
"Lavorerò finché potrò ancora imparare qualcosa o finché non sarò veramente rimbambito" ha detto il regista. Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti
"Non c'è motivo per cui un uomo non possa migliorare con l'età" ha detto Clint Eastwood in una recente intervista. “E oggi ho molta più esperienza. Certo, ci sono registi che perdono il loro tocco a una certa età, ma io non sono uno di loro. Lavorerò finché potrò ancora imparare qualcosa o finché non sarò veramente rimbambito".
Gebo e l’ombra del 2012 è l’ultimo film del regista portoghese Manoel De Oliveira. Aveva 104 anni quando lo ha realizzato. De Oliveira è un monumento, ultra-premiato, idolo di una certa critica. Il popolo, largo, del cinema, dopo aver visto un suo film ha rigorosamente evitato tutti gli altri. A fronte di De Oliveira, Clint Eastwood, che a maggio ha compiuto 95 anni, è un ragazzino. Fra i due c’è una differenza sostanziale: Eastwood è amato da tutti, critica e pubblico.
Nel saggio sui registi che si sono dedicati ai bambini scrivevo.
“Tutti ricordiamo il monte Rushmore di Hitchcock, con le quattro effigi di Washington, Jefferson. Lincoln e Teddy Roosevelt, i presidenti dominanti le loro epoche. Un ideale “Rushmore” dei registi potrebbe senz’altro accogliere gente come Spielberg, Scorsese e Eastwood. Pochi avrebbero da ridire. Il quarto posto forse apparterebbe a Coppola, che presenta molte affinità coi “tre”, ma io lo assegno a Woody Allen, che non mi risulta si sia mai interessato ai bambini. Clint Eastwood sì.
Ha molto in comune coi colleghi a cui mi sono dedicato. Con una nota che va detta: Clint, non lontano dal secolo, continua a fare film come regista e come attore. E la qualità non ne risente.”
Un’altra nota è questa: in chiave di premi Eastwood non è da meno del portoghese. Stando all’Oscar, sorpassando tutti gli altri riconoscimenti, ne ha vinti cinque.
Vanno ricordati: 1993, Gli spietati (Film e Regia); 1995, Oscar alla carriera; 2005, Million Dollar Baby (Film e Regia).
De Oliveira ha raccolto Palme e Leoni, ma neppure un Oscar. Anche questo è un segnale “critico”. E un segnale di diversa grandezza di Clint. Rispetto alla sua infinita filmografia secondo la solita regola della selezione non può che emergere la trilogia del dollaro di Sergio Leone e la serie di Callaghan. Poi la ricerca di Clint è stata completa e profonda. Non c’è tema sociale, politico, umano, che Eastwood non abbia toccato.
Naturalmente non c’è spazio per raccontare anche in minima parte l’opera di Eastwood. Dunque sto su due temi. Il tempo. C’è stato un momento in cui Clint, più o meno ottantenne, sembrava deciso a rimanere dietro la macchina, ma poi ha continuato a rimanere “davanti”.
E’ tuttora nelle sale Giurato numero 2, successo di critica e pubblico. Questa volta Clint ha fatto “solo” il regista. Non perché si considerasse troppo vecchio e inadeguato esteticamente, ma perché non c’era un ruolo per lui. In The mule (guarda la video recensione) abbiamo visto l‘attore vecchio, lento e curvo, era il 2018. Si pensava, adesso forse rinuncia ad apparire. Invece nel 2021 rieccolo in Cry Macho - Ritorno a casa, nella parte di un ex star del rodeo. E ci stava ancora, regista e attore.
Il sociale e la politica. Eastwood si descrive come un “libertario”. E non vorrebbe che si facesse di ogni erba un fascio quando ormai l’America lo registra come repubblicano, cioè di destra. In una società dove l’intellighenzia, l’arte, la cultura, soprattutto il cinema, devono essere rigorosamente “democratici”, cioè di sinistra, l’eccezione Clint si manifesta e che il cineasta abbia potuto esprimersi come ha fatto, con quella qualità e quella potenza è un dato in più a suo favore. La sua vocazione arriva da molto lontano, quando, ancora ragazzo, nel 1951 sostenne la candidatura di Eisenhower. E nel 1968 e 1972 quella di Nixon pur prendendone le distanze dopo lo scandalo Watergate. Un interessante segnale morale, che sarà un suo mantra nel trattare i temi etici. Un segnale di “distacco” dalle posizioni politiche dell’area repubblicana sono le sue posizioni a favore dell’eutanasia, del matrimonio fra persone dello stesso sesso e dell’aborto.
Non si può non citare l’intervento di Clint Eastwood alla convention repubblicana di Tampa, nell’agosto del 2012 dove attaccò, con un linguaggio che non faceva prigionieri, il presidente Obama per la sua politica interventista in chiave economica.
E si rivolse a lui dialogando con una sedia vuota. Dunque con un signor nessuno.
Nel 2016 durante le campagne dei candidati Hillary Clinton e Donald Trump, dopo aver paragonato i due antagonisti a Gianni e Pinotto, si espresse in termini montanelliani, che tutti ricordiamo, sostituendo naturalmente il soggetto: votiamo Trump turandoci il naso.
Dai Clint, pensa a Manoel.