La prigione |
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Un film di Ingmar Bergman.
Con Eva Henning, Birger Malmsten, Doris Svedlund, Hasse Ekman, Stig Olin.
continua»
Titolo originale Fängelse.
Drammatico,
b/n
durata 80 min.
- Svezia 1949.
- VM 14 -
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![]() Uno dei film dell'esordio di Bergman. Un regista desidera realizzare una pellicola sul demonio e si fa aiutare da un amico che gli propone una storia per metà autobiografica e per metà riferita a una prostituta. Molto bella la scena in cui i due trovano un vecchio proiettore in un granaio e guardano un film muto.
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![]() ![]() ![]() ![]() ![]() Le origini del genio
venerdì 29 ottobre 2010
di mario_platonov
Nonostante i tentativi di rivalutazione alla luce dei capolavori successivi, questo film continua a sembrare uno dei più pasticciati e deboli nella filmografia di Bergman. Il prologo e la chiusura, ben calibrati sul tema di un Diavolo che domina sulla Terra lasciandola così com’è, non reggono l’intero corpo centrale del film con una trama che procede troppo rapida e confusionaria e priva di quei dialoghi che diventeranno il marchio di fabbrica dei grandi capolavori continua » |
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Birger Malmsten ad Hasse Ekman a proposito degli psicanalisti | |
Non sono altro che chiacchieroni. Non possono darti un'altra anima. | |
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DVD | La prigioneUscita in DVD
Disponibile on line da lunedì 11 marzo 2013
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di Georges Sadoul
Un soggettista sposato (Birger Malmsten) ha una relazione con una specie di prostituta (Doris Svedlund) che il suo amante (Stig Olin) ha costretto ad abortire, e che finisce per suicidarsi. Torna allora dalla moglie. Fu il primo film di cui Bergman fosse l’unico soggettista e autore e anche una delle sue opere più personali. “La vita non è che una brutta linea curva tra la vita e la morte” conclude il soggettista, esprimendo il pensiero dell’autore; e il film s’apre con la domanda posta da un professore pazzo all’antico allievo: “Fa’ un film sull’inferno. » |
Il mondo visto dal diavolo
di Aldo Garzia Liberazione
Avrebbe dovuto chiamarsi Storia vera questa scorribanda tra realtà e allegoria, segnata da un pessimismo che solo l'estro visuale del giovane regista e la sua fantasia sfrenata riescono a rendere accettabile. In questo mondo di celluloide "senza via d'uscita", senza Dio e quindi, parrebbe, unicamente dominato dal Diavolo e dalla Morte, Ingmar Bergman ambientò il suo primo film degno di nota dopo cinque anni di gavetta. La prigione ricopre nel cinema di Bergman lo stesso ruolo dell'Angelo ubriaco nella filmografia di Akira Kurosawa: è la nascita di un grande autore. » |
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