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Ultimo aggiornamento mercoledì 27 dicembre 2017
George è un homeless che non ammette di esserlo. Vaga per la città tra disperati come lui, delinquenti e assistenti sociali poco umani. Al Box Office Usa Gli invisibili ha incassato nelle prime 3 settimane di programmazione 108 mila dollari e 19,2 mila dollari nel primo weekend.
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George è un senzatetto, ma non lo ammette nemmeno con se stesso. La sua esistenza è un'odissea che si consuma nella ricerca di qualcosa da bere e mangiare e di un letto per dormire, in una New York che è il luogo più idoneo a generare e perpetuare l'esistenza di chi si appoggia ad un sistema sociale che assiste ma non aiuta, perché ragiona solo in termini di numeri, scartoffie e gradi di temperatura (sotto una certa soglia, a Manhattan, non si ha diritto a soggiornare in un pronto soccorso, se non si ha di dove andare).
Gli invisibili segue George nella sua perpetua peregrinazione, documentando i suoi incontri con altri disperati come lui, con assistenti sociali ben intenzionati che usano l'ironia e la rassegnazione come lame di coltello, con giovinastri che lanciano oggetti ai barboni e vegani gentili pronti ad offrire un piatto di riso. E con Maggie, la figlia che George ha abbandonato a 12 anni, lasciandola nelle mani della nonna materna mentre lui precipitava giù per la tana del coniglio. La sua favola nera, da quel momento in poi, è quella di Alice nel paese degli orrori, personificazione dell'incubo più condivisibile dei nostri tempi: la perdita di un lavoro, di una casa, e dunque di un'identità.
Che è soprattutto un'identità maschile. La storia di George è infatti inquadrata anche come la messa in crisi di un genere che, soprattutto negli Stati Uniti, ha creduto nel mito del self made man: non a caso l'uomo ripete ossessivamente di essere stato "salvato" da donne gentili, non a caso il suo precipitare è cominciato con la perdita della moglie, non a caso è attraverso la figlia che cerca di ritrovare la strada.
Con Gli invisibili, che è anche il titolo del 30esimo album di Bob Dylan, Oren Moverman conclude la trilogia dedicata alla critica sociale dell'America post 11 settembre cominciata con Oltre le regole -The Messenger e proseguita con Rampart, creando una parabola contemporanea che non abbassa mai lo sguardo e non si concede soluzioni facili. George è un "uomo ri": rifiutato, rilocato, rimpiazzato. La sua vita è un prefisso che nega la sua unicità e sottolinea il suo essere sostituibile, spostabile, facilmente dimenticabile.
Il rischio apparentemente incosciente del film - assegnare a Richard Gere, anche produttore, il ruolo del protagonista - è in realtà un saggio investimento in metacinema, prima di tutto perché se un divo come Gere può precipitare in quella voragine di degrado e disistima, significa (simbolicamente parlando) che può capitare ad ognuno di noi. Gere si fa schermo bianco per le nostre paure, scegliendo (volontariamente) una recitazione completamente passiva, una fissità dello sguardo solo occasionalmente reattiva, mai attiva. Nella sua (caratteristica) apatia c'è lo smarrimento esistenziale di un personaggio persino irritante nel suo ostinarsi a vivere nel presente senza iniziare quella risalita a lui accessibile, in quanto bianco, istruito, e di gradevole aspetto.
Di più: Gere presta alla storia, senza alcuna vanità, la sua vecchiaia, i suoi capelli bianchi e il suo inedito fisico rilassato che contrasta con il ricordo indelebile, nell'immaginario collettivo, del suo American gigolò intento a fare flessioni a mezz'aria. Ecco come sono finiti gli anni Ottanta, dice Moverman, il reaganismo edonista e la certezza del benessere: oggi Julian Cole non ha l'armadio pieno di camicie di Armani, ma come in American Gigolò cerca la salvezza attraverso una donna che abbia pietà della sua anima e prenda per mano il suo disorientamento.
Un disorientamento che Moverman descrive per immagini spesso inquadrate attraverso quel vetro che divide un qui da un là, ricordandoci costantemente che potremmo essere noi, a trovarci dalla parte "sbagliata". Il mondo che racconta è fatto di superfici riflettenti, in una infinita rifrazione di percorsi umani destinati a perdersi in un altrove incerto.
Allo straniamento dello spettatore contribuisce il sound: nessuna colonna sonora, solo rumori d'ambiente che isolano, distraggono, confondono. Con lentezza talvolta esasperante scivoliamo in quel nulla chiassoso insieme a George, ci risvegliamo in ambienti che non ci appartengono e sottolineano la loro estraneità attraverso l'esperienza sensoriale. Gli invisibili racconta un tempo (anche mentale) interminabile che si consuma in un continuo passaggio fra interno ed esterno, e testimonia la crisi di un paese brancolante fra le macerie di una grande illusione collettiva.
GLI INVISIBILI disponibile in DVD o BluRay |
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Questo film rappresenta quello che vediamo,anzi che facciamo finta di non vedere tutti i giorni,dignità umana calpestata da un destino atroce,malvagio,che non lascia speranza,a chi purtroppo sfortunato nella vita è costretto a vivere in questo mondo. La dignità e la consapevolezza di non essere più se stessi oltrepassa ogni limite di sopportazione,rimane inalterata perché la mente dell'essere umano [...] Vai alla recensione »
Non è una sceneggiatura originale, ma questo film ha due punti a suo vantaggio : la bravura del regista nell'evitare filtri retorici e nel rendere la narrazione piana e consapevole, forse meno emotiva ma sicuramente più realistica ; la determinazione di Gere nell'interpretazione di un ruolo a cui evidentemente tiene molto, dando l'impressione di usare la finzione scenica per [...] Vai alla recensione »
Un altro ruolo particolare e fortemente drammatico per Richard Gere che, dopo il suo precedente in "Franny" dove interpreta un uomo fortemente dipendente dal vizio del bere, ne "Gli Invisibili" riveste i panni di un individuo che vive alla stregua di un barbone. Egli, non se ne capisce direttamente la motivazione ma si intuisce che la causa scatenante sia stata la morte improvvisa [...] Vai alla recensione »
Moverman confeziona un film semplice e onesto, mettendo in scena uno dei problemi sociali più importanti al quale girano le spalle istituzioni e persone comuni. Ecco allora che si creano sciami di invisibili, persone che hanno perso tutto e che si ritrovano a barcamenarsi nelle fredde e disumane metropoli, un po' a chiedere carità per strada e un po' a chiedere un posto letto, [...] Vai alla recensione »
Essendo un film indipendente è un film che generalmente viene svolto da persone ambiziose e molto orgogliose del proprio lavoro. E' un film definito anche sperimentale perché in genere lasciando che sia il regista a curare completamente ogni dettaglio senza che sia seguito dallo studio di produzione, varca lo schema stesso del genere cinematografico d'appartenenza rendendolo più impersonato, alla mente [...] Vai alla recensione »
FILM ASSOLUTAMENTE DA NON PERDERE. UNO SPECCHIO NUDO E CRUDO DELLA NOSTRA SOCIETA’. OREN MOVERMAN CI FORNISCE UN PICCOLO MA SIGNIFICANTE AFFRESCO DI TUTTO CIO’ CHE CI CIRCONDA, MA CHE PURTROPPO NON VOGLIAMO VEDERE. RICHARD GERE E’ GEORGE, UN UOMO DISPERATO. QUANTI DI NOI SONO DISPERATI?? QUANTI SONO MESSI IN GINOCCHIO DALLA VITA?? TUTTI NOI PRIMA O POI ATTRAVERSIAMO IL DOLORE.
Interessante questa incursione nel mondo dei "clochard", non mi pare che mai altri cineasti si siano cimentati all'uopo e abbiano affrontato il tema dei "senza fissa dimora"un esercito di invisibili, che non hanno identità,non hanno di che sfamarsi e un giaciglio per dormire,sballottolati tra una burocrazia ottusa e insensibile e una indifferenza assoluta, [...] Vai alla recensione »
Il film narra di un uomo che, dopo aver perduto: lavoro, casa e moglie, si ritrova vagabondo cercando in qualche modo di riavvicinarsi a sua figlia Maggie...Un lavoro ben diretto che ha le sembianze di un true reality, nel raccontare una storia così drammatica e intima, la macchina da presa si tiene a distanza lasciandoci vedere con discrezione gli eventi, bravo Gere che anima il personaggio [...] Vai alla recensione »
Cacciato dall'appartamento fatiscente in cui era ospite a causa dello sfratto della sua amica e affittuaria, George si ritrova a vagabondare per le strade di Manhattan passando dalla sala d'aspetto di un grande ospedale ad un affollato dormitorio pubblico, da un banco dei pegni in cui racimolare qualche soldo ad un ufficio dell'assistenza sociale dove riscattare le proprie credenziali, [...] Vai alla recensione »
Il biglietto d’acquistare per “Time out of mind” 3)Di pomeriggio “Time out of mind” è un film del 2014 scritto e diretto da Oren Moverman con Richard Gere. Basta poco per cadere e ritrovarsi con il “culo a terra”. La crisi economica sta distruggendo la classe media e creando nuovi poveri.
Grazie a Moverman per questo bel ritratto del mondo dell'aiuto, capace di costruire una morbida barriera per separare l'uomo in carriera da quello fuori. Molti sono i livelli di emarginazione, non solo il clochard, ma ugualmente per tutti vale la parabola di Moverman, interpretata con maestria da Gère, ovvero c'è solo una persona che ci vuole e ci può capire e [...] Vai alla recensione »
La paura del destino accomuna tutti, ognuno teme di finire senza affetti. E' un film che fa riflettere, l'argomento è trattato con intelligenza. Ottima la fotografia, con l'uso delle Alexa sempre più diffuso.
A poca distanza da "Franny", dove era un miliardario, Richard Gere torna in un ruolo all'opposto di quello. L'anziano George è un homeless che si aggira alla deriva per le strade della New York invernale. Non ha dove dormire; se rimedia qualche soldo, lo beve; quanto a sua figlia Maggie non vuole avere nulla a che fare con lui. Malgrado possa usufruire di alcuni servizi sociali, non possiede la documentazio [...] Vai alla recensione »
Per le strade di New York si aggira George Hammond (Richard Gere). Sappiamo pochissimo di lui ma nel corso de Gli invisibili impareremo che ha una figlia e forse sapeva suonare molto bene il pianoforte. Ci vuole pazienza per apprezzare un film scorbutico ed enigmatico come il suo protagonista. Anche il regista Oren Moverman (regista di The Messenger e Rampart nonché sceneggiatore raffinato per conto [...] Vai alla recensione »
Il quotidiano tentativo di tenersi a galla, trovare di che mangiare e dormire: Gli invisibili ci introduce nel mondo dei barboni, ovvero di coloro che per caso, malasorte o scelta autodistruttiva sono finiti ai margini della società civile e non hanno speranza di reintegrarsi. La maggior parte di noi gli sfila indifferente accanto, ma il senzatetto newyorkese del film di Oren Moverman non possiamo [...] Vai alla recensione »
Insolito, toccante dramma sull'emarginazione dei cosiddetti invisibili, come suggerisce l'azzeccato titolo tradotto. Vaga per New York senza meta il depresso George. La barba lunga, un berrettino di lana, lo sguardo perso nel vuoto. Poi ottiene un letto all'ospizio, dove condivide i crucci con un ex jazzista nero: la moglie è morta di cancro e la figlia barista Maggie non vuole più vederlo.