Anno | 2012 |
Genere | Drammatico |
Produzione | USA |
Durata | 106 minuti |
Regia di | Larry Clark |
Attori | Adam Mediano, Kaylan Burnette, Jeremy St. James, Tina Rodriguez, Jimmy Gonzales Ulysses Lopez, Rodrigo Lloreda, Indigo Rael, Elizabeth Castro, Mary Farley, Nathan Stevens, Erik Quintana, Sarah Laymon, Lindsay Jones, Richard Covurrubias, Mercedes Maxwell, Jessie Tejada, Ramona Tejada, Angel Maxwell. |
MYmonetro | 2,34 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 10 marzo 2015
Larry Clark torna a provocare raccontando gli adolescenti americani di provincia. Il film è stato premiato a Roma Film Festival,
CONSIGLIATO NÌ
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A Marfa, in Texas, la comunità bianca e quella messicana convivono sotto lo ronda senza posa della polizia di confine. Vige il coprifuoco per i ragazzi, alle 11 di sera, e a scuola sono ancora in voga le punizioni corporali. Adam è per metà bianco e per metà ispanico, ha sedici anni e sta scoprendo il sesso: con la fidanzatina Inez, con la vicina di casa più grande, Donna, e grazie ai consigli di una ragazza disinibita, che si trova lì per un progetto di una locale fondazione d’arte. Ma Adam e sua madre Mary, sono anche oggetto dell’interesse di Tom, un poliziotto razzista e disturbato, con un pesante bagaglio psicologico alle spalle, che non perde occasione di dar loro il tormento.
Larry Clark non si smentisce e torna a parlare di “kids” alla sua maniera, controversa ed estetizzante, trovando ancora una volta dei volti e dei corpi che parlano da soli e invadono di bellezza un contorno difficile. Questa volta anche il paesaggio ha una voce importante (il mondo è fatto di suono, non a caso, nella credenza di uno dei personaggi), che non opprime quella dei ragazzi ma anzi sembra tessere dei percorsi, sibilare delle traiettorie che, in altre mani, sarebbero diventate storie di vita. A Clark, invece, non interessa una progressione narrativa: il suo cinema fotografa ancora un reiterarsi di suoni e azioni che preludono ossessivamente ad un’interruzione violenta. Il suo sguardo è speciale, certo, ma anche impostato e compiaciuto: è evidente che, come la bella artista senza nome, è solo di passaggio a Marfa, per trasformare il deserto in un pezzo d’arte, ma non è tutt’uno con quel che racconta, resta un osservatore esterno e superficiale.
I suoi, in fondo, sono ritratti che dialogano tra loro. Anziché confessarsi al regista, i personaggi si raccontano l’uno all’altro, ma sono pur sempre, e prima di tutto, (s)oggetti in bella mostra.
L’atmosfera, suggestiva ed essenziale, di questo paesaggio scarsamente popolato, dove il superfluo semplicemente non esiste e la comunicazione umana può farsi più diretta, e dove la comunità è ancora un’immagine possibile, fa del bene al regista: si avverte un temperato addolcirsi del tocco e una ricerca meno sfacciata della provocazione a tutti i costi, ma non è sufficiente per dotare di uno spirito un film di solo corpo. Disserta di New Age, Larry Clark, ma per ora non sembra essere entrato in una nuova era.
Strameritata vittoria come miglior film di questa edizione 2012 del Roma Film Fest. Marfa Girl è uno dei pochi film, e non solo della rassegna romana, che dice qualcosa di nuovo e lo dice in uno stile cinematografico poco consueto. Basta confrontarlo con Alì ha gli occhi azzurri, Premio Speciale della Giuria, per capire la differenza stilistica e contenutistica.