rossella11190
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lunedì 19 agosto 2013
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lo specchio del nostro paese
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Dati i film italiani degli ultimi 10 anni, non posso non dare a questo film 5 stelle.
Le 6 ore scorrono rapidamente, senza annoiare, ma passando al setaccio alcuni degli anni più significati della storia italiana.
Trovo immotivate molte critiche: è ovvio che è assurdo che i componenti di una sola famiglia possano aver vissuto ognuno degli eventi più importanti e significativi della storia degli ultimi 40 anni, ma la verità è che la famiglia Carati è solo un mezzo per far capire cosa sia stato il nostro Paese in quei 40 anni. E' ovvio che non era così semplice la fuga da un ospedale psichiatrico, che le brigate rosse non erano così buone e generosi e così via, però non capisco come mai con i film italiani si sia così attenti e critichi mentre con i film americani si sia così buoni, anche di fronte a quelli che descrivono amori stucchevoli e situazioni spacciate per reali ma totalmente surreali.
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Dati i film italiani degli ultimi 10 anni, non posso non dare a questo film 5 stelle.
Le 6 ore scorrono rapidamente, senza annoiare, ma passando al setaccio alcuni degli anni più significati della storia italiana.
Trovo immotivate molte critiche: è ovvio che è assurdo che i componenti di una sola famiglia possano aver vissuto ognuno degli eventi più importanti e significativi della storia degli ultimi 40 anni, ma la verità è che la famiglia Carati è solo un mezzo per far capire cosa sia stato il nostro Paese in quei 40 anni. E' ovvio che non era così semplice la fuga da un ospedale psichiatrico, che le brigate rosse non erano così buone e generosi e così via, però non capisco come mai con i film italiani si sia così attenti e critichi mentre con i film americani si sia così buoni, anche di fronte a quelli che descrivono amori stucchevoli e situazioni spacciate per reali ma totalmente surreali. Ritengo sia più opportuno comprendere quello che è il significato di fondo di questo film, e cioè che il nostro Paese, nel corso degli anni, è cambiato solo apparentemente; la mentalità della popolazione italiana è sempre la stessa, pochi sono disposti a lottare con criterio logico, molti seguono la voghe del momento, anche se distruttive per se e per le persone che si vogliono bene, la stragrande maggioranza della massa resta inerme come se tutto andasse bene, pochissime persone, apparantemente forti ma in realtà troppo sensibili e attente, non sono in grado di adattarsi a quel mondo che non va bene e preferiscono farla finita. Questo è quello che il film vuole raccontare, 40 anni di una famiglia dove ogni componente è una diversa faccia di questo Paese che va in malora!
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vinma
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lunedì 18 luglio 2011
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un vero capolavoro
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mi piacerebbe conoscere il titolo della canzone..che fa da sottofondo alla presentazione del film.La Meglio gioventù...........un vero èproprio capolavoro ..........Grazie !
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monnnyticia
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martedì 4 gennaio 2011
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bello.. ma troppo lungo!
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Il film descrive la vita di alcuni ragazzi sullo sfondo dell'Italia dagli anni 60 ai 90. Bello davvero, per nulla scontato. Il suo unico difetto è che è troppo lungo, circa 6 ore.
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veronick
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mercoledì 17 marzo 2010
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la storia siamo noi
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La meglio gioventù, sei ore divise in due atti che se ne vanno in un attimo, raccontando una storia che, lungi dall'essere noiosa, coinvolge e appassiona grazie ad un intreccio ben costruito: i segreti vengono alla luce piano piano e come per magia viene a galla il legame che unisce i personaggi. I toni si mantengono sempre bassi e, nonostante il periodo storico sia uno dei più tragici della storia italiana, non ci sono scene di violenza e la realtà tragica di quegli anni ci viene presentata piuttosto come una forza che travolge e stravolge le vite dei protagonisti.
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La meglio gioventù, sei ore divise in due atti che se ne vanno in un attimo, raccontando una storia che, lungi dall'essere noiosa, coinvolge e appassiona grazie ad un intreccio ben costruito: i segreti vengono alla luce piano piano e come per magia viene a galla il legame che unisce i personaggi. I toni si mantengono sempre bassi e, nonostante il periodo storico sia uno dei più tragici della storia italiana, non ci sono scene di violenza e la realtà tragica di quegli anni ci viene presentata piuttosto come una forza che travolge e stravolge le vite dei protagonisti. Giordana riesce a rendere in maniera eccellente la violenza con cui la storia condiziona la vita umana, non rimanendo mai esclusivamente lo sfondo della nostra esistenza.
La vicenda della famiglia Carati è soprattutto una storia di emozioni forti e di sentimenti sinceri, uno di quei racconti che si tiene gelosamente custodito ,come se fosse solo nostro, e a cui abbiamo lasciato una parte di noi. Stupendo ed emozionante Lo Cascio, medico basagliano e padre affettuoso, e ottima anche l'interpretazione di Adriana Asti. A coronare il tutto una splendida colonna sonora. L'unica nota banale, il finale, dal retrogusto melò. Ma forse il messaggio di Giordana è la speranza che le generazioni future riescano dove quelle passate hanno fallito.
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sissy65
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mercoledì 10 marzo 2010
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paradisiaco matteo
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tutto quello che doveva essere detto su questo gioiello lo ha detto il Morandini (che tuttavia non perde il brutto vizio di rivelare dettagli fondamentali della trama, dimenticando che chi legge potrebbe non avere ancora visto il film...). Vorrei solo aggiungere, in tutta modestia, che il personaggio di Matteo mi è parso semplicemente indimenticabile: grandissima prova di Alessio Boni (inspiegabilmente escluso dalle foto del cast visualizzate nella pagina di questo sito), che riesce a manifestare e rendere tangibili i profondi abissi della propria sofferenza con un semplice battito di ciglia. La sua storia assurge a simobolo della sconfitta della cultura e dell'intelligenza nell'Italia post-anni '80.
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tutto quello che doveva essere detto su questo gioiello lo ha detto il Morandini (che tuttavia non perde il brutto vizio di rivelare dettagli fondamentali della trama, dimenticando che chi legge potrebbe non avere ancora visto il film...). Vorrei solo aggiungere, in tutta modestia, che il personaggio di Matteo mi è parso semplicemente indimenticabile: grandissima prova di Alessio Boni (inspiegabilmente escluso dalle foto del cast visualizzate nella pagina di questo sito), che riesce a manifestare e rendere tangibili i profondi abissi della propria sofferenza con un semplice battito di ciglia. La sua storia assurge a simobolo della sconfitta della cultura e dell'intelligenza nell'Italia post-anni '80. Degrado irreversibile dal quale, eroico Achille, può salvarsi solo con la fuga.
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marvelman
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domenica 8 marzo 2009
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film troppo lungo e complesso !!!
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Si salva solo il cast , ma per il resto è troppo complicato e difficile da seguire , per tutte le storie che si intrecciano e la scena più bella è quella del suicidio di Alessio Boni ( " Buon anno a tutti ! " ) , ma è troppo poco : Meglio la famiglia passaguai !!!
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maria stella
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mercoledì 4 marzo 2009
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la storia di tutti noi
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Un film che coinvolge emotivamente chi ha vissuto gli anni della contestazione e pensava che avrebbe cambiato il mondo. Oggi che siamo genitori e adulti e occupiamo posti di potere c'è la consapevolezza che stiamo consegnando ai nostri figli e alle nuove generazioni un mondo in rovina. La meglio gioventù ha fallito.
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giulia
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venerdì 14 novembre 2008
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soprattutto il cast
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Per questo film va prima di tutto elogiato il cast, e soprattutto le attrici femminili: ci sono le tettone del cinema italiano Maya Sansa e Valentina Carnelutti, e poi Jasmine Trinca e Sonia Bergamasco.
[+] ma che vergogna
(di sissy65)
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readcarpet
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giovedì 4 settembre 2008
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la mejo
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Per fortuna non sono qui per dare un giudizio insindacabile (e chi lo saprebbe fare?).
In breve (?!), storia della famiglia Carati, da padre romano e madre milanese, con un occhio di riguardo verso i due fratelli, Nicola (Luigi Lo Cascio) e Matteo (Alessio Boni), in un arco di tempo che ci porta dal 1966 al 2003, in una serie di location estese lungo tutta l’Italia, da Roma a Milano, da Torino alla Sicilia.
Sullo sfondo, il Paese di quegli anni, con i suoi eventi storici più importanti: dall’inondazione di Firenze del ’66 alle contestazioni sessantottine, dagli anni di piombo alla vittoria dell’Italia ai mondiali ’82, e così via fino ad arrivare agli anni novanta, con l’assassinio di Giovanni Falcone e Tangentopoli.
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Per fortuna non sono qui per dare un giudizio insindacabile (e chi lo saprebbe fare?).
In breve (?!), storia della famiglia Carati, da padre romano e madre milanese, con un occhio di riguardo verso i due fratelli, Nicola (Luigi Lo Cascio) e Matteo (Alessio Boni), in un arco di tempo che ci porta dal 1966 al 2003, in una serie di location estese lungo tutta l’Italia, da Roma a Milano, da Torino alla Sicilia.
Sullo sfondo, il Paese di quegli anni, con i suoi eventi storici più importanti: dall’inondazione di Firenze del ’66 alle contestazioni sessantottine, dagli anni di piombo alla vittoria dell’Italia ai mondiali ’82, e così via fino ad arrivare agli anni novanta, con l’assassinio di Giovanni Falcone e Tangentopoli.
Tutto questo, però, è solo il paesaggio, lo sfondo di un quadro dipinto non sui grandi spazi o sui movimenti, ma sui volti dei personaggi (quanti primi piani), sulle loro espressioni, reazioni, e soprattutto sui loro caratteri. Ognuno di loro (a elencare tutti i personaggi “di rilievo” finisco lo spazio!) vive gli stessi avvenimenti, ognuno di loro reagisce diversamente. Ed è forse questo il lato più bello del film, una coralità che trova la sua espressione migliore nella vita di una famiglia: sempre a contatto, sempre a confronto.
Di conseguenza, le polemiche sulla presunta superficialità storica passano in secondo piano, perché in secondo piano è la Storia.
Dopo essermi atteggiato serioso, qualche informazione: pensato per la tv (quattro puntate), dopo un premio a “Un certain regard” a Cannes, si è deciso di proiettarlo nelle sale in due atti, rispettivamente di 179 e 175 minuti l’uno (6 ore!).
Personalmente, una volta finito (sì, l’ho finito!), la prima cosa che ho pensato è stata: ma come si riesce a rendere così fluido un film di questa lunghezza? E mi sono risposto (sì, parlo da solo!): i passaggi da una scena all’altra, gli stacchi della cinepresa che ti portano da un angolo dell’Italia a un altro, non sono mai frettolosi, né forzati. Non interrompono la scena, ma non la spremono neanche come se si dovesse estrarre il senso del film in quel preciso istante. E’ una regia che ha pazienza, che ti accompagna, ti fa capire ogni volta cosa succederà un istante dopo, ma non di più. Negli innumerevoli primi piani presenti, mai una volta viene da pensare “eh, sì, e adesso, però? Che ne dici, ci muoviamo?”. Ogni vicenda si prende il suo tempo senza rubarne alle altre, ogni personaggio sembra che sappia quando può entrare nella storia senza disturbare, anche solo per un momento (vedi Giorgia, la paziente di Nicola). Credo che in questo modo siano state evitate un buon centinaio di milioni di bestemmie da esasperazione…
E un motivo in più per guardarlo è sicuramente uno Scamarcio agli esordi che non si sente obbligato a fare il bel tenebroso (anche perché era troppo sbarbo). Sembra quasi un attore…
La critica che faccio, è in forma di proposta: un po’ più di buonumore no?! Non dico di trasformare La Meglio Gioventù in commedia, ma qualche momento in più di leggerezza non sarebbe guastato.
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giorgio
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martedì 24 giugno 2008
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ma è la storia di chi???
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Nel testo di lancio di questo film, in questo sito, si trova scritto "6 ore per parlare della storia di noi".
Ora, io non vedo quale famiglia italiana media potrebbe riconoscersi nell'incredibile famiglia del film: un padre rappresentante di commercio, un figlio psichiatra bisagliano, un altro celerino (con tanto di moglie brigatista), una figlia giudice antimafia, il cognato mezzo Padoa-Schioppa (il bravo e qui sprecato Gifuni).
Forse, famiglie del genere si trovano in ristrette minoranze appartenenti a certa classe dirigente romana.
Forse questa famiglia è più la rappresentazione di quello che certo mondo progressista avrebbe VOLUTO ESSEERE e spesso NON E' STATO.
In ogni caso, il film è l'ennesima riprova dell'avvitamento su se stesso di certo cinema di origine progressista, nato con la 'mission' di declinare il cinema al 'voi' e capace, ad un certo punto, solo di declinarsi all' 'io' (vedi Bertolucci).
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Nel testo di lancio di questo film, in questo sito, si trova scritto "6 ore per parlare della storia di noi".
Ora, io non vedo quale famiglia italiana media potrebbe riconoscersi nell'incredibile famiglia del film: un padre rappresentante di commercio, un figlio psichiatra bisagliano, un altro celerino (con tanto di moglie brigatista), una figlia giudice antimafia, il cognato mezzo Padoa-Schioppa (il bravo e qui sprecato Gifuni).
Forse, famiglie del genere si trovano in ristrette minoranze appartenenti a certa classe dirigente romana.
Forse questa famiglia è più la rappresentazione di quello che certo mondo progressista avrebbe VOLUTO ESSEERE e spesso NON E' STATO.
In ogni caso, il film è l'ennesima riprova dell'avvitamento su se stesso di certo cinema di origine progressista, nato con la 'mission' di declinare il cinema al 'voi' e capace, ad un certo punto, solo di declinarsi all' 'io' (vedi Bertolucci).
Solo uno sguardo veloce ai principali difetti del film: la dinamica del suicidio di Alessio Boni è del tutto incomprensibile (forse perchè l'attore qui è eccezionalmente inespressivo).
Decisamente meglio 'raccontami': almeno lì l'idealizzazione (favolistica) di un certo mondo e di un certo ambiente è ESPLICITA (alla maniera di certo Avati)!
In conslusione: un film DA PERDERE!
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