In amore niente regole

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Un film di George Clooney. Con George Clooney, Renée Zellweger, John Krasinski, Jonathan Pryce, Stephen Root.
continua»
Titolo originale Leatherheads. Commedia, Ratings: Kids+13, durata 114 min. - USA 2008. - Universal Pictures uscita venerdì 11 aprile 2008. MYMONETRO In amore niente regole * * * - - valutazione media: 3,08 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Tra una discesa in campo e l’altro ho giocato anche al pallone…

di Arianna Finos Il Venerdì di Repubblica

Salve, sono George».
Non è uno da segretarie, Clooney. Chiama dalla villa a Malibù ed è pure puntuale: le 19 e un minuto. Ha la voce rilassata da divano di casa: a Los Angeles, sono le dieci di mattina. Si sente che ha voglia di chiacchierare. Del nuovo film che ha scritto, diretto e interpretato, In amore niente regole. Ma anche di massimi sistemi. Si parte dal film. Negli Stati Uniti esce i14 aprile, in Italia il 14. Racconta un triangolo amoroso tra due giocatori di football e una giornalista rampante, nell'America degli anni Venti. Quando la Lega è agli inizi e lo sport è ancora un gioco da dilettanti.
È il suo primo film italiano?
«Altroché, l'ho preparato tutto nella mia casa sul Lago di Como. Il copione, che esisteva da due anni, era a un punto morto. Avevo l'ambientazione e i personaggi, ma la storia non funzionava. Così mi sono chiuso un'estate intera a Villa Oleandra e ho aggiustato la sceneggiatura».
Come mai, dopo i film politicamente impegnati, nel bel mezzo delle primarie americane fa una commedia romantica?
«Negli ultimi anni ho fatto Three Kings, Good Night, and Good Luck, Syriana, lo stesso Michael Clayton. Ora attore, ora regista. Continuavano a offrirmi copioni politici, ma non voglio essere un regista impegnato. Voglio essere un regista e basta».
Il primo film che ha diretto, Confessioni di una mente pericolosa, era ambientato negli anni Settanta. Il secondo, Good Night, and Good Luck, nei Cinquanta, questo nei Venti.
«Sì, il prossimo lo ambienterei al tempo delle Crociate. Raccontare le storie del passato è più semplice, tutto è più netto. Gli elementi fondamentali, il buono e il cattivo, sono chiari. Oggi è tutto così confuso».
Era un'America più innocente?
«Non so. Poco fa in tv scorrevano le immagini di Barack Obama. Ho pensato che forse sarà presidente e che il nostro Paese ha una dote straordinaria: quando facciamo degli errori, poi, cerchiamo di ripararli».
È un supporter di Obama. Ha finanziato la sua campagna, dicendo che ha un carisma da rockstar. Poi, si è defilato...
«Anche quando mio padre Nick ha corso per il Congresso non ho potuto fare campagna per lui. La destra ha accreditato presso l'opinione pubblica l'idea che Hollywood è immorale. Così, io, come Brad Pitt e Angelina Jolie, finiamo per danneggiare chi appoggiamo».
Lo scontro così duro tra Hillary e Obama non rischia di favorire i repubblicani?
«Credo che questa sia una delle campagne più gentili e corrette mai viste. C'è stato qualche colpo basso, ma quello non fa mai male, monopolizza l'attenzione dei media mentre McCain si affanna per trovare un po' di spazio tra i notiziari tv. Stanno facendo bene».
Fa bene anche la foto di Obama vestito da arabo diffusa dall'entourage dei Clinton?
«Ci sarà sempre qualcuno nel tuo staff elettorale che va oltre il corretto, convinto che questi trucchi funzionino mentre, in realtà, ti si ritorcono contro. Ma la verità è che finora non è scorso il sangue. Kennedy e Humphrey fecero di peggio».
John McCain, diceva.
«Ci conosciamo da anni. Mi piace, ma non condivido nulla di ciò che dice. Penso che sarà un avversario valoroso, ma è nella sfortunata posizione di dover appoggiare il governo Bush. Quindi il suo eventuale mandato è visto come una proroga all'amministrazione precedente».
Lei ha detto che non si sarebbe mai candidato in politica perché ha dormito con troppe donne, fumato troppa droga ed è stato a troppi party.<br> «Era una battuta. La verità è che non entrerò in politica perché c'è gente che lo sa fare meglio di me. Io non so scendere a compromessi, amo tenere le mie posizioni di bandiera: È molto più facile».
Ma lei è capace di mediare. Si è definito un ibrido tra Hollywood e cinema indipendente.
«È quel che abbiamo tentato di fare negli ultimi anni io e Soderbergh: fondere la lezione dei film stranieri, del cinema indipendente, con le risorse degli studios. Direi che abbiamo avuto un certo successo».
Un'altra Hollywood è possibile?
«Accade già, il sistema degli studios sta cambiando. Erano in piena crisi creativa, ne stanno uscendo affidando le idee ad altre società. Nella maggior parte dei casi, non realizzano più direttamente i progetti: tu finanzi il film per conto tuo e poi ti affidi alle major per la distribuzione. È una struttura che funziona ed è un segno della naturale evoluzione di Hollywood verso un nuovo cinema».
All'ultima Mostra di Venezia si è arrabbiato: l'accusavano di fare un film contro le multinazionali, Michael Clayton, ma anche lo spot del caffè per la Nestlé.
«Queste domande mi fanno impazzire. La verità è che ogni film, anche quelli di denuncia, l'ho realizzato lavorando con le multinazionali. Hanno le mani in un miliardo di cose diverse. Ci sono cinque gruppi che possiedono l'industria della comunicazione: se lavori per Fox lo fai anche per Murdoch, se lavori per Time lo fai anche per la Time-Warner. Il trucco è riuscire ad alzare la posta e portare alla luce questioni politiche e sociali importanti. E voi in Italia, con Berlusconi, dovreste sapere come funziona».
Parliamo del suo impegno in Darfur. La sua organizzazione Not On Our Watch ha raccolto oltre nove milioni di dollari e, a gennaio, lei è stato in Ciad come ambasciatore dell'Onu.
«L'Africa è un posto complicato dove le cose stanno cambiando, ma continuano anche le atrocità, gli scontri tra i signori della guerra, l'odio tribale, la lotta per il controllo delle risorse. L'Africa ha bisogno di aiuto per uscire da una situazione che Paesi come il mio e la Francia hanno contribuito a creare. Non serve la carità: gli africani devono essere messi nelle condizioni di produrre ricchezza, di diventare autosufficienti. Non si costruisce niente partendo da niente. Il compito mio, di Angelina Jolie, di Brad Pitt, è trascinare là i mezzi di comunicazione, catturare l'attenzione del mondo».
Dall'ultimo viaggio è tornato con gli incubi.
«Quando ti ritrovi in un campo dove le donne sono state violentate e bruciate, le loro labbra tagliate via, certo ti attraversa il pensiero che la cattiveria pura esiste. Poi cerchi di razionalizzare, capire da dove viene quell'odio. Ma intanto sei h, seduto per terra in quel campo e pensi che non c'è un Dio, non potrebbe permettere tutto questo».
Sarà stato liberatorio realizzare una commedia che parla degli anni Venti ed è girata come un film degli anni Quaranta.
«Lo è stato. Ho seguito due modelli: La signora del venerdì e Scandalo a Philadelphia. La giornalista graffiante ma simpatica di Renée Zellweger è un incrocio tra Rosalind Russell e Carole Lombard. Il triangolo amoroso rimanda a Cary Grant, James Stewart e Katharine Hepburn. Fra i registi, ho pescato da Howard Hawks, Preston Sturges e dai primo George Stevens».
Tutto bene in campo?
«Vorrei essere più in forma, ma ho avuto due operazioni, al collo e alla schiena, e quando ho girato le scene avevo già 45 anni. Ma ho ripreso ad allenarmi e mi considero un atleta».
Sognava il baseball da professionista con i Cincinnati Reds.
«Ho fatto due provini: niente».
Un campione su cui farebbe un film? Conosce Valentino Rossi?
«È eccezionale. Somiglia al personaggio di Krasinski, il campione del mio film, a sua volta ispirato alla vera stella del football "Red" Grange. Rossi ha la stoffa dei grandi, lontano anni luce dagli altri motociclisti».
Ha avuto problemi con il fisco.
«La storia si fa più interessante».
Un umorismo da fratelli Coen.
«Ho fatto tre film con loro e ne sono completamente influenzato, come pure da Steven Soderbergh».
Con i Coen ha girato un film politico, Burn Afer Reading.
«Si. Con il mio amico Brad Pitt».
Dice che avete una sola scena insieme e lei gli spara in faccia.
«È vero, e mentre lo facevo ho goduto ogni singolo istante».
Lei sta sempre di più in Italia.
«Penso alla villa di Como come alla mia seconda casa, a volte la prima».
Segue le nostre elezioni?
«Si. Walter Veltroni è un amico. Uno degli uomini più intelligenti e acuti che conosco. So che è in salita, ma penso possa diventare uno dei grandi leader moderni».
Ma l'Italia stanca e decaduta descritta dal New York Times?
«Da straniero, più dei difetti, vedo i pregi. La vostra cultura, l'amore per l'arte, il cibo, la famiglia. Noi americani abbiamo da imparare».
È vero che sta per annunciare Il suo matrimonio?
«No. Domande meno personali?»
Universale: gli scienziati hanno annunciato che tra sette miliardi di anni il sole collasserà.
«Avrò sette miliardi e quarantasei anni quel giorno. La mia pelle sarà già irrimediabilmente avvizzita».
Da Il Venerdì di Repubblica, 14 marzo 2008

di Arianna Finos, 14 marzo 2008

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