Ridley Scott non delude le attese di spettacolarità. Alcuni ingredienti del successo – battaglie, medioevo, cavalleria, sacro, oriente... – sono intriseci al soggetto; la prevedibile aggiunta di una storia d’amore, con un idolo femminile per protagonista (Orlando Bloom: l’elfo Legolas del Signore degli Anelli) fa il resto.
Poi ci sarebbe la Storia, ma siamo sicuri sia così importante?
Qualcosa comunque bisogna dirla, e così i rapporti tra cristianità e islam incagliati da più di un millennio, vengono liquidati alla svelta distribuendo ai cattivi la tunica dei Templari. Filippo il Bello avrebbe applaudito, e gli stessi integralisti islamici finalmente approveranno un prodotto del diabolico Occidente, che senza scoraggiare il nostro pubblico – ormai insensibile a queste decrepite diatribe – farà felici i botteghini dal Marocco all’Indonesia.
Altri dettagli strani, qualche confusione tra i vari ordini cavallereschi o nelle biografie dei personaggi storici, scorrono innocui in due ore abbondanti di spettacolo. Cinquanta cavalier che in puro argento spiegan la trionfal purpurea croce… recitava la Gerusalemme Liberata volando già di fantasia molto prima di Hollywood.
Trama non troppo originale che lo Scott (Ridley) contemporaneo attinge dall’omonimo Scott (Walter), padre ottocentesco del romanzo storico. Anche nel “Riccardo Cuor di Leone” abbiamo un re buono e malato (Baldovino IV nel film, Riccardo d’Inghilterra nel libro), due incalliti guerrafondai predoni di carovane (il solito Gran Maestro templare, spalleggiato dall’ambizioso barone di turno), il bel cavaliere mezzo spiantato che ama una parente del re. In ambedue, l’insospettata star è Saladino: liquida personalmente il suddetto bieco Gran Maestro, tiene alla salute dei Re cristiani e ha cura dei crocifissi (solo nel film, e su questo Al-Qaeda avrà giustamente a lamentarsi). Non manca l’emiro travestito da servo che prima è graziato in combattimento dal bel Baliano/Bloom e poi lo ricambia (nel romanzo, alla fine, risulterà essere Saladino stesso).
I gemelli Scott insomma giocano volentieri con la Storia. Ma se la leggerezza di Walter tutto sommato è giustificata dall’unica civiltà (la nostra) percepita nel suo secolo, a Riley non guasterebbe più accortezza, in un tempo dalle molte civiltà, che quasi mai si comprendono. Il giovane Scott addirittura finisce col prendersi troppo sul serio, scomodando concetti importanti, dei quali peraltro le sue fantasie epiche avrebbero potuto benissimo fare a meno.
“Non m’interessa il Santo Sepolcro, m’interessa la salvezza della gente“ dice Baliano al (non troppo) nemico Saladino, sotto le pericolanti mura di Gerusalemme. E da un vero cavaliere medievale la battuta suona parecchio stonata. A parte quelli – erano tanti – arrivati in Terra Santa per interesse, che non si curavano comunque della gente, i crociati credevano veramente in Gesù Cristo: seppellito nel Santo Sepolcro, e da lì risorto il terzo giorno per la salvezza dell’umanità intera. Per quanto a noi sembri incredibile, la Tomba di Cristo – pegno della salute eterna – era il baricentro del mondo; e così veniva rappresentata Gerusalemme nelle cosmografie del tempo. In realtà, nel XII secolo il Santo Sepolcro interessava quasi tutti: religiosi e laici, cavalieri, pellegrini, donne e uomini, mussulmani compresi.
Accettiamo l’ex fabbro Baliano amante di regine e difensore di Città Sante, convince meno l’anacronismo di farne un illuminista: un passo ancora e siamo alla religione oppio dei popoli. Scott (minor) s’è difeso sottolineando il messaggio di tolleranza del suo film. Encomiabile proposito cui non giovano però le ricostruzioni storiche a simpatia: forse le ragioni della tolleranza guadagnerebbero di più dalla corretta rappresentazione di pregi e difetti che ogni civiltà ha portato dentro la Storia.
Al contrario che nel film, i pacifisti del tempo – ma diremmo meglio gli operatori di pace – furono grandi testimoni della religione. Qualche decennio dopo, Francesco d’Assisi sbarcò a Damietta predicando la riconciliazione tra cristiani e mussulmani. La guerra continuò, ma il Poverello seppe conquistarsi l’amicizia del Sultano d’Egitto, proprio come campione della sua fede. Dopo la definitiva sconfitta dei crociati, gli arabi consentiranno solo al suo Ordine di rimanere in Palestina per custodire i Luoghi Santi e garantirne il pacifico accesso ai pellegrini cristiani.
La lezione sembrerebbe che le città (e i cuori) si perdono per smodata ambizione ma pure per mancanza d’ideali; si mantengono, rispettando gli altri e ottenendo insieme rispetto con la testimonianza dei propri valori.
Proprio questa è l’ombra, non del film, ma dell’intera civiltà occidentale. Ombra che non possiamo certo addebitare a Ridley Scott; lui voleva solo divertire con qualche cavalcata, due scimitarre e un soffio di sabbia del deserto.
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