bobtheheat
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giovedì 26 aprile 2007
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...siete solo di passaggio !
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The Good Shepherd - L'ombra del potere" , ambiziosa seconda regia di Bob De Niro e' un film sontuoso (l'elegante direzione della fotografia e' del maestro Robert Richardson ) marcatamente letterario (il soggetto nello stile e nel suo incedere lento richiama molto ai romanzi di Le Carre') con un montaggio estremaente curato. La sua durata e' pero' eccessiva, cosi' non sempre coinvolge come vorrebbe, finendo a tratti per diventare confuso piu' che intricato. Indeciso sulla strada da prendere. Un po' piu' di cinismo e di sana cattiveria, oltre a qualche sforbiciata, avrebbero giovato. Cio' non toglie che i momenti di grande cinema non mancano. Esemplare e magnifica la direzione degli attori e assolutamente imponente il cast, nel quale si segnala, oltre al freddo e quasi funereo protagonista Matt Damon, veramente notevole, il ritorno gradito di Joe Pesci.
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The Good Shepherd - L'ombra del potere" , ambiziosa seconda regia di Bob De Niro e' un film sontuoso (l'elegante direzione della fotografia e' del maestro Robert Richardson ) marcatamente letterario (il soggetto nello stile e nel suo incedere lento richiama molto ai romanzi di Le Carre') con un montaggio estremaente curato. La sua durata e' pero' eccessiva, cosi' non sempre coinvolge come vorrebbe, finendo a tratti per diventare confuso piu' che intricato. Indeciso sulla strada da prendere. Un po' piu' di cinismo e di sana cattiveria, oltre a qualche sforbiciata, avrebbero giovato. Cio' non toglie che i momenti di grande cinema non mancano. Esemplare e magnifica la direzione degli attori e assolutamente imponente il cast, nel quale si segnala, oltre al freddo e quasi funereo protagonista Matt Damon, veramente notevole, il ritorno gradito di Joe Pesci. Bob gli regala solo una piccola apparizione, ma segna uno dei momenti chiave del film.
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(di observer09)
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adriano lotito
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lunedì 21 maggio 2007
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noioso
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il secondo film diretto da Robert De Niro sembra confermare il fatto che l’attore di Taxi driver e Casinò sia un po’ inesperto alla regia. L’idea è buona e anche la sceneggiatura a tratti è bella ma nel complesso è un film sconquassato, pesante, poco chiaro e senza ritmo. Non c’è un evidente messaggio che il regista vuole comunicare allo spettatore, anche se l’idea fa presupporre una trama piuttosto impegnata. A rimediare in questi casi ci pensa l’azione ma il problema è la totale assenza di action nel film e il poco di buono presente viene complicato in maniera da non far neanche godere i colpi di scena presenti allo spettatore di medio livello. Non si capisce neanche il genere: vuole essere psicologico ma non lo è, action ma non lo è per niente, thriller (ma stiamo scherzando?).
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il secondo film diretto da Robert De Niro sembra confermare il fatto che l’attore di Taxi driver e Casinò sia un po’ inesperto alla regia. L’idea è buona e anche la sceneggiatura a tratti è bella ma nel complesso è un film sconquassato, pesante, poco chiaro e senza ritmo. Non c’è un evidente messaggio che il regista vuole comunicare allo spettatore, anche se l’idea fa presupporre una trama piuttosto impegnata. A rimediare in questi casi ci pensa l’azione ma il problema è la totale assenza di action nel film e il poco di buono presente viene complicato in maniera da non far neanche godere i colpi di scena presenti allo spettatore di medio livello. Non si capisce neanche il genere: vuole essere psicologico ma non lo è, action ma non lo è per niente, thriller (ma stiamo scherzando?). D’altra parte il cast è eccezionale. Matt Damon come al solito anzi più del solito, bravissimo e lo stesso De Niro regala pochi minuti di interpretazione ma straordinari. Angelina Jolie sembra regalare una delle più belle performance della sua carriera, piena dell’unica drammaticità esplicita nel film. La sceneggiatura di Eric Roth regala alcune frasi da ricordare come quella in cui Turturro spiega a Damon perché non si mette l’articolo davanti a C.I.A.: si mette l’articolo davanti a Dio?
Quella di raccontare la nascita della C.I.A. e parallelamente l’ascesa e discesa di un personaggio emblematico cercando di far godere il pubblico in meno di tre ore è un’impresa!! E non basta che alla regia stia il più grande attore di tutti i tempi!!! Ci deve stare un “regista”. Mi dispiace per De Niro che ha dedicato gli ultimi dieci anni a preparare questo progetto di cui a quanto pare fanno parte altri due film. Speriamo che non siano come questo.
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natadiluglio
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lunedì 23 gennaio 2012
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cult movie, cult cast
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Segue su Iris alla visione in sala del supervalutato Edward J Hoover, questo sempre apprezzabile film con un cast a dire poco strabiliante. Mentre Di Caprio è stato costretto a declamare per tutto il tempo un copione gonfiato di ideologia, Matt Demon riesce a rendere credibile, con grande tecnica, il personaggio di Wilson, talmente parco di parole e di gestualità, da giustificare sospetti di catatonia. Eppure tutto è autentico: uomini come il protagonista del recentissimo remake del superfamoso La talpa, molto simile al Wilson di Matt Demon, hanno strutturato nel mondo occidentale una rete di security che ha retto a prove forti, e che ha ceduto a vistose falle prima e durante la Presidenza Bush.
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Segue su Iris alla visione in sala del supervalutato Edward J Hoover, questo sempre apprezzabile film con un cast a dire poco strabiliante. Mentre Di Caprio è stato costretto a declamare per tutto il tempo un copione gonfiato di ideologia, Matt Demon riesce a rendere credibile, con grande tecnica, il personaggio di Wilson, talmente parco di parole e di gestualità, da giustificare sospetti di catatonia. Eppure tutto è autentico: uomini come il protagonista del recentissimo remake del superfamoso La talpa, molto simile al Wilson di Matt Demon, hanno strutturato nel mondo occidentale una rete di security che ha retto a prove forti, e che ha ceduto a vistose falle prima e durante la Presidenza Bush. I film di quell'epoca infatti non avevano l'atmosfera eroica e mitizzata del Good Shepherd o de La talpa,ma si consentivano umanizzazioni dei famosi G.Men con molti spruzzi satirici. Invece va preso molto sul serio questo film del 2007, perchè c'era poco da scherzare subito dopo la seconda guerra mondiale, quando l'ex alleato russo, in piena espansione al di là del Pacifico, faceva rabbrividire gli USA, frontalieri di un'isola che in nessun modo è stato possibile riacchiappare, con un allora giovane Fidel Castro sostenuto dal popolo e da un po' di missili con stella rossa in vista.
L'atmosfera ad alta tensione del film è dunque assolutamente giustificata e così ben condotta da contagiare lo spettatore, naturalmente di più quello che ha vissuto nei pressi dell'epoca, dagli anni 50 in poi e fino ai fatidici anni '80, alla fine dei quali il mondo ha fatto un giro di 360° e per sentirsi in pericolo vero, deve guardare ai vocianti freschi detentori di armamenti nucleari (con una certa smania di provarli), alle congreghe di indomiti fratelli terroristi, alle debacle dei mercati finanziari.. o ai remake o riproposte di film dal piglio drammatico come questo diretto proprio splendidamente da un De Niro in gran forma, piedi diabetici a parte.
L'effetto noia che qualcuno (ma nel 2007!)accusava, probabilmente è da attribuirsi ai silenzi del rigoroso e impenetrabile agente della CIA, che pare sia veramente esistito, dedito in toto ad un senso del dovere che lo disumanizza, e che solo il carisma di Demon può (forse) salvare da un senso di disprezzo per le imperdonabili carenze affettive.
Anna Solari
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arvin
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mercoledì 14 novembre 2007
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molto ben realizzato
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Film che vede De Niro tornare dietro la macchina da presa dopo 14 anni di assenza, e mi permetterei di dire con discreto successo. Questo film vuole essere una ricostruzione accurata, e direi che de niro in questo riesce abbastanza bene, della storia dei servizi segreti dalla nascita CIA, avvenuta dopo la seconda guerra mondiale, fino alla crisi dei missili di cuba. E lo fa attraverso gli occhi di Matt Damon che si cala molto bene dei panni dell'agente CIA freddo e distaccato, ma che ha anche un cuore, un anima e una coscienza e questo lo si vede bene nel rapporto con il figlio e nel rapporto conflittuale che ha con la moglia ( una splendida Angelina Joliè che spicca per presenza, ma che ha e mantiene un ruolo marginale ).
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Film che vede De Niro tornare dietro la macchina da presa dopo 14 anni di assenza, e mi permetterei di dire con discreto successo. Questo film vuole essere una ricostruzione accurata, e direi che de niro in questo riesce abbastanza bene, della storia dei servizi segreti dalla nascita CIA, avvenuta dopo la seconda guerra mondiale, fino alla crisi dei missili di cuba. E lo fa attraverso gli occhi di Matt Damon che si cala molto bene dei panni dell'agente CIA freddo e distaccato, ma che ha anche un cuore, un anima e una coscienza e questo lo si vede bene nel rapporto con il figlio e nel rapporto conflittuale che ha con la moglia ( una splendida Angelina Joliè che spicca per presenza, ma che ha e mantiene un ruolo marginale ). Molto diverso dai classici dello spionaggio in stile James Bond e ai più recenti Borne. Pressochè privo di scene d'azione e di effetti speciali, il film non risente di questo anzi trovo che ciò contribuisca a renderlo realistico e credibile. La storia sebbene abbastanza pesante evolve con l'evolvere del film e nonostante le tre ore il film non risulta eccessivamente pesante e lento. Buona la regia di de niro. Nel complesso è un ottimo film di genere. Consigliato a tutti gli amanti del genere.
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boz
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mercoledì 2 maggio 2007
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un film che non lascia lo spettatore passivo..
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Se cercate un film d'azione, di movimento, di sparatorie, di forti passioni, di eroi, di suspance, di sfide all'ultimo sangue, corse, inseguimenti...
Lasciate perdere, non andate ad infoltire il già troppo grande gruppo di chi resta in una sala solo per sbuffare e fare commenti alquanto inopportuni.
....
Come descrivere il lavoro delle acque marine, che erodono le rocce fino a dare loro un volto preciso, lento e costante, lasciando cadere tutto il superfulo finché non resta solo la vera anima di quelle?
La cosa che forse impressiona di più è la tecnica narrativa. Grazie a continui flash-back (che però di Flash hanno ben poco) che si innestano con fluidità nella storia e portano al -e spiegano il- punto in cui parte la pellicola, il carattere del personaggio emerge pian piano, rafforzandosi sempre più.
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Se cercate un film d'azione, di movimento, di sparatorie, di forti passioni, di eroi, di suspance, di sfide all'ultimo sangue, corse, inseguimenti...
Lasciate perdere, non andate ad infoltire il già troppo grande gruppo di chi resta in una sala solo per sbuffare e fare commenti alquanto inopportuni.
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Come descrivere il lavoro delle acque marine, che erodono le rocce fino a dare loro un volto preciso, lento e costante, lasciando cadere tutto il superfulo finché non resta solo la vera anima di quelle?
La cosa che forse impressiona di più è la tecnica narrativa. Grazie a continui flash-back (che però di Flash hanno ben poco) che si innestano con fluidità nella storia e portano al -e spiegano il- punto in cui parte la pellicola, il carattere del personaggio emerge pian piano, rafforzandosi sempre più.
Il senso di oppressione, un po' infantile, aumenta sottilmente, col passare del tempo, anzi, delle vicende. Perché infatti tutto deve fare i conti con la Storia, quella del mondo, che tutti noi conosciamo almeno per grandi linee. Si parte dalla seconda guerra mondiale per arrivare agli anni sessanta. Se avete intenzione di vedere questo film, potreste ripassare un minimo (davvero, solo per avere un'idea generale degli avvenimenti esterni) la storia americana di quegli anni. Il vostro senso di partecipazione alla vicenda aumenterà, di molto.
La vicenda, presa in sé, non è estremamente complessa. Ma l'intreccio, i salti, lasciano dei piccoli vuoti da colmare.
Un po' come "il bianco" di certe poesie. Allora lo spettatore è forzato a colmare queste lacune.
E' un altro punto a favore di questo film: non ti lascia passivo, sei stimolato a capire, ragionare, chiederti "perché?". E mai come in questo caso, i silenzi in scena risultano così profondamente significativi.
Ottime regia e sceneggiatura, che non calcano la mano sulla tragicità -privandogliene- del personaggio. Molto apprezzabile è la fotografia, suggestiva.
Assolutamente da vedere.
Ovviamente, se siete disposti a guardare quasi tre ore di film dove non ci siano sparatorie, effetti speciali, belli/e impossibili, amori patetico-tragico-passionali....
Ah.. alla fine ci si può interrogare sul significato dell'opera. A volte, semplicemente, per trovarlo basterebbe non provare a spingersi troppo al di là di quello che si è visto.
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lizard
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sabato 28 aprile 2007
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pubblico e privato
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Il film di De Niro è decisamente ambizioso, nel voler descrivere dall'interno le dinamiche di una grande organizzazione spionistica, i suoi metodi e la sua sostanziale assenza di morale e, dall'altro, nel voler esaminare i riflessi del lavoro sporco sul privato di un agente segreto.
L'importanza delle ambizioni finisce, inevitabilmente, proprio per essere il maggiore difetto dell'opera, che accumula spunti e notazioni finendo per non essere completamente soddisfacente su nessuno dei due versanti.
Il film, però, non manca di momenti notevoli, soprattutto nell'asciutto finale che, nel descrivere la progressiva solitudine del protagonista, richiama alla mente certi grandi pagine del cinema di Coppola(non a caso, produttore esecutivo).
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Il film di De Niro è decisamente ambizioso, nel voler descrivere dall'interno le dinamiche di una grande organizzazione spionistica, i suoi metodi e la sua sostanziale assenza di morale e, dall'altro, nel voler esaminare i riflessi del lavoro sporco sul privato di un agente segreto.
L'importanza delle ambizioni finisce, inevitabilmente, proprio per essere il maggiore difetto dell'opera, che accumula spunti e notazioni finendo per non essere completamente soddisfacente su nessuno dei due versanti.
Il film, però, non manca di momenti notevoli, soprattutto nell'asciutto finale che, nel descrivere la progressiva solitudine del protagonista, richiama alla mente certi grandi pagine del cinema di Coppola(non a caso, produttore esecutivo).
La fissità di Matt Damon è perfettamente funzionale alla raffigurazione del protagonista, rendendone benissimo la sostanziale labilità delle motivazioni e la complessiva inadeguatezza esistenziale.
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megliosenza
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martedì 1 maggio 2007
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bello: vicenda privata di chi ha fatto la cia
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Quanto serve per raccogliere i ricordi di una vita e raccontarla soffermandosi sul calore, sulla passione, sul rimpianto (ma anche sul cinismo o sull'umanità di certe scelte), in un film senza sbavature ed eccessi: 167 Minuti e De Niro ? Grazie ad entrambi. Grazie al tempo che ci permette di seguire le vicende della vita del protagonista con la calma che merita, senza gli effetti speciali dei film d'azione o le cure dei dettagli dei film di spionaggio (chi resta disorientato dal montaggio è chi cerca di capire la trama, la storia, ma di questa i dettagli non vengono forniti, appunto; chi si annoia è chi non ha capito che non si tratta di un film spara-spara!).
E' per nascita, più che per meriti, per un tragico destino (che lo rende taciturno quasi muto), più che per scelte, che il protagonista, figlio di una potente famiglia americana, finiti i brillanti studi a Yale, ripercorre tutti i passi delle élite selezionatissime di giovani americani che certosinamente alcuni, con spregiudicatezza o savoir faire altri, costituiscono e costruiscono la spina dorsale del sistema politico-economico del paese.
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Quanto serve per raccogliere i ricordi di una vita e raccontarla soffermandosi sul calore, sulla passione, sul rimpianto (ma anche sul cinismo o sull'umanità di certe scelte), in un film senza sbavature ed eccessi: 167 Minuti e De Niro ? Grazie ad entrambi. Grazie al tempo che ci permette di seguire le vicende della vita del protagonista con la calma che merita, senza gli effetti speciali dei film d'azione o le cure dei dettagli dei film di spionaggio (chi resta disorientato dal montaggio è chi cerca di capire la trama, la storia, ma di questa i dettagli non vengono forniti, appunto; chi si annoia è chi non ha capito che non si tratta di un film spara-spara!).
E' per nascita, più che per meriti, per un tragico destino (che lo rende taciturno quasi muto), più che per scelte, che il protagonista, figlio di una potente famiglia americana, finiti i brillanti studi a Yale, ripercorre tutti i passi delle élite selezionatissime di giovani americani che certosinamente alcuni, con spregiudicatezza o savoir faire altri, costituiscono e costruiscono la spina dorsale del sistema politico-economico del paese.
Ed è in un periodo di distruzione/ricostruzione del potere (la guerra mondiale e gli anni 50) che pochi giovani, veramente pochi, pochissimi, partecipano alla definizione dei paradigmi di potere del nuovo mondo nascente.
Tutto, tutto questo costruire, passa in secondo piano nella narrazione, fa da sfondo al tema centrale del film: la personalità di Matt Damon chiusa, schiva, determinata, meticolosa che nella scelta di non vivere non dare spazio alle proprie aspirazioni, non scegliendo, ma subendo i fatti della vita, sospinto da un utopistico e non realmente sentito sogno di rettitudine e moralità (quella che ammette compromessi, morti e sacrifici -anche morali- per una causa superiore, il Paese) è il mezzo con cui un paese si struttura per affermare la propria egemonia. Un manipolo di persone, una lobbie, fa il bello e il cattivo tempo.
Non viene girata una scena in assenza di Matt Damon.
Poderoso, straordinario, da vedere.
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roby
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martedì 1 maggio 2007
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una lucida storia della cia...
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Buona la regia di De Niro in questo film, dove tratta la nascita della Cia con un linguaggio tecnico e preciso ma, allo stesso tempo, ambiguo e sinistro; i personaggi si muovono sempre come ombre, parlano fra loro, sussurrano e compiono il loro dovere con spietata lucidità. Non tutti i particolari di una vicenda così complessa vengono resi espliciti; certe cose le immagini lo lasciano percepire e il resto spetta al pubblico ricavarlo attraverso la propria cultura storica. Tutto è affidato alla recitazione degli attori; bravo Damon, e pure gli altri. E' un film su un tema difficile realizzato con una certa accuratezza, e con un montaggio che rende possibile seguire i dialoghi fino alla fine. Non può emozionare come tanti altri film; la storia della Cia non è emozionante.
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Buona la regia di De Niro in questo film, dove tratta la nascita della Cia con un linguaggio tecnico e preciso ma, allo stesso tempo, ambiguo e sinistro; i personaggi si muovono sempre come ombre, parlano fra loro, sussurrano e compiono il loro dovere con spietata lucidità. Non tutti i particolari di una vicenda così complessa vengono resi espliciti; certe cose le immagini lo lasciano percepire e il resto spetta al pubblico ricavarlo attraverso la propria cultura storica. Tutto è affidato alla recitazione degli attori; bravo Damon, e pure gli altri. E' un film su un tema difficile realizzato con una certa accuratezza, e con un montaggio che rende possibile seguire i dialoghi fino alla fine. Non può emozionare come tanti altri film; la storia della Cia non è emozionante. Ma comunque suscita la curiosità dello spettatore, in quanto è molto interessante e stimolante. Da vedere assolutamente.
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riccardo
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martedì 1 maggio 2007
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anche il mito inciampa
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Quanto è interessante e coinvolgente la storia americana. Un puzzle di complotti, omicidi e inganni che la fanno ancora oggi da padrona. Forse in modo più astuto però.
Per riesumare una sceneggiatura impolverata da anni in qualche ufficio di una major sono serviti un paio di nomi di Hollywood che fanno tremare solo a scriverli: De Niro e Coppola.
Con queste premesse nessun produttore si sarebbe tirato indietro di fronte all'opportunità di erigere un progetto dalle appetibilissime chance di premi e incassi, binomio da capogiro in ogni realtà dove si respira cinema.
Peccato che "L'ombra del potere" sia un esempio sufficientemente palese di quanto i grandi propositi sfumino in un polpettone digeribile a fatica.
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Quanto è interessante e coinvolgente la storia americana. Un puzzle di complotti, omicidi e inganni che la fanno ancora oggi da padrona. Forse in modo più astuto però.
Per riesumare una sceneggiatura impolverata da anni in qualche ufficio di una major sono serviti un paio di nomi di Hollywood che fanno tremare solo a scriverli: De Niro e Coppola.
Con queste premesse nessun produttore si sarebbe tirato indietro di fronte all'opportunità di erigere un progetto dalle appetibilissime chance di premi e incassi, binomio da capogiro in ogni realtà dove si respira cinema.
Peccato che "L'ombra del potere" sia un esempio sufficientemente palese di quanto i grandi propositi sfumino in un polpettone digeribile a fatica.
Bob De Niro torna in cabina di regia 14 anni dopo il sincero "Bronx" con un plot complesso che porta la firma di Eric Roth, penna affermata di solidi e premiati film a stelle e strisce come "Forrest Gump", "The Insider" e "Munich".
Impeccabile la storia, certo. Altrettanto la ricostruzione di personaggi e ambienti. L'ispirazione del film proviene proprio da quel corposo lasso temporale che avvolge la fondazione del sistema di intellingence più celebre del mondo, la CIA appunto.
Il cast superlativo non può non farci strabuzzare gli occhi: entrano nel gioco star di prima grandezza come Damon e la Jolie (oltre al De Niro rimasto però ai "Quei bravi ragazzi" come smorfie e sorrisi gigioni) più uno stuolo di caratteristi d.o.c. come Baldwin, Hurt, Turturro, e Hutton. A supervisionare il progetto un certo F.F. Coppola. Basta?
Bene. La patina è di quelle prelibate ma in un film di questa portata la gloria di questi personaggi non ha apportato alcun prvilegio. Probabilmente per ragioni divistiche che appesantiscono alcuni personaggi che avrebbero avuto bisogno più di attori che di star. Non solo. "The Good Sheperd" appare come un'astronave guidata da uno stuolo di professionisti che vaga senza meta nella sconfinata galassia, specchiandosi nella sua perfezione tecnologica.
Il ruolo di Matt Damon era oggettivamente difficile da calibrare, ma la star di "The Departed" ce l'ha messa tutta per farsi odiare con quell'espressioni e movenze fisiche a metà strada tra un menomato fisico e un impacciato adolescente. In una vicenda che avrebbe reso felice Alan Pakula o lo stesso Sidney Pollack, De Niro condensa una ventina d'anni, aneddoti e intrighi internazionali in un susseguirsi di fatti che scandisce con una mancanza di linearità che potrebbe anche risolversi in una questione di stile. Un'opera così ardimentosa necessita però di passaggi di natura adrenalinica che non si verificano, malgrado alcune sequenze azzeccate (l'interrogatorio cruento del russo, l'assassinio del mentore di Damon...). Tutto si svolge mediante un rigore apprezzabile, ma De Niro non se l'è sentita di sminuire il maestoso lavoro di Roth in sede di scrittura; di conseguenza non ha seguito preziosi insegnamenti di storici del cinema che consigliavano di utilizzare più le immagini delle parole per significare. Siamo alle soglie del prolisso alternato a fasi ingessate che avrebbero avuto bisogno di una sana sfoltita. La vicenda era già complessa da seguire per la sua entrinseca natura e questo bastava come coefficiente di impegnativa focalizzazione da parte dello spettatore. Per De Niro evidentemente no.
La devozione verso la storia può essere un'arma a doppio taglio. Qui si sono feriti in parecchi purtroppo.
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cadillac
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giovedì 15 marzo 2007
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pretenzioso e ingessato. de niro toppa.
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Una storia ambientata nei corridoi del potere, quella voluta da Robert De Niro, ma soprattutto ambientata nella vita di un uomo che ormai è diventata un dispendio di segreti e bugie, atti a un solo scopo: la salvaguardia dell'America. THE GOOD SHEPHERD ha un taglio quasi documentaristico e balza avanti e indietro tra flashback e flashforward, proponendoci i fatti e le basi sulle quali è stata creata la CIA, inquadrando lo studente modello Edward Wilson che tra sette e sapienza arriva fin dove l'anima lo supporta arrivando perfino a distorgere ciò che rimane della sua vita privata. L'operazione di De Niro visivamente può risultare elegante, ma è troppo implosiva per poter essere attraente, troppo manieristica per poter essere interessante; un manierismo a tratti insopportabile che distrugge in parte quanto De Niro aveva fatto di buono con BRONX, in cui attingeva dall'amico Martin mostrando però una capacità di umiltà notevole.
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Una storia ambientata nei corridoi del potere, quella voluta da Robert De Niro, ma soprattutto ambientata nella vita di un uomo che ormai è diventata un dispendio di segreti e bugie, atti a un solo scopo: la salvaguardia dell'America. THE GOOD SHEPHERD ha un taglio quasi documentaristico e balza avanti e indietro tra flashback e flashforward, proponendoci i fatti e le basi sulle quali è stata creata la CIA, inquadrando lo studente modello Edward Wilson che tra sette e sapienza arriva fin dove l'anima lo supporta arrivando perfino a distorgere ciò che rimane della sua vita privata. L'operazione di De Niro visivamente può risultare elegante, ma è troppo implosiva per poter essere attraente, troppo manieristica per poter essere interessante; un manierismo a tratti insopportabile che distrugge in parte quanto De Niro aveva fatto di buono con BRONX, in cui attingeva dall'amico Martin mostrando però una capacità di umiltà notevole. Qui invece avviene l'opposto, De Niro si rifugia nell'usato sicuro, proponendo un film-clichè senz'anima, stancamente assopito sui canoni hollywoodiani del film politico e politically correct, in cui la complessità della storia non fa altro che sfiancare lo spettatore, che assiste inerme a un esercizio scontato, eccessivamente musicato, e dove l'ossesso tramite gli sguardi dei protagonisti è un luogo comune in pillole. Proprio perchè nell'esercizio di stile c'è una freddezza riondante, che determina alla fine una pellicola senza cuore, nonostante qualche scena sia discretamente girata ( S P O I L E R - l'omicidio a Londra nel canale, la ragazza gettata dall'aereo in Congo, o l'interrogatorio/tortura della spia russa - FINE S P O I L E R). E molto della non riuscita totale del film è dato anche da un cast eccessivamente ingessato, Damon in primis, e una Angelina Jolie che gigioneggia nella parte di moglie ormai pienamente consapevole che la propria vita circola intorno alla sfiducia e ai segreti. Nessuno emerge fino in fondo, nemmeno i comprimari più presenti (Turturro, Hurt, Baldwin e Crudup), nè i cameo di Joe Pesci (appare si e no un paio di minuti) e Timothy Hutton. Delusione cocente per un cast sprecato e una storia forse più adatta a un contesto più cocente e meno manieristico, in cui De Niro si ritrova quasi impotente e con poche idee, una cosa molto ambiziosa in cui da piccolo regista mostra di trovarsi in balia di un affare ben più grande di lui.
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