Tu chiamami Peter |
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Un film di Stephen Hopkins.
Con Geoffrey Rush, Charlize Theron, Emily Watson, John Lithgow, Stanley Tucci.
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Titolo originale The Life and Death of Peter Sellers.
Biografico,
durata 129 min.
- USA, Gran Bretagna 2004.
uscita venerdì 19 agosto 2005.
MYMONETRO
Tu chiamami Peter
valutazione media:
3,84
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Invito al "cinema" con delittodi andrea PRANZOFeedback: 0 |
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domenica 4 dicembre 2005 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Film spietato ed al limite del cinismo che viola il privato di uno degli attori più versatili della storia del cinema, quasi una vendetta postuma della macchina hollywoodiana nei confronti di un uomo non allineato, fuori dalla regola. Ma in fondo sarebbe solo cinema, altre due ore passate in sala, passando prima al botteghino (si intende!) se non fosse che nell'era televisiva del "reality" la cinepresa diventa telecamera, specchio segreto per la soddisfazione dello spettatore-voyeur. La preponderanza della claustrofobica ambientazione tra appartamenti, stanze d'albergo, sale operatorie e stage (tutto sesso e cinema questo Sellers!) con rare riprese in esterna solo per veloci spostamenti da un luogo ad un altro, a bordo di lussuose fuoriserie ne è la prova. Il tentativo spudorato di togliere la maschera al protagonista, spogliandolo dei suoi poliedrici travestimenti, riesce solo in parte, poichè anche questa operazione risulta alla fine una mascherata: è Televisione mascherata da Cinema. E la televisione più becera dei giorni nostri tenta inutilmente di riappropriarsi di un proprio figlio naturale: Peter Sellers. Molto in parte Geoffrey Rush nell'ingrato e difficilissimio compito di interprete di Sellers e dei suoi più memorabili personaggi ma, sulla stessa direttrice di quella certa cinematografia che, da "Viale del tramonto" a film come "Mammina cara", hanno la pretesa di raccontarci il "discutibile" privato di grandi attori del passato con deprecabile moralismo, il film risulta un oltraggio irriguardoso nei confronti di una professione, quella dell'attore, che non può e non deve minimamente inerire la sfera della morale, perchè l'attore quando recita ci riflette tutti come specchio dei nostri vizi e delle nostre virtù, non esprimendo mai un giudizio assoluto e ciò che interpreta e come lo interpreta è tutto quello che ci può davvero interessare.
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