francesco manca
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lunedì 22 settembre 2008
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"a prova di coen"
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Dopo aver fatto “strage” di statuette all’ultima edizione degli Academy Awards con il thriller “No country for old men”, i fratelli Joel ed Ethan Coen arrivano nelle nostre sale con questa loro nuova, stralunata ed incredibile pellicola dal titolo “Burn After Reading”, che ha avuto il grande onore di aprire, lo scorso 27 Agosto, la 65a Mostra del cinema di Venezia.
“A prova di spia”, questo il titolo italiano assai poco coerente con quello originale, è il capitolo conclusivo della cosiddetta “trilogia dell’idiota” dei fratelli Coen, iniziata nel 2001 con “Fratello, dove sei?” e proseguita nel 2003 con “Prima ti sposo, poi ti rovino”, ed è caratterizzato da una struttura narrativa, se possibile, ancora più bizzarra e grottesca dei titoli appena menzionati.
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Dopo aver fatto “strage” di statuette all’ultima edizione degli Academy Awards con il thriller “No country for old men”, i fratelli Joel ed Ethan Coen arrivano nelle nostre sale con questa loro nuova, stralunata ed incredibile pellicola dal titolo “Burn After Reading”, che ha avuto il grande onore di aprire, lo scorso 27 Agosto, la 65a Mostra del cinema di Venezia.
“A prova di spia”, questo il titolo italiano assai poco coerente con quello originale, è il capitolo conclusivo della cosiddetta “trilogia dell’idiota” dei fratelli Coen, iniziata nel 2001 con “Fratello, dove sei?” e proseguita nel 2003 con “Prima ti sposo, poi ti rovino”, ed è caratterizzato da una struttura narrativa, se possibile, ancora più bizzarra e grottesca dei titoli appena menzionati.
Al centro di questa vicenda surreale, c’è un cast di prim’ordine che è, probabilmente, uno dei principali punti forti e vincenti dell’intera pellicola, che annovera tra i suoi crediti, nomi del calibro di George Clooney, Brad Pitt, John Malkovich, Tilda Swinton e Frances McDormand, oltre a Richard Jenkins e J.K. Simmons in due ruoli secondari.
Le immense prestazioni degli interpreti visibilmente in stato di grazia, tratteggiano ancor meglio il concetto unico, inimitabile e fortemente “astratto” del cinema dei fratelli Coen che traspongono sul grande schermo un gruppo di divi Hollywoodiani idolatrati e venerati da tutto il mondo, rendendoli estremamente ridicoli, così da far valere ancora, e soprattutto in questa occasione, la loro cinica e “spietata” considerazione della realtà americana d’oggi giorno. Una realtà ipocrita, menefreghista, disinteressata a ciò che succede nel mondo, che pensa solo ed esclusivamente al proprio benessere fisico e mentale, e in questo è molto contraddistinguibile il personaggio interpretato da Pitt, qui, senza dubbio, il migliore fra tutti. Alcune sequenze (su tutte, il dialogo telefonico e l’animata conversazione in macchina) che vedono protagonisti Pitt e Malkovich sono assolutamente esilaranti, ma ciò che più sorprende e affascina, è che il cinema dei Coen non si ferma semplicemente alla sagace ironia e alla battuta ironica, ma va ben oltre questo, e lo conferma esplicitamente il tema preso in considerazione dai due registi per questa loro opera, ovvero, l’agenzia di spionaggio più segreta e riservata che sia mai esistita sulla faccia della terra, la CIA, insomma.
Questo film ci dimostra, attraverso, come detto, l’ironia, che i “super spioni” di questa famosissima organizzazione non ne sanno poi più di tanto rispetto a noi comuni “idioti”, e sono, addirittura, molto più inclini a commettere errori e disattenzioni…”idiote”.
E’ così che gli ingredienti di “Burn After Reading” si vengono a mischiare dando vita ad un cocktail agrodolce che fa ridere, riflettere ed è in grado di sconvolgere grazie ad una sceneggiatura essenziale ma, come sempre, impeccabile.
Detto questo, non resta che aggiungere un’altra nota di merito per i bravissimi Joel ed Ethan Coen, che riescono in tutte le loro pellicole a raccontare delle storie pazzesche che si spostano senza la minima esitazione dalla commedia demenziale al puro thriller d’autore, spaziando fra noir, dramma e, in alcuni casi, tragedia, il tutto con un tocco di stile impareggiabile e ineguagliabile, che si spera continui a sorprenderci ancora per tanti e tanti decenni cinematografici.
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[+] l'idiozia c'è veramente tutta
(di emanuela)
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arancioeblu
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mercoledì 24 settembre 2008
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burn after reading, ridere con intelligenza
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Convincere George Clooney, Brad Pitt, John Malkovich, Frances McDormand, Tilda Swinton a rappresentare l'idiozia dilagante in una sgangherata spy story, non è difficile, se di cognome ti chiami Coen e, in quanto tale, proponi loro un copione intelligente.
Incroci amorosi, dati top secret da vendere al nemico per pagarsi liposuzione e mastoplastica additiva, dialoghi esilaranti, difficile capire che è la spia e chi lo spiato, qualche tocco di splatter alla Tarantino.
Frances McDormand, non sa immaginare la propria vita senza un corpo nuovo
Tilda Swinton, improbabile pediatra
Malkovich dice cazzo in tutte le sue sfumature, più volte in questo film che non in tutta la sua filmografia.
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Convincere George Clooney, Brad Pitt, John Malkovich, Frances McDormand, Tilda Swinton a rappresentare l'idiozia dilagante in una sgangherata spy story, non è difficile, se di cognome ti chiami Coen e, in quanto tale, proponi loro un copione intelligente.
Incroci amorosi, dati top secret da vendere al nemico per pagarsi liposuzione e mastoplastica additiva, dialoghi esilaranti, difficile capire che è la spia e chi lo spiato, qualche tocco di splatter alla Tarantino.
Frances McDormand, non sa immaginare la propria vita senza un corpo nuovo
Tilda Swinton, improbabile pediatra
Malkovich dice cazzo in tutte le sue sfumature, più volte in questo film che non in tutta la sua filmografia.
Clooney, fissato con la corsetta salutare, che ha una vita sentimentale ingarbugliatissima, splendido nel ricorrente complimentarsi per il pavimento delle case e chiederne il materiale (sembra una citazione del Bella questa casa del tenente Colombo).
Pitt ossessionato dalla forma fisica, dal gatorade e dalle bevande ipotoniche, con l’immancabile i-pod nelle orecchie, un magnifico idiota.
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(di logan bulsara)
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diomede917@tiscali.it
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venerdì 3 ottobre 2008
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spie come noi
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Chi sono quei registi che sanno rappresentare il nulla che viviamo in maniera egregia? Si chiamano Joel e Ethan Coen grandi cinefili, specializzati in noir in chiave grottesca. Dietro i loro film si nasconde sempre uno spaccato della societa americana, loro sono talmente intelligenti che non urlano la loro denuncia. Fanno film sempre ben scritti, catturano la tua attenzione e solo dopo avere superato la fase emozionale capisci la forza intrinseca della loro opera.
Burn after reading, film che conclude la triologia dell'uomo idiota rappresentato dal sex simbol George Clooney, non si discosta dal filo comune della filmografia. Pur non avendo l'energia propulsiva del loro capolavoro Il grande Lebowski (film che ha molto in comune con ques'opera), Burn after Reading centra in maniera cinica il suo bersaglio.
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Chi sono quei registi che sanno rappresentare il nulla che viviamo in maniera egregia? Si chiamano Joel e Ethan Coen grandi cinefili, specializzati in noir in chiave grottesca. Dietro i loro film si nasconde sempre uno spaccato della societa americana, loro sono talmente intelligenti che non urlano la loro denuncia. Fanno film sempre ben scritti, catturano la tua attenzione e solo dopo avere superato la fase emozionale capisci la forza intrinseca della loro opera.
Burn after reading, film che conclude la triologia dell'uomo idiota rappresentato dal sex simbol George Clooney, non si discosta dal filo comune della filmografia. Pur non avendo l'energia propulsiva del loro capolavoro Il grande Lebowski (film che ha molto in comune con ques'opera), Burn after Reading centra in maniera cinica il suo bersaglio.
Partendo dal pretesto di un ricatto perpretato da due impiegati di una palestra (un Brad Pitt di una idiozia smagliante e una super Frances Mc Dormand) nei confronti di un ex analista Cia appena trombato (Un John Malkovich in preda a deliri quasi Shekesperiani), i Coen ci raccontano quest'America poggiata sull'effimero dove tutti si tradiscono, dove si parla tanto e si ascolta poco; dove l'aspetto fisico è vitale e si farebbe di tutto pur di rifarsi i glutei. Dove i maschietti sono dei deboli in preda al proprio ego indegnamente rappresentati da un Clooney strepitoso preoccupato di più dalla sua pancetta che non da quello che gli capita intorno e le donne sono decisamente quelle più determinate ad ottenere quello che vogliono (che sia il divorzio o che sia il lifting).
Tutto questo niente viene rappresentato al meglio grazie ad un cast decisamente in forma che solo i Coen sanno scegliere e dirigere.
Io posso essere d'accordo con chi dice che non è il film migliore dei fratellacci di Minneapolis, ma quando un regista con la mano sinistra fa un film da 7,5 cosa vuoi di più dalla vita???? Forse il nulla....
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vagabondo del dharma
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lunedì 29 settembre 2008
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l'idiozia del male
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Capita che un film cominci serioso e impegnato, catapultando lo spettatore nei meandri del luogo più segretamente potente del mondo, la CIA. Un agente (John Malkovich) dell'Agenzia viene licenziato su due piedi perchè accusato di bere troppo. Da qui comincia una storia che sembra condurre verso intricate trame di spionaggio e affari di stato, tutto sul filo di un'allusione più o meno velata al colpo di scena che prima o poi ci sarà svelando l'arcano e componendo il mosaico di una sceneggiatura dal ritmo tambureggiante. Invece è il continuo trionfo del fraintendimento, del "fare e disfare" senza arrivare a nulla, del "non sense" della società americana contemporanea, dove l'agenda dei valori è sempre più sintonizzata sull'apparire e sulla ricezione dei vuoti messaggi mediatici, calati nella banale realtà di una città alienante e allucinante.
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Capita che un film cominci serioso e impegnato, catapultando lo spettatore nei meandri del luogo più segretamente potente del mondo, la CIA. Un agente (John Malkovich) dell'Agenzia viene licenziato su due piedi perchè accusato di bere troppo. Da qui comincia una storia che sembra condurre verso intricate trame di spionaggio e affari di stato, tutto sul filo di un'allusione più o meno velata al colpo di scena che prima o poi ci sarà svelando l'arcano e componendo il mosaico di una sceneggiatura dal ritmo tambureggiante. Invece è il continuo trionfo del fraintendimento, del "fare e disfare" senza arrivare a nulla, del "non sense" della società americana contemporanea, dove l'agenda dei valori è sempre più sintonizzata sull'apparire e sulla ricezione dei vuoti messaggi mediatici, calati nella banale realtà di una città alienante e allucinante. In questo quadro di vacua consistenza si muovono personaggi che sembrano sempre sul punto di svoltare verso la profondità di un'intuizione illuminante e invece affiorano sempre più verso la superficie della loro delirante inconsapevolezza.
I due istruttori (Brad Pitt e Frances McDormand) incarnano al meglio questo svuotamento valoriale, con le loro improbabili decisioni assunte senza calcolare minimamente quello che potrebbe accadere. In una società dove "tutti vanno a letto con tutti" (passando spesso da internet) spadroneggiano personaggi come quello intepretato da Clooney, sempre tra le gambe di qualcuna e sempre in corsa verso non si sa cosa per sfuggire alla noia di vivere. In un quadro folle e sconcertante, chi alla fine cerca di trarre un senso dal tutto, rimane spiazzato, perchè trovare qualcosa di razionale dove regna l'idiozia è praticamente impossibile. E se c'è qualcuno assennato (il direttore della palestra) deve essere comunque sacrificato alla pazzia imperante. Lo spettatore rimane un po' come gli agenti della CIA che seguono la vicenda e non sanno dove andare a parare. Cercano solo di arginare le falle di una vicenda che si avvolge su se stessa per precipitare verso il baratro del caos. Le concessioni alla violenza splatter sembrano voler rafforzare la tesi dei registi che si spingono verso l'eccesso sanguinolento per condire l'idiozia generale con un tocco di assurda inverosimiglianza. Idiota eccellente, un fantastico Brad Pitt calatosi alla perfezione nel ruolo di uno svitato maniaco del fitness.
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giulio brillarelli
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mercoledì 1 ottobre 2008
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scartato il pacchetto, scopri l’angoscia
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Come in una favola il significato letterale non è quello che conta, fungendo da contenitore per un insegnamento morale, così “Burn After Reading” non può essere compreso limitandosi alla carta con cui i fratelli Coen l’hanno impacchettato. A ben grattare sotto la crosta della commedia di spionaggio vengono infatti alla luce i grumi di un’umanità angosciata dall’incapacità di comunicare e amare. La conclusione del film dei fratelli Coen conferma del resto l’ammiccare al genere favolistico: il boss della CIA auspica, pur senza trovarla, una lezione da trarre dall’intera vicenda. - - - Incomunicabilità: si prenda il personaggio di John Malkovich, ad esempio. L’incipit del film già la dice lunga: l’analista della CIA Osbourne Cox, vittima di una “crocifissione”, come lui stesso la definisce, si impone sui propri colleghi sfoggiando una totale sicurezza di sé, alzandosi in piedi ed alzando la voce, sbracciandosi e gesticolando, dicendo pane al pane e vino al vino.
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Come in una favola il significato letterale non è quello che conta, fungendo da contenitore per un insegnamento morale, così “Burn After Reading” non può essere compreso limitandosi alla carta con cui i fratelli Coen l’hanno impacchettato. A ben grattare sotto la crosta della commedia di spionaggio vengono infatti alla luce i grumi di un’umanità angosciata dall’incapacità di comunicare e amare. La conclusione del film dei fratelli Coen conferma del resto l’ammiccare al genere favolistico: il boss della CIA auspica, pur senza trovarla, una lezione da trarre dall’intera vicenda. - - - Incomunicabilità: si prenda il personaggio di John Malkovich, ad esempio. L’incipit del film già la dice lunga: l’analista della CIA Osbourne Cox, vittima di una “crocifissione”, come lui stesso la definisce, si impone sui propri colleghi sfoggiando una totale sicurezza di sé, alzandosi in piedi ed alzando la voce, sbracciandosi e gesticolando, dicendo pane al pane e vino al vino. Cox, paladino della franchezza, possiede insomma il piglio di un retore, laddove i suoi interlocutori parlano poco o niente oppure balbettano, all’inseguimento del termine politicamente più corretto. Scena successiva: a casa Cox il marito si sta preparando un cocktail, in primo piano. Rientra la moglie Katie (Tilda Swinton), sullo sfondo, fuori fuoco. Priorità della conversazione: gli stuzzichini da preparare per il ricevimento. L’uomo ha una notizia importante da darle, ma viene continuamente interrotto. Dov’è finito il piglio del retore? Soltanto più tardi, a fine giornata, in camera da letto, Katie Cox viene a sapere. I due specchi del boudoir raddoppiano in questa scena il viso della donna, restituendolo da due angolazioni differenti. Ma il moltiplicarsi dell’immagine non è che un controcanto all’incapacità di ascoltare della signora Cox: le parole importanti sono quelle che sta dicendo, in secondo piano, disteso sul letto, un Osbourne-don Chisciotte stanco di combattere contro la burocrazia del sistema. - - - Ad ogni personaggio, o quasi, spetta d’altronde il proprio fardello di solitudine. Harry Pfarrer (George Clooney) va a letto con tante donne senza riuscire ad amarne nessuna perché è emotivamente immaturo; Ted (Richard Jenkins), invece, è innamorato, ma soffre in silenzio, senza riuscire a dichiararsi; Linda Litzke (Frances McDormand) a sua volta, la donna di cui Ted è innamorato, si sente prigioniera di un corpo che non le fa incontrare l’anima gemella, ignara che l’uomo che la potrebbe rendere felice le è già accanto. - - - Carter Burwell, compositore per i fratelli Coen fin dal loro esordio alla regia nel 1984 con “Blood Simple”, dà la propria impronta a questa pellicola con una colonna sonora che sa di tragedia, sale di volume e monta come un maremoto, riflesso delle rabbie e frustrazioni che straripano dai personaggi. L’esempio migliore è il montaggio alternato tra Cox, dapprima furioso al telefono e poi determinato a rientrare in casa propria con un’accetta in mano, ed Harry, uomo a pezzi che fa a pezzi con un martello la “sedia-dildo” assemblata per la moglie. Spesso invece è il ritmo incalzante delle percussioni a predominare: si consideri la scena che vede Chad (Brad Pitt) ed Harry agire separatamente, convergere e infine ritrovarsi, letteralmente, faccia a faccia. - - - Come in una favola, allo spettatore, alla fine del film, resterà da chiedersi quale lezione si possa trarre dalla storia che gli è stata raccontata.
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claudio esse
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venerdì 29 agosto 2008
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bruciare dopo aver letto
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Con la frenesia e il fervore tipici del loro stile, i Fratelli Coen inaugurano la kermesse cinematografica più longeva e blasonata della terra italica sfoderando un inquadratura planetaria schizzata come il colpo in canna di un revolver, che raggiunge il suo obiettivo con la precisione millimetrica di un esperto di balistica, anzi due, perché il loro è un genio doppio.
Venezia apre così il suo gioco festivaliero piombando sul mondo con la forza encomiabile del grande cinema d’autore che sa parlare alle masse prendendo in giro se stesso e il mondo cui appartiene.
Burn After Reading (letteralmente: bruciare dopo aver letto), dunque, è il monito che dovrebbe ben ricordare la teutonica e grassa impiegata dalla palestra Hardbodies Linda Litzk, che dopo aver trovato le memorie letterarie di un iracondo ex agente della CIA, Ozzie Cox, fresco di licenziamento, le confonde per indispensabili notizie federali.
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Con la frenesia e il fervore tipici del loro stile, i Fratelli Coen inaugurano la kermesse cinematografica più longeva e blasonata della terra italica sfoderando un inquadratura planetaria schizzata come il colpo in canna di un revolver, che raggiunge il suo obiettivo con la precisione millimetrica di un esperto di balistica, anzi due, perché il loro è un genio doppio.
Venezia apre così il suo gioco festivaliero piombando sul mondo con la forza encomiabile del grande cinema d’autore che sa parlare alle masse prendendo in giro se stesso e il mondo cui appartiene.
Burn After Reading (letteralmente: bruciare dopo aver letto), dunque, è il monito che dovrebbe ben ricordare la teutonica e grassa impiegata dalla palestra Hardbodies Linda Litzk, che dopo aver trovato le memorie letterarie di un iracondo ex agente della CIA, Ozzie Cox, fresco di licenziamento, le confonde per indispensabili notizie federali.
Insieme al suo collega Chad Feldheimer annusa l’affare, e già sogna gli interventi di chirurgia estetica che cambieranno la sua vita (e il suo girovita), che si potrà permettere con i soldi che vuole estorcere a Cox; ma l’ex agente ha ben altre grane, come la moglie che lo tradisce con Harry Pfarrer, anch’egli agente federale, ed è in procinto di divorziare da lui dopo aver liquidato il suo conto in banca.
La girandola di eventi che l’intricato “non-sense” si porterà dietro con la violenza di un’ironia caustica e beffarda non sarà altro che la pazza elegia di una storia di elettrizzante idiozia.
Perché l’acredine dei Coen è così feroce da sembrare il paradosso di se stessa, e le maschere beote dei loro scellerati personaggi sono il colore di un’umanità debosciata che non si pone il problema della logicità.
Non si salva l’annoiata e frivola demente che pensa alle rotondità del suo culo, così indegnamente imparagonabili a quelle di plastica delle attrici (Frances McDormand); non si salva il maresciallo vanesio con l’hobby del fai-da-te, uomo comune senza qualità, se non quella di riconoscere la sua inutilità dopo l’ennesima scopata extra-coniugale parlando di parquet (George Clooney); non si salva l’agente della CIA, facile preda dell’embolia atavica del dolce far niente (John Malkovich), né sua moglie, l’arrogante puttana che si crede una dritta, ma che invece non riconosce nell’amante belloccio, il primo degli inutili (Tilda Swinton).
Ma il climax di tanta imbecille umanità che i Coen sbeffeggiano nella loro già leggendaria barzelletta cinematografica è il Big Jim Chad Feldheimer, muscoloso trainer con il cervello friabile come un popcorn, che piange per poco e si esalta per ancora meno, come farebbe un bambino petulante senza la mamma, cui Brad Pitt presta il volto angelicato con divertito sense of humor.
Un cast di divi e premi Oscar, cui i fratelli terribili mettono in bocca battute brucianti in situazioni al fulmicotone, proseguendo la scia surreale e deformante che ha raggiunto livelli di leggerezza sublimi nel precedente Non E’ Un Paese Per Vecchi.
Strepitosa la telefonata a tre con la McDormand e Pitt insieme a John Malovich, e la fantomatica storia del buon samaritano, mentre la conversazione finale tra i due agenti della CIA è di una leggiadria e di una inconsistenza talmente comica da far invidia alla straripante follia cui Blake Edwards e Peter Sellers ci hanno abituati decenni fa.
I Coen del resto, sono talmente bravi da sfidare qualunque volo pindarico.
Una nota cinefila: il medico presso cui si reca Frances McDormand e al quale chiede un lifting il più naturale possibile, per non assomigliare a Boris Karloff, è l’attore Martin Landau, che vinse l’Oscar interpretando il famoso attore horror, in Ed Wood, di Tim Burton; un altro scherzo dei fratelli terribili.
CLAUDIO SALVATI
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greatsteven
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domenica 17 settembre 2017
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le memorie d'un agente finite nelle mani sbagliate
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BURN AFTER READING – A PROVA DI SPIA (USA, 2008) diretto da JOEL & ETHAN COEN. Interpretato da JOHN MALKOVICH, GEORGE CLOONEY, FRANCES MCDORMAND, TILDA SWINTON, BRAD PITT, RICHARD JENKINS, J. K. SIMMONS
Introdotto da una ripresa aerea satellitare che introduce nel quartier generale della CIA e concluso dalla medesima inquadratura che se ne allontana, racconta le vicende tragicomiche di Osbourne Cox, esautorato dal suo ruolo di agente per le ingerenze capricciose dei suoi superiori, e deciso a scrivere una sorta di autobiografia online. Peccato che i dati top-secret inseriti nelle sue memorie arrivino nelle mani sbagliate, e precisamente in quelle di un istruttore di palestra e della direttrice della stessa, che ne vengono in possesso mediante un CD-Rom trovato per caso e, messisi in contatto con Cox, chiedono un cospicuo riscatto.
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BURN AFTER READING – A PROVA DI SPIA (USA, 2008) diretto da JOEL & ETHAN COEN. Interpretato da JOHN MALKOVICH, GEORGE CLOONEY, FRANCES MCDORMAND, TILDA SWINTON, BRAD PITT, RICHARD JENKINS, J. K. SIMMONS
Introdotto da una ripresa aerea satellitare che introduce nel quartier generale della CIA e concluso dalla medesima inquadratura che se ne allontana, racconta le vicende tragicomiche di Osbourne Cox, esautorato dal suo ruolo di agente per le ingerenze capricciose dei suoi superiori, e deciso a scrivere una sorta di autobiografia online. Peccato che i dati top-secret inseriti nelle sue memorie arrivino nelle mani sbagliate, e precisamente in quelle di un istruttore di palestra e della direttrice della stessa, che ne vengono in possesso mediante un CD-Rom trovato per caso e, messisi in contatto con Cox, chiedono un cospicuo riscatto. L’ex agente, che scopre pure, come se già tutto il disastroso ambaradan non bastasse, una tresca amorosa della moglie con un poliziotto federale che prosegue da anni, riesce a fare piazza pulita dei suoi accaniti ricattatori, ma il prezzo da pagare per tale fatica sarà tutt’altro che indifferente. C’è poco da fare: quando i Coen tendono il loro arco, la freccia va sempre a piazzarsi nel cerchio rosso centrale del bersaglio. Il loro tiro è infallibile, come dimostra questa commedia, che però attinge anche a piene mani dal bagaglio materiale del thriller, e che si rivela popolata da personaggi palesemente squilibrati, pronti a tutto pur di ottenere i loro scopi loschi. La trappola che tuttavia i due fratelli evitano con impressionante abilità è quella della compassione compiaciuta: questi imbecilli sono governati, per così dire, sotto silenzio, da ossessioni (denaro, sesso, bellezza, potere, carriera, arrivismo), ma un cuore non gli manca, ed è ciò che li riabilita agli occhi dello spettatore quando commettono le loro furfanterie per salvarsi la vita nell’intrico complesso e ingarbugliato, ma pur sempre divertente, di omicidi, appuntamenti erotici, adulteri, minacce. È chiaro che la sceneggiatura è scritta apposta per adattare la misura agli attori e per giunta opponendo un evidente, ma non invalicabile paletto, al repertorio abituale di ciascuno, in particolar modo per quanto concerne i personaggi di Clooney e Pitt: il primo, poliziotto federale fedifrago con la buona abitudine della corsa mattutina e la repulsione della carne sulle bruschette, sorprende per il suo piglio accondiscende che però gli impedisce di farsi mettere i piedi in testa da chicchessia, mentre il secondo, palestrato narcisista che sogna momenti di gloria inimmaginabili ogni volta che scorre file di dati segretissimi sopra lo schermo, fa la sua brutta fine freddato a colpi di pistola nell’armadio, ma prima ha tutto il tempo e le occasioni necessarie per brillare da una prospettiva che valorizzi le sue corde spassose più che il suo troppo declamato carisma divistico. Abbiamo ance un J. Malkovich in splendida forma, sempre burbero e accigliato, che alterna sequenze in cui sfodera mirabilmente la pistola e guida la macchina a folli velocità ad altre in cui si prepara un frullato e litiga con la moglie per faccende coniugali di cui arriva ben presto a subodorare le fetide motivazioni. Per quanto riguarda il repertorio femminile, anche qui troviamo lodi da tessere a iosa: una F. McDormand completamente diversa dalla furba poliziotta di Fargo, è qui una carrierista insoddisfatta del proprio corpo decadente e deludente tanto da mettervi mano con quattro interventi chirurgici, e che non si dimostra, con lo scorrere in discesa degli eventi, troppo convinta del ricatto di cui Pitt la rende succube, per quanto poi non spetti a lei pagare il prezzo maggiore, il tutto realizzato con una recitazione che abbina l’autoironia alle risate debitamente concesse; quanto a T. Swinton, perennemente sotto le righe, sfodera a piene mani un sarcasmo tagliente che, unito ad una plastica visione della realtà, le permette di considerare le cose con lo sguardo più critico ed esatto di tutti. Chiude, nel finale, in questo cast di splendide quanto scatenate interpretazioni, un Simmons una volta tanto non squilibrato nelle vesti del capo superiore dell’associazione segreta statunitense più importante del mondo, che commenta con sufficienza e senso pratico i caotici disordini verificatisi dall’improvviso siluramento di Cox e soprattutto in seguito alla divulgazione su PC delle sue memorie, senza farsi scrupolo di introdurvi informazioni di una preziosità incalcolabile. Un film esilarante e scatenato che però non fa mostra di nascondere il suo retrogusto di amarezza e crudeltà. Le spie vengono messe al bando, ma il dito non manca di essere puntato anche verso la devastante lentezza burocratica e la smaniosa liberalizzazione delle informazioni sul web, la cui eccessiva democraticità è fonte di pericolo per tutti i cittadini americani. Specie per quegli squinternati a briglia sciolta col cervello che traffica a pieno ritmo per produrre scemenze da mettere in pratica, e che non si lasciano sfuggire l’imperdibile opportunità di sfruttarle a proprio egoistico vantaggio. Un altro bersaglio centrato con felicità e un’ulteriore pellicola che fonde la tristezza al pathos passando per i meandri della comicità intellettuale e dell’utilizzo sapiente dei luoghi come fonte di emozioni e angolo in cui preparare azioni emozionanti, cari Joel e Ethan. Cosa ci regalerà ancora, la loro prorompente genialità attenta tanto agli sbagli del passato quanto alle sordide magagne del presente?
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folignoli
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venerdì 1 luglio 2011
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commerciale e scontato
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I Coen cercano di sfruttare l'enorme successo del loro precedente film, girando questa storiella banalissima, con pochi mezzi e con pochissime idee. Ne esce un film piatto, noioso e privo di interesse. Vorrebbero fare ridere, ma non riescono nell'intento. Una commedia tragica, che ha il solo pregio di regalare qualche spunto discreto, nelle apparizioni di George Clooney. Brad Pitt, nel suo ruolo da "scemo" non convince: anzi, appare decisamente fuori luogo. Buona la prova della moglie di uno dei due registi, Frances Mc Dormand, che se non altro, ha un ruolo simpatico. C'è poco da salvare in questo film; quando si riesce a fare un film come Non è un paese per vecchi, non bisogna "prostituirsi" girando simili mediocrità.
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jacopo b98
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mercoledì 1 maggio 2013
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burn after reading di fratelli coen-da non perdere
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Osbourne Cox (Malcovich) si licenzia dalla CIA e decide di scrivere un libro su di essa. Il CD su cui aveva preso i suoi appunti però finisce nelle mani sbagliate e una serie di coincidenze fanno di tutti i personaggi delle spie molto fai-da-te. Massacro finale come ci si aspetta da un film dei Coen. Questo film è il ritorno dei Coen, dopo l’anomalo Non è un paese per vecchi, al loro stile classico: la tragicommedia. Nel film ricorre spesso la parola “sfigato” che è la definizione di ognuno dei personaggi: una marmaglia di imbecilli, ognuno con i propri vizi (sesso=Clooney, bellezza=McDormand, sport=Pitt…). Il tutto è condito da molto umorismo macabro e da un ritmo narrativo che si fa sempre più incalzante, grazie anche all’apporto delle musiche di Carter Burwell, che riprendono le melodie dei grandi film spionistici alla James Bond.
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Osbourne Cox (Malcovich) si licenzia dalla CIA e decide di scrivere un libro su di essa. Il CD su cui aveva preso i suoi appunti però finisce nelle mani sbagliate e una serie di coincidenze fanno di tutti i personaggi delle spie molto fai-da-te. Massacro finale come ci si aspetta da un film dei Coen. Questo film è il ritorno dei Coen, dopo l’anomalo Non è un paese per vecchi, al loro stile classico: la tragicommedia. Nel film ricorre spesso la parola “sfigato” che è la definizione di ognuno dei personaggi: una marmaglia di imbecilli, ognuno con i propri vizi (sesso=Clooney, bellezza=McDormand, sport=Pitt…). Il tutto è condito da molto umorismo macabro e da un ritmo narrativo che si fa sempre più incalzante, grazie anche all’apporto delle musiche di Carter Burwell, che riprendono le melodie dei grandi film spionistici alla James Bond. Tutti gli attori sono strepitosi, con un Pitt esilerante sempre con il gatorade in bocca. L’invenzione oscena di Clooney comunque è da antologia. È stato il film d’apertura, fuori concorso, a Venezia 2008.
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mardou_
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venerdì 2 giugno 2017
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un compitino non richiesto
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Dopo essere stati premiati con l’Oscar proprio nel 2008, i fratelli Coen hanno inaugurato la Sessantacinquesima Mostra del Cinema di Venezia con la loro ultima fatica: “urn After Reading”…
Dimenticate la commedia nera asciutta e desolata che ha regalato a “No Country for Old Men” ben quattro statuette e tornate al consueto stile tragicomico con retrogusto amaro che da “Fargo”a “Il Grande Lebowski” ha caratterizzato la loro intera produzione.
La storia è apparentemente semplice, salvo poi complicarsi all’infinito in un ritmo vivace e colorato in cui si alternano le ottime performance del cast stellare: John Malkovich, Tilda Switon, forse sempre un po' troppo uguale a se stessa, Frances McDormand, George Clooney e su tutti Brad Pitt nella sua migliore interpretazione dai tempi di “The Snatch”(2000).
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Dopo essere stati premiati con l’Oscar proprio nel 2008, i fratelli Coen hanno inaugurato la Sessantacinquesima Mostra del Cinema di Venezia con la loro ultima fatica: “urn After Reading”…
Dimenticate la commedia nera asciutta e desolata che ha regalato a “No Country for Old Men” ben quattro statuette e tornate al consueto stile tragicomico con retrogusto amaro che da “Fargo”a “Il Grande Lebowski” ha caratterizzato la loro intera produzione.
La storia è apparentemente semplice, salvo poi complicarsi all’infinito in un ritmo vivace e colorato in cui si alternano le ottime performance del cast stellare: John Malkovich, Tilda Switon, forse sempre un po' troppo uguale a se stessa, Frances McDormand, George Clooney e su tutti Brad Pitt nella sua migliore interpretazione dai tempi di “The Snatch”(2000).
Questi fantastici attori creano personaggi quasi caricaturali ed irresistibili, al contempo troppo cinematografici per essere "veri"e troppo tragicamente reali per essere solo frutto della finzione.
Una buona pellicola che però non aggiunge né toglie nulla alla filmografia dei due registi statunitensi che forse hanno avuto troppa fretta di tornare sul grande schermo…
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