Klimt |
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Un film di Raoul Ruiz.
Con John Malkovich, Saffron Burrows, Emilie Floge, Stephen Dillane, Sandra Ceccarelli.
continua»
Biografico,
durata 129 min.
- Austria, Francia, Germania, Gran Bretagna 2006.
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La leggerezza anticulturale di certo cinemadi giorgio camisaniFeedback: 0 |
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domenica 11 novembre 2007 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Klimt di Raúl Ruiz è un film che vuole essere un’opera d’arte o, detto meglio, è un prodotto prettamente commerciale che si vuole vendere come film artistico. Le immagini rappresentano una serie di eventi psichici ed onirici di un Klimt agonizzante, ricoverato in una clinica in attesa della morte, con accanto l’amico Egon Schiele. L’organizzazione delle scene non è data da un percorso cronologico o biografico, ma dalla presenza e corrispondenza di alcune ossessioni, iscrivibili all’interno del turbinio dell’eros, vero protagonista del film, che si ripresentano e si approfondiscono fino a sfociare nella dissoluzione dell’identità dell’artista. Prevale l’artificiosità sull’arte, e ciò che sembra più autentico in tutto il film è la somiglianza tra lo sguardo dell’interprete di Klimt, John Malkovich, e il vero Gustav Klimt così come appare nelle foto che ci sono giunte. Definire Klimt come un film biografico è pretestuoso, perché non vuole seguire la strada, ben più complessa ed ardua, della ricostruzione del contesto storico-culturale dell’art nouveau e della Secessione viennese che vide l’artista protagonista. Ruiz avrebbe potuto utilizzare come mezzi espressivi e simbolici del film alcuni riferimenti al gusto e alla cultura musicale, architettonica o scultorea dell’epoca. Invece, il film segue la via più immediata e sicura dell’erotismo e della sensualità femminile, mostrate come unica fonte d’ispirazione dell’artista, e che ci vengono proposte non tanto con le decorazioni e le allegorie di Klimt, quasi del tutto assenti nel film, ma attraverso il corpo nudo delle modelle. Per leggere la recensione completa collegati a www.filmagazine.it
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