jacopo b98
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mercoledì 1 maggio 2013
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dark shadows di tim burton - da non perdere
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Barnabas Collins (Depp), nel Settecento, è trasformato, in seguito ad una delusione amorosa, in un vampiro dalla strega Angelique (Green). Imprigionato in una bara riesce ad uscirne negli anni ’70 del ‘900. Si riunisce ai propri eredi, capitanati da Elisabeth Collins (Pfeiffer), e inizia la lotta contro la terribile fattucchiera, ancora perdutamente innamorata. Tratto da una serie TV, questo vivacissimo film, burtoniano al cento per cento, è uno dei più divertenti prodotti del regista, nonché uno riuscitissimo mix tra commedia e horror. Burton disegna alcuni personaggi memorabili, la figlia di Elisabeth (Moretz), in piena tempesta adolescenziale, il domestico di casa Collins, la strega Angelique, una Green sensuale come non mai e lo stesso Barnabas, un bravo Depp.
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Barnabas Collins (Depp), nel Settecento, è trasformato, in seguito ad una delusione amorosa, in un vampiro dalla strega Angelique (Green). Imprigionato in una bara riesce ad uscirne negli anni ’70 del ‘900. Si riunisce ai propri eredi, capitanati da Elisabeth Collins (Pfeiffer), e inizia la lotta contro la terribile fattucchiera, ancora perdutamente innamorata. Tratto da una serie TV, questo vivacissimo film, burtoniano al cento per cento, è uno dei più divertenti prodotti del regista, nonché uno riuscitissimo mix tra commedia e horror. Burton disegna alcuni personaggi memorabili, la figlia di Elisabeth (Moretz), in piena tempesta adolescenziale, il domestico di casa Collins, la strega Angelique, una Green sensuale come non mai e lo stesso Barnabas, un bravo Depp. Numerose le scene geniali, la scena di sesso da antologia tra Depp e la Green, l’uscita di Barnabas dalla bara, con la M di Mefistofele (in realtà il simbolo di McDonald) che lampeggia, il massacro degli hippie nel bosco… Numerose le gag esileranti, anche piuttosto volgarucce, ma a Burton si può perdonare tutto. Memorabile il duello finale. Anni ’70 ben ricostruiti, grazie anche alla riuscita colonna sonora di Danny Elfman. Tuttavia, seppur il buon risultato, è impossibile non rimpiangere i suoi lavori migliori, come Il mistero di Sleepy Hollow, Mars Attacks! e La fabbrica di cioccolato. Tuttavia dato che arriviamo dal poco riuscito Alice in Wonderland, possiamo dirci più che soddisfatti. Memorabile il personaggio della Bonham Carter, che ruba il sangue a Barnabas per diventare vampira. Il finale lascia la porta aperta ad un possibilissimo seguito.
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viktor von doom
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venerdì 13 settembre 2013
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un burton sottotono.
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un occasione sprecata ecco cos'è dark shadow.è come mettere ottimi ingredienti a disposizione di un bravissimo e fantasioso chef affinchè cucini la sua specialità per poi finire col mangiare così cosi.potrei scervellarmi per anni e non arrivare comunque a capire come mai tim burton possa aver sbagliato un tiro per lui apparentemente facilissimo,un tiro che avrebbe dovuto centrare anche ad occhi chiusi e che invece finisce solo per scheggiare il bordo basso del bersaglio.dark shadow è una favola dark di stampo gotico che dovrebbe fare delle ambientazioni e dei personaggi un ottimo spunto per creare una storia piacevole,divertente e gustosa.uno di quei film da vedere e apprezzare anche più volte.
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un occasione sprecata ecco cos'è dark shadow.è come mettere ottimi ingredienti a disposizione di un bravissimo e fantasioso chef affinchè cucini la sua specialità per poi finire col mangiare così cosi.potrei scervellarmi per anni e non arrivare comunque a capire come mai tim burton possa aver sbagliato un tiro per lui apparentemente facilissimo,un tiro che avrebbe dovuto centrare anche ad occhi chiusi e che invece finisce solo per scheggiare il bordo basso del bersaglio.dark shadow è una favola dark di stampo gotico che dovrebbe fare delle ambientazioni e dei personaggi un ottimo spunto per creare una storia piacevole,divertente e gustosa.uno di quei film da vedere e apprezzare anche più volte.ma troppe cose non vanno.la storia che all'inizio lascia ben sperare scivola presto in una palude di banalità.per carità,gli sketch non mancano(comunque modesti) ma è l'anima ad essere povera e inoltre la storia manca di mordente.lo stesso depp appare sottotono in un ruolo che lo limita troppo e che manca assolutamente della verve e della frizzantezza a cui l'attore ci ha abituato e anche il resto dei personaggi non conquista.il film insomma è moscio e appare concepito in modo sbrigativo da un cast,una regia e una sceneggiatura poco motivati.2 stelle per un film che poteva ambire a 4 e da cui me ne aspettavo almeno 3...
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dandy
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giovedì 9 ottobre 2014
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anche i mostri amano,ma non tutti.
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Burton traspone sul grande schermo l'omonima soap-opera americana(1966-71)e,dopo i deludenti "Sweeney Todd" e "Alice in Wonderland",gira un appassionante horror-sentimentale con tocchi da commedia.I temi a lui cari non mancano(la diversità e il disperato bisogno di amore),ma vengono sviluppati in modo inedito e sorprendentemente innovativo rispetto alla passata filmografia burtoniana.Ritornano le atmosfere lugubri che contraddistinguevano "Il mistero di Sleepy Hollow",ma stavolta il "mostro" finisce per portare un paradossale equilibrio nella sua famiglia disadattata,umana ma ugualmente "mostruosa"(come pure quella di Victoria).In certi casi il manierismo affiora e il fatto che i protagonisti interagiscano poco è un pregio e un difetto allo stesso tempo(alcuni personaggi non sono ben delineati).
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Burton traspone sul grande schermo l'omonima soap-opera americana(1966-71)e,dopo i deludenti "Sweeney Todd" e "Alice in Wonderland",gira un appassionante horror-sentimentale con tocchi da commedia.I temi a lui cari non mancano(la diversità e il disperato bisogno di amore),ma vengono sviluppati in modo inedito e sorprendentemente innovativo rispetto alla passata filmografia burtoniana.Ritornano le atmosfere lugubri che contraddistinguevano "Il mistero di Sleepy Hollow",ma stavolta il "mostro" finisce per portare un paradossale equilibrio nella sua famiglia disadattata,umana ma ugualmente "mostruosa"(come pure quella di Victoria).In certi casi il manierismo affiora e il fatto che i protagonisti interagiscano poco è un pregio e un difetto allo stesso tempo(alcuni personaggi non sono ben delineati).Ottimo invece,il connubio di humor e momenti truci(a dispetto della simpatia e della pietà che suscita Barnabas non ha la minima esitazione a seguire la sua natura di cacciatore di sangue,e punisce terribilmente la dottoressa Julia scoprendosi ingannato).Tra le tante scene degne di nota:il prologo puramente gotico;il risveglio di Barnabas con fulminea frecciata contro la McDonalds;l'incredibile scena di sesso tra Barnabas e Angelique;il party dove Alice Cooper è l'ospite d'onore(e il protagonista lo crede una donna per via del nome).Forse un po' demodè nel look,ma sempre grande Johnny Depp,come quando legge "Love Story" e cita "Season of the witch" come un poemetto romantico.Encommiabile il finale,lieto e tragico al tempo stesso(con sorpresina all'ultimo momento).Danny Elfman cura come sempre le musiche,con numerose canzoni d'epoca come "Nights In White Satin" e "Season of the Witch".Alice Cooper canta "No More Mr. Nice Guy" e "Ballad of Dwight Fry".Il 90enne Christopher Lee è Silas Clarney.Nella scena del ballo appaiono il Baranbas Collins della serie originale Jonathan Frid e gli altri protagonisti(Kathryn Leigh Scott,Lara Parker,David Selby).Il pubblico purtroppo ha reagito negativamente ovunque.Forse c'è da abituarcisi,ma Burton potrebbe(come aveva fatto in "Big Fish")aver raggiunto un nuovo livello artistico.Dategli una chance.Rivedetelo ancora prima di stroncarlo impietosamente.
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nigel mansell
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lunedì 21 maggio 2012
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finalmente è ritornato tim
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Finalmente Tim è tornato dopo il capitolo insipido di Alice in wonderland.
Ottima fotografia con atmosfere da favola sapientemente amalgameta con un horror stile anni cinquanta, i favolosi anni della contestazione giovanile con le sue musiche, una baia che ricorda così tanto quella famosa di Uccelli ed una storia molto avvincente.
Ottimo il solito Jonny ma anche Michelle nella sua matura bellezza non stona per nulla.
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zagabry
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mercoledì 23 maggio 2012
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ombre scure...su tim burton
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Non conosco la serie televisiva Dark Shadows per cui non posso giudicare l'aderenza del film alla serie; posso solo dire che Dark Shadows come film non funziona.
Forse nel tentativo di far gustare agli amanti della serie quanto più possibile del loro amato cult, Burton ha perso di vista quella che secondo me è la regola fondamentale per ogni opera narrativa, sia essa un film, una serie tv o un libro: la possibilità che lo spettatore si immerga nella vicenda, impari a conoscerne i personaggi principali e secondari, familiarizzi quindi con le loro idee e le loro motivazioni che sono il motore stesso della storia..e magari che si rispecchi in qualcuno di loro risultando emotivamente più coinvolto.
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Non conosco la serie televisiva Dark Shadows per cui non posso giudicare l'aderenza del film alla serie; posso solo dire che Dark Shadows come film non funziona.
Forse nel tentativo di far gustare agli amanti della serie quanto più possibile del loro amato cult, Burton ha perso di vista quella che secondo me è la regola fondamentale per ogni opera narrativa, sia essa un film, una serie tv o un libro: la possibilità che lo spettatore si immerga nella vicenda, impari a conoscerne i personaggi principali e secondari, familiarizzi quindi con le loro idee e le loro motivazioni che sono il motore stesso della storia..e magari che si rispecchi in qualcuno di loro risultando emotivamente più coinvolto.
Beh, per tutta la durata del film allo spettatore non viene data questa possibilità, i personaggi rimangono delle macchiette con le loro battute scritte a tavolino per ottenere un certo effetto e il loro look ammiccante, non si può provare compassione o empatia per loro neppure nei momenti più "tristi" poichè sono dei perfetti sconosciuti.
Come se non bastasse, superata di poco la prima metà del film, la vicenda comincia a farsi disorganica, non si ravvisa più un obiettivo ben definito nè per i personaggi nè per il film stesso...e si finisce con l'assistere inconsciamente ad una baruffa tra vampiri, streghe e lupi mannari che costituirebbe il gran finale.
L'unico personaggio interessante, la bravissima Helena Bonham Carter, viene subito tralasciato lasciandoci soli con Barnabas che ostenta maniere aristocratiche e valori come la lealtà e la famiglia, ma che non esita un istante a uccidere innocenti, ipnotizzare gente scomoda e lasciarsi possedere dalla strega che lo ha condannato a questa grottesca esistenza.
Che lui dica "non sai quanto mi dispiace" prima di ogni efferato delitto non basta ad assolverlo, rimane un mostro dalla moralità ambigua, peggiore pure della sua antagonista, la quale dimostra almeno un pò di coerenza.
Ma di tutti questi difetti non avrei minimamente parlato se il film avesse fatto l'unica cosa che gli era richiesta, far ridere.
A parte tre o quattro scene, del resto già spoilerate nel trailer, Dark Shadows non risulta particolarmente divertente, sembra che Burton abbia voluto giocare più sul contrasto tra musica rock dall'ascolto facile e ambientazioni dark che su di un frizzante scambio di battute dei suoi personaggi.
L'unica scelta che ho apprezzato fino in fondo è stata una certa satira, in una scena volutamente esagerata, della moderna concezione dei vampiri ereditata dalla saga di Twilight, che li vuole come ninfomani dotati di superpoteri.
Ora mi chiedo, personaggi dell'immaginario fantasy-horror amalgamati in belle ambientazioni dark con un pizzico di musica rock e qualche buon effetto speciale possono davvero fare un buon film? Secondo me no.
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(di itsmitch81)
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eugenio
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sabato 6 luglio 2013
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una commistione di generi non riuscita
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Sono trascorsi ventisei anni dal primo lungometraggio del californiano Burtone molti sono stati i meritati successi che hanno consacrato il regista come uno dei più “esimi” rappresentanti del gotico/fantastico moderno. Impossibile rimanere indifferenti dinanzi allo spettacolo “glaciale” di “Edward mani di forbice”, alle cupe atmosfere di “Nightmare before Christmas”, ai classici e bianconeri desueti di “Ed Wood”,ai medievalismi barocchi di “Il mistero di Sleepy Hollow”, alla forza affabulatrice della parola e della musica (“Big Fish”) pertanto, quando i titoli di inizio scorrono sullo schermo, lo spettatore sa già cosa attendersi, il riuscito mix di romanticismo e gotico,cuore di ogni pellicola.
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Sono trascorsi ventisei anni dal primo lungometraggio del californiano Burtone molti sono stati i meritati successi che hanno consacrato il regista come uno dei più “esimi” rappresentanti del gotico/fantastico moderno. Impossibile rimanere indifferenti dinanzi allo spettacolo “glaciale” di “Edward mani di forbice”, alle cupe atmosfere di “Nightmare before Christmas”, ai classici e bianconeri desueti di “Ed Wood”,ai medievalismi barocchi di “Il mistero di Sleepy Hollow”, alla forza affabulatrice della parola e della musica (“Big Fish”) pertanto, quando i titoli di inizio scorrono sullo schermo, lo spettatore sa già cosa attendersi, il riuscito mix di romanticismo e gotico,cuore di ogni pellicola. Purtroppo la speranza si tramuta via via che i minuti passano in delusione, vuoi per l’assoluta mancanza di poesia e pathos che di una precisa direzione entro cui collocare la pellicola. Attraverso un lungo flash-back veniamo messi a conoscenza della vicenda dei Collins, i protagonisti di “Dark Shadows”, famiglia aristocratica inglese, che con il loro primogenito Barnabas (interpretato dal solito J. Depp), parte per gli Stati Uniti d'America, edificando nel Maine una magione e un'azienda ittica. Ma il male si insinua nella placida famigliola: Bouchard, domestica in servizio viene sedotta e abbandonata da Barnabas che preferirà Josette, dolce e irreprensibile figliola. La passionale Angelique per vendetta renderà la vita del giovane primogenito un “inferno”: attraverso un potente anatema, provocherà “ spiacevoli incidenti” che uccideranno la famiglia in primis, indurranno Josette al suicidio da una (suggestiva) scogliera e trasformeranno il meschino latin-lover in un vampiro istigando contro di lui i villici di Collinsport che lo seppeliranno vivo in una bara.
Il prologo già dice tutto e non è difficile immaginare la parte “moderna” ambientata nel 1972: Barnabas viene liberato accidentalmente dalla sua tomba e, tornato alla sua villa scopre che la sua proprietà è caduta in rovina. In essa solo una serie di surreali anime popolano le duecento stanze: Elizabeth col fratello Robert e la stralunata figlia Carolyn, la dottoressa dalle “velleità immortali”, il triste servitore (malamente doppiato da Omero Antonutti) e immancabile, la strega che, incapace di trattenere il suo delirio di vendetta, è divenuta imprenditrice ostacolando e conducendo un spietata concorrenza verso l’azienda ittica degli stravaganti discendenti.
L’incontro tra i due, a distanza di quasi duecento anni, sarà cuore della seconda parte della pellicola. Il grande spettacolo non basta, non è sufficiente ad affermare la paternità di un film che non ricorda minimamente le atmosfere di Burton: il regista ci appare confuso, incapace di comprendere come dirigere una trama che, partendo da presupposti non originali (i “vampiri moderni” sia metaforici che “cinematografici” abbondano sino a divenire troppo ridondanti) , non sa spiccare il volo cadendo in clichè da b-movie. Lo spaesamento di Barnabasin un mondo che non conosce, abbozza un flebile sorriso ma la consecutio degli eventi risulta disordinata, priva di spessore e si tramuta in un’accozzaglia di macchiette di sottogeneri.Cosa rimane dunque? La fotografia, la forza delle immagini, il velato gotico e un paio di scene di discreta fattura sono quell’unico mezzo salvifico ancora in grado di donare un po’ di gioia senza scaldare il cuore. E questo è tanto,per un cinema fatto di emozioni,risate e gusto fantastico.
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lorbrush
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venerdì 1 novembre 2013
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buon burton
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Il film è spiritoso, permeato di un'ironia talvolta forse sovrabbondante (e che per questo toglie spazio ad una trattazione più raffinata del grottesco, come siamo abituati a percepirlo in Burton), ma nel complesso riuscita. Per quanto concerne l'aspetto visivo, il film si mostra animato da un gotico leggermente spersonalizzato rispetto ad altre opere del regista americano, senza che questo significhi una totale assenza di spunti interessanti.
La narrazione procede fluidamente, divertendo e mantenendo costante l'interesse, pur se in uno svolgimento abbastanza prevedibile (il quale conduce ad un epilogo con surreali echi di Twilightiana memoria) non certamente disseminato di personaggi memorabili.
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Il film è spiritoso, permeato di un'ironia talvolta forse sovrabbondante (e che per questo toglie spazio ad una trattazione più raffinata del grottesco, come siamo abituati a percepirlo in Burton), ma nel complesso riuscita. Per quanto concerne l'aspetto visivo, il film si mostra animato da un gotico leggermente spersonalizzato rispetto ad altre opere del regista americano, senza che questo significhi una totale assenza di spunti interessanti.
La narrazione procede fluidamente, divertendo e mantenendo costante l'interesse, pur se in uno svolgimento abbastanza prevedibile (il quale conduce ad un epilogo con surreali echi di Twilightiana memoria) non certamente disseminato di personaggi memorabili.
Depp è come sempre efficace, anche se è davvero sempre lo stesso.
Si consideri che le linee guida della poetica di Tim Burton sono decisamente rispettate, a partire dalla sempre presente riflessione sul rapporto dell'umano con la sua dimensione "mostruosa" (qui, come detto, trattato con un'ironia decisamente più rozza, anche in virtù della natura di remake, che probabilmente ha un po' castrato l'immaginazione creativa Burtoniana costringendola all'interno di determinati steccati).
Tutto ciò per dire che, qualora si volesse giudicare il film in sè, sicuramente il giudizio sarebbe più che positivo (ferma restando la necessità di trattarlo come un prodotto commerciale); se però ci si volesse spingere in una riflessione più ampia, la quale comprendesse un raffronto con il lavoro e le possibilità del suo genitore, si dovrebbero necessariamente riconoscerne i limiti, che gli impediscono nettamente di raggiungere le vette di un Ed Wood, o di un Edward mani di forbice, o di un Big Fish, come pure di essere assimilato alle peggiori cadute del regista (Planet of the apes, La fabbrica di cioccolato, Alice in Wonderland).
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fufa78
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giovedì 1 gennaio 2015
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del genio di tim burton non c'è quasi traccia
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Lasciando perdere la pregevole interpretazione di Johnny Depp che è stata in grado di tenere il vampiro sempre in bilico fra divertente ironia e oscura ferocia, il resto non l'ho per niente apprezzato. La trama è un minestrone, si avviano mille spunti e si lasciano morire per la strada. Nonostante ci si infili un po' di tutto, la storia non decolla mai e non riesce ad avvincere in modo soddisfacente, nemmeno sul finale, estremamente sbrigativo e tirato per i capelli. E non è bastato includere nel cast grandi nomi del firmamento cinematografico, anzi...la stessa Michelle Pfeiffer appare tremendamente sottotono. Ho guardato questo film sperando che la firma di Tim Burton fosse una garanzia, ma ne sono rimasta davvero delusa e peccato, perchè la materia prima non mancava e con il suo genio e con un Johnny Depp sempre all'altezza il regista poteva ricavare molto di più da questo film.
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renato c.
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lunedì 6 giugno 2016
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un film dei nostri tempi con vampiri alla vecchia
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E' difficile che Tim Burton deluda, ed anche questa volta ha fatto centro! La presenza di Johnny Depp, uomo dai mille volti, rende il film proprio come Tim lo voleva far apparire! Barnabas, d'aspetto, è un vampiro classico alla Dracula-Christopher Lee, che però ha dei sentimenti, ama la sua famiglia e vuole riportare l'azienda fondata dal padre agli antichi splendori! Però è un vampiro e deve uccidere e succhiare il sangue per sopravvivere! La vera cattiva del film è invece Angelique, una strega cammuffata da domestica che lavorava nella casa dei Collins e sedotta e abbandonata da Barnabas! E qui cominciano i guai, uccide i genitori di Barnabas, fa suicidare la sua fidanzata, lo trasforma in vampiro e chi più ne ha più ne metta!
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E' difficile che Tim Burton deluda, ed anche questa volta ha fatto centro! La presenza di Johnny Depp, uomo dai mille volti, rende il film proprio come Tim lo voleva far apparire! Barnabas, d'aspetto, è un vampiro classico alla Dracula-Christopher Lee, che però ha dei sentimenti, ama la sua famiglia e vuole riportare l'azienda fondata dal padre agli antichi splendori! Però è un vampiro e deve uccidere e succhiare il sangue per sopravvivere! La vera cattiva del film è invece Angelique, una strega cammuffata da domestica che lavorava nella casa dei Collins e sedotta e abbandonata da Barnabas! E qui cominciano i guai, uccide i genitori di Barnabas, fa suicidare la sua fidanzata, lo trasforma in vampiro e chi più ne ha più ne metta! Eva Green interpreta comunque stupendamente questo personaggio! Supersexy al 100% ma con uno sguardo da cattiva impressionante! Non è molto chiara una cosa: perchè il vampiro ha ucciso gli hippies che gli erano simpatici? Perchè aveva bisogno di sangue? E ne aveva bisogno così tanto?! Turbativa la presenza di Alice Cooper, cantante satanico che si addice all'atmosfera del film, ma che può far temere messaggi subliminali! Comunque è un film ben fatto dove il vampiro in fondo non è un cattivo ma uccide per sopravvivere! In ogni caso, in barba a chi avrebbe la curiosità di incontrarne uno, è meglio che i vampiri non esistano! Ci sono già troppi guai in questo mondo!!
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great steven
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mercoledì 28 dicembre 2016
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un uomo vampirizzato per un amore non corrisposto
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DARK SHADOWS (USA, 2012) diretto da TIM BURTON. Interpretato da JOHNNY DEPP, MICHELE PFEIFFER, HELENA BONHAM CARTER, EVA GREEN, JACKIE EARLE HALEY, CHRISTOPHER LEE, CHLOE GRACE MORETZ
Nel 1760, la famiglia Collins emigra da Liverpool nel Maine, dove impianta un’industria ittica che in breve tempo assume una cruciale importanza a livello nazionale, rendendo i ricchi i suoi proprietari.
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DARK SHADOWS (USA, 2012) diretto da TIM BURTON. Interpretato da JOHNNY DEPP, MICHELE PFEIFFER, HELENA BONHAM CARTER, EVA GREEN, JACKIE EARLE HALEY, CHRISTOPHER LEE, CHLOE GRACE MORETZ
Nel 1760, la famiglia Collins emigra da Liverpool nel Maine, dove impianta un’industria ittica che in breve tempo assume una cruciale importanza a livello nazionale, rendendo i ricchi i suoi proprietari. Il rampollo della famiglia, il giovane Barnabas, nel 1776 si prepara a ricevere le redini dell’impresa, ma l’amore che la bella e ammaliante Angelique Bouchard gli offre senza che lui la ricambi intralcia i suoi piani: innamorato invece di Josette, Barnabas la vede precipitare da un dirupo in una notte piovosa, e decide di seguirla, ma invece di morire anch’egli, si ritrova trasformato in vampiro, e scopre che la diabolica Angelique ha tramato tutto quanto per punirlo in quanto lui aveva deciso di non contraccambiarla. Rinchiuso in una scatola di ferro poi sepolta in un bosco del Maine, Barnabas viene casualmente liberato, dopo quasi due secoli di prigionia, da un gruppo di operai escavatori e, dopo averli assassinati per bisogno di bere il loro sangue, si dirige presso la sua vecchia dimora, il castello Collins, ormai in decadenza e abitato dai suoi discendenti, ancora proprietari dell’impresa ittica che però, a causa della spietata concorrenza della Angie Bay, sono anni che sta perdendo clamorosamente terreno. Ben determinato a restituire all’impresa di famiglia l’antico splendore, Barnabas reincontra Angelique, ancora infatuata di lui ma più che mai decisa a infliggergli sofferenze ancora più strazianti, tanto più che l’istitutrice di casa Collins appena assunta, la giovane Victoria Winters, ha tutte le sembianze di Josette, la ragazza che Barnabas amava e che perdette per colpa di Angelique. Quest’ultima organizzerà un nuovo piano malefico per riportare Barnabas nell’oscurità e condannarlo ad un’eternità di dolore, ma si accorgerà di non aver fatto i conti coi membri dell’attuale nucleo Barnabas: la capofamiglia Elizabeth, sua figlia Caroline (indolente e sempre maldisposta verso Barnabas, e segretamente con una maledizione da licantropo addosso) e l’orfanello David (per il quale è stata chiamata l’istitutrice, all’apparenza un po’ suonato ma in realtà molto intelligente) e, malgrado le innegabili colpe omicide di Barnabas (l’omicidio degli operai, della dottoressa Julia Hoffman che voleva diventare immortale appropriandosi del suo sangue e di alcuni hippies), alla fine sarà il vampiro ad avere la meglio, ottenendo per giunta la definitiva vampirizzazione di Victoria. Nuova collaborazione fra gli inossidabili T. Burton e J. Depp: non si raggiungono i fasti gloriosi magicamente ottenuti con l’ottimo Alice in Wonderland (2010), premiato con due Oscar e con uno strepitoso successo al botteghino, ma il regista maestro dell’horror gotico dimostra questa volta di esser riuscito a coniugare le due anime che spesso ricorrono nel suo repertorio: il comico e il gusto un po’ autoreferenziale, ma pur sempre saporito, del fantasy con inclinazioni nel misticismo. L’esperimento, fortunatamente, riesce, e l’interpretazione (come sempre sopra le righe) di un Depp più che mai agguerrito e ispirato costituisce l’inconfutabile punto di forza di un film cupo e lugubre al quale però si debbono riconoscere una forte carica di divertimento spassoso e, malgrado le tribolate e dolorose vicende del suo protagonista, un’apertura seppur tardiva alla speranza, in quanto è proprio nel buio e maestoso finale che l’amore del vampiro Barnabas trova la sua ultima, decisiva consacrazione. Per il resto, un cast prevalentemente femminile che offre spunti interessanti e prove attoriali molto deliziose: una M. Pfeiffer finalmente libera dal ruolo di Catwoman (anch’esso di burtoniana memoria) che sa reinventarsi con una nobildonna compassata e pacata, una H. B. Carter con capelli rossi che regala al pubblico, con l’immancabile recitazione paradossale e caricata, una psichiatra con la paura di invecchiare e imbruttire, un’E. Green nelle vesti di un’inconsueta antagonista (una strega decisamente sui generis, eppure molto efficace) che rinuncia ad eliminare fisicamente un nemico che è anche il suo amante mancato per determinarne una sconfitta lenta e più che mai massacrante, finendo poi vittima della sua stessa passione sfrenata e autodistruttiva. Non manca il sapore toccante, che sa leggermente d’antiquato, per la rievocazione storica, non soltanto dei mitici anni ’70, ma anche di un passato "pre-rivoluzione americana" in cui il regista si compiace di ambientare una storia che, rispetto alle pellicole precedenti, è molto più composita e mette molta più carne al fuoco, ma ha tanto di guadagnato specialmente in merito al connubio, ottenuto mediante la sceneggiatura, fra pathos e autoironia, elementi di paura e ricerca di uno scopo nella trama. Molto buono il trucco, che imbianca il volto di Depp rendendolo un vampiro simpatico e affabile, e di notevole impatto anche le musiche, perlopiù martellanti, con una scivolata quasi esagerata verso il rock dell’epoca, coadiuvato pure da una veloce apparizione di Alice Cooper (che Barnabas definisce, dopo averlo osservato col binocolo, «la donna più orrenda che abbia mai visto»). Gag efficienti, atmosfera coerente con le intenzioni goticheggianti che son da sempre un punto fermo nella filmografia di Burton, con soltanto qualche cedevolezza nella gestione delle comparse e degli effetti speciali, talvolta un po’ stonati ed eccessivi.
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