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paolo massa
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sabato 15 aprile 2006
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a history of violence
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In tempi di legittima difesa dilagante, di ragazzini armati a puntino che trucidano decine di compagni di scuola (vedi Bowling for Columbine), di presunte madri assassine dei propri figli, di figli boia dei loro più stretti parenti, la violenza è sempre al centro delle nostre vicende, anche se, a pensarci bene, la sua dirompente irruenza è spesso mediata dai più disparati mezzi di comunicazione di massa: televisione, giornali, internet e, non ultimo, cinema. Sembra di assistere, o meglio, di immedesimarsi nell’incessante spettacolarizzazione mediatica della violenza: ne siamo talmente circondati, da arrivare a chiederci, a volte, se esista davvero. A vedere “A History of Violence” di David Cronenberg, presentato all’ultimo festival del cinema di Cannes, ogni dubbio è superfluo, tanta è la violenza sanguinaria a trasparire da questa opera quasi impeccabile.
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In tempi di legittima difesa dilagante, di ragazzini armati a puntino che trucidano decine di compagni di scuola (vedi Bowling for Columbine), di presunte madri assassine dei propri figli, di figli boia dei loro più stretti parenti, la violenza è sempre al centro delle nostre vicende, anche se, a pensarci bene, la sua dirompente irruenza è spesso mediata dai più disparati mezzi di comunicazione di massa: televisione, giornali, internet e, non ultimo, cinema. Sembra di assistere, o meglio, di immedesimarsi nell’incessante spettacolarizzazione mediatica della violenza: ne siamo talmente circondati, da arrivare a chiederci, a volte, se esista davvero. A vedere “A History of Violence” di David Cronenberg, presentato all’ultimo festival del cinema di Cannes, ogni dubbio è superfluo, tanta è la violenza sanguinaria a trasparire da questa opera quasi impeccabile. Protagonista Tom Stall (Viggo Mortensen), un giovane proprietario di una tavola calda, marito felice e padre di due splendidi figli, più che gratificato da una vita serena e “normale” in un’isolata cittadina americana. Ed è proprio l’America con tutte le sue brucianti contraddizioni ad essere lo sfondo perfetto di una realtà sociale pronta ad implodere da un momento all’altro. Sono due balordi (protagonisti della scena iniziale del film, da antologia) a rompere l’armonia della vita quotidiana di Tom Stall e concittadini: entrati nella sua tavola calda, i due malviventi prendono in ostaggio una donna, minacciando di ucciderla. E’ così che l’istinto umano viene a galla con tutta la violenza da cui è pervaso: Tom Stall reagisce all’aggressione, riuscendo, con inaudita freddezza e precisione, ad uccidere i due rapinatori. Tom è un ragazzo timido, taciturno, a tratti insicuro: cosa si nasconde in lui? Dove ha trovato il coraggio di reagire a colpi di pistola? “A History of Violence” è, come dice il titolo, una storia di violenza, una delle tante, capace di farti mancare il respiro dinanzi ad un “quadro perfetto”, destinato a cadere e frantumarsi in mille pezzi: il quadro è la vita di Tom. David Cronenberg ha girato un film sull’istinto animale che può far parte della nostra personalità, pronto ad uscire repentinamente allo scoperto. Un film avvincente, disturbante, a tratti morboso (vedi la scena di sesso lungo le scale, a dire il vero un po’ forzata), con una messa in scena dedita alla resa di un’effimera perfezione. Metafora di un sogno trasformatosi in incubo, dove il presente non può ignorare il passato, come il passato non potrà non intaccare il futuro, “A History of Violence” è il simbolo tangibile della contraddittoria società americana: accanto a una disfatta, sembra suggerirci David Cronenberg, c’è sempre una chance per venirne fuori, nel bene o nel male.
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shivers
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mercoledì 31 gennaio 2007
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la mutazione della mutazione
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Tom Stall è un uomo apparentemente tranquillo, docile e riflessivo: vive in una middletown statunitense, lavora in un fast-food di sua proprietà e la sera torna a casa dalla famiglia composta dalla bella moglie avvocato e dai due figli, di cui uno, adolescente, è spesso soggetto alle angherie di due compagni di scuola. Un giorno, Tom è costretto per legittima difesa ad uccidere due rapinatori e, suo malgrado, diviene un eroe mediatico. Appresa la notizia, nella cittadina giunge un malvivente di Philadelphia, Carl Fogarty, il quale, convinto che dietro a Tom si nasconda in realtà Joey Cusak, uno spietato killer reo di averlo derubato e sfigurato, intende vendicarsi del torto subito. David Cronenberg, dopo la splendida parentesi letteraria di Spider, si (ri)affaccia al cinema di genere americano per instillarvi le sue fisime della perdità d’identità, della violenza celata nelle pieghe della società e negli anfratti dell’animo umano e, non ultima, della mutazione che, pur poco avvertita dalla critica maggioritaria, è nondimeno ben presente nella trasformazione di Tom in Joey ogni qualvolta questi, venendo attaccato, si sente in pericolo.
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Tom Stall è un uomo apparentemente tranquillo, docile e riflessivo: vive in una middletown statunitense, lavora in un fast-food di sua proprietà e la sera torna a casa dalla famiglia composta dalla bella moglie avvocato e dai due figli, di cui uno, adolescente, è spesso soggetto alle angherie di due compagni di scuola. Un giorno, Tom è costretto per legittima difesa ad uccidere due rapinatori e, suo malgrado, diviene un eroe mediatico. Appresa la notizia, nella cittadina giunge un malvivente di Philadelphia, Carl Fogarty, il quale, convinto che dietro a Tom si nasconda in realtà Joey Cusak, uno spietato killer reo di averlo derubato e sfigurato, intende vendicarsi del torto subito. David Cronenberg, dopo la splendida parentesi letteraria di Spider, si (ri)affaccia al cinema di genere americano per instillarvi le sue fisime della perdità d’identità, della violenza celata nelle pieghe della società e negli anfratti dell’animo umano e, non ultima, della mutazione che, pur poco avvertita dalla critica maggioritaria, è nondimeno ben presente nella trasformazione di Tom in Joey ogni qualvolta questi, venendo attaccato, si sente in pericolo. Realizza un film fluido, splendidamente diretto e fotografato (è ottima la diversificazione cromatica tra la prima parte, dai colori autunnali e distensivi, e la seconda, invece caratterizzata dalle fredde luci al neon di Philadelphia), che regala emozioni gelide e disturbanti e che pone domande a tratti imbarazzanti sulla reale natura ontologica dell’uomo e sull’effettiva impossibilità di conoscere autenticamente chi ci sta a fianco, magari per l’arco di una vita intera. Notevoli prove per Mortensen e Harris, istrionico William Hurt nel ruolo di Richie, fratello di Joey.
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massimo rocca
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martedì 7 agosto 2007
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l'uomo ha bisogno di distruggere i propri fantasmi
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La violenza si riaffaccia nella vita di Tom Stall (Viggo Mortensen) a seguito di una sventata aggressione nel suo locale. Ciò porta indesiderata notorietà alla sua tranquilla vita di provincia. Gli equilibri familiari però lentamente si rompono. La figura del padre è messa in discussione dal figlio, Jack si libera dalle vessazioni di un compagno di scuola con una reazione brutale, la cui violenza appare giustificata dal contesto ma non dal padre, nel confronto Jack dice: "in questa famiglia risolviamo i problemi sparando?", più tardi salverà il padre a colpi di fucile. La molesta presenza di Fogarty (Ed Harris), personaggio losco sopraggiunto per la notorietà dell'episodio di cronaca, introduce nella moglie di Tom, Edie (Maria Bello), dubbi sul passato del marito.
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La violenza si riaffaccia nella vita di Tom Stall (Viggo Mortensen) a seguito di una sventata aggressione nel suo locale. Ciò porta indesiderata notorietà alla sua tranquilla vita di provincia. Gli equilibri familiari però lentamente si rompono. La figura del padre è messa in discussione dal figlio, Jack si libera dalle vessazioni di un compagno di scuola con una reazione brutale, la cui violenza appare giustificata dal contesto ma non dal padre, nel confronto Jack dice: "in questa famiglia risolviamo i problemi sparando?", più tardi salverà il padre a colpi di fucile. La molesta presenza di Fogarty (Ed Harris), personaggio losco sopraggiunto per la notorietà dell'episodio di cronaca, introduce nella moglie di Tom, Edie (Maria Bello), dubbi sul passato del marito. La scena di sesso sulle scale è la richiesta da parte di Tom di restare coppia, ma anche questa è violenta.
I fantasmi del passato non sono stati cancellati. Tom rivolgendosi a Fogarty dice: "avrei dovuto ucciderti vent'anni fa". Costretto a ripercorre la sua vita a ritroso, raggiunge e uccide il suo stesso fratello (William Hurt). Il viaggio notturno in macchina marca la distanza spaziale e temporale delle due vite. La violenza è presentata come fenomeno ineluttabile, la costruzione di un'alternativa possibile non basta a cancellare il passato bisogna sconfiggerlo e poi superarlo, ciò sarà a costo di utilizzare la stessa violenza, sempre più fredda e automatica, di cui è vittima anche chi la rifiuta (Tom resta sempre insanguinato). Esiste una violenza innata nell'uomo. Un istinto brutale, ancestrale, biologicamente radicato nell'uomo che riemerge per garantire la sopravvivenza. Sarebbe questa una lettura banale. In realtà Cronemberg sviluppa nel suo stile un viaggio all'interno delle fobie umane, una metafora psicologica. Per costruire la serenità l'uomo ha bisogno di distruggere i propri fantasmi, la fuga non garantisce nessuna stabilità. Al termine del suo "viaggio", compiuto l'inevitabile percorso purificatorio, Tom viene riaccolto all'interno della famiglia.
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tony montana
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sabato 27 novembre 2010
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un thriller che colpisce nel segno
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Tom Stall conduce una vita tranquilla e felice in una piccola cittadina di provincia con la moglie e i due figli. Una sera due malviventi armati irrompono nella sua caffetteria, Tom reagisce uccidendoli e diventa un eroe per l’intera città. Da quel momento, la sua vita prende una piega negativa…
La metamorfosi ancora e sempre alla base del più recente film di David Cronenberg, A History of Violence, liberamente tratto dalla graphic novel di John Wagner e Vince Locke Una storia violenta. Possiamo dire che è molto liberamente tratto dal testo di partenza, in quanto lo sceneggiatore Josh Olson, di concerto con il regista, ha profondamente stravolto il testo, restandogli fedele solo in alcuni tratti, che non sono peraltro quelli fondamentali della narrazione.
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Tom Stall conduce una vita tranquilla e felice in una piccola cittadina di provincia con la moglie e i due figli. Una sera due malviventi armati irrompono nella sua caffetteria, Tom reagisce uccidendoli e diventa un eroe per l’intera città. Da quel momento, la sua vita prende una piega negativa…
La metamorfosi ancora e sempre alla base del più recente film di David Cronenberg, A History of Violence, liberamente tratto dalla graphic novel di John Wagner e Vince Locke Una storia violenta. Possiamo dire che è molto liberamente tratto dal testo di partenza, in quanto lo sceneggiatore Josh Olson, di concerto con il regista, ha profondamente stravolto il testo, restandogli fedele solo in alcuni tratti, che non sono peraltro quelli fondamentali della narrazione. Cronenberg sceglie, per il suo quindicesimo lungometraggio, di raccontare una vicenda tutto sommato classica, cosa che non accade spesso, ma anche all’interno di una storia di non grande originalità inserisce tutti gli elementi classici del suo cinema: la mutazione, il rapporto tra normalità e anormalità, il dolore dei sentimenti, la carne, la violenza. Ecco, la violenza, come celebra sin dall’inizio il titolo del film, è la principale protagonista della pellicola, ben nascosta ma decisamente presente in tutti i personaggi sin dall’inizio della vicenda. Tom che ci mette un secondo a decidere di diventare un assassino, Edie – la moglie – che diventa una leonessa solo all’idea che qualcuno si avvicini alla sua famiglia, Jack che scopre in sé la voglia e la capacità di reagire a tutto ciò che fino ad allora ha tollerato… e non vi raccontiamo altro, per non guastarvi la narrazione, che comprende un buon numero di colpi di scena che non è il caso di svelare, cosa che tra l’altro era stata chiesta anche alla stampa in sede di Festival a Cannes. Un accenno però meritano alcuni dettagli inseriti nel film, che saranno motivo di soddisfazione per gli spettatori più abituati al “registro” di Cronenberg: tutta la scenografia, perfetta per rappresentare – senza eccedere – la mentalità e la cultura di Millbrook; i cartelli di benvenuto che accolgono tutti con i loro “Welcome” qua e là. Pubblicità di birra che inneggiano all’amicizia secolare. Pick-up che “stanno tornando alla vita”… tutto questo per dire che la violenza, lo si voglia o no, appartiene a tutti noi, e chi più chi meno siamo disposti a tirarla fuori quando serve. Notevoli le performance del cast che, senza avere “grandi” personaggi da rappresentare, dà prova di ottimo lavoro. Mortensen – sul quale a dir la verità avevo discreti dubbi – riesce a trasmettere allo spettatore la metamorfosi che lo costringe a portare fuori il suo vero se stesso; Maria Bello credibile nella parte di mogliettina innamorata, ma allo stesso tempo di donna sensuale e di madre; anche il giovane Ashton Holmes è ben calato nella parte di adolescente alle prese con una rivelazione troppo grande per lui. Discorso a parte meritano Ed Harris nella parte di Carl Fogarty e soprattutto William Hurt che, in un cameo di pochi minuti, riesce a dipingere un personaggio complesso che racchiude tutto il passato di Tom, e che ne forgerà tutto il futuro.
Interessante, dal punto di vista tecnico, la fotografia, che “muta” tra la prima e la seconda parte concettuale di film, incupendosi e sgranandosi, quasi che volesse dire che tutta Millbrook ha subito una metamorfosi cupa ed irreversibile. Quasi inesistente la colonna sonora, che interviene solo a sottolineare i momenti di maggior tensione. Ottime la scene di azione, che sottolineano la scelta, complessa, del ritmo che Cronenberg ha voluto imporre al film: se inizialmente il ritmo è lentissimo – quasi fin troppo – e le esplosioni di violenza rarissime, con il passare del tempo l’equilibrio si inverte, senza che lo spettatore avverta alcuno strappo, per passare alla violenza in toto. Dal punto di vista della scrittura segnaliamo la totale assenza del flashback, strategia sulla quale era invece interamente basato il testo di partenza; Cronenberg non ha bisogno di far vedere molto del passato per raccontare il presente: sono le azioni dei protagonista che ce lo mostrano. Cronenberg costruisce un film apparentemente tra i suoi più “innocui”, ma l’effetto sullo spettatore è a scoppio ritardato, è strisciante e infido come il percorso di un virus che, poco a poco, si insinua nel suo sistema immunitario, e quando ci se ne accorge è troppo tardi, ormai si è stati colpiti. A History of Violence è la dimostrazione che la frase «non è la storia, ma chi la racconta» ha davvero un senso. Una vicenda come quella narrata nel film avrebbe potuto diventare un classico polpettone hollywoodiano; quello che ne esce invece è un film d’autore che fa riflettere lo spettatore, che lo costringe a chiedersi, quasi senza rendersene conto. «E io che cosa farei al suo posto?», e a decidere, almeno per quanto mi riguarda, che forse la scelta di Tom era l’unica possibile. Due nomination all’Oscar per miglior sceneggiatura e miglior attore non protagonista a William Hurt.
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bella earl!
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mercoledì 5 ottobre 2011
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crudo, paranoico, schizofrenico.
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- Eh papà? Se vado a dirlo a Sam che fai? Da chi mi fai liquidare? -
Tom Stall (Viggo Mortensen) è un piccolo imprenditore che dirige una tavola calda nella piccola città in cui abita. Un giorno un evento sconvolgerà la sua vita e la sua famiglia scoprirà che il mite Tom nasconde un oscuro segreto. David Cronenberg ci offre una regia maestosa e un ritratto perfetto del crollo psichico umano. Quanto un evento traumatico può cambiare una vita? Cronenberg dice tanto. Questo thriller, per l'appunto cronenberghiano, si avvale della partecipazione di un grande cast composto da Viggo Mortensen (attore feticcio del regista) che da grande prova di sé trasformando il suo personaggio da buono a cattivo con un'ottima trasformazione, Maria Bello, la moglie, bravissima l'interprete e un William Hurt ottimo.
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- Eh papà? Se vado a dirlo a Sam che fai? Da chi mi fai liquidare? -
Tom Stall (Viggo Mortensen) è un piccolo imprenditore che dirige una tavola calda nella piccola città in cui abita. Un giorno un evento sconvolgerà la sua vita e la sua famiglia scoprirà che il mite Tom nasconde un oscuro segreto. David Cronenberg ci offre una regia maestosa e un ritratto perfetto del crollo psichico umano. Quanto un evento traumatico può cambiare una vita? Cronenberg dice tanto. Questo thriller, per l'appunto cronenberghiano, si avvale della partecipazione di un grande cast composto da Viggo Mortensen (attore feticcio del regista) che da grande prova di sé trasformando il suo personaggio da buono a cattivo con un'ottima trasformazione, Maria Bello, la moglie, bravissima l'interprete e un William Hurt ottimo. Thriller atipico per appassionati di cinema. Consigliato.
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lisbeth_
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domenica 27 gennaio 2013
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godibile, ma c'è di meglio
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Per godersi davvero il film sarebbe utile non vedere il trailer che a mio parere dice molto, troppo...Alla visione del film a trailer visto sembrava di aspettarmi già quel che sarebbe successo, ma forse non è solo questione di spoiler. La trama del film è sviluppata in modo tale da risultare un pò banale e scontata, tuttavia la grande interpretazione dell'attore principale che è davvero capace di sdoppiarsi nelle due facce del personaggio spiazza lo spettatore che potrebbe non capire...si è davvero trasformato un brav'uomo di famiglia o è solo tutta una maschera? Quale dei due aspetti dell'uomo prevarrà alla fine, a carte scoperte?
Eccezionale è la resa della trasformazione dei personaggi che ruotano attorno a lui e delle diverse relazioni (quella marito-moglie, quella padre-figlio): guardiamoci bene dentro -sembra essere suggerito agli spettatori- perchè noi tutti potremmo scoprire della nostra personalità aspetti nascosti.
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Per godersi davvero il film sarebbe utile non vedere il trailer che a mio parere dice molto, troppo...Alla visione del film a trailer visto sembrava di aspettarmi già quel che sarebbe successo, ma forse non è solo questione di spoiler. La trama del film è sviluppata in modo tale da risultare un pò banale e scontata, tuttavia la grande interpretazione dell'attore principale che è davvero capace di sdoppiarsi nelle due facce del personaggio spiazza lo spettatore che potrebbe non capire...si è davvero trasformato un brav'uomo di famiglia o è solo tutta una maschera? Quale dei due aspetti dell'uomo prevarrà alla fine, a carte scoperte?
Eccezionale è la resa della trasformazione dei personaggi che ruotano attorno a lui e delle diverse relazioni (quella marito-moglie, quella padre-figlio): guardiamoci bene dentro -sembra essere suggerito agli spettatori- perchè noi tutti potremmo scoprire della nostra personalità aspetti nascosti. Consiglio la visione del film a un pubblico adulto, perchè al di là delle scene erotiche presenti, la violenza contenuta nel film è resa in modo realisticamente un pò macabro.
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stefano capasso
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giovedì 9 ottobre 2014
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identità e cambiamento
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Tom Stall è il classico gran lavoratore di una cittadina della campagna statunitense, dove gestisce un bar. Ha una moglie che ama e due figli modello. Un giorno nel bar arrivano due criminali, e Tom con un gesto eroico li uccide divenendo così molto popolare. Ma da questo episodio la vita della famiglia Stall comincia a cambiare. Tom, dopo l’episodio al bar, si ripeterà mostrando una incredibile determinazione e ferocia sotto gli occhi della famiglia sterminando una gang che dal momento della notorietà aveva cominciato a molestarlo, avendo riconosciuto in lui Joy Cusack, boss di Philadelphia, del quale volevano vendicarsi. A questo punto la doppia identità finora taciuta si rivela.
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Tom Stall è il classico gran lavoratore di una cittadina della campagna statunitense, dove gestisce un bar. Ha una moglie che ama e due figli modello. Un giorno nel bar arrivano due criminali, e Tom con un gesto eroico li uccide divenendo così molto popolare. Ma da questo episodio la vita della famiglia Stall comincia a cambiare. Tom, dopo l’episodio al bar, si ripeterà mostrando una incredibile determinazione e ferocia sotto gli occhi della famiglia sterminando una gang che dal momento della notorietà aveva cominciato a molestarlo, avendo riconosciuto in lui Joy Cusack, boss di Philadelphia, del quale volevano vendicarsi. A questo punto la doppia identità finora taciuta si rivela.
Un thriller psicologico, questo di David Cronenberg che affronta tra gli altri in particolar modo quello sull’identità. Simbolicamente la vecchia vita di Tom è una identità non ancora conclusa, che inevitabilmente finisce per emergere provocando un forte conflitto, che nel film è rappresentato dalla violenza generata dal momento del primo incidente. Il conflitto è quello di Tom, che dovrà fare i conti con il passato e quello di tutta la famiglia che vede minata la fiducia in quell’uomo che è improvvisamente divenuto misterioso e ben diverso da quello che era sempre stato, e che allo stesso tempo scopre dentro se identità finora mai rivelate. Chiudendo a suo modo quella porzione di vita passata, Tom verrà accolto nuovamente nella famiglia, per quello che è sempre stato ai loro occhi, un uomo buono ed onesto. Anche se con un passato discutibile un uomo è quello che fa e quello che manifesta ogni giorno e la sua crescita che ha portato conflitti in tutto il sistema diverrà occasione di crescita per tutti
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tarantinofan96
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sabato 20 giugno 2015
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la storia della violenza
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Certamente, non è uno dei film più tipicamente cronenberghiani (anche se in genere è uno dei più apprezzati, soprattutto da quelli che non conoscono il cinema di Cronenberg), però presenta, in realtà, alcune tematiche ricorrenti nel cinema del regista canadese, come il tema del "doppio", principale elemento narrativo del capolavoro 'Inseparabili', riferito non soltanto al protagonista principale costretto nella sua doppia nat[+]
Certamente, non è uno dei film più tipicamente cronenberghiani (anche se in genere è uno dei più apprezzati, soprattutto da quelli che non conoscono il cinema di Cronenberg), però presenta, in realtà, alcune tematiche ricorrenti nel cinema del regista canadese, come il tema del "doppio", principale elemento narrativo del capolavoro 'Inseparabili', riferito non soltanto al protagonista principale costretto nella sua doppia natura, ma a tutti i protagonisti della storia e a tutti gli esseri umani in generale: ogni uomo ha dentro di sé il suo 'Joey' pronto ad esplodere in una carica di violenza distruttrice in quanto l'essere umano è un animale propenso ad essa per natura.
In questo insolito film (per la poetica del regista), Cronenberg prende il sogno americano e lo massacra letteralmente, lo denuda di tutta la sua ipocrisia e puerilità, per lasciare spazio alla cruda realtà e lo fa attraverso la demistificazione della figura di eroe che da tanto e troppo tempo il cinema americano ha osannato.
Cronenberg vuole che lo spettatore si senta parte di questa carica di violenza, vuole che riconosca questa violenza ontologica e la accetti come tale.
Un film che in realtà è molto di più di quello che lo spettatore medio riesce a percepire, che denuncia l'eroismo americano, soprattutto in campo cinematografico; un film che, se visto e analizzato correttamente in ogni sua inquadratura, non lo si può che reputare al pari di ogni altra opera di colui che è, per me, il miglior regista vivente.
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howlingfantod
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domenica 23 agosto 2015
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doppia identità
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La violenza si respira come in tutto Cronenberg a piene mani, dall’inizio della scena sognata della bambina alla quale viene sparato dai due serial killer, nell’ incubo la bambina vede i mostri delle ombre e da lì si snoda la storia che segue il clichè della classica felice famiglia americana e ci domandiamo dove debba a poco a poco svilupparsi il thriller , l’orrido che ci aspettiamo e questo ci tiene inchiodati, al di là della trama e della sceneggiatura piuttosto semplice e si mostra poco a poco svelandoci il passato di Tom Spall che non è Tom Spall e che non è quello che ci aspetterebbe da un onesto padre di famiglia e gestore di una caffetteria in un America di provincia. Il passato che riaffiora e sempre ritorna, sempre più inaspettato e frangente, anche se sembrava sepolto, addirittura rimosso sotto le spoglie di una schizofrenia dove e come Cronenberg mostra la sua fine acutezza di indagatore della psiche umana, i luoghi, le situazioni (la storia della gang) diventano così estensioni di questi mostri interiori dove regna solo violenza e sopraffazione.
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La violenza si respira come in tutto Cronenberg a piene mani, dall’inizio della scena sognata della bambina alla quale viene sparato dai due serial killer, nell’ incubo la bambina vede i mostri delle ombre e da lì si snoda la storia che segue il clichè della classica felice famiglia americana e ci domandiamo dove debba a poco a poco svilupparsi il thriller , l’orrido che ci aspettiamo e questo ci tiene inchiodati, al di là della trama e della sceneggiatura piuttosto semplice e si mostra poco a poco svelandoci il passato di Tom Spall che non è Tom Spall e che non è quello che ci aspetterebbe da un onesto padre di famiglia e gestore di una caffetteria in un America di provincia. Il passato che riaffiora e sempre ritorna, sempre più inaspettato e frangente, anche se sembrava sepolto, addirittura rimosso sotto le spoglie di una schizofrenia dove e come Cronenberg mostra la sua fine acutezza di indagatore della psiche umana, i luoghi, le situazioni (la storia della gang) diventano così estensioni di questi mostri interiori dove regna solo violenza e sopraffazione. Colpisce nel film dalla semplicità semantica, la potenza del medium ed il finale è notevole, una sorta di ritorno di figliol prodigo in famiglia, quasi a darci una speranza, solo che qui è un padre e marito che ha lavato il suo passato e la sua identità… sì ma con il sangue
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emanuelemarchetto
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sabato 18 marzo 2017
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l'america violenta
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Il film è tratto dall'omonimo romanzo grafico scritto da John Wagner, illustrato da Vince Locke e pubblicato dalla Vertigo (etichetta della DC Comics) nel 1997, ma il regista ridusse al limite i collegamenti con l'opera cartacea.
Il lungometraggio è stato presentato in concorso al 58º Festival di Cannes.
Tom Stall è il proprietario di una tavola calda e vive con sua moglie Edie, avvocato, suo figlio Jack e sua figlia minore Sarah in una piccola città dell'Indiana, Millbrook.
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Il film è tratto dall'omonimo romanzo grafico scritto da John Wagner, illustrato da Vince Locke e pubblicato dalla Vertigo (etichetta della DC Comics) nel 1997, ma il regista ridusse al limite i collegamenti con l'opera cartacea.
Il lungometraggio è stato presentato in concorso al 58º Festival di Cannes.
Tom Stall è il proprietario di una tavola calda e vive con sua moglie Edie, avvocato, suo figlio Jack e sua figlia minore Sarah in una piccola città dell'Indiana, Millbrook. Un giorno due malviventi tentano di rapinarlo e lui reagisce prontamente, uccidendoli entrambi con una naturalezza che non si addice all'uomo mite che tutti conoscono. Nonostante questo, viene acclamato dalla cittadina come eroe locale, ma all'interno della sua famiglia inizia a serpeggiare il dubbio sulla vera identità di Tom, soprattutto quando Carl Fogarty, un boss della malavita, arriva in città dicendo di essere il fratello dell'uomo.
Uno dei migliori film di Cronenberg, è una riflessione glaciale sull'America contemporanea. I miti dell'American Way Of Life e del Self-made Man vengono qui smascherati e messi alla berlina.
Uccidere in determinate situazioni può essere giustificabile, anzi può renderti un eroe (i soldati in guerra sono un esempio). Tom viene infatti considerato tale dopo aver sparato in faccia a due persone: non è difficile cogliere la grande ipocrisia che c'è dietro questo ragionamento. Il regista sottolinea come l'America abbia da sempre uno strano rapporto con la violenza che, se da un lato è severamente punita, in altri casi è propagandata ed esaltata come necessaria per proteggere il territorio o "esportare la democrazia". Tutto nel film di Cronenberg ha due facce. Primo tra tutti il protagonista, mite all'apparenza, ma con un passato da assassino. Tom non cerca di redimersi, ma di lasciarsi il passato alle spalle, pensando di avere diritto a una "seconda possibilità", un tema caro alla cultura amercana: "tutti hanno diritto ad una seconda possibilità". Non secondo il regista, convinto che un passato violento non si possa cancellare: "(in) A History of Violence il passato non torna per spiegare, ma infesta il presente senza mostrare il suo volto".
La morte del "sogno americano" si completa nell'agghiacciante scena finale, dove Cronenberg smitizza un altro cliché, ovvero il "lieto fine" e il ritorno alla "normalità": Tom ritorna a casa e la situazione ritorna simile a quella di inizio film; la figlia apparecchia per il padre, il quale riprende il suo posto a tavola per la cena, ma nulla sarà più come prima. La famiglia sta tacitamente accettando, non di perdonare Tom, ma di fingere che nulla sia mai successo, scegliendo in modo ipocrita di continuare a vivere nella menzogna.
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