paolooozy
|
domenica 6 febbraio 2011
|
meglio soli...
|
|
|
|
Ho letto alcune recensioni e alcuni commenti. A nessuno sfugge trattasi di un film che mette in scena in modo credibile e semplice la disperata solitudine della vita quotidiana, come del resto siamo abituati col cinema di Leigh.
Ma sembra invece sfuggire a tutti quello che secondo me è il punto centrale di Another year: svelare la cattiveria del buonismo. Ciò avviene nel film in modo graduale, con un punto di vista che rende sempre più gradevole la sciroccata Mary, e antipatici i "perfetti" Tom e Gerri, dotati di tanta gentilezza quanto di nessun cuore. Mammano si manifesta quanto sia superficiale la loro solidarietà verso i "casi umani" cadutigli in casa.
[+]
Ho letto alcune recensioni e alcuni commenti. A nessuno sfugge trattasi di un film che mette in scena in modo credibile e semplice la disperata solitudine della vita quotidiana, come del resto siamo abituati col cinema di Leigh.
Ma sembra invece sfuggire a tutti quello che secondo me è il punto centrale di Another year: svelare la cattiveria del buonismo. Ciò avviene nel film in modo graduale, con un punto di vista che rende sempre più gradevole la sciroccata Mary, e antipatici i "perfetti" Tom e Gerri, dotati di tanta gentilezza quanto di nessun cuore. Mammano si manifesta quanto sia superficiale la loro solidarietà verso i "casi umani" cadutigli in casa. La loro superba, irritante, menefreghista condiscendenza non riesce e forse non vuole neanche (nonostante lei sia per giunta psicologa) scalfire il dramma di chi soffre.
ps: colonna sonora sbagliata peccato.
[-]
[+] suggestivo ma impraticabile
(di goldy)
[ - ] suggestivo ma impraticabile
[+] e perché mai?
(di laulilla)
[ - ] e perché mai?
[+] gerri v. mary: 0-1
(di very75)
[ - ] gerri v. mary: 0-1
[+] gerri v. mary: 0-1 (errata corrige)
(di very75)
[ - ] gerri v. mary: 0-1 (errata corrige)
[+] finalmente!
(di lorettam)
[ - ] finalmente!
[+] hai proprio ragione
(di irene84)
[ - ] hai proprio ragione
[+] concordo con paolooozy
(di gabriella)
[ - ] concordo con paolooozy
[+] "questa è la mia famiglia" (gerri-sheen)
(di karlo vic)
[ - ] "questa è la mia famiglia" (gerri-sheen)
[+] non sono d accordo.
(di felicia t)
[ - ] non sono d accordo.
[+] hai colto nel segno
(di carlariz)
[ - ] hai colto nel segno
|
|
[+] lascia un commento a paolooozy »
[ - ] lascia un commento a paolooozy »
|
|
d'accordo? |
|
very75
|
domenica 6 febbraio 2011
|
la leggerezza di alcune 'pacche sulla spalla'
|
|
|
|
In Another year non esiste un unico tempo, ma più tempi, quelli dell’anima umana.
I personaggi più belli perché più veri (Mary) disperatamente rincorrono il tempo convenzionalmente scandito dalle quattro stagioni e ‘imposto’, superficialmente, da Gerry e Tom.
Ma è quell’essere eternamente ‘fuori-tempo’ (o meglio: fuori da QUEL tempo) di Mary a emozionare e a intenerire e che Leigh magistralmente mette in scena.
Sono perfettamente d’accordo con Paolooozy: nessuno ha evidenziato la cattiveria del buonismo e la superficialità di alcune relazioni umane, come quelle che Gerry, psicologa, intrattiene con Mary.
[+]
In Another year non esiste un unico tempo, ma più tempi, quelli dell’anima umana.
I personaggi più belli perché più veri (Mary) disperatamente rincorrono il tempo convenzionalmente scandito dalle quattro stagioni e ‘imposto’, superficialmente, da Gerry e Tom.
Ma è quell’essere eternamente ‘fuori-tempo’ (o meglio: fuori da QUEL tempo) di Mary a emozionare e a intenerire e che Leigh magistralmente mette in scena.
Sono perfettamente d’accordo con Paolooozy: nessuno ha evidenziato la cattiveria del buonismo e la superficialità di alcune relazioni umane, come quelle che Gerry, psicologa, intrattiene con Mary.
Nessuno, infine, si è soffermato sulla cura dell’orto nel tempo: è un caso che nell’orto ci siano sempre solo Tom e Gerry o al massimo Tom, Gerry e Joe?
A mio giudizio la cura dell’orto non solo è un buon espediente narrativo che segna il ritmo del film (apparentemente senza trama) ma è anche metafora dell’egoismo dell’essere umano e di tutte quelle ‘pacche sulla spalla’ che persone come Gerry si trovano a dare agli Altri (estranei alla propria famiglia), senza mai ascoltarli profondamente; senza mai accoglierli, di cuore, nel proprio orto.
[-]
[+] centrato!
(di pensieri)
[ - ] centrato!
|
|
[+] lascia un commento a very75 »
[ - ] lascia un commento a very75 »
|
|
d'accordo? |
|
writer58
|
sabato 12 febbraio 2011
|
se questa è vita...
|
|
|
|
Narrare la quotidianità di un gruppo di persone nella Londra odierna attraverso quattro capitoli, uno per ogni stagione dell'anno, può essere una buona idea, se la regia sorregge questa scelta attraverso una buona scrittura e caratterizzazioni efficaci. Invece, "Another year" di Leigh (di cui avevo visto l'ottimo "Segreti e bugie"), mi è parso un film piatto e privo di sussulti, anche se formalmente corretto, in cui la dimensione del quotidiano, del tempo che passa costituisce solo lo sfondo delle interazioni di un gruppo di personaggi toccati da solitudine e infelicità (Mary), lutti familiari (il fratello di Tom), ricerca di nuove relazioni (Il figlio di Tom e Gerry), dinamiche di coppia apparentemente serene.
[+]
Narrare la quotidianità di un gruppo di persone nella Londra odierna attraverso quattro capitoli, uno per ogni stagione dell'anno, può essere una buona idea, se la regia sorregge questa scelta attraverso una buona scrittura e caratterizzazioni efficaci. Invece, "Another year" di Leigh (di cui avevo visto l'ottimo "Segreti e bugie"), mi è parso un film piatto e privo di sussulti, anche se formalmente corretto, in cui la dimensione del quotidiano, del tempo che passa costituisce solo lo sfondo delle interazioni di un gruppo di personaggi toccati da solitudine e infelicità (Mary), lutti familiari (il fratello di Tom), ricerca di nuove relazioni (Il figlio di Tom e Gerry), dinamiche di coppia apparentemente serene.
Altri commenti hanno messo in rilievo l'ambiguità della coppia dei protagonisti, apparentemente disponibili e comprensivi, ma incapaci di entrare in un rapporto reale con il dolore, con la sofferenza dell'altro. Come se le buone maniere fossero un antidoto all'ascolto e all'empatia.
Tuttavia, ritengo che sul piano della resa filmica queste dinamiche siano rappresentate con una scarsa efficacia: il film ha un ritmo narrativo lento e poco ispirato e si trascina da una stagione alla successiva senza destare nello spettatore un autentico interesse e una reale partecipazione emotiva, come se la quodianità evocata fosse un gorgo che fa scomparire anche il piacere della fruizione.
[-]
[+] sbiatito simulacro della quotidianità
(di gianleo67)
[ - ] sbiatito simulacro della quotidianità
|
|
[+] lascia un commento a writer58 »
[ - ] lascia un commento a writer58 »
|
|
d'accordo? |
|
pepito1948
|
martedì 8 febbraio 2011
|
armonie e solitudini
|
|
|
|
Solitudine 1: essere anziani è cercare ad ogni costo l’oblio, fare del sonno che sfugge il vuoto rifugio che tutto assorbe come un buco nero; da 1 a 10 la vita è diventata il minimo, non servono medici che curino ma farmaci che riattivino quella parte di vita che apparentemente è sospensione della vita e di notte rende insensibili alle insidie quotidiane. Non serve una psicoterapeuta piuttosto bruttina ed attempata, non servono i suoi abbracci professionali e la sua persuasività serena e inutilmente rassicurante. Non serve ripercorrere il passato alla ricerca di un baleno di luce ormai dimenticato che riaccenda il presente.
[+]
Solitudine 1: essere anziani è cercare ad ogni costo l’oblio, fare del sonno che sfugge il vuoto rifugio che tutto assorbe come un buco nero; da 1 a 10 la vita è diventata il minimo, non servono medici che curino ma farmaci che riattivino quella parte di vita che apparentemente è sospensione della vita e di notte rende insensibili alle insidie quotidiane. Non serve una psicoterapeuta piuttosto bruttina ed attempata, non servono i suoi abbracci professionali e la sua persuasività serena e inutilmente rassicurante. Non serve ripercorrere il passato alla ricerca di un baleno di luce ormai dimenticato che riaccenda il presente. Meglio scomparire senza lasciare traccia.
Armonia 1 ed Armonia 2 hanno visto e vissuto tanto, hanno costellato la loro esistenza comune di viaggi, di esperienze ardite, pascendosi di tutte le possibilità che la gioventù offre a chi non vi pone ostacoli. Come Tom e Jerry sono diversi, magari sono sopravvissuti a contrasti e scontri ma ogni volta si sono ritrovati più forti come coppia, lei esploratrice della mente, lui indagatore del sottosuolo; lei, su una spiaggia, vorrebbe stare con le spalle alla scogliera e vedere il mare, lui stare con le spalle al mare e contemplare le rocce scoscese, ma la incombente vecchiaia ne ha consolidato il rapporto dialettico insieme ai punti di vista ed agli interessi convergenti, come la coltivazione dell’orto. Armonia 1 ed Armonia 2 sono due persone qualsiasi alle soglie della vecchiaia, lei bruttina con un gran doppio mento e denti cavallini e lui un po’ dimesso, dalla barba non curata, una leggera pancetta. Poco dotati fisicamente ma molto legati dalla facilità di comunicazione, di dialogo, da un amore ormai stemperato dagli anni ma sostenuto da una propulsiva vitalità a prova di infelicità ed immune (o quasi) agli stimoli negativi che li bombardano quotidianamente. Sono il sole avviato ad affievolirsi ma che ancora dà luce ai satelliti ormai pressoché spenti, freddi, mondi provati dalla solitudine che girano intorno alle loro vite per succhiarne calore.
Armonia 3 è giovane, è indipendente, si nutre del piacere di aiutare professionalmente gli indigenti, e partecipa alla ricchezza di interazione con la famiglia, ne condivide lo slancio vitale, trova una compagna che è ben felice di inserirsi in questo circolo virtuoso.
Solitudine 2 annaspa nel fronteggiare le rughe che si moltiplicano, affoga nel vino il peso dei fallimenti, maschera di frenesia e di orpelli giovanilisti la propria barcollante esistenza di donna ancora piacente ed abbandonata, cerca un rapporto con un altro da sé che le faccia rivivere i momenti migliori, foss’anche un ragazzo che ha visto crescere, che renda più sabbioso il piano inclinato su cui sta scivolando, e non può fare a meno di alimentarsi dell’affetto energetico di chi è l’opposto di lei, al cui cospetto si traveste, straripa, mente, si ottunde con quel vino che altri tracannano con gioiosa sobrietà, varca i limiti verso una sgradita invadenza, combatte un strenua lotta con il silenzio.
Solitudine 3 era un bell’uomo, ridotto ormai a debordante contenitore di delusione, frustrazione professionale e di birra; ora cerca invano un contatto che dia un senso agli anni futuri, lo trova fugacemente negli scherzi infantili durante una partita a golf, si rifugia quando può nel suo antico caminetto umano, tenta senza successo approcci con chi sembra essere come lui, ma le sue evasioni durano fino a quando il treno lo rapisce per riportarlo al grigiore di tutti i giorni.
Solitudine 4ha“perso” un figlio che lo detesta e lo ha abbandonato, ma la sorte lo priva anche dell’ultimo anello che lo lega alla vita; resta solo nella casa spoglia, come spoglio ed insignificante è tutto l’insieme di gente e cose che circonda, la sua espressione è assente, la mente vaga lontano dalle parole di chi offre conforto, l’isola di dolore non ammette ospiti; ma a sua volta accetta l’ospitalità temporanea di chi ormai si è abituato al ruolo di dispensatore di calore umano.
Mentre le Armonie macinano gli anni arricchendosi dei propri reciproci stimoli e decisi a mantenere (per bontà? per buonismo?) con qualche fatica il loro sistema orbitante di dipendenze affettive, le Solitudini cercano di interagire fra di loro ma non comunicano; presenziano ma non v’è dinamica di rapporto; le parole, poche, sforzate, lente, s’infrangono contro il muro anelastico dell’altro. Ogni approccio s’involve ed implode, ogni ciambella lanciata per il (comune) salvataggio torna indietro come risacca; i volti sono cupi in contrasto con il vitale biancore di una orchidea in fiore. Ed alla fine prorompe il silenzio che fagocita le parole, le risate, i rumori circostanti che rimbalzano lontano.
Un altro anno è passato, un altro ancora è in corso e passerà, si alternano le stagioni; cambieranno i colori, le tonalità dei suoni. Ma il grigiore della solitudine è destinato a non avere sfumature, come non ne ha il silenzio.
Questa è, per come la vedo io, la descrizione del rapporto di Mike Leigh con la vecchiaia, attraverso la rappresentazione delle dinamiche di un gruppo di attempati uomini e donne appartenenti alla media borghesia inglese che si avvicinano all’ultima fase della vita. Per dare corpo ai vari personaggi nel modo più realistico, Leigh si avvale di un cast di attori dalla fisionomia di gente qualunque: niente divi magari attempati ma fascinosi, niente folte capigliature, ma doppi menti, canizie avanzata e radure sul cuoio capelluto, rughe e pance prominenti, il tutto fuso in una coralità ottimamente assortita. La vicenda, quasi tutta espressa a livello di movimenti psicologici, apparentemente verte sulla centralità della coppia Tom e Jerry verso cui tutti gli altri convergono, ma in realtà sono le figure disperate, le Solitudini a richiamare l’attenzione dello spettatore, soprattutto la Solitudine 2 che fa da elemento di collegamento tra i vari personaggi e cattura le maggiori sensazioni, di simpatia, di comprensione umana, di solidarietà, qualche volta di irritazione. Il film parte lentamente, forse con qualche pausa di troppo, ma recupera progressivamente per giungere ad un grande finale. Qualcuno ha scritto che è un film non di personaggi ma di persone. Concordo totalmente.
[-]
[+] magico!
(di discanto55)
[ - ] magico!
|
|
[+] lascia un commento a pepito1948 »
[ - ] lascia un commento a pepito1948 »
|
|
d'accordo? |
|
gianmarco.diroma
|
mercoledì 9 febbraio 2011
|
c'erano una volta i 400 colpi
|
|
|
|
C'erano una volta i 400 colpi: c'era una volta il protagonista del capolavoro di Truffaut che in fuga in riva al mare veniva fissato per sempre nel nostro immaginario con un coraggioso e superbo fermo immagine, capace di rendere Jean-Pierre Léaud il vero alter ego di François Truffaut: rimane oggi invece il volto della povera, sola e sconsolata Mary, che, nel finale dell'ultima fatica cinematografica di Mike Leigh, dopo che la cinepresa ha compiuto un giro completo intorno ad una tavola imbastita per la cena, salutando i protagonisti di questa pellicola (Gerri, Joe, Katie, Tom), si immerge nel proprio silenzio, dimentica o meglio inizia un lento estraniamento dalle parole che tenta di ascoltare con un briciolo di attenzione ma che invece non fanno che accentuare il suo senso di solitudine; l'audio cala fino a scomparire.
[+]
C'erano una volta i 400 colpi: c'era una volta il protagonista del capolavoro di Truffaut che in fuga in riva al mare veniva fissato per sempre nel nostro immaginario con un coraggioso e superbo fermo immagine, capace di rendere Jean-Pierre Léaud il vero alter ego di François Truffaut: rimane oggi invece il volto della povera, sola e sconsolata Mary, che, nel finale dell'ultima fatica cinematografica di Mike Leigh, dopo che la cinepresa ha compiuto un giro completo intorno ad una tavola imbastita per la cena, salutando i protagonisti di questa pellicola (Gerri, Joe, Katie, Tom), si immerge nel proprio silenzio, dimentica o meglio inizia un lento estraniamento dalle parole che tenta di ascoltare con un briciolo di attenzione ma che invece non fanno che accentuare il suo senso di solitudine; l'audio cala fino a scomparire. Mike Leigh indugia su Mary: nessun fermo immagine, bensì un corpo incapace di accettare la propria vecchiaia ripreso in silenzio anche se collocato (a forza) in un ambiente popolato ed arricchito di quelle persone che colte nella loro quotidianità, rappresentano la principale fonte di ispirazione per il regista britannico. Un altro anno sta per passare: il passare delle stagioni è spogliato del suo alto valore simbolico come invece succedeva in Primavera, estate, autunno, inverno...e ancora primavera di Kim Ki-duk: l'alternativa in chiave occidentale della pellicola del sudcoreano Kim Ki-duk ristabilisce l'alto valore della felicità coniugale, centro attorno al quale si avvicendano le infelicità altrui. La gioia per le piccole conquiste quotidiane, la fedeltà alla coppia come punto di partenza per la costruzione di un'esistenza veramente consapevole in cui il passare del tempo deve essere accettato e condiviso (si vedano i pub adatti solo per i giovani o giovanissimi), la difesa delle sane abitudini (la cura dell'orto come metafora per la cura di sé stessi), il weekend come punto di continua messa in discussione di certezze che sembravano acquisite e non come semplice sfogo delle frustrazioni accumulate nel corso della settimana lavorativa (il riconsiderare da parte di Tom e Gerri la figura di Mary come veramente malsana). Quattro fine settimana quindi per spiare da quel buco di serratura che è l'obiettivo scelto da Mike Leigh per assaporare (anche se solo per un paio di ore) il gusto della misura, della pazienza, delle piccole cose che proprio perché così piccole possono rendere l'esistenza umana (anche la più semplice) così grande e complessa da farne un film.
[-]
[+] poetico
(di carlariz)
[ - ] poetico
|
|
[+] lascia un commento a gianmarco.diroma »
[ - ] lascia un commento a gianmarco.diroma »
|
|
d'accordo? |
|
laulilla
|
sabato 12 febbraio 2011
|
"il faut cultiver notre jardin" (voltaire)...ahimé
|
|
|
|
l film pare iniziare nel momento in cui si conclude Candide di Voltaire: "il faut cultiver notre jardin". A un minuscolo orto della periferia londinese, infatti, dedicano parte del loro tempo libero due coniugi anziani (la psicologa Gerri e il geologo Tom) che hanno vissuto una vita di lavoro e di avventure (i viaggi), ma anche di sogni (il '68; l'isola di Wight). Le citazioni da Voltaire potrebbero proseguire: il perdurare dell'affetto fra i due coniugi, nonostante il loro imbruttimento (particolarmente quello di Gerri-Cunegonda); la disillusione dall'utopia ottimistica, che nel film coincide il progressivo restringersi degli interessi sociali che l'utopia aveva dischiuso, l'accontentarsi (conseguente) di far bene il proprio lavoro e di proteggere la serenità propria e quella della propria famiglia, di cui la coltivazione dell'orto è una bella metafora.
[+]
l film pare iniziare nel momento in cui si conclude Candide di Voltaire: "il faut cultiver notre jardin". A un minuscolo orto della periferia londinese, infatti, dedicano parte del loro tempo libero due coniugi anziani (la psicologa Gerri e il geologo Tom) che hanno vissuto una vita di lavoro e di avventure (i viaggi), ma anche di sogni (il '68; l'isola di Wight). Le citazioni da Voltaire potrebbero proseguire: il perdurare dell'affetto fra i due coniugi, nonostante il loro imbruttimento (particolarmente quello di Gerri-Cunegonda); la disillusione dall'utopia ottimistica, che nel film coincide il progressivo restringersi degli interessi sociali che l'utopia aveva dischiuso, l'accontentarsi (conseguente) di far bene il proprio lavoro e di proteggere la serenità propria e quella della propria famiglia, di cui la coltivazione dell'orto è una bella metafora. In questa loro vecchiaia tranquilla, tuttavia, i due si preoccupano di aprire la loro casa agli amici o ai parenti che sono rimasti soli. La solitudine dei tre ospiti, Mary, Ken e Ronnie, è, però, secondo me, il tema centrale del film: si tratta di una solitudine infinita, cupa e irrisarcibile, riflesso di un inesorabile fallimento esistenziale. I tre personaggi vengono presentati, uno alla volta, nelle diverse stagioni di quell'anno a cui allude il titolo del film, altro anno che si aggiunge a quelli della vita serena e senza scosse dI Gerri e Tom. Per Mary, Ken e Ronnie, sarà l'anno in cui essi acquisiranno la consapevolezza dolorosa dell'irrimediabile loro destino di sconfitti dalla vita. Il momento della verità, per Ken, che ha sempre compensato l'infelicità con la bulimia nervosa, il fumo incontrollabile e la birra, coinciderà con la brutale ripulsa di Mary, mentre per Ronnie, ultimo personaggio a comparire, il momento della disillusione sarà la morte della moglie e l'impossibilità di ricuperare un rapporto col figlio, che vive lontano da lui (si intuisce non lietamente), in una città dello Yorkshire, e che lo odia. Mary, a differenza degli altri ospiti della coppia, è quella maggiormente presente: lavora con Gerri, si confida con lei e passa molto spesso con i due coniugi l'intero week-end. L'esistenza trascorsa fra amori infelici e matrimoni naufragati non l' ha per ora piegata: nonostante tutto si sente ancora bella, giovane, desiderabile, ma la sua incontenibile logorrea, l'amore per l'alcool e l'atteggiamento ridicolo e civettuolo nei confronti di Joe, il giovanotto figlio della coppia, ci fanno capire subito che si tratta, anche in questo caso, di un personaggio tragico, come ci confermerà l'ultima scena del film, in cui la ripresa, soffermandosi su di lei, la fisserà in una terribile e drammatica espressione di disperato e cosciente dolore. Da tanta desolazione si salva davvero solo la coppia, coltivando il proprio orticello? Sembrerebbe di sì, ma anche il loro accontentarsi ha nel film il sapore amaro di chi le illusioni se le è tolte rinunciando a una parte importante di sé e dei propri sogni, come avviene nella vita di tutti, ahimé!. Il film è diretto con grande cura e con molto equilibrio, e trasmette un messaggio di disperato realismo sul senso della vita e sulle chanches che ciascuno possiede per cambiare davvero il proprio doloroso destino. La recitazione degli attori è, a dir poco, di una perfezione inarrivabile e raggiunge vette di grandissimo impatto soprattutto con la prova di Lesley Manville nella parte di Mary, e di Ruth Sheen in quella di Gerri
[-]
|
|
[+] lascia un commento a laulilla »
[ - ] lascia un commento a laulilla »
|
|
d'accordo? |
|
solange
|
martedì 15 febbraio 2011
|
il rifugio della famiglia
|
|
|
|
Another Year. Il tempo passa, scandito dalle stagioni. Come invecchiamo,?
Vediamo la coppia Gerri e Tom, sulla sessantina, attraversare le stagioni dell’anno, metafora del loro modo di attraversare le stagioni della vita. Laureati, lei in psicologia, lui in ingegneria, hanno viaggiato e vissuto una vita serena, interessante, hanno un figlio, Joe, laureato anche lui, ma che stenta a trovare l’anima gemella. Appaiono come una famiglia realizzata, serena, solida, nella cui casa approdano nei fine settimana gli amici in cerca di rifugio contro l’angoscia esistenziale e la paura della solitudine: Mary, amica e collega di lei, un po’ squinternata, e Ken, amico della coppia. Reduci da rapporti falliti cercano aiuto anche nell’alcool.
[+]
Another Year. Il tempo passa, scandito dalle stagioni. Come invecchiamo,?
Vediamo la coppia Gerri e Tom, sulla sessantina, attraversare le stagioni dell’anno, metafora del loro modo di attraversare le stagioni della vita. Laureati, lei in psicologia, lui in ingegneria, hanno viaggiato e vissuto una vita serena, interessante, hanno un figlio, Joe, laureato anche lui, ma che stenta a trovare l’anima gemella. Appaiono come una famiglia realizzata, serena, solida, nella cui casa approdano nei fine settimana gli amici in cerca di rifugio contro l’angoscia esistenziale e la paura della solitudine: Mary, amica e collega di lei, un po’ squinternata, e Ken, amico della coppia. Reduci da rapporti falliti cercano aiuto anche nell’alcool. Intanto vediamo svolgersi il tran-tran della quotidianità di Tom e Gerri attorno alle loro attività lavorative, alla tazza di tè, alla cura di un orto, alla lettura serale nel loro letto, interrotta da commenti sui due amici in difficoltà.
Poi, il quadretto idilliaco di questa famiglia si increspa con l’arrivo dell’autunno. Mary si illude di colmare il vuoto della sua vita conquistando Joe, il cui fidanzamento con una ragazza giovane, insulsa, ma laureata, fa tremare il suo precario equilibrio. Al suo dolore, espresso con aggressività nei confronti della fidanzata, Gerri contrappone inizialmente un’ indifferenza professionale . Mary, finora accettata con condiscendenza, viene poi rifiutata in quanto elemento di disturbo esterno dell’equilibrio famigliare nel quale si stanno rinchiudendo Tom e Gerri.
Ma la cura dell’orto prosegue anche d’inverno. Si rileva adesso per quello che è: un’occupazione rituale, fine a se stessa, e che cadenza la loro vita sempre più chiusa al “fuori” e agli altri. Il riposo nel gabbiotto di legno ai margini dell’orto con una tazza di tè è una perfetta metafora della loro evoluzione interiore. Si sono rinchiusi sulla famiglia e niente dovrà scalfire questo equilibrio. Con l’inverno, arriva anche la morte della moglie del fratello di Tom, Ronnie. I funerali e il non dialogo tra i due fratelli ci mostra come questa coppia non sia in grado di partecipare in modo autentico al dolore degli altri, parenti o amici. Ronnie ospitato da Tom incontra Mary: i due riescono a comunicare, a parlare di loro.
L’ultima scena corona questa evoluzione: sono tutti a tavola, Tom e Gerri si celebrano ricordando il loro passato, i loro viaggi, la cinepresa si sposta sul volto di Mary mentre sfumano le voci. La metafora del muro di silenzio che la avvolge è eloquente.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a solange »
[ - ] lascia un commento a solange »
|
|
d'accordo? |
|
domenico a
|
venerdì 11 febbraio 2011
|
la danza delle apparenze
|
|
|
|
Abbiamo visto “ Another year “ diretto da Mike Leight.
E’ sempre una grande occasione di Cinema quando esce un film di Mike Leight, grandissimo sceneggiatore e regista inglese. Uno di quegli autori che hanno dato vita alla “British Renaissance" del cinema britannico della seconda metà degli anni ottanta ( tanto per citare alcuni autori, Neil Jordan, Stephen Frears, Peter Greenaway, Derek jarman, Sally Potter ). Come ha scritto Emanuela Martini, nel bel libro “ British Renaissance “… Anche se non fu mai un “movimento”, né una “scuola”. Fu un sobbalzo fugace e vitale, fu soprattutto un urlo di rabbia contro un governo, quello conservatore di Margaret Thatcher, che stava distruggendo, in nome del vecchio perbenismo e del nuovo liberismo, la cultura del Paese.
[+]
Abbiamo visto “ Another year “ diretto da Mike Leight.
E’ sempre una grande occasione di Cinema quando esce un film di Mike Leight, grandissimo sceneggiatore e regista inglese. Uno di quegli autori che hanno dato vita alla “British Renaissance" del cinema britannico della seconda metà degli anni ottanta ( tanto per citare alcuni autori, Neil Jordan, Stephen Frears, Peter Greenaway, Derek jarman, Sally Potter ). Come ha scritto Emanuela Martini, nel bel libro “ British Renaissance “… Anche se non fu mai un “movimento”, né una “scuola”. Fu un sobbalzo fugace e vitale, fu soprattutto un urlo di rabbia contro un governo, quello conservatore di Margaret Thatcher, che stava distruggendo, in nome del vecchio perbenismo e del nuovo liberismo, la cultura del Paese. Mike Leight si ascrive a pieno titolo e continua ad essere un autore indipendente e di controtendenza che parla degli esclusi, di chi vive la solitudine degli affetti, della difficoltà del vivere, di madre anziane, donne e uomini soli, di adolescenti insicuri e di donne alla ricerca dei genitori: insomma un Ken Loach dei sentimenti, privo di ideologia ma non di solidarietà e affetto verso i deboli. E’ un director che ha realizzato film come “ Belle speranze “ ( 1988, Premio della Critica a Venezia ), “ Naked “ ( 1992, Palma d’oro a Cannes ), “ Segreti e bugie “ ( 1996, vincitore di nuovo a Cannes ), “ Il segreto di Vera Drake “ ( 2004, Leone d’oro a Venezia ). Adesso esce nelle sale “ Another year “ dopo essere passato per il Festival di Cannes ed essere candidato all’Oscar per la migliore sceneggiatura originale. E per noi il cast al completo del film meriterebbe l’Oscar. Leight ha un pregio di fondo è uno di quegli autori che dal minimalismo dei fatti costruiscono storie forti, concrete e a volte sconvolgenti, dell’apparente normalità si aprono varchi che conducono all’essenza dell’animo umano, alle radici dell’essere umano.
“ Another Year “ è una pellicola apparentemente semplice, come può sembrarlo un brano di Mozart o un libro di Queneau, un esercizio di stile che è un pezzo di profonda bravura e arte del raccontare. La storia è semplicissima, sono quattro momenti di vita della coppia Tom ( Jim Broadbent, bravissimo a calibrare il ruolo di un uomo sereno e soddisfatto che nulla può cambiarlo – ha ottenuto l'Oscar come miglior attore non protagonista con il film " Iris " diretto da Richard Eyre ) e Gerry, ( una non meno brava, Ruth Sheen, perfetta nel ruolo di una dottoresssa gentile e granitica fino alla durezza, tipica degli inglesi ), marito e moglie quasi sessantenni ( lei psicologa, lui ingegnere ) che si amano al di là dell’amore, sono due anime gemelle che condividono tutto, amici, relazioni, afflati dell’esistenza, e tra loro non c’è mai un litigio, mai un’incomprensione. Quattro momenti delle quattro stagioni di un anno, in cui appare la leggerezza della nascita, la pesantezza della morte, il raffreddamento di un’amicizia, il vedere fidanzato il figlio; e tutto ciò che succede li trova sempre assieme, sempre uniti e con l’humor giusto per non essere affranti da ciò che accade intorno a loro. Inizia con la Primavera, i due lavorano e tutto procede nel sereno tran tran, tra amici che bevono troppo e che si sentono troppo soli, Mary ( una strepitosa Lesley Manville, la cui interpretazione è da Oscar ) e Ken ( un bravo Peter Wight ), il fratello di Tom, Ronnie, silente e dritto come un fuso e il figlio, un giovanottone ironico e all’apparenza scaltro che va e viene e altri amici ancora. Insomma un mondo buffo e vero, fatto da uomini e donne inseriti nella società ma allo stesso tempo affettivamente ai margini, dei dropout dell’esistenza che non hanno avuto fortuna e che si trascinano in vite dure e sempre con meno speranze di cambiamento, ripetendo errori, facendone degli altri e bevendoci sopra su scala industriale. Eppure non c’è vera tristezza nel racconto, perché tutto è visto con dolcezza, lucidità e senza alcun tipo di moralismo da Leigh, che è oramai maestro di narrazione visiva, di ritmo e di libertà.
Una segnalazione è per il montatore, Jon Gregory, che ha avuto l’abilità del cut a ogni scena che stava lì lì per essere lunga o ripetitiva e l’ha interrotta sempre nel momento giusto.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a domenico a »
[ - ] lascia un commento a domenico a »
|
|
d'accordo? |
|
zoom e controzoom
|
lunedì 7 febbraio 2011
|
così è la vita : chi c'è c'è, chi non c'è non c'e'
|
|
|
|
Impeccabile perfezione del cerchio nel quale si chiude l'inviolabilità della famiglia. Tecnicamente ottimo. Le riprese statiche, la prevalenza del parlato, i lunghi discorsi, danno la dimensione dell'inesorabilità della compostezza della situazione famiglia, dove nulla trasborda perchè sempre contemplato dai canoni. Perciò, la coppia perfetta e amorosa, si fa umanamente carico della disperazione dell'amica frustrata, dell'amico beone, del fratello/cognato atono..nei limiti della carità umana - limiti che si trovano davanti al nipote ribelle, l'unico personaggio che vive al di fuori dello spartito-. Tutto rientra in un cadenzato sguardo che giudica, ma non esprime verbo ne per reprimere, ne per trovare soluzioni, fino a chè.
[+]
Impeccabile perfezione del cerchio nel quale si chiude l'inviolabilità della famiglia. Tecnicamente ottimo. Le riprese statiche, la prevalenza del parlato, i lunghi discorsi, danno la dimensione dell'inesorabilità della compostezza della situazione famiglia, dove nulla trasborda perchè sempre contemplato dai canoni. Perciò, la coppia perfetta e amorosa, si fa umanamente carico della disperazione dell'amica frustrata, dell'amico beone, del fratello/cognato atono..nei limiti della carità umana - limiti che si trovano davanti al nipote ribelle, l'unico personaggio che vive al di fuori dello spartito-. Tutto rientra in un cadenzato sguardo che giudica, ma non esprime verbo ne per reprimere, ne per trovare soluzioni, fino a chè..fino a che si delinea un pericolo che potrebbe scomporre l'armonia affettiva. Personaggi molto delineati e calati nel ruolo, esprimono perfettamente la situazione che vivono: serena la coppia e disperate le solitudini, ricacciate quest'ultime ancora più dentro la loro disperazione, dalla compostezza della coppia sazia di sè, del loro amore-affetto costruito negli anni con cose e abitudini condivise . Bella la metafora : al di fuori del proprio nido, Tom si occupa di capire che tipo di terreno c'è carotando in profondità. Scontata invece quella della moglie che occupandosi di psicologia, si preoccupa del dolore della sua paziente infelice nel matrimonio: difficile accettare cambiamenti, dice alla propria paziente, ma non pensa certo che i cambiamenti possono accadere anche nel nido perfetto e nello stesso identico modo possono spaventare - difatti sta per accedere nella sua vita -. Il film non vuole e non può travolgere, le emozioni sono quelle della felicità costruita, sana, ma è inesorabile come la logica della chiusura che lo promuove, e glaciale la sua mannaia cala a dividere la sacralità della famiglia da chi ne è fuori e quindi non ne appartiene e va escluso. Un perfetto movimento macchina calibrato su un'esasperante lentezza inquadra, iniziando di quinta, i commensali del nucleo familiare a cana, escludendo l'altro lato del tavolo. E' con costoro che la vita si ripresta a partire verso il futuro. Poi il movimento macchina riprende ed include un'appendice della famiglia - l'atono cognato vedovo - e solo dopo un'altra pausa, nel quadro viene inclusa la ormai non più pericolosa amica-di-famiglia, ammessa in quanto perdonata e perdonata perchè pentita, ma non prima di essere stata rimessa al proprio posto con l'inesorabile ed elegantemente violenta frase della disponibile, perfetta Gerri "..questa è la mia famiglia". Il cerchio non poteva che chiudersi sullo sguardo intenso di Mary verso..another year.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a zoom e controzoom »
[ - ] lascia un commento a zoom e controzoom »
|
|
d'accordo? |
|
algernon
|
domenica 27 febbraio 2011
|
circondati di depressione, ma immuni
|
|
|
|
Tom e Gerri sono due coniugi che ce l'hanno fatta, lei psicologa, lui ingegnere minerario, hanno girato il mondo, conducono una esistenza felice nella periferia londinese, e curano con passione il loro orto. sono però circondati da amici pieni di problemi, bulimia, alcolismo, depressione, e loro dispensano sorrisi di condiscendente benevolenza, quasi che questo potesse bastare ad elargire anche agli altri una briciola della loro serenità. e sono invece più che indifferenti a queste avversità, addirittura si direbbe che traggano forza proprio dal confronto fra i malanni altrui ed il proprio superiore equilibrio. rimane la curiosità di sapere della signora di apertura del film, quella che voleva qualcosa per dormire ma aveva dei problemi psicologici da risolvere.
[+]
Tom e Gerri sono due coniugi che ce l'hanno fatta, lei psicologa, lui ingegnere minerario, hanno girato il mondo, conducono una esistenza felice nella periferia londinese, e curano con passione il loro orto. sono però circondati da amici pieni di problemi, bulimia, alcolismo, depressione, e loro dispensano sorrisi di condiscendente benevolenza, quasi che questo potesse bastare ad elargire anche agli altri una briciola della loro serenità. e sono invece più che indifferenti a queste avversità, addirittura si direbbe che traggano forza proprio dal confronto fra i malanni altrui ed il proprio superiore equilibrio. rimane la curiosità di sapere della signora di apertura del film, quella che voleva qualcosa per dormire ma aveva dei problemi psicologici da risolvere. sembrava potesse essere un personaggio, poi scompare di scena, che ne sarà di lei?
[-]
[+] chi vince e chi inesorabilmente perde
(di barbara b.)
[ - ] chi vince e chi inesorabilmente perde
|
|
[+] lascia un commento a algernon »
[ - ] lascia un commento a algernon »
|
|
d'accordo? |
|
|