Anno | 2011 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Argentina, Cile, Portogallo, Francia |
Durata | 82 minuti |
Regia di | Cristián Jiménez |
Attori | Diego Noguera, Natalia Galgani, Trinidad González, Gabriela Arancibia, Hugo Medina . |
Tag | Da vedere 2011 |
MYmonetro | 3,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 23 maggio 2011
Julio informa la sua compagna che ha ottenuto un impiego come dattilografo di un noto scrittore, ma poi perde il lavoro. Per non deluderla finge che non sia successo e scrive lui stesso il romanzo che poi ricopia con lei al computer.
CONSIGLIATO SÌ
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Julio si incontra con un noto scrittore, Gazmuri, che è in cerca di qualcuno che trascriva al computer il suo ultimo manoscritto: la storia di un uomo che ascoltando la radio, una mattina, scopre che la sua prima ragazza è morta. Non ottiene il lavoro ma non ha il coraggio di dirlo a Blanca, la vicina di casa con cui ha una relazione, per cui si mette a scrivere a mano un romanzo di proprio pugno, fingendo che appartenga a Gazmuri. Per soggetto sceglie la sua storia d'amore con una coetanea, Emilia, ai tempi dell'università.
Il regista Cristian Jiménez (Optical illusions) mette in scena la storia "d'amore, di libri e di piante" di Alejandro Zambra che per molti ha segnato la fine di un'era e l'inizio di un'altra nella letteratura cilena contemporanea. Lo snobismo presuntuoso e felice che si accompagna al primo grande amore e alla simbiosi che produce, è tenero e romantico, nel film ancor più che nel libro, grazie agli attori che vestono i panni dei protagonisti: goffo e sensibile l'interprete di Julio, fragile e inquieta Emilia. Per questo, la scelta di non mettere in scena il momento della rottura e di non fornire al pubblico nemmeno le ragioni che li hanno portati a quel punto, pur essendo molto rischiosa, funziona proprio perché i personaggi sono stati costruiti con grande verità e contengono probabilmente già i semi del loro destino. Le due pagine più rilevanti, quelle delle possibili svolte, nel passato e nel presente, rimangono dunque in bianco, come il segno del libro sul petto di Julio scottato dal sole.
Fotografia e regia costruiscono congiuntamente un'immagine giovane e accogliente, che contrasta in pieno il soffio freddo della tragedia annunciata, senza per questo aver mai la tentazione di ricorrere alla carineria. Jiménez non si lascia intimorire dal fatto di maneggiare Proust e Flaubert e fa benissimo. Per restare nella metafora botanica, si dirà che i grandi nomi della letteratura concimano la trama di Bonsai e il gioco metatestuale esplicitato nell'incipit della Récherche: "...mi sembrava d'essere io stesso quello di cui il libro si occupava". Il regista ne fa inoltre un uso leggero e affatto accessorio, un po' come avveniva con la grande musica e i vinili in Alta fedeltà (ma il confronto tra i due film si arresta qui, sia chiaro).
Com'erano bastate 85 pagine a fare un buon libro, bastano 82 minuti a fare un gradevolissimo film.