bigdrugo
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martedì 20 settembre 2005
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il cinema ha bisogno di questi film!
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Una bella storia, compatta, solida con i pezzi ben incastrati fra loro, un protagonista assolutamente amabile, una storia vera per l'america della grande depressione (inizi anni '30), un cuore che batte al ritmo dei pugni, che danza al ritmo di quelle scarpette che ballano sul ring, un uomo onesto, umile, dalla rara integrità morale, che combatte perchè costretto da una povertà che potrebbe portargli via i figli... si ritroverà a combattere per la gente...
Un gran film, diretto magistralmente da Ron Howard con un oscar della portata di Russel Crow al quale non mancherà almeno una nomination ai prossimi oscar per questa grande interpretazione, stessa sorte alla notte degli oscar la meriterebbe Paul Giamatti che sempre più ci regala interpretazioni assolutamente sopra la media; al femminile Reneé Zellweger che interpreta la moglie del pugile protagonista Jim Braddock (Russel Crow).
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Una bella storia, compatta, solida con i pezzi ben incastrati fra loro, un protagonista assolutamente amabile, una storia vera per l'america della grande depressione (inizi anni '30), un cuore che batte al ritmo dei pugni, che danza al ritmo di quelle scarpette che ballano sul ring, un uomo onesto, umile, dalla rara integrità morale, che combatte perchè costretto da una povertà che potrebbe portargli via i figli... si ritroverà a combattere per la gente...
Un gran film, diretto magistralmente da Ron Howard con un oscar della portata di Russel Crow al quale non mancherà almeno una nomination ai prossimi oscar per questa grande interpretazione, stessa sorte alla notte degli oscar la meriterebbe Paul Giamatti che sempre più ci regala interpretazioni assolutamente sopra la media; al femminile Reneé Zellweger che interpreta la moglie del pugile protagonista Jim Braddock (Russel Crow).
Ottima la fotografia e le riprese del regista sul ring sono fantastiche, riesce a far vedere più di quanto un ring potrebbe mostrare, belle le inquadrature sugli occhi dei pugili, i flash dei fotografi sono ben utilizzati così come le sequenze a rallentatore.
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devlin
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sabato 10 febbraio 2007
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solo chi cade può risorgere:"cinderella man"
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Un esempio, un vero esempio di valori e di stile di vita. Questo è quello che ho pensato alla fine di questo film intenso e toccante. Io mi auguro che Ron Howard non abbia romanzato eccessivamente la vita del protagonista perchè, in questo caso costui è stato una grande persona prima ancora di essere stato un grande pugile. A testimonianza di ciò mi piace solo ricordare l' episodio in cui il protagonista restituisce all' assistenza sociale i soldi percepiti, semplicemente perchè non ne aveva più così bisogno, in quanto "le cose cominciavano a girare bene". Chi oggi rifarebbe un gesto simile? Non molti, temo, neanche chi è già ricco di suo. Russell Crowe si è cimentato in ruolo un pò diverso dal solito, meno da "finto cinico" e più vicino ai vecchi valori di una volta.
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Un esempio, un vero esempio di valori e di stile di vita. Questo è quello che ho pensato alla fine di questo film intenso e toccante. Io mi auguro che Ron Howard non abbia romanzato eccessivamente la vita del protagonista perchè, in questo caso costui è stato una grande persona prima ancora di essere stato un grande pugile. A testimonianza di ciò mi piace solo ricordare l' episodio in cui il protagonista restituisce all' assistenza sociale i soldi percepiti, semplicemente perchè non ne aveva più così bisogno, in quanto "le cose cominciavano a girare bene". Chi oggi rifarebbe un gesto simile? Non molti, temo, neanche chi è già ricco di suo. Russell Crowe si è cimentato in ruolo un pò diverso dal solito, meno da "finto cinico" e più vicino ai vecchi valori di una volta.
L' educazione che, nonostante le difficoltà economiche, cerca di impartire ai figli ha quasi dell' incredibile. Renèe Zellweger risulta essere una partner quasi ideale, spontanea e sembra in perfetta sintonia con Russell Crowe.
Il periodo della grande depressione è descritto in modo veritiero, senza fronzoli nè pietismi esasperati.
Un' altra scena che, a mio avviso, merita una menzione particolare è quella dell' umiliazione alla quale si sottopone l' ex campione, costretto dalle necessità, nel chiedere soldi ai suoi vecchi conoscenti. Commovente.
C' è un altro film che si svolge negli anni trenta, sempre in America, che descrive fatti e personaggi realmente esistiti: "SEABISCUIT". E' strano che vi siano così tante assonanze ma, se vi è piaciuto "Cinderella Man", vi appassionerà senz'altro anche quest'ultimo film, non foss'altro per le riprese spettacolari. Concludendo, è un film che insegna un pò a tutti noi che "essere" è molto più importante che "avere". Buona visione.
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tidus
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sabato 10 settembre 2005
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appassionante
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Mi è piaciuto molto e mi sono appassionato alle vicende di Jim "Cenerentola" Braddock. Qualcuno lo ha già bollato come "sponsor pro vicende sfortuna americane degli ultimi tempi", ossia lo sprone per ricominciare e per risollevare la testa: il regista Ron Howard non ne ha fatto mistero e l'ha ammesso pubblicamente, ma in fondo tutti, nel proprio Paese, producono e sponsorizzano gli eroi che vogliono, nello sport ma anche nelle vicende economiche e politiche. Eppure io questa "sponsorizzazione" non l'ho minimamente avvertita. Anzitutto è una storia vera e non montata ad arte come le vicende narrate nella saga "Rocky", quello sì autentico "self made man" e "l'America ti offre sempre un'opportunità".
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Mi è piaciuto molto e mi sono appassionato alle vicende di Jim "Cenerentola" Braddock. Qualcuno lo ha già bollato come "sponsor pro vicende sfortuna americane degli ultimi tempi", ossia lo sprone per ricominciare e per risollevare la testa: il regista Ron Howard non ne ha fatto mistero e l'ha ammesso pubblicamente, ma in fondo tutti, nel proprio Paese, producono e sponsorizzano gli eroi che vogliono, nello sport ma anche nelle vicende economiche e politiche. Eppure io questa "sponsorizzazione" non l'ho minimamente avvertita. Anzitutto è una storia vera e non montata ad arte come le vicende narrate nella saga "Rocky", quello sì autentico "self made man" e "l'America ti offre sempre un'opportunità". Secondo appunto: Jim Braddock subì sulla propria pelle, come moltissimi cittadini, la crisi economica del 1929, tanto da perdere tutto quello che aveva investito e finire a fare realmente lo scaricatore di porto, per di più con una mano ingessata. Miseria vera, a volte senza luce e gas, con una moglie e tre figlioletti da mantenere, in una bicocca e quasi senza nulla da mangiare, rubando travi dagli steccati per scaldare la topaia durante l'inverno. Terza nota degna di essere citata: nel film ci sono incontri "veri", non le spacconate alla Rocky/Apollo Creed e con volti incredibilmente tumefatti a fine incontro, buoni per impressionare il pubblico; si combatte e ci si appassiona realmente, fino alla fine. Infine un quarto e ultimo punto a favore del film: non c'è vera retorica americana, ma solo autentico riscatto da parte di un uomo che sapeva soltanto fare il pugile, ma che si adattò per sbarcare il lunario (e non sempre ci riusciva, "Fronte del porto" docet): poco prima del match finale, che vale il titolo di campione dei pesi massimi, alla domanda posta da un reporter "perchè lo fa?" risponde ironicamente "per il latte" (ossia per portare a casa la cena). Sebbene si conosca l'esito finale del match, esso risulta appassionante e tirato anche se, a mio avviso, la parte più bella del film è data proprio dalla situazione di miseria in cui viene a trovarsi con la famiglia: si vedono pugni, ma c'è anche moltissimo spazio per gli affetti familiari. Per finire, Russell Crowe: convince sia perchè ha "le fisique du role", sia perchè recita con molta naturalezza, senza sbavature o forzature, mentre Renée Zellweger, che impersona sua moglie, non mi ha entusiasmato: troppo "gatta" all'inizio e sdolcinata poi, anche se la doppiatrice, IMHO, ci ha messo molto del suo.
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i boanerghes
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lunedì 17 ottobre 2005
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famiglia e onestà
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E’ la storia vera di un pugile americano Jim Braddock, marito fedele, padre affettuoso, lavoratore giornaliero al porto durante la crisi economica del 1929. Nel film tutti gli aspetti di questo periodo storico sono ben narrati: la decadenza della classe media, la fame, la povertà, la disperazione di chi non ha un lavoro ed ha perso tutto.
Attraverso la storia di questo pugile, con la sua perseveranza e la sua voglia di riscatto, ci viene raccontato come anche nei momenti più difficili al centro della vita di un uomo ciò che rappresenta la sua forza sono alcuni valori fondamentali. Il suo riscatto parte infatti dall’unità della sua famiglia e dal suo senso dell’onestà che non vengono messi in discussione neanche quando non ha più nulla da dare da mangiare ai suoi figli.
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E’ la storia vera di un pugile americano Jim Braddock, marito fedele, padre affettuoso, lavoratore giornaliero al porto durante la crisi economica del 1929. Nel film tutti gli aspetti di questo periodo storico sono ben narrati: la decadenza della classe media, la fame, la povertà, la disperazione di chi non ha un lavoro ed ha perso tutto.
Attraverso la storia di questo pugile, con la sua perseveranza e la sua voglia di riscatto, ci viene raccontato come anche nei momenti più difficili al centro della vita di un uomo ciò che rappresenta la sua forza sono alcuni valori fondamentali. Il suo riscatto parte infatti dall’unità della sua famiglia e dal suo senso dell’onestà che non vengono messi in discussione neanche quando non ha più nulla da dare da mangiare ai suoi figli.
Oggi la famiglia viene attaccata in tanti modi e di fronte alle difficoltà oggettive si propongono come validi alcuni surrogati di famiglia oppure la via più semplice sembra essere quella della separazione come anche il film evidenzia confrontando la scelta del personaggio principale con quella di altre famiglie; il film racconta come, la famiglia possa sopravvivere alle difficoltà più terribili e come da queste sappia uscirne rinforzata. Anzi di più, la chiave del successo di quest’uomo sta nella forza che trova all’interno della sua famiglia e nel bellissimo ed emozionante rapporto che ha con sua moglie e i suoi figli.
Altro elemento di forza presentato nel film è la fede che questa famiglia vive all’interno di una comunità.
E’ un film che emoziona, che non ti lascia indifferente e che nel racconto di un riscatto umano legato alla storia di un pugile ti coinvolge a tal punto da farti desiderare di vivere con la stessa passione e la stessa determinazione una vita che sappia opporsi e superare le banalità e le superficialità su cui e’ basata invece, in maniera efficacemente contrapposta, la vita del campione del mondo con cui si trova a combattere sul ring.
La vicenda sportiva sicuramente enfatizza e rende vibrante questa storia di riscatto e speranza e ti trascina come ha trascinato quelle persone che nel film rappresentano la comunità in cui vive Braddock e quello strato sociale cosi piegato dalla crisi economica, esse ritroveranno speranza per il loro futuro nella vicenda di quest’uomo e della sua famiglia.
Buona visione
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nico
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giovedì 9 agosto 2007
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e' proprio ganzo.
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Per dirlo alla fiorentina il film è di molto ma di molto ganzo. Gli do 4 stelle tanto il tempo è galantuomo e se ne prenderà di diritto 5 tra qualche anno. Ben ricostruito lo spaccato di una America in crisi e della vita di questo pugile che passa dalle stelle alle stalle, e come altri milioni di connazionali durante la grande depressione (iniziata nel 1929) conosce l'amaro sapore della miseria ed i morsi della fame. Ma riesce quasi miracolosamente a risalire la testa, prima trovando un lavoro come scaricatore di porto, che gli dà qualche soldo e gli rinforza pure il braccio più debole (non tutti i mali vengono per nuocere), poi agguantando la grande occasione della sua vita, sicuramente l'ultima: sfidare niente di meno che Max Baer, il campione dei pesi massimi, un uomo che aveva messo a mal partito Carnera (no, dico: Carnera) ed aveva ucciso sul ring due discreti pugili, poveretti.
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Per dirlo alla fiorentina il film è di molto ma di molto ganzo. Gli do 4 stelle tanto il tempo è galantuomo e se ne prenderà di diritto 5 tra qualche anno. Ben ricostruito lo spaccato di una America in crisi e della vita di questo pugile che passa dalle stelle alle stalle, e come altri milioni di connazionali durante la grande depressione (iniziata nel 1929) conosce l'amaro sapore della miseria ed i morsi della fame. Ma riesce quasi miracolosamente a risalire la testa, prima trovando un lavoro come scaricatore di porto, che gli dà qualche soldo e gli rinforza pure il braccio più debole (non tutti i mali vengono per nuocere), poi agguantando la grande occasione della sua vita, sicuramente l'ultima: sfidare niente di meno che Max Baer, il campione dei pesi massimi, un uomo che aveva messo a mal partito Carnera (no, dico: Carnera) ed aveva ucciso sul ring due discreti pugili, poveretti. Gustosa la scena del combattimento finale. Introspezione ed azione non sono facili da compendiare, ma in questo film Ron Howard ci riesce assai bene. Qui Renée Zellweger è particolarmente interessante, come donna e come attrice. E per chi ancora non lo sapesse Russell Crowe è neo zelandese, non australiano( unica correzione che mi permetto di far notare alla recensione principale).
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[+] si si, è "ganzo"
(di alice)
[ - ] si si, è "ganzo"
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luca scial�
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lunedì 26 maggio 2014
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il coraggio di mettersi in gioco
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James Braddock è un buon pugile proveniente da Brooklin, che ha visto finire la sua carriera proprio nel 1929, quanto per tutta l'America iniziava l'incubo della Grande depressione. Braddock deve badare alla moglie e ai tre figli, ma non riesce a trovare lavoro e così sprofonda nella povertà. Proprio per le sue pressanti esigenze economiche, decide di risalire sul ring sebbene il fisico non sia più come quello di prima. Ma nonostante ciò, inalena una serie di vittorie dopo l'altra, fino a giocarsi il titolo.
Ron Howard conferma la sua abilità nello scavare storie toccanti e tramutarle in film. Certo, come accaduto anche con il precedente Beautiful mind, ogni tanto eccede in sentimentalismi che sfiorano il patetico, ma tutto sommato le sue storie sono convincenti.
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James Braddock è un buon pugile proveniente da Brooklin, che ha visto finire la sua carriera proprio nel 1929, quanto per tutta l'America iniziava l'incubo della Grande depressione. Braddock deve badare alla moglie e ai tre figli, ma non riesce a trovare lavoro e così sprofonda nella povertà. Proprio per le sue pressanti esigenze economiche, decide di risalire sul ring sebbene il fisico non sia più come quello di prima. Ma nonostante ciò, inalena una serie di vittorie dopo l'altra, fino a giocarsi il titolo.
Ron Howard conferma la sua abilità nello scavare storie toccanti e tramutarle in film. Certo, come accaduto anche con il precedente Beautiful mind, ogni tanto eccede in sentimentalismi che sfiorano il patetico, ma tutto sommato le sue storie sono convincenti. Come in quel caso, anche qui affida il protagonista a Russel Crowe, lanciato alla grande da Il Gladiatore e confermatosi proprio nei panni del matematico con problemi psichici. Anche in questa pellicola, oltre al fisico possente, mette a disposizione un'interpretazione convincente. Ottima la spalla anche di Renée Zellweger, nei panni della moglie.
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great steven
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lunedì 14 giugno 2021
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il pugile che diventò un eroe per il popolo usa.
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CINDERELLA MAN – UNA RAGIONE PER LOTTARE (USA, 2005) di RON HOWARD. Con RUSSELL CROWE, RENéE ZELLWEGER, PAUL GIAMATTI, CRAIG BIERKO, PADDY CONSIDINE, BRUCE MCGILL, RON CANADA, DAVID HUBAND, ROSEMARIE DEWITT, CONNOR PRICE, ARIEL WALLER ● Storia del più improbabile campione mondiale dei pesi massimi di tutti i tempi: James J. Braddock (1905-1974), figlio di immigrati irlandesi. Iniziò come dilettante nel pugilato nel 1923, diventò professionista macinando vittorie su vittorie finché nel 1928 un infortunio grave alla mano destra lo costrinse ad archiviare prematuramente la sua carriera. Il crollo della borsa di Wall Street nell’anno seguente gettò lui e la sua famiglia sul lastrico.
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CINDERELLA MAN – UNA RAGIONE PER LOTTARE (USA, 2005) di RON HOWARD. Con RUSSELL CROWE, RENéE ZELLWEGER, PAUL GIAMATTI, CRAIG BIERKO, PADDY CONSIDINE, BRUCE MCGILL, RON CANADA, DAVID HUBAND, ROSEMARIE DEWITT, CONNOR PRICE, ARIEL WALLER ● Storia del più improbabile campione mondiale dei pesi massimi di tutti i tempi: James J. Braddock (1905-1974), figlio di immigrati irlandesi. Iniziò come dilettante nel pugilato nel 1923, diventò professionista macinando vittorie su vittorie finché nel 1928 un infortunio grave alla mano destra lo costrinse ad archiviare prematuramente la sua carriera. Il crollo della borsa di Wall Street nell’anno seguente gettò lui e la sua famiglia sul lastrico. Per mantenere la moglie e i tre figli, si arrangiò alla meno peggio come scaricatore di porto, cercando con la forza della disperazione di non perdere mai la dignità. Grazie alla defezione all’ultimo minuto di un pugile che avrebbe dovuto affrontare un avversario in un incontro di seconda categoria e all’organizzazione infallibile del suo fedelissimo manager Joe Gould, Braddock rientra sul ring, trionfa in tre incontri e restituisce allo stato del New Jersey quegli stessi sussidi di disoccupazione a cui egli stesso era ricorso, guadagnandosi il soprannome di Gentleman Jim (quello di Cinderella Man è dello scrittore Damon Runyon). Le sue vittorie e la sua inaspettata rimonta attirano l’attenzione della stampa che comincia a pubblicare articoli su di lui e a fare pronostici su una sua probabile conquista del titolo mondiale dei pesi massimi, da contendere col malvagio Max Baer, campione in carica per altro reo di aver ucciso un paio di avversari sul ring. Benché dato per sfavorito dagli esperti di boxe, James, in un mirabolante match di ben quindici riprese, vince contro Max Baer e realizza il sogno della sua vita. È il 13 giugno 1935. Gli sceneggiatori Cliff Hollingsworth e Akiva Goldsman hanno approntato una scrittura da cui R. Howard ha tratto un film ad ampio respiro che tende all’epica puntando su una tripletta di temi non privi di retorica: James Braddock come eroe nazionale, simbolo di una rinascita collettiva possibile in qualunque momento nonché incarnazione della speranza del New Deal di F. D. Roosevelt; inno ai valori di una famiglia proletaria che, ricorrendo alla forza della volontà e al coraggio della paura, non si arrende alla povertà; rievocazione dei modi con cui, afferrando a quattro mani il proprio destino, il popolo statunitense uscì dalla Grande Depressione. Liberal moderato, Howard ha diretto un’opera che denuncia le storture del passato del suo Paese, ma al tempo stesso accetta l’ordito generale del suo andazzo, ne giustifica la crescita, ne abbraccia in pieno i valori; il tutto cementificato da una dose immane di patriottismo fine a sé stesso che si compiace di comparire accanto alla spettacolarità di una vicenda che sfrutta la retorica dell’eroismo a proprio vantaggio, ma, a parte quest’osservazione, sarebbe ingeneroso non sottolineare le numerose sequenze dove il bisogno di un riscatto e la valorizzazione dell’impegno diventano una cifra narrativa di importanza fondamentale. Merito della più che discreta riuscita del film va per grandissima parte a Crowe e a P. Giamatti (candidato all’Oscar 2006 come attore non protagonista), il quale, pur non abbandonando l’abituale veste da caratterista, ritrae un agente sportivo di tutto rispetto il cui comportamento mescola con abilità pathos ed energia, e ad altri attori che non si smentiscono interpretando ruoli di secondo piano, come loro solito; una parte inferiore di merito va alla Zellweger, moglie troppo esemplare. Due italoamericani nel cast: Salvatore Totino alla fotografia e il costumista Daniel Orlandi. Non uno dei migliori film in assoluto sulla boxe nel decennio 2000-2010, ma un ottimo esempio di coniugazione fra dramma sportivo e bio-pic anticonvenzionale.
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fabal
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martedì 8 novembre 2022
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braddock, non il personaggio ma l''uomo
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La vita e la carriera del pugile Jim Braddock, tra le difficoltà economiche della Grande Depressione e il riscatto sportivo negli anni '30. Caduto in declino dopo un infortunio alla mano destra, Braddock vive in miseria e lavora come portuale per mantenere la famiglia. L'occasione di una nuova ascesa si presenta nel 1934, quando Braddock, avvisato appena due giorni prima, accetta di sostituire lo sfidante di Corn Griffin e vince il match contro ogni pronostico. L'anno dopo lotterà contro Max Baer per il titolo dei pesi massimi.
Un biopic su un pugile, dentro e fuori dal ring, non può non sentire il fiato sul collo di illustri predecessori come Rocky.
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La vita e la carriera del pugile Jim Braddock, tra le difficoltà economiche della Grande Depressione e il riscatto sportivo negli anni '30. Caduto in declino dopo un infortunio alla mano destra, Braddock vive in miseria e lavora come portuale per mantenere la famiglia. L'occasione di una nuova ascesa si presenta nel 1934, quando Braddock, avvisato appena due giorni prima, accetta di sostituire lo sfidante di Corn Griffin e vince il match contro ogni pronostico. L'anno dopo lotterà contro Max Baer per il titolo dei pesi massimi.
Un biopic su un pugile, dentro e fuori dal ring, non può non sentire il fiato sul collo di illustri predecessori come Rocky. I tempi narrativi poco si discostano, in effetti, dalle vicende del boxeur interpretato da Stallone perché anche in Cinderella Man la chiave dello svolgimento sta tutta nell'alternanza tra il ring e gli affetti del protagonista. Il film di Ron Howard però, può contare su una potenza visiva che non lascia indifferenti, a partire dall'alltestimento anni 30' che ben contestualizza l'epoca della Grande Depressione. Schematico, se non prevedibile, nel suo svoglimento così come nelle concessioni alla più soporifera retorica hollywoodiana, Cinderella Man va preso per quello che è: un'opera celebrativa, potente, sul riscatto, prima sportivo poi sociale, dell'uomo americano che, pur ridotto in povertà, mai perde di vista la famiglia, l'onestà, la fiducia in una seconda occasione. Il ruolo di Russell Crowe, in questo senso, è perfettamente riuscito e in totale antitesi con il Rocky di Stallone: Crowe non interpreta il personaggio Braddock, ma l'uomo.
Certo, si potrebbe obiettare sul fatto che Howard rinunci a qualsiasi azzardo autoriale e su come la forma, in soldoni, prevalga sull'originalità dei contenuti. Così come è discutibile la scelta di lasciare incompleta la storia di Braddock, fermando gli eventi a prima della sconfitta contro Louis nel '37. Ma l'immancabile lieto fine fa parte dell'ottima confezione, hollywoodiana al 100%, con cui Cinderella Man si presenta già dalla prime battute. E forse è insensato pretendere qualcosa diverso da un film che fa quello che deve fare e lo fa bene.
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greyhound
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lunedì 22 ottobre 2012
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la fiamma del riscatto
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Cinderella Man è una pellicola potente, certamente un poco retorica nella narrazione, ma che rimanda ai film hollywoodiani degli anni '40, quelli nei quali non mancava mai una vena di speranza e ottimismo in un futuro migliore. Infatti, Ron Howard porta in scena la storia reale (e per questo ancor più affascinante) di James J. Braddock, pugile onesto ma non certo dotato di talento strabordante, che dopo aver assaggiato il successo sprofonda sempre più nella miseria. Aggiungete la crisi economica degli Stati Uniti (siamo nel periodo della Grande Depressione) ed otterrete il giusto mix di drammaticità.
Ma è la seconda parte della pellicola quella nella quale viene mostrato il riscatto di un uomo, e forse di un'intera nazione, che non ha mai perso la voglia di lottare ma al quale, probabilmente, manca solo una direzione verso cui incamminarsi o uno scopo da raggiungere.
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Cinderella Man è una pellicola potente, certamente un poco retorica nella narrazione, ma che rimanda ai film hollywoodiani degli anni '40, quelli nei quali non mancava mai una vena di speranza e ottimismo in un futuro migliore. Infatti, Ron Howard porta in scena la storia reale (e per questo ancor più affascinante) di James J. Braddock, pugile onesto ma non certo dotato di talento strabordante, che dopo aver assaggiato il successo sprofonda sempre più nella miseria. Aggiungete la crisi economica degli Stati Uniti (siamo nel periodo della Grande Depressione) ed otterrete il giusto mix di drammaticità.
Ma è la seconda parte della pellicola quella nella quale viene mostrato il riscatto di un uomo, e forse di un'intera nazione, che non ha mai perso la voglia di lottare ma al quale, probabilmente, manca solo una direzione verso cui incamminarsi o uno scopo da raggiungere. La frase "non ho sempre perso, non perderò per sempre" ne è il manifesto. E l'occasione verrà individuata nel momento in cui potrà battersi per il titolo dei pesi massimi. In questo frangente la storia porrà uno di fronte all'altro due caratteri antitetici, Max Baer, pugile che combatte per il successo e la gloria personale (simbolo dell'effimero), ed il nostro Braddock, il cui unico vero obiettivo rimane quello di assicurare un futuro migliore e più dignitoso alla moglie ed i figli. Ed è qui che il regista pone l'accento sul ruolo che nei momenti di difficoltà può essere incarnato da un un uomo qualunque, ovvero quello del faro illuminante di un'intera comunità; basti pensare alla scena della chiesa di quartiere piena di gente che prega per Braddock o alle manifestazioni d'incoraggiamento che si verificano durante il suo trasferimento verso l'arena pugilistica.
In definitiva si può affermare come il film trasmetta una sensazione positiva ed incoraggi a credere che dentro tutti noi alberghi una fiammella di volontà e tenacia che, se accesa al momento giusto e per le giuste ragioni, ci permetterà di lottare per il raggiungimento dei nostro obiettivi.
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filippo
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giovedì 15 settembre 2005
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cinderella e molto senso comune
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premessa: un ottimo film holliwoodiano, confezione illustre, riprese bellissime, attori di una volta, lacrime e gioia. cosa chiedere di più ad un film?
innanzitutto che si esponga e che non lasci filtrare in modo quasi nascosto la forte morale che pervade il film. una morale conservatrice, reazionaria, codina, tanto buon senso insomma, tantissimo senso comune. così che non ci si accorge dell'unico messagio che si porta un film del genere, volutamente di intrattenimento e volutamente politico. in che senso?
dal film esce vincitore un uomo, un lottatore, uno pagato per picchiare, e che picchia ancor di più se la famiglia ha fame. quindi un uomo con un alto senso etico. la famiglia prima di tutto, la moglie e i figli.
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premessa: un ottimo film holliwoodiano, confezione illustre, riprese bellissime, attori di una volta, lacrime e gioia. cosa chiedere di più ad un film?
innanzitutto che si esponga e che non lasci filtrare in modo quasi nascosto la forte morale che pervade il film. una morale conservatrice, reazionaria, codina, tanto buon senso insomma, tantissimo senso comune. così che non ci si accorge dell'unico messagio che si porta un film del genere, volutamente di intrattenimento e volutamente politico. in che senso?
dal film esce vincitore un uomo, un lottatore, uno pagato per picchiare, e che picchia ancor di più se la famiglia ha fame. quindi un uomo con un alto senso etico. la famiglia prima di tutto, la moglie e i figli. non si può odiare un uomo così. soprattutto se è presentato come un campione dimentica che trova riscatto attraverso i suoi pugni da un periodo di miseria e tristezza.
chi esce perdente?
un uomo che non ha alcun passato illustre da dimostrare, vive altrettanto la miseria, si alcolizza per fuggirne e si mostra violento_ per colpa dell'alcool- nei confronti della moglie. quale fine per uomo così dissoluto? la peggiore ovviamente: con l'intenzione di contestare lo stato, il governo colpevoli della miseria e dell'abbandono, organizzandosi magari in sindacati di lotta, quest'uomo viene ucciso in un conflitto con la polizia. cosa ancor peggiore nel film non appare colpevole la polizia ma anzie nel pieno del suo dovere di garante dell'ordine e della sicurezza, quindi assolutamente nel giusto.
ecco come si finisce a ribellarsi al potere ingiusto, la morale di howar è che con la violenza non si ottiene nulla? in parte per howar e soci la rivolzione proletaria, dei pezzenti si dirà, è sbagliata vale molto di più al lotta individuale, avere dei muscoli, sostanzialmente la legge della giungla accompagnata dall'ideale mai tramontato del focolare, unamoglie cara e fedele, dei filgi che vedono nel padre il più grande esempio di onestà e libertà.
certo era pur sempre un campione di boxe. ma i miti non sono fatti per discutere, solo per aprire i petti e inneggiare al successo, gioia e lacrime appunto.
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(di )
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(di bestiale)
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(di goal!)
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