fugge. La polizia batte i vecchi quartieri di Algeri, i compagni di un tempo sono oppressi e privati di affetti e libertà. Le contraddizioni di un tempo si manifestano nella vita plumbea e nella esplosione di una bomba in pieno centro, esplorata con una carrellata d'autore che la penetra con uno sguardo di grande cinema.
Il primo uomo non ha la potenza deflagrante de "la battaglia di Algeri" ma con il suo stile pulito, essenziale e familiare supera il rischio della retorica e apre uno squarcio luminosissimo su quella che è stata la questione algerina. Gianni Amelio riesce a tenere il passo del romanzo e a girare con mirabile intensità un film intimo e poetico, ma contemporaneamente di respiro politico assoluto. Fabrizio Dividi
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writer58
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mercoledì 25 aprile 2012
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la peste ad algeri
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"Vi è solamente un problema filosofico veramente serio: quello del suicidio. Giudicare se la vita valga o non valga la pena di essere vissuta, è rispondere al quesito fondamentale della filosofia" (Camus, 1947). Camus è stato definito uno scrittore esistenzialista, un autore che scava nei turbamenti umani davanti al mistero e alla condanna (ma anche al dono) dell'esistenza. Gianni Amelio propone una rilettura del suo ultimo romanzo incompiuto "Il primo uomo" intrecciando passato e presente, infanzia e maturità, fede nella coesistenza e nell'integrazione con le dinamiche dell'integralismo e della radicalizzazione ideologica e religiosa.
Jean Cormery, scrittore algerino che vive in Francia, torna ad Algeri nel 1957 per due ragioni: vuole diffondere un messaggio di coesistenza pacifica tra francesi e musulmani in un periodo di forti tensioni segnate dalla guerra di indipendenza del FLN contro la potenza coloniale della Francia e intende rivisitare il suo passato nel rapporto con la madre, con il suo antico maestro di scuola, con suo zio.
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"Vi è solamente un problema filosofico veramente serio: quello del suicidio. Giudicare se la vita valga o non valga la pena di essere vissuta, è rispondere al quesito fondamentale della filosofia" (Camus, 1947). Camus è stato definito uno scrittore esistenzialista, un autore che scava nei turbamenti umani davanti al mistero e alla condanna (ma anche al dono) dell'esistenza. Gianni Amelio propone una rilettura del suo ultimo romanzo incompiuto "Il primo uomo" intrecciando passato e presente, infanzia e maturità, fede nella coesistenza e nell'integrazione con le dinamiche dell'integralismo e della radicalizzazione ideologica e religiosa.
Jean Cormery, scrittore algerino che vive in Francia, torna ad Algeri nel 1957 per due ragioni: vuole diffondere un messaggio di coesistenza pacifica tra francesi e musulmani in un periodo di forti tensioni segnate dalla guerra di indipendenza del FLN contro la potenza coloniale della Francia e intende rivisitare il suo passato nel rapporto con la madre, con il suo antico maestro di scuola, con suo zio.
Orfano di padre, Jean era stato allevato da una madre giovane e una nonna inflessibile e dura, aveva continuato a studiare incoraggiato dal maestro che ne aveva intravisto le potenzialità. L'Algeria degli anni '20 appare simile al nostro meridione di un tempo: la stessa povertà, la medesima organizzazione patriarcale che delegava alle donne l'accudimento dei figli, con una differenza rappresentata dalla popolazione indigena musulmana. La rappresentazione che ne dà Amelio è netta, pulita, priva di concessioni spettacolari,sembra vista con gli occhi della memoria, è un ambiente dai colori chiari in cui gruppi di bambini corrono insieme su stradine sconnesse.
Fedele a una frase che il maestro di scuola gli ripeteva, "Ogni bambino contiene già i germi dell'uomo che diventerà”, Cormery (interpretato da un convincente Jacques Gamblin) non accetta la deriva che segna il suo paese, cerca di stabilire dei legami tra le anime che legano il passato e il presente dell'Algeria, tenta di ottenere giustizia per il figlio di un suo antico compagno di scuola condannato a morte per complicità in un attentato.
Il tentativo è destinato al fallimento, ma il protagonista mantiene intatta la coerenza con i suoi valori, protegge il filo che lega il bambino di ieri con l'intellettuale di oggi.
"Il primo uomo" è un magnifico film, una delle opere migliori di un regista che ha già fornito prove convincenti e ispirate come "Il ladro di bambini" e "Così ridevano". Opere che riescono a coniugare uno sguardo delicato e introspettivo sulla condizione umana (e in particolare sull'universo infantile) con uno stile essenziale che scava in profondità e rifugge dagli stereotipi e dalle banalizzazioni.
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diomede917
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sabato 21 aprile 2012
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il regista di bambini
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Tratto dal romanzo postumo di Albert Camus, Il primo uomo è un viaggio dentro il proprio io del protagonista Jean Cormery scrittore stimato a livello mondiale (alter-ego dello stesso Camus) che arriva nella sua amata Algeria alla vigilia della guerra di Liberazione cercando di convincere gli studenti che la convivenza tra arabi e francesi sia possibile ed è l’unica via per una nuova Algeria.
Incontrando l’amata madre incomincia un percorso a ritroso nella memoria, alla ricerca di un padre mai conosciuto morto nella prima guerra mondiale per la Patria (ossia la Francia) e del senso di appartenenza alla propria terra.
In fase di presentazione il regista Gianni Amelio ha più volte evidenziato il parallelismo tra le pagine di Camus e la sua vita in Calabria…e in effetti la rappresentazione dell’Algeria anni ’20 ricorda molto il nostro meridione.
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Tratto dal romanzo postumo di Albert Camus, Il primo uomo è un viaggio dentro il proprio io del protagonista Jean Cormery scrittore stimato a livello mondiale (alter-ego dello stesso Camus) che arriva nella sua amata Algeria alla vigilia della guerra di Liberazione cercando di convincere gli studenti che la convivenza tra arabi e francesi sia possibile ed è l’unica via per una nuova Algeria.
Incontrando l’amata madre incomincia un percorso a ritroso nella memoria, alla ricerca di un padre mai conosciuto morto nella prima guerra mondiale per la Patria (ossia la Francia) e del senso di appartenenza alla propria terra.
In fase di presentazione il regista Gianni Amelio ha più volte evidenziato il parallelismo tra le pagine di Camus e la sua vita in Calabria…e in effetti la rappresentazione dell’Algeria anni ’20 ricorda molto il nostro meridione.
In tutto il film c’è tanto Amelio pensiero. Non è un caso, parafrasando il suo film più importante, definirlo “il regista di bambini”. La parte migliore del film si svolge nel passato del protagonista cresciuto in una famiglia fortemente matriarcale con una nonna despota e violenta, e una mamma tenera e silente….il regista gira tutto ad altezza bambino (toccante la scena del macellaio), un bambino povero di mezzi ma ricco nel sapere che troverà nel maestro Bernard il mezzo per poter uscire dalle sabbie mobili del suo quartiere.
C’è tanto Amelio anche nella parte più decisamente politica ambientata nel finire degli anni ’50 e il parallelismo con il suo Colpire al cuore è immediato (molto bello il confronto tra il suo compagno di scuola e il figlio diciottenne pseudo terrorista in carcere; intenso l’attacco terroristico al bus).
Se della bravura dei bambini abbiamo parlato in precedenza non possiamo non segnalare la faccia malinconica e sofferta di Jacques Gamblin e quella dolce e serena di Catherine Sola…..facce sempre messe in risalto dai primi piani di Gianni Amelio.
Da segnalare e apprezzare l’idea di far doppiare il film da Attori con la A maiuscola del nostro cinema quali Favino, Rubini, Rossi Stuart e Ilaria Occhini.
Rispetto a Le Chiavi di Casa e La stella che non c’è, Il primo Uomo è un’opera che ci riporta un Amelio più poetico e raffinato forse un po’ datato da un punto di vista stilistico ma decisamente molto fermo in ottica narrativa
Voto 7,5
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renato volpone
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lunedì 23 aprile 2012
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la crescita interiore dell'uomo
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Il connubio Gianni Amelio e Albert Camus ci regalano un quadro poetico dell'Algeria, ma anche molto a cui pensare e, nel lento evolversi del racconto, forti emozioni che si aggrappano al cuore. La splendida fotografia sembra lasciarci negli occhi i caldi colori di questa terra e la sensazione di percepirne gli odori. Gli occhi del bambino, invece, ci accompagnano attraverso il racconto di un mondo lontano, che forse non esiste più, ma che è quanto mai attuale nella sofferenza, nell'amore e nella solitudine. Si parla di guerra, della grande guerra, ma anche della guerra civile, della guerra tra i popoli, tra le razze e le religioni. Si parla di amore, dell'amore materno, del rigore, ma anche del calore e dell'orgoglio della famiglia antica, si parla di quell'amore che fa dire alla madre "la Francia é bella, ma non ci sono gli arabi" e resta sola con i ricordi nella terra dei sogni e delle speranze.
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Il connubio Gianni Amelio e Albert Camus ci regalano un quadro poetico dell'Algeria, ma anche molto a cui pensare e, nel lento evolversi del racconto, forti emozioni che si aggrappano al cuore. La splendida fotografia sembra lasciarci negli occhi i caldi colori di questa terra e la sensazione di percepirne gli odori. Gli occhi del bambino, invece, ci accompagnano attraverso il racconto di un mondo lontano, che forse non esiste più, ma che è quanto mai attuale nella sofferenza, nell'amore e nella solitudine. Si parla di guerra, della grande guerra, ma anche della guerra civile, della guerra tra i popoli, tra le razze e le religioni. Si parla di amore, dell'amore materno, del rigore, ma anche del calore e dell'orgoglio della famiglia antica, si parla di quell'amore che fa dire alla madre "la Francia é bella, ma non ci sono gli arabi" e resta sola con i ricordi nella terra dei sogni e delle speranze. E le speranze vengono riposte nella penna di uno scrittore, per far vincere la ragione e il buon sentimento sulla collera e il risentimento. E che dire del maestro, dello zio, della nonna, delle donne, splendide nei loro veli, meravigliose nella loro delicatezza e risolutezza. Dolce e greve come il corpo esanime trasportato su un carretto, ma meraviglioso come il sorriso del vecchio seduto sulla porta.
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heimat
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mercoledì 25 aprile 2012
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camus, dernières séances
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Il Camus che noi tutti ci aspettiamo con il bavero alzato e con una gitanes pendente dal labbro, fine esistenzialista, scontroso e caustico nei dibattiti, capace nei suoi romanzi di dissimulare la realtà, a stento riusciamo a riconoscerlo nell' ultimo film di Gianni Amelio. L' intento del regista è quello di seguire con accuratezza il romanzo autobiografico dello stesso Camus facendo emergere al meglio aspetti dellla quotidianità e della giovinezza dello scrittore trascorsa ad Algeri .Appare indovinata la scelta di dissimulare il racconto sostituendo il nome dello scrittore con quello di Jean Cormery, che permette allo spettatore di scindere il personaggio scomodo e condizionante della realtà con quello privato e familiare che vediamo nel film.
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Il Camus che noi tutti ci aspettiamo con il bavero alzato e con una gitanes pendente dal labbro, fine esistenzialista, scontroso e caustico nei dibattiti, capace nei suoi romanzi di dissimulare la realtà, a stento riusciamo a riconoscerlo nell' ultimo film di Gianni Amelio. L' intento del regista è quello di seguire con accuratezza il romanzo autobiografico dello stesso Camus facendo emergere al meglio aspetti dellla quotidianità e della giovinezza dello scrittore trascorsa ad Algeri .Appare indovinata la scelta di dissimulare il racconto sostituendo il nome dello scrittore con quello di Jean Cormery, che permette allo spettatore di scindere il personaggio scomodo e condizionante della realtà con quello privato e familiare che vediamo nel film. Le sequenze iniziali ci presentano un Camus adulto che ritorna nella sua patria natia per ricongiungersi con la madre e per avere notizie di suo padre, morto durante la Grande Guerra, e che gli permetterà di rivivere il suo passato grazie a continue sinestesie facendoci conoscere il suo rapporto con la nonna e con il maestro che lo ha aiutato a proseguire i suoi studi e a maturare una propria coscienza.Rimane il rammarico di non riuscire ad intravedere lo scrittore sfontato e caparbio che litigava con Sartre e alla mancanza di qualsiasi riferimento filosofico, ma al tempo stesso ci offre un bellissimo quadro giovanile e innocente dove Camus viene accolto dalla madre non come un intellettuale ma come un bambino a cui piacevano tanto i peperoni ripieni.
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giovanna
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lunedì 7 maggio 2012
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il “primouomo” che è in tutti noi
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Una grazia speciale attraversa quest’ultimo lavoro di Gianni Amelio, in straordinaria sintonia con il filosofo francese, premio Nobel per la Letteratura nel 1957, prematuramente scomparso nel 1960 in un incidente automobilistico. Nel cinquantenario dalla morte se ne rievoca il pensiero anche con questo film, già premiato al festival di Toronto, ispirato al manoscritto trovato incompiuto e pubblicato, solo nel 1994, da Gallimard e in Italia da Bompiani. Vicende esistenziali lontane nel tempo e nello spazio, ma unificate dallo stesso slancio emozionale, uniscono i due: contesto familiare di drammatica povertà, valori familiari fortissimi, intelletto al servizio della conoscenza. Non importa che uno, Albert Camus, giovanissimo premio Nobel, si muova tra Parigi e Algeri nell’incandescente momento del conflitto franco-arabo, mentre l’altro, Amelio, prende le mosse dalla Calabria degli irrisolti problemi del nostro Meridione.
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Una grazia speciale attraversa quest’ultimo lavoro di Gianni Amelio, in straordinaria sintonia con il filosofo francese, premio Nobel per la Letteratura nel 1957, prematuramente scomparso nel 1960 in un incidente automobilistico. Nel cinquantenario dalla morte se ne rievoca il pensiero anche con questo film, già premiato al festival di Toronto, ispirato al manoscritto trovato incompiuto e pubblicato, solo nel 1994, da Gallimard e in Italia da Bompiani. Vicende esistenziali lontane nel tempo e nello spazio, ma unificate dallo stesso slancio emozionale, uniscono i due: contesto familiare di drammatica povertà, valori familiari fortissimi, intelletto al servizio della conoscenza. Non importa che uno, Albert Camus, giovanissimo premio Nobel, si muova tra Parigi e Algeri nell’incandescente momento del conflitto franco-arabo, mentre l’altro, Amelio, prende le mosse dalla Calabria degli irrisolti problemi del nostro Meridione. Jacques Gamblin, con malinconica intensità, tiene insieme le fila di questo complesso emozionante lavoro di ricostruzione di un pezzo di vita individuale con forte cornice storica. L’elemento collettivo e quello personale sono molto ben calibrati e restituiscono le tesi già espresse ne Lo Straniero sulla necessità di attenersi a principi di solidarietà che rompano il cerchio di un mondo di cui non è possibile capire le regole. Questo sostiene il protagonista, quando,ormai famoso intellettuale, chiamato all’Università di Algeri, nel ’57, nell’imminenza del conflitto franco-algerino, espone la sua posizione politica, con un intervento più che teorico filosofico, profondamente emozionale sul valore della solidarietà. Intervento assai contestato nel film, di straordinaria attualità rispetto all’evoluzione primavera araba, che non mancherà di suscitare polemiche di grana grossolana, rinverdendo l’immagine di un Camus usato come santino campione anti-Sartre. Nel film si rievoca la posizione espressa, in un famoso discorso alla radio, da Camus, quando sostenne la sua adesione alla rivoluzione, ma il suo no al terrorismo. Posizione minoritaria rispetto alla linea indicata dal Maestro : “Qualche volta bisogna stare dalla parte dei barbari”. Cormery- Camus- Amelio ascoltano attenti, riflettono malinconici e fanno loro la frase dell’ Insegnante, che determina filosofia di vita e titolo del manoscritto: “Ogni bambino contiene già i germi dell’uomo che diventerà”. Rigorosa, elegante meditazione sul “primouomo” che è in tutti noi. da www.criticipercaso.it
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(di pepito1948)
[ - ] tanto di cappello
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renato volpone
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lunedì 23 aprile 2012
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la crescita interiore dell'uomo
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Il connubio Gianni Amelio e Albert Camus ci regalano un quadro poetico dell'Algeria, ma anche molto a cui pensare e, nel lento evolversi del racconto, forti emozioni che si aggrappano al cuore. La splendida fotografia sembra lasciarci negli occhi i caldi colori di questa terra e la sensazione di percepirne gli odori. Gli occhi del bambino, invece, ci accompagnano attraverso il racconto di un mondo lontano, che forse non esiste più, ma che è quanto mai attuale nella sofferenza, nell'amore e nella solitudine. Si parla di guerra, della grande guerra, ma anche della guerra civile, della guerra tra i popoli, tra le razze e le religioni. Si parla di amore, dell'amore materno, del rigore, ma anche del calore e dell'orgoglio della famiglia antica, si parla di quell'amore che fa dire alla madre "la Francia é bella, ma non ci sono gli arabi" e resta sola con i ricordi nella terra dei sogni e delle speranze.
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Il connubio Gianni Amelio e Albert Camus ci regalano un quadro poetico dell'Algeria, ma anche molto a cui pensare e, nel lento evolversi del racconto, forti emozioni che si aggrappano al cuore. La splendida fotografia sembra lasciarci negli occhi i caldi colori di questa terra e la sensazione di percepirne gli odori. Gli occhi del bambino, invece, ci accompagnano attraverso il racconto di un mondo lontano, che forse non esiste più, ma che è quanto mai attuale nella sofferenza, nell'amore e nella solitudine. Si parla di guerra, della grande guerra, ma anche della guerra civile, della guerra tra i popoli, tra le razze e le religioni. Si parla di amore, dell'amore materno, del rigore, ma anche del calore e dell'orgoglio della famiglia antica, si parla di quell'amore che fa dire alla madre "la Francia é bella, ma non ci sono gli arabi" e resta sola con i ricordi nella terra dei sogni e delle speranze. E le speranze vengono riposte nella penna di uno scrittore, per far vincere la ragione e il buon sentimento sulla collera e il risentimento. E che dire del maestro, dello zio, della nonna, delle donne, splendide nei loro veli, meravigliose nella loro delicatezza e risolutezza. Dolce e greve come il corpo esanime trasportato su un carretto, ma meraviglioso come il sorriso del vecchio seduto sulla porta.
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(di melania)
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[+] la francia è bella ma non ci sono gli arabi!
(di francesca50)
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chiarialessandro
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mercoledì 16 maggio 2012
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grande cinema italiano
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Per riuscire a nutrire qualche speranza di capire il presente è di fondamentale importanza la conoscenza del passato; dato che il presente lo viviamo mentre il futuro possiamo solo limitarci ad immaginarlo e a sognarlo, la conoscenza del passato è ancora più importante per poter sperare di decifrare una infinitesima parte di futuro. Questo film narra la storia di un uomo tenacemente alla ricerca delle sue radici e della sua infanzia, ripercorrendo con la memoria (in un viaggio a ritroso nel tempo) la storia della propria infanzia, storia nella quale si possono individuare sia una parte delle vicissitudini che sono germogliate e che hanno contraddistinto l’Algeria sia la genesi di quelle che saranno le vicissitudini della sua vita personale.
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Per riuscire a nutrire qualche speranza di capire il presente è di fondamentale importanza la conoscenza del passato; dato che il presente lo viviamo mentre il futuro possiamo solo limitarci ad immaginarlo e a sognarlo, la conoscenza del passato è ancora più importante per poter sperare di decifrare una infinitesima parte di futuro. Questo film narra la storia di un uomo tenacemente alla ricerca delle sue radici e della sua infanzia, ripercorrendo con la memoria (in un viaggio a ritroso nel tempo) la storia della propria infanzia, storia nella quale si possono individuare sia una parte delle vicissitudini che sono germogliate e che hanno contraddistinto l’Algeria sia la genesi di quelle che saranno le vicissitudini della sua vita personale. Fulminanti, significative ed universali molte frasi e battute; a me ne sono rimaste impresse in modo particolare due: una è quella in cui il vecchio algerino vicino di casa chiede allo scrittore (francese?) se è vero che loro due sono in guerra; l’altra è quella in cui la madre risponde allo scrittore di non voler tornare in Francia perché la Francia è bella … ma mancano gli arabi. Concludendo: questo lavoro è un po’ come una meravigliosa oasi faunistica, nella quale una molteplicità di specie animali si concentra in uno spazio relativamente ristretto, nel senso che quest’opera raccoglie nel breve spazio di due ore una miriade di spunti di riflessione, spazianti dalla politica alla cultura, dal colonialismo all’amicizia, al sentimento del perdono … Vedere per credere.
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michela papavassiliou
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martedì 1 maggio 2012
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un segno lungo un secolo
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Jean e' un bambino, interpretato dal bravo Nino Jouglet perfetto per la parte, di madre algerina e padre francese caduto in guerra e mai conosciuto. Cresciuto da una nonna dalla frusta facile analfabeta e nullatenente , vive con la madre, la bellissima attrice italo-iraniana Maya Sansa, che si ammazza di lavoro da mattina a sera per riuscire a malapena a campare. Nella umile dimora vive anche lo zio Etienne, lievemente ritardato, che si occupera' di lui amorevolmente e lo iniziera' alle fatiche del lavoro di sopravvivere portandolo con se' in fabbrica. Siamo negli anni '20, il ragazzo e' intelligente e frequenta con
profitto,tra mille difficolta' e privazioni, la quinta elementare.
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Jean e' un bambino, interpretato dal bravo Nino Jouglet perfetto per la parte, di madre algerina e padre francese caduto in guerra e mai conosciuto. Cresciuto da una nonna dalla frusta facile analfabeta e nullatenente , vive con la madre, la bellissima attrice italo-iraniana Maya Sansa, che si ammazza di lavoro da mattina a sera per riuscire a malapena a campare. Nella umile dimora vive anche lo zio Etienne, lievemente ritardato, che si occupera' di lui amorevolmente e lo iniziera' alle fatiche del lavoro di sopravvivere portandolo con se' in fabbrica. Siamo negli anni '20, il ragazzo e' intelligente e frequenta con
profitto,tra mille difficolta' e privazioni, la quinta elementare. Il Professor Bernard suo insegnante sara' fondamentale per la formazione del giovane e ,quando la famiglia, per necessita' economiche lo strappera' dal continuare gli studi, sara' proprio lui a ricondurlo in aula garantendogli un futuro migliore. Diventera' infatti uno scrittore famoso Jean, un uomo sensibile e colto che si battera' strenuamente, attraverso i suoi scritti e le sue azioni , per la realizzazione di una democrazia reale del suo paese, per l'uguaglianza e la fine delle ostilita' tra arabi e francesi d'Algeria. E' il 1957 quando il protagonista torna, dalla Francia dove ormai vive con moglie e due figli, nella sua citta'per tenere un discorso all'Universita' dove aveva in passato studiato. Algeri e' sotto assedio e gli attentati da parte di gruppi nazionalisti che lottano per l'indipendenza dalla Francia, sono all'ordine del giorno. L'uomo va a trovare l'anziana madre e cerca di convincerla a partire con lui, ma la donna resta inflessibile nella decisione di rimanere nella sua terra, pur sapendo che questa scelta sara' una firma per la totale solitudine ed la lontananza dall'amato figlio. La permanenza di Jean tra quelle atmosfere familiari, riaccendera' nel suo animo una sequenza emozionante di ricordi, che lo portera' sulle tracce di se' bambino e del padre mai conosciuto. Un film intenso, per la regia di Gianni Amelio, che ricostruisce in modo impeccabile, un interessante viaggio a ritroso nella storia. Tratto dal romanzo incompiuto di Albert Camus, questa pellicola traccia con la macchina da presa un segno d'inchiostro lungo un secolo. Da vedere. MP
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filippo catani
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mercoledì 22 maggio 2013
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un'opera autobiografica
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Algeria 1957. Un affermato scrittore decide di tornare a trovare l'anziana madre alla ricerca di notizie e impressioni sul padre mai conosciuto. Il viaggio sarà anche l'occasione per notare i grandi cambiamenti in atto nel proprio quartiere e più in generale nella Algeria stessa.
Davvero emozionante e commovente il film diretto da Gianni Amleio che si avvale di un ottimo cast e, mai come in questa occasione, anche di un validissimo cast di doppiatori. L'opera nasce dalla trasposizione di un romanzo uscito postumo del grande letterato francese Albert Camus. Il romanzo incompleto venne infatti rinvenuto nella macchina in cui Camus aveva trovato la morte insieme al proprio editore.
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Algeria 1957. Un affermato scrittore decide di tornare a trovare l'anziana madre alla ricerca di notizie e impressioni sul padre mai conosciuto. Il viaggio sarà anche l'occasione per notare i grandi cambiamenti in atto nel proprio quartiere e più in generale nella Algeria stessa.
Davvero emozionante e commovente il film diretto da Gianni Amleio che si avvale di un ottimo cast e, mai come in questa occasione, anche di un validissimo cast di doppiatori. L'opera nasce dalla trasposizione di un romanzo uscito postumo del grande letterato francese Albert Camus. Il romanzo incompleto venne infatti rinvenuto nella macchina in cui Camus aveva trovato la morte insieme al proprio editore. L'opera era decisamente autobiografica come non mai; infatti troppi sono gli elementi in comune tra il protagonista e il suo autore per poter pensare ad una coincidenza (padre scomparso nella battaglia della Marna nel '14, una nonna che faceva da capofamiglia supplendo anche alla madre ma anche e soprattutto il profondo attaccamento e rispetto per il suo professore di filosofia con cui rimase sempre in contatto). Il protagonista trova un'Algeria devastata dalla lotta per l'indipendenza portata avanti dall'FLN ma soprattutto vede che ormai arabi e francesi non riescono più a parlarsi tra attentati e torture. Lui invece cerca un dialogo e tenta di salvare dalla condanna a morte il figlio di un suo compagno di scuola arabo ma soprattutto cerca di rintracciarer le proprie origini. Inoltre vi è il tentativo di recuperare il rapporto con l'anziana madre anche per cercare di superare definitivamente sia i fantami del passato sia le difficoltà del presente con una moglie che soffre di depressione (altro punto di contatto con la vita dello scrittore). Insomma uno sguardo doloroso per il presente ma che si fa quasi mitico pensando al passato e al tempo trascorso con lo zio con qualche problema mentale ma assolutamente innocente e disarmante nella sua semplicità. Insomma un film toccante di cui è bene prendere visione.
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