La prima parabola anticlassista di Bong è il segno di una poetica già sicura della sua natura programmatica. Dove il grottesco si erge a cassa di risonanza di un sistema che ridicolizza l'uomo comune.
di Daniele D'Orsi Sentieri Selvaggi
Guardando al cinema di Bong Joon-ho, e alle forme che ha assunto nel corso degli ultimi 20 anni, appare evidente - se non propriamente paradossale - come tutto per lui abbia (davvero) inizio con Cane che abbaia non morde. Perché il debutto del regista sudcoreano non è solo l'ennesimo tassello di un nuovo modo di intendere il cinema nazionale, impegnato in quegli stessi anni - cioè a cavallo dei due millenni - a (ri)assestare le coordinate di un'industria sempre più libera dalle costrizioni produttive del periodo militarista. [...]
di Daniele D'Orsi, articolo completo (4168 caratteri spazi inclusi) su Sentieri Selvaggi 26 aprile 2023