Fabrizio Croce
Close-up
Se i prodomi di una (presunta) poetica autoriale si vedono fin dall'opera prima, Cane che abbaia non morde, l'esordio di Bong Joon-ho, ormai acclamato cineasta coreano , rispetta a ritroso un simile presupposto: bisogna specificare infatti che si tratta di una visione in rewind, in quanto il film è stato realizzato nel 2000 ed esce solo ora nelle sale,e che nel frattempo è stato possibile vedere tutte le pellicole successive. E, per una sorta di circolarità, ci sono alcuni elementi che ritornano a partire proprio dalla fine, ovvero da Parasite , l'ultimo cimento di Joon-ho, il più celebrato da questa (Palma d'oro a Cannes) e dall'altra (Oscar come miglior film, per la prima volta in lingua non inglese) parte dell'Oceano; prima di tutto la centralità di una stratificata struttura sociale, "incementata" prima che incarnata, tra le maglie architettoniche e urbanistiche di una città brulicante soggetti smarriti in un rigido classismo: se in Parasite si staglia ferina la famiglia sottoproletaria rappresentata nella fagocitante escalation fino alla cima della catena alimentare, in Cane che abbaia non morde prevale ancora l'individuo, alle prese con i medesimi istinti pervertiti . [...]
di Fabrizio Croce, articolo completo (6923 caratteri spazi inclusi) su Close-up 27 aprile 2023