writer58
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domenica 11 settembre 2011
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mare nostrum
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"Terraferma" è un film basato su contrasti, su antinomie, con un elemento unificante che, insieme, separa e unisce: il mare.
Su un'isola troppo piccola per essere segnata sul mappamondo, vive una famiglia composta da Ernesto, un anziano pescatore legato ai valori dell'etica del mare, una donna che ha perso il marito (Giulietta, interpretata da una brava Finocchiaro)e che desidera rifarsi una vita sul "continente", il figlio ventenne Filippo e suo zio Nino, alfiere della modernità e della miseria spirituale che cinge il nostro paese e il suo mezzogiorno.
L'isola, un tempo luogo di pescatori, sta diventando crocevia di disperati che emigrano dalle coste dell'Africa a bordo di imbarcazioni fatiscenti e di flussi turistici casuali che ne modificano l'economia e obbligano la famiglia a dormire nel garage di casa per ospitare tre studenti in vacanza.
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"Terraferma" è un film basato su contrasti, su antinomie, con un elemento unificante che, insieme, separa e unisce: il mare.
Su un'isola troppo piccola per essere segnata sul mappamondo, vive una famiglia composta da Ernesto, un anziano pescatore legato ai valori dell'etica del mare, una donna che ha perso il marito (Giulietta, interpretata da una brava Finocchiaro)e che desidera rifarsi una vita sul "continente", il figlio ventenne Filippo e suo zio Nino, alfiere della modernità e della miseria spirituale che cinge il nostro paese e il suo mezzogiorno.
L'isola, un tempo luogo di pescatori, sta diventando crocevia di disperati che emigrano dalle coste dell'Africa a bordo di imbarcazioni fatiscenti e di flussi turistici casuali che ne modificano l'economia e obbligano la famiglia a dormire nel garage di casa per ospitare tre studenti in vacanza.
Il conflitto tra i valori solidaristici che caratterizzavano la comunità e la ricerca di profitto sfruttando le risorse naturali dell'isola, tra la tradizione e una modernità priva di anima, è simboleggiata dalle figure di Ernesto e suo figlio Nino, un bravo e odioso Fiorello, che nega la presenza degli immigrati clandestini e organizza tour in barca per masse di turisti in costume da bagno che si dimenano sulle note di ritmi tropicali. In mezzo, il giovane Filippo, diviso tra le due istanze e incerto sulla direzione da prendere.
L'arrivo degli immigrati africani e le leggi sul reato di clandestinità si abbattono sulla famiglia come una mannaia che rischia di stritolare un tessuto fragile, in bilico tra l'emigrazione e la riconversione delle attività produttive.
"Terraferma" rappresenta un po' il negativo fotografico del "Nuovo Mondo". Meno mitico e magico del film precedente, disegna un ritratto potente di un'Italia dolente, sospesa tra l'assenza di prospettive di futuro e le catastrofi umanitarie che si abbattono sulle estreme propaggini del territorio nazionale.
Lo fa con uno stile evocativo e poetico, privo di concessioni retoriche, con immagini simboliche e dense di bellezza, come nella sequenza finale, in cui la barca di nonno Ernesto solca un mare d'argento, con una madre e due figli strappati alla morte, diretta verso terraferma.
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pepito1948
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giovedì 8 settembre 2011
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l'uomo bianco, l'uomo nero ed il mare
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Siamo su una piccola isola siciliana (sappiamo che si tratta di Linosa, ma la sua identità è stata volutamente tenuta nel vago), così piccola che non compare neanche su un comune mappamondo.
E’ il mare che ne determina ed influenza la vita con i suoi umori variabili, apportatore di vita e di morte, di cibo e disperazione, teatro di avventure mirabili o tragiche, mai uguale a se stesso, sempre capace di sorprendere, di stupire, di suscitare emozioni o angosce.
Il mare è stato fino a qualche tempo fa l’unico mezzo di sostentamento dell’isola, dove è ancora maggioranza la vecchia generazione di pescatori poco inclini a cambiare vita ed abitudini.
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Siamo su una piccola isola siciliana (sappiamo che si tratta di Linosa, ma la sua identità è stata volutamente tenuta nel vago), così piccola che non compare neanche su un comune mappamondo.
E’ il mare che ne determina ed influenza la vita con i suoi umori variabili, apportatore di vita e di morte, di cibo e disperazione, teatro di avventure mirabili o tragiche, mai uguale a se stesso, sempre capace di sorprendere, di stupire, di suscitare emozioni o angosce.
Il mare è stato fino a qualche tempo fa l’unico mezzo di sostentamento dell’isola, dove è ancora maggioranza la vecchia generazione di pescatori poco inclini a cambiare vita ed abitudini. Ma i figli, ed i figli dei figli, cominciano a mettere in dubbio le granitiche certezze dei loro padri, soprattutto davanti alle nuove prospettive che la modernità, in forma di torme di turisti affamati di sole e mare e portatori di facili ricchezze, lascia intravedere. Il richiamo delle sirene in costumi succinti ed olezzanti di olio di cocco è forte e rischia di disorientare e dividere la minuscola comunità.
Ma una imprevista ondata più travolgente di qualsiasi maroso incombe sull’isola, e ne sconvolge i già precari equilibri, costringendo gli abitanti a prendere posizione tra diverse opzioni ed a mettere in gioco le proprie coscienze. La migrazione dei disperati in fuga da forze distruttrici non segue le normali regole, assume spesso le forme impetuose del panico e della ricerca spasmodica di qualsiasi espediente utile alla sopravvivenza.
Davanti a tanta caotica energia umana che si riversa nel mare antistante o sulle spiagge della isola, deflagra l’immobilismo già tremulo della popolazione e si scatenano dinamiche che pongono in contrasto principi morali, spinte emotive e considerazioni opportunistiche.
La legge del mare (“Io non ho mai abbandonato nessuno tra le onde”) scritta sull’acqua, la legge dello Stato (il trattamento dei clandestini è compito delle Forze dell’ordine) scritta sui codici e sulle Gazzette Ufficiali, e la legge dello struzzo (divertitevi, che qui non c’è nessun ospite sgradito) scritta sui conti correnti bancari, si scontrano incrinando l’amalgama che ha legato e favorito nel tempo la convivenza dei residenti: il consenso basato sulla solidarietà e sulla tradizione.
Tutto questo si riflette nei rapporti di una famiglia composita del luogo (nonno pescatore, due figli di cui uno inghiottito dalla furia del mare e l’altro animatore turistico, la nuora vedova che vorrebbe evadere verso lidi migliori ed un nipote 20enne in affanno tra i triboli delle incertezze), che si disperde tra sentimenti diversi ed in tumultuoso divenire soprattutto quando il patriarca decide di salvare con la propria barca una migrante incinta ed il suo figlioletto. L’allargamento forzato della famiglia crea dapprima incomprensione e rigetto verso i nuovi innesti, ma la nascita del nuovo venuto riduce le distanze, ponendo le basi per un’alleanza tra madri e figli ospitanti ed ospitati, che consentirà ai più coraggiosi di cercare altrove nuove possibilità di autorealizzazione e nel contempo di trovare la propria terraferma interiore.
Terzo film di quella che potremmo chiamare la trilogia del mare di Crialese, dopo Respiro e Nuovomondo, Terraferma non delude le aspettative, non tanto per i temi trattati quanto per l’angolazione da cui viene visto il rapporto tra popolazione e migrazione. I barconi fanno una fugace apparizione, i volti dei migranti si intravedono nella loquace sofferenza dei loro volti, l’assalto disperato dei naufraghi alla barca del giovane Filippo, avviene di notte e lo sguardo è più concentrato sulla reazione inconsulta e violenta del giovane che non sulle mani e sui corpi dei naufraghi. Insomma il dramma si intuisce in tutta la sua portata dalle dinamiche psicologiche e comportamentali dei familiari, da alcune magistrali sequenze sottomarine (in cui appaiono inerti sul fondo diari e libri aperti, scarpe ed altri oggetti personali che trasudano morte), da assimilazioni paradossali (il barcone gremito di bagnanti festanti al ritmo di musica spensierata da lontano assomiglia tanto a quello di una massa di disperati che agita le braccia in cerca di aiuto). Le immagini, particolarmente quelle del mare, parlano come e più dei dialoghi, come peraltro in altri film del regista.
In fondo il viaggio dei transfughi dall’isoletta sicula verso la speranza riprende lo schema contestuale del Nuovomondo, ma cambiano le dimensioni: qui si abbandona la Sicilia verso enormi territori come l’America su un transatlantico, lì la fuga inizia da una piccola isola assente dai mappamondi per terminare sulla penisola italica, con l’utilizzo di una modesta barca da pescatori. Ma resta il mare il protagonista delle peregrinazioni fisiche ed emozionali dei personaggi, il testimone delle loro avventure, tragiche o a lieto fine che siano, il portatore dell’imprevedibilità degli esiti delle grandi azioni, lo spettatore muto e gelido dei tentativi anche estremi di salvare o dare un senso ad una vita irrisolta.
La padronanza di un cineasta ancora giovane come Crialese nel creare emozioni attraverso immagini spesso poetiche e sempre accuratissime ed evocative è sorprendente; i giochi di luce (basti pensare al dialogo finale tra madre etiope e la sua benefattrice, tutto imperniato sull’alternarsi di luci, ombre e penombre), la capacità di proporre immagini che creano altre immagini (la barca che nel finale fende le onde e solleva due scie di spuma ai lati, quasi fossero due braccia che cercano nuotando di agevolare la velocità della fuga) dànno un prezioso valore aggiunto ad una prova che, se non raggiunge i vertici del precedente film, contribuisce a nobilitare la presenza a Venezia del cinema italiano, ed a richiamare in modo intelligente ed originale –al di là di facili polemiche antirazziste- l’attenzione pubblica, comprensibilmente distratta da altri problemi, su una biblica tragedia umana tutt’altro che risolta.
Claudio
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ginoantoniomario
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giovedì 3 ottobre 2013
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parlare con le immagini.
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A costo di apparire ingenuo vi dirò che vorrei vedere ogni sera film che, come questo, ci mostrano che uomini e donne che non hanno perso il senso del valore della viita e della solidarietà esistono ancora e sono molte di più di quante a volte pensiamo.
Avevo visto a suo tempo Nuovomondo e qui Crialese conferma di possedere una grande sensibilità espressiva e di saper parlare molto bene con le immagini.
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mansueto
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martedì 13 settembre 2011
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l'ottava armonia dell'arcobaleno
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L'Etiopia. Due anni e poi il mare. Il prezzo di una vita. Linosa. La paura aggredisce. Il tempo ammutina. La lampara. Le leggi del mare. Il diritto positivo. La negra (Timnit). L'umore del sangue. La claustrofobia dell'istinto (Donatella). U mari e il mare... "U pisci r u mari è restinatu cu si l'havi a mangiari"!
Il "nuovomondo". Le nuove costellazioni acquatiche. Nere. Il "respiro" del vecchio continente. L'incontinenza del senso di colpa. Per una responsabilità si può chiedere scusa. Per la vergogna, Filippo, no!
Non è un film sull'immigrazione. Non credete ai parrucconi ingessati. Non è un film sulla paura e sui gradienti umani. Non credete alle emozioni e ai pop corn. Non è una solenne lirica alla soglia di confine (l'isola, il mare e i cicli naturali) che separa il tutto dal vuoto.
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L'Etiopia. Due anni e poi il mare. Il prezzo di una vita. Linosa. La paura aggredisce. Il tempo ammutina. La lampara. Le leggi del mare. Il diritto positivo. La negra (Timnit). L'umore del sangue. La claustrofobia dell'istinto (Donatella). U mari e il mare... "U pisci r u mari è restinatu cu si l'havi a mangiari"!
Il "nuovomondo". Le nuove costellazioni acquatiche. Nere. Il "respiro" del vecchio continente. L'incontinenza del senso di colpa. Per una responsabilità si può chiedere scusa. Per la vergogna, Filippo, no!
Non è un film sull'immigrazione. Non credete ai parrucconi ingessati. Non è un film sulla paura e sui gradienti umani. Non credete alle emozioni e ai pop corn. Non è una solenne lirica alla soglia di confine (l'isola, il mare e i cicli naturali) che separa il tutto dal vuoto. Non si riempie il vuoto con l'inutile. Non è nemmeno un film di Emanuele Crialese e di Vittorio Moroni, dei produttori Tozzi, Chimenz, Stabilini e Conversi (Cattleya, Babe Films, France 2 Cinéma; Rai Cinema, Canal +, Cinecinema, MiBac, CNC, Cinesicilia, Regione Sicilia, Sensi contemporanei Cineam e audiovisivo). Perchè non è un film. E' un "Grand Tour" per animi da pover'uomini; un documentario che sa d'ode di vita.
E quando echeggia. Silenzio.
Laggiù c'è un uomo (in mare, "buio" come lui).
Indietro, sulla terra, un pescatore ormai spento (Ernesto). E l'apologia dell'intera storia umana.
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barbaradejavu
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lunedì 19 settembre 2011
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terraferma. secondo la legge degli uomini
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Terraferma di Crialese. Per una volta la retorica resta zitta e fa parlare le immagini. Linosa, un'isola italiana del Mediterraneo tanto piccola che il mappamondo non la registra, abbandonata dal tempo, dimenticata dalla storia. La vita è ancora (per poco?) scandita dal lavoro dei pescherecci. Un paese di vecchi pescatori, dove il turismo sembra essere l'unico destino per i giovani come Filippo che parla solo in dialetto. Le dinamiche di un nucleo familiare, le scelte da prendere ("bisogna rottamare il peschereccio del nonno"). L'estate, la casa messa in affitto per i turisti.
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Terraferma di Crialese. Per una volta la retorica resta zitta e fa parlare le immagini. Linosa, un'isola italiana del Mediterraneo tanto piccola che il mappamondo non la registra, abbandonata dal tempo, dimenticata dalla storia. La vita è ancora (per poco?) scandita dal lavoro dei pescherecci. Un paese di vecchi pescatori, dove il turismo sembra essere l'unico destino per i giovani come Filippo che parla solo in dialetto. Le dinamiche di un nucleo familiare, le scelte da prendere ("bisogna rottamare il peschereccio del nonno"). L'estate, la casa messa in affitto per i turisti. Tre ragazzi a pensione che vogliono divertirsi, fare le vacanze. Maura. Poi lo scontro con la realtà: gli sbarchi clandestini. Il problema-dilemma della politica italiana ed internazionale in un vis à vis tanto prossimo quanto toccante con la realtà dei fatti. L'umanità dei personaggi, delle singole storie e vicende. Una donna di colore incinta, accolta in casa e nascosta. La sua fuga, il suo dramma personale incontra quello di Giulietta, più modesto. Un garage dove avviene il dialogo sacro tra due madonne piangenti. La pietà. Sempre attraverso una narrazione scabra che ha fatto della lima la sua chiave vincente. Pulito, silenzioso, vivido come la fotografia immersa nel blu di un mare senza compromessi, dove non è possibile temporeggiare ma bisogna prendere una decisione. Romanzo di formazione, intimo, quanto collettivo e sociale. Diversi i filoni: la crescita, le madri, la storia e l'attualità. Unica pecca? Il ritratto del capitano di finanza che, come in uno scivolone, cade nel luogo comune e lo rende stereotipo perdendo la complessità che caratterizza gli altri personaggi. Verghiano per taluni aspetti, simbolista per altri. Resta impressa l'immagine-locandina dei turisti che si tuffano senza pensieri a ritmo di Maracaibo a cui si sovrappone inevitabilmente quella dei migranti che, disperati, si buttano a mare. Nessuna posizione preconcetta. Un solo interrogativo. Quello che ognuno di noi si pone quando si trova a tu per tu con la vita degli altri. E Filippo ha imparato la lezione: vince chi parte per primo.
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ameliemarie
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mercoledì 18 luglio 2012
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botta ri sangu
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Ad un occhio distratto la locandina del film evoca l'amarezza dei temi scomodi dell'immigrazione, scoraggia, appesantisce. Ma dando fiducia alla capacità di emozionare di Crialese, si scopre che l'immagine di copertina rappresenta la scena madre del film: un barcone di turisti che fanno la gara di tuffi sulle note di maracaibo, incuranti che quello che stanno solcando è per altri un mare di sofferenza, di paura e di speranza.
Ciò che il regista è in grado di sviscerare, nel senso più stretto del termine, è una quantità di emozioni difficile da gestire. Sullo sfondo amaro della tragedia clandestina, si affacciano con prepotenza il riso, l'imbarazzo, la tristezza, la compassione, il disappunto, la pena, la nostalgia, tutte insieme, tutte violente.
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Ad un occhio distratto la locandina del film evoca l'amarezza dei temi scomodi dell'immigrazione, scoraggia, appesantisce. Ma dando fiducia alla capacità di emozionare di Crialese, si scopre che l'immagine di copertina rappresenta la scena madre del film: un barcone di turisti che fanno la gara di tuffi sulle note di maracaibo, incuranti che quello che stanno solcando è per altri un mare di sofferenza, di paura e di speranza.
Ciò che il regista è in grado di sviscerare, nel senso più stretto del termine, è una quantità di emozioni difficile da gestire. Sullo sfondo amaro della tragedia clandestina, si affacciano con prepotenza il riso, l'imbarazzo, la tristezza, la compassione, il disappunto, la pena, la nostalgia, tutte insieme, tutte violente.
Maestro di realismo emotivo, con le solite ambientazioni da esportazione, Crialese non delude e si avvicina a grandi passi alla realizzazione del suo capolavoro.
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linodigianni
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lunedì 12 settembre 2011
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la terra è ferma, le persone in mare
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Si può fare un film, su un tema doloroso come quello della morte delle persone che migrano,
in fuga da guerre e povertà?
Si può fare un film avendo un'isola bellissima, come Linosa, alcuni pescatori veri, come attori,
e il corpo, il volto, gli effetti personali dei migranti che stanno nel mare?
Crialese ha parlato di fatti, visti con gli occhi di tre mondi:
il mondo degli abitanti dell'isola, che non pescano piu pesci, ma cadaveri
il mondo dei migranti, braccati come delinquenti solo perchè senza carta di soggiorno,
il mondo dei turisti, in cerca del folklore locale, che fa le foro al cadavere ripescato.
Attraverso gli occhi, e il moto del mare,e la forza dei vecchi saggi pescatori,
il film irrita, commuove , suggerisce.
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Si può fare un film, su un tema doloroso come quello della morte delle persone che migrano,
in fuga da guerre e povertà?
Si può fare un film avendo un'isola bellissima, come Linosa, alcuni pescatori veri, come attori,
e il corpo, il volto, gli effetti personali dei migranti che stanno nel mare?
Crialese ha parlato di fatti, visti con gli occhi di tre mondi:
il mondo degli abitanti dell'isola, che non pescano piu pesci, ma cadaveri
il mondo dei migranti, braccati come delinquenti solo perchè senza carta di soggiorno,
il mondo dei turisti, in cerca del folklore locale, che fa le foro al cadavere ripescato.
Attraverso gli occhi, e il moto del mare,e la forza dei vecchi saggi pescatori,
il film irrita, commuove , suggerisce. mai ti lascia tranquillo, sulla sedia.
In Respiro, crialese cercava l'intimità del sud, in Nuovo mondo, l'estetica del riconoscimento
di chi parte, di chi ritorna
Qui, in Terraferma, non esiste sguardo, se non nella donna che capisce l'altra madre.
Per dire, il migrante siamo noi.
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bomber89
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venerdì 6 novembre 2015
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l'isolano e l'immigrato
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In un'isola (immaginaria) del Mediterraneo, troppo piccola per essere segnata sulla mappa, vive un'intera famiglia; il mare è tutto per loro e anche se non più rigoglioso di pesci come una volta e se ha portato via una vita che gli apparteneva, è parte della loro esistenza. Una famiglia dalle mille sfaccettature che è "ancorata" alla sua isoletta, che vive il mare quotidianamente, quello stesso mare che vuol dire ostacolo e morte per l'immigrato che vede la terraferma come sua unica salvezza. L'incontro tra isolano sul peschereccio e immigrato in mare è in realtà l'incontro tra il cuore del primo che, pur essendo a tratti combattuto e spaventato, è pronto ad andare contro la legge (che gli impedisce di intervenire) pur di salvare quelle vite; e la disperazione del secondo che vede improvvisamente negli occhi dell'uomo bianco un porto sicuro, una salvezza insperata.
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In un'isola (immaginaria) del Mediterraneo, troppo piccola per essere segnata sulla mappa, vive un'intera famiglia; il mare è tutto per loro e anche se non più rigoglioso di pesci come una volta e se ha portato via una vita che gli apparteneva, è parte della loro esistenza. Una famiglia dalle mille sfaccettature che è "ancorata" alla sua isoletta, che vive il mare quotidianamente, quello stesso mare che vuol dire ostacolo e morte per l'immigrato che vede la terraferma come sua unica salvezza. L'incontro tra isolano sul peschereccio e immigrato in mare è in realtà l'incontro tra il cuore del primo che, pur essendo a tratti combattuto e spaventato, è pronto ad andare contro la legge (che gli impedisce di intervenire) pur di salvare quelle vite; e la disperazione del secondo che vede improvvisamente negli occhi dell'uomo bianco un porto sicuro, una salvezza insperata. Un film che tratta un tema attuale e delicato, la tragedia immane che si consuma ogni giorno nel Mediterraneo, affrontata con immensa dignità da quell'isolano che indubbiamente rappresenta un esempio, per tutti.
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mansueto
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sabato 10 settembre 2011
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l'ottava armonia dell'arcobaleno
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L'Etiopia. Due anni e poi il mare. Il prezzo di una vita. Linosa. La paura aggredisce. Il tempo ammutina. La lampara. Le leggi del mare. Il diritto positivo. La negra. L'umore del sangue. La claustrofobia dell'istinto. U mari e il mare... "U pisci r u mari è restinatu cu si l'havi a mangiari"! Il "nuovomondo". Le nuove costellazioni acquatiche. Nere. Il "respiro" del vecchio continente. L'incontinenza del senso di colpa. Per una responsabilità si può chiedere scusa. Per la vergogna, no!
Non è un film sull'immigrazione. Non credete ai parrucconi ingessati. Non è un film sulla paura e sui gradienti umani.
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L'Etiopia. Due anni e poi il mare. Il prezzo di una vita. Linosa. La paura aggredisce. Il tempo ammutina. La lampara. Le leggi del mare. Il diritto positivo. La negra. L'umore del sangue. La claustrofobia dell'istinto. U mari e il mare... "U pisci r u mari è restinatu cu si l'havi a mangiari"! Il "nuovomondo". Le nuove costellazioni acquatiche. Nere. Il "respiro" del vecchio continente. L'incontinenza del senso di colpa. Per una responsabilità si può chiedere scusa. Per la vergogna, no!
Non è un film sull'immigrazione. Non credete ai parrucconi ingessati. Non è un film sulla paura e sui gradienti umani. Non credete alle emozioni e ai pop corn. Non è una solenne lirica alla soglia di confine (l'isola, il mare e i cicli naturali) che separa il tutto dal vuoto. Non si riempie il vuoto con l'inutile. Non è nemmeno un film di Emanuele Crialese e di Vittorio Moroni, dei produttori Tozzi, Chimenz, Stabilini e Conversi (Cattleya, Babe Films, France 2 Cinéma; Rai Cinema, Canal +, Cinecinema, MiBac, CNC, Cinesicilia, Regione Sicilia, Sensi contemporanei Cineam e audiovisivo). Perchè non è un film. E' un "Grand Tour" per pover'uomini; un documentario che sa d'ode di vita.
E quando echeggia. Silenzio.
Laggiù c'è un uomo.
Indietro, sulla terra, un pescatore ormai spento. E l'apologia dell'intera storia umana.
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marib
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domenica 11 settembre 2011
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le vent nous portera
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L'immagine finale della barca che diventa sempre più piccola e le note di "le vent nous portera" ti lasciano senza respiro... fai il tifo per loro e ti domandi quale sarà il loro destino...bel film, mi è piaciuto.
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