The Social Network |
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Un film di David Fincher.
Con Jesse Eisenberg, Andrew Garfield, Justin Timberlake, Armie Hammer, Max Minghella.
continua»
Biografico,
durata 120 min.
- USA 2010.
- Sony Pictures Italia
uscita venerdì 12 novembre 2010.
MYMONETRO
The Social Network
valutazione media:
3,75
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Il network (a)sociale e il folgorante Aaron Sorkindi davidestanzioneFeedback: 22976 | altri commenti e recensioni di davidestanzione |
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venerdì 18 marzo 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
"The Social Network", il film dell'anno (scorso). Anzi, del decennio. I serrati dialoghi al vetriolo dell'affilatissimo Aaron Sorkin, praticamente il Paddy Cheyefsky degli anni zero, si fondono alla regia finalmente matura di Fincher, controllata, calibrata, al servizio di uno script formidabile, ma anche di notevole pregnanza stilistica. Il risultato? Un impasto auditivo, visivo e narrativo speculare ai canoci e ai codici comunicativi della nostra strettissima contemporaneità. Se il verbo in principio si era fatto carne, l'irrefrenabile verbosità nerd sprigionata dalla penna di Sorkin si é fatta oggi linguaggio cinematografico moderno. Un'opera risoluta e tronfia, "The Social Network", della quale si sentiva l'urgente bisogno: ritmo pop/rock, "dissoluti" piani sequenza puramente fincheriani fotografati alla maniera rabbuiata di Fight Club e (soprattutto) un ardito impianto narrativo, che anziché annegare nel più tronfio e stantio dei biopic ricostruisce gli eventi intersecandoli a una gustosissima ricostruzione processuale. Un film empatico, che sembra quasi succhiare a mo' di parassita l'intima essenza del suo indiscusso protagonista: Mark Zuckerbeg, restituitoci sullo schermo dalla strepitosa vena camaleontica di un superbo Jesse Eisenberg che gioca tutto sulla sottrazione. Geniaccio informatico, glaciale espressione calcolatrice, sorrisetto beffardo, Mark é uno studente di Harvard misantropo, misogino (almeno quanto Fincher) e appena scaricato dalla fidanzata. In reazione a una realtà universitaria (e universale) che esclude i freak logorroici a vantaggio dei fighetti palestrati, Zuckerberg diventa di un punto in bianco uno spietato e lucidissimo dissacratore (virtuale) di quegli elementari meccanismi di vita sociale ''dati per scontati'', nei quali egli vorrebbe segretamente essere incluso ma che esteriormente si limita a disprezzare. Così, per metterne alla berlina l'implicita, imbarazzante banalità e al contempo soddisfare le pulsioni voyeuriste della gente, egli s'inventa l'idea del secolo, "The Facebook". Una proiezione virtuale di un'umanità che vive rosicchiando piccoli brandelli di vita altrui, post dopo post, tag dopo tag, clic dopo clic, inanellando ''amicizie'' fittizie e beandosi del piacere subdolo dello spiare, senza essere visti, le vite degli altri. Mark conosce l'umana debolezza alla perfezione, e ne ricava con ferocia un fatturato da 600 milioni di dollari. "Incattivito" e affascinato dalle moine giganteggianti del creatore di Napster Sean Parker (un Justin Timberlake che sul grande schermo non sbaglia davvero un colpo) e inorgoglito dall'atteggiamento dubbioso, diffidente e quasi arrendevole dell'amico Eduardo (un ottimo Andrew Garfield, futuro Spiderman), Mark osa, chiosa, raggiunge il milione di iscritti alla sua amata (e odiata) creazione, sfida i superiori, i tribunali, gli adulti, gli impianti di sicurezza, i fantocci arricchiti e i campioni di canotaggio ancorati a polverosi codici scolastici, peraltro demistificati dal più anarcoide preside americano che si sia mai visto sullo schermo. Ma va anche oltre: imprime in celluloide l'epica di un neomagnate in ciabatte, gabba la crisi economica mondiale ("Bosnia. Non hanno le strade laggiù, ma hanno Facebook") e ci ricorda i fondamenti impietosi ed oscuri del sogno americano: conta arrivare primi, e non solo nelle gare di canotaggio. Il rampatismo sfrenato come la chiave del successo: afferrare un'idea quand'é ancora embrione, allevarla e darla alla luce, ovviamente per primi, surclassando tutti gli altri. Perché il secondo di per sé é già nessuno, o meglio é qualcuno anni luce inferiore, intellettualmente e creativamente. Parlez-vous, Mark Zuckerbeg. E chissenefrega degli Oscar.
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