nerofelix
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mercoledì 23 agosto 2006
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torbido capolavoro
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I giudizi su questo film vanno dalla totale stroncatura all'esaltazione quasi incondizionata: non conoscono mezze misure. E "io non conosco mezze misure" lo dice anche John Wilmot (un Depp strepitoso, come quasi sempre) in una battuta della sceneggiatura. E se i giudizi corrispondono alla dichiarazione di fede del protagonista della pellicola, suscitando di volta in volta disprezzo ed ammirazione, mi vien da pensare che il film sia perfettamente riuscito. E difatti lo penso. A me è piaciuto davvero molto. Non un solo momento di noia, si va dal disappunto alla pietà con straordinari salti che ad alcuni sono sembrate voragini nella sceneggiatura, che invece a me sembrano studiati espedienti per brutalizzare le coscienze degli spettatori.
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I giudizi su questo film vanno dalla totale stroncatura all'esaltazione quasi incondizionata: non conoscono mezze misure. E "io non conosco mezze misure" lo dice anche John Wilmot (un Depp strepitoso, come quasi sempre) in una battuta della sceneggiatura. E se i giudizi corrispondono alla dichiarazione di fede del protagonista della pellicola, suscitando di volta in volta disprezzo ed ammirazione, mi vien da pensare che il film sia perfettamente riuscito. E difatti lo penso. A me è piaciuto davvero molto. Non un solo momento di noia, si va dal disappunto alla pietà con straordinari salti che ad alcuni sono sembrate voragini nella sceneggiatura, che invece a me sembrano studiati espedienti per brutalizzare le coscienze degli spettatori. Alcuni passaggi possono essere dei pugni sullo stomaco per un pubblico educato al film in costume tipo "Orgoglio e pregiudizio" o con il palato assuefatto alla rarefatta eleganza di James Ivory. Qui prevalgono i toni cupi, le nebbie della Londra del XVII secolo invece degli interni assolati delle aristocrazie terriere, niente cottages, solo quinte teatrale illuminate dalla luce incerta delle candele. Qui c'è del marcio, si vede, si sente, quasi ci disgusta... ma ci affascina. Calpestiamo i piedi nel fango, come tutti i personaggi di questo bel film... e capiamo che si tratta allora di una metafora costante del fango che ricopre gli animi umani. Bravissimo Dunmore, fa vibrare e tremolare le inquadrature come la luce dei ceri... e spesso gli angoli dello schermo scompaiono inghiottiti dal buio... come alla fine nel buio scompare anche John Wilmot (Depp), allucinato, mentre rivolgendosi a noi spettatori chiede conferma se ci è piaciuto. E si legge quel tormento negli occhi e nella voce che nega così la catarsi finale cui lo spettatore si era ormai abbandonato nel saperlo convertito e redento. Un finale bellissimo, di grande intensità e di grande efficacia emotiva. Da conservare nelle nostre videoteche.
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[+] wow
(di dela)
[ - ] wow
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stefi
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domenica 9 luglio 2006
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the libertine: una poesia sublime
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Johnny Depp ha colpito un'altra volta...Geniale,superbo,sincero,amante della vita,tipico intellettuale che ha perso l'aureola.Ambientato nel XVII secolo, John Wilmot,secondo conte di Rochester è un uomo alla corte di Carlo II, un libertino, che si abbandona al sesso, al vino, ma soprattutto allo scrivere versi leggiadri, che lo fanno distaccare dal mondo di apparenze a cui appartiene.John è amato dai suoi contemporanei per il suo essere sincero,schietto,non temente il giudizio altrui, che dichiara apertamente la sua vita da libertino. Fino a quando conosce sulla scena una attrice che gli fa perdere la testa,che gli ruba il cuore attraverso il suo recitare sublime,la sua passione,che diventa anche
la passione di John, fino a diventare un'unica cosa.
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Johnny Depp ha colpito un'altra volta...Geniale,superbo,sincero,amante della vita,tipico intellettuale che ha perso l'aureola.Ambientato nel XVII secolo, John Wilmot,secondo conte di Rochester è un uomo alla corte di Carlo II, un libertino, che si abbandona al sesso, al vino, ma soprattutto allo scrivere versi leggiadri, che lo fanno distaccare dal mondo di apparenze a cui appartiene.John è amato dai suoi contemporanei per il suo essere sincero,schietto,non temente il giudizio altrui, che dichiara apertamente la sua vita da libertino. Fino a quando conosce sulla scena una attrice che gli fa perdere la testa,che gli ruba il cuore attraverso il suo recitare sublime,la sua passione,che diventa anche
la passione di John, fino a diventare un'unica cosa.Il teatro diventa il loro mondo, ma non si tratta di un mondo fittizio, ma di un mondo dove rifugiarsi dalla falsità e dalla ipocrisia della società circostante.Purtoppo però una personalità realmente onesta,pura, volenterosa di provare tutti i piaceri e dolori della vita,che confessa di non volere piacere alla gente, creando così un distacco tra sè e la folla,non può certamente durare a lungo, o per il "caso" avverso o per l'invidia di qualcun'altro. Nella vita di John, lo stesso re ha tentato di mettere la sua testa su una lancia, ma senza riuscirci, frenato dalla grandezza del conte, dal suo animo inquieto, dalla sua passione,dalla sua diversità,che poi si rivela essere la vera normalità,normalità dalla quale ognuno cerca di nasconedersi, montando delle false apparenze.Questa volta però il gioco è tenuto dal caso, infatti John dopo avere salvato il re e dopo avere concluso la sua opera,viene rapito dalla sifilide, malattia che lo punisce
per la vita condotta, spingendolo così verso l'ignoto.Ora però non si tratta di una fuga dalle mani del re o da quel mondo fittizio, si tratta di un viaggio senza ritorno, viaggio che verrà riportato sulla scena per ringraziare un uomo che ha saputo non essere codardo e geloso del proprio essere, uomo che richiama per la sua eleganza e la sua arte il Petronio del mondo latino;si tratta di uomini che si sono distinti anche nella morte, l'uno morto da saggio stoico, tagliandosi e ricucendosi le vene, recitando versi esili ad un banchetto di corte; l'altro morendo su un letto, convertito sul punto di morte con il desiderio che i suoi versi possano rimanere nella memoria.
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[+] non credo che vi piacero e non ci tengo a farlo!
(di alby)
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[+] boh?!?
(di cura ludovico)
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joshua
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mercoledì 22 febbraio 2006
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un film da vedere e rivedere!
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Dal buio compare un bellissimo Johnny Depp................. ed è come la luce alla fine di un tunnel: la segui, perchè non c'è altro da fare per sapere cosa c'è in fondo.
La filosofia del libertinaggio diventa in questo film un'apologia della vita vissuta "contro"........... il perbenismo ed il moralismo del potere che, in nome della stabilità politica, in un'epoca di grandi agitazioni religiose, pervade ogni momento della vita sociale (per gli inglesi, soprattutto il teatro). Forse è questo il motivo che ha indotto la critica americana ad impedirne l'uscita nelle sale cinematografiche: ad occhi attenti sarà certamente apparso come "sovversivo" chi, pur essendo un "privilegiato", preferisce celebrare la propria diversità e farne motivo di contrapposizione al potere.
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Dal buio compare un bellissimo Johnny Depp................. ed è come la luce alla fine di un tunnel: la segui, perchè non c'è altro da fare per sapere cosa c'è in fondo.
La filosofia del libertinaggio diventa in questo film un'apologia della vita vissuta "contro"........... il perbenismo ed il moralismo del potere che, in nome della stabilità politica, in un'epoca di grandi agitazioni religiose, pervade ogni momento della vita sociale (per gli inglesi, soprattutto il teatro). Forse è questo il motivo che ha indotto la critica americana ad impedirne l'uscita nelle sale cinematografiche: ad occhi attenti sarà certamente apparso come "sovversivo" chi, pur essendo un "privilegiato", preferisce celebrare la propria diversità e farne motivo di contrapposizione al potere. Il dono e lo strumento: l'arguzia ed il sapere, perché bisogna conoscere le fondamenta del palazzo per demolirne dall'interno la struttura. Il film era dunque destinato a colpire lo spettatore e ci riesce: piace e non può non piacere a chi, nella vita, è abituato ad andare sempre oltre, a non fermarsi mai davanti all'apparenza e cercare il proprio destino ad ogni costo: solo chi ama la vita veramente può decidere "vivendola intensamente" di buttarla via e con essa decretare la fine di se stesso, per il troppo amore! Don't give it without a faith.
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giulietta :o)
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venerdì 28 luglio 2006
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non aveva alcuna intenzione di piacerci...
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Non aveva alcuna intenzione di piacerci...
Fortunatamente non mi è mai capitato di incontrare un individuo come il secondo conte di Rochester, eppure il fascino emanato dal personaggio (probabilmente alimentato dal carisma di Depp) sin da quel meraviglioso prologo è innegabile!
L' intera storia è pervasa dal senso di malinconia, di morte, che attraversava quella metà del diciasettesimo secolo in cui l' essere umano si poteva ancora definire "antico", ma tuttavia diventava schiavo di quei vizi tipici della società moderna.
Spicca così la figura di un poeta, forse deluso dalle indecisioni della sua epoca, da guerre inutilmente intraprese, da un re che sembra comportarsi quasi come una marionetta per compiacere i sovrani francesi.
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Non aveva alcuna intenzione di piacerci...
Fortunatamente non mi è mai capitato di incontrare un individuo come il secondo conte di Rochester, eppure il fascino emanato dal personaggio (probabilmente alimentato dal carisma di Depp) sin da quel meraviglioso prologo è innegabile!
L' intera storia è pervasa dal senso di malinconia, di morte, che attraversava quella metà del diciasettesimo secolo in cui l' essere umano si poteva ancora definire "antico", ma tuttavia diventava schiavo di quei vizi tipici della società moderna.
Spicca così la figura di un poeta, forse deluso dalle indecisioni della sua epoca, da guerre inutilmente intraprese, da un re che sembra comportarsi quasi come una marionetta per compiacere i sovrani francesi...
complimenti vanno al regista in grado di rappresentare il passato senza scadere nel trash e soprattutto al grande Johnny Depp capace di interpretare un uomo che "voleva sentirsi vivo", quasi riscattandosi dal torpore del vino e della finzione teatrale che lentamente andavano distruggendo la sua vita, nonchè l' intera società inglese.
Non credo ci sia una particolare morale nella drammatica storia di John (che probabilmente verrebbe banalizzata); eppure come non riflettere su un uomo distrutto dai propri vizi (come ci appare nell' ultima scena) ma che ha vissuto pienamente la propria esistenza,secondo la propria volontà, che in punto di morte trova il coraggio di invocare Dio (dopo averlo rinnegato per così tanto tempo), che abbraccia teneramente la moglie dopo averla più volte abbandonata e che dalle porte dell' inferno (o del paradiso?!) riesce ancora a guardare con aria sorniona l' intera umanità?
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libertina93
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venerdì 31 agosto 2007
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fantastico film girato da personaggi fantastici
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Credo che questo film, mix di realtà e delirio, incarni perfettamente in una quasi denuncia la realtà di quel tempo, una realtà mediocre, terrificante, insensibile e peccaminosa in tutte le sue sfaccettature; sono inoltre d'accordo con il discorso iniziale di lui in cui diceva che la sua storia l'ha raccontata senza nessun decoro e senza tanti giri di parole, proprio perchè credo che sia il modo migliore per definire questo film: diretto. Molto esplicito e descrittivo, senza inganni e senza celare niente a nessuno. Così dovrebbero essere tutti questi film. Diretti ed esplicativi.
Per parlare delle interpretazioni dei vari attori, credo che il migliore sia stato naturalmente Johnny Depp, con una magnifica impersonificazione del secondo conte di Rochester, un tipo molto molto molto particolare, in tutti i sensi.
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Credo che questo film, mix di realtà e delirio, incarni perfettamente in una quasi denuncia la realtà di quel tempo, una realtà mediocre, terrificante, insensibile e peccaminosa in tutte le sue sfaccettature; sono inoltre d'accordo con il discorso iniziale di lui in cui diceva che la sua storia l'ha raccontata senza nessun decoro e senza tanti giri di parole, proprio perchè credo che sia il modo migliore per definire questo film: diretto. Molto esplicito e descrittivo, senza inganni e senza celare niente a nessuno. Così dovrebbero essere tutti questi film. Diretti ed esplicativi.
Per parlare delle interpretazioni dei vari attori, credo che il migliore sia stato naturalmente Johnny Depp, con una magnifica impersonificazione del secondo conte di Rochester, un tipo molto molto molto particolare, in tutti i sensi. Poi mi è piaciuta la moglie del conte, una donna che non fa molto nella storia, ma soprattutto subisce, subisce i vizi, gli inganni, le passioni e le malattie del marito e comunque non sembra turbata perchè in fondo sa cosa l'aspetta, cosa aspetta al mondo intero.
Samantha Morton poi l'ho vista molto in questo film, sia come co-protagonista, sia come attrice. Nel film, penso sia una donna che ha un talento innato per recitare ma sfortunatamente non ha mai avuto la fortuna di avere qualcuno, o qualcosa, che glielo tirasse fuore per farlo vedere a tutti; così entra in scena John Wilmot che la aiuta a migliorare sempre di più e alla fine ammira il fiore che è sbocciato grazie a lui e alla sua cura costante. Ma allo stesso tempo ho visto in questa ragazza sia voglia di andare avanti sia la voglia di tornare indietro, ma comunque c'era sempre John che la spronava ad amare la vita e a non buttarsi via come in realtà ha fatto lui.
Infine non mi è piaciuta particolarmente l'interpretazione di John Malkovich nel ruolo del re, perchè secondo me troppo passivo ed irreale. Insomma, tanto fumo ma niente arrosto, questo re inglese...
Per concludere con un commento finale posso solo dire che tutti gli attori e il regista sono stati bravi a riprodurre in un film la situazione di quegli anni in modo molto realistico e originale. Baci a tutti gli attori e alle persone che ci hanno lavorato in cima.
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olga
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lunedì 13 febbraio 2006
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la passione
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é la passione che incarna il personaggio a tutto tondo interpretato da Deep;misterioso complesso chiuso nel suo rifiuto ad aderire a qualsiesi convenzione sociale, è l'eccesso che lo tiene in vita,che gli conferisce la voglia di continuare a cercare il"piacere" unico motivo di estasi in un contesto socio-antropologico disastroso decadente... antepone la razionalità (che d'altonde lo ha portato alla gloria eterna ) per non cadere nella trappola del"credere": rifugio dei codardi.. e incubo del nostro givane protagonista... infatti è proprio quando grazie o meglio a causa dell'attrice che gli schiude le porte all'amore per la vita e quindi lo sprona a credere in qualcosa che non dà un immediato piacere come il sesso che cade in un baratro coronato dalla sifilide e muore!Mentre lei assorbe dalla personalità del conte la"Vitalità" cosa ben diversa dall'amore per la vita" e un cinismo spiazzante che la porta a scegliere la gloria del palcoscenico anzicchè l'amore del giovane.
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é la passione che incarna il personaggio a tutto tondo interpretato da Deep;misterioso complesso chiuso nel suo rifiuto ad aderire a qualsiesi convenzione sociale, è l'eccesso che lo tiene in vita,che gli conferisce la voglia di continuare a cercare il"piacere" unico motivo di estasi in un contesto socio-antropologico disastroso decadente... antepone la razionalità (che d'altonde lo ha portato alla gloria eterna ) per non cadere nella trappola del"credere": rifugio dei codardi.. e incubo del nostro givane protagonista... infatti è proprio quando grazie o meglio a causa dell'attrice che gli schiude le porte all'amore per la vita e quindi lo sprona a credere in qualcosa che non dà un immediato piacere come il sesso che cade in un baratro coronato dalla sifilide e muore!Mentre lei assorbe dalla personalità del conte la"Vitalità" cosa ben diversa dall'amore per la vita" e un cinismo spiazzante che la porta a scegliere la gloria del palcoscenico anzicchè l'amore del giovane...amore che non dà certezze vista la personalità del conte un amore che ha bisogno di uno sfrenato fideismo al quale la donna non vuole sottostare... struttura chiasmica sul finire del film i ruoli si rovesciano:Lui comincia a credere diventa"il convertito" mentre lei sposa la razionalità e diventa"la libertina" che preferisce darsi al pubblico e godere del piacere immediato dei plausi!! Un jhonny deep come sempre magnetico ed affascinante... un Malckovich un po'incastrato nei panni di Carlo... rappresentazione del male di vivere e della perenne insoddisfazione che imperversa anche nei nostri giorni.. attuale brillante riesce a sferzare le atmosfere drammatiche con un tocco di vitalità da commedia ( la messa in scena della commedia del conte rappresentante la monarchia vigente) siuscitando il riso e stemperando il clima"pesante"... singolare e intelligente...........
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ilaria grasso
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domenica 12 febbraio 2006
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fumo di una londra ipocrita:l'ultima fatica di j.d
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Johnny Depp è un carismatico John Wilmot, poeta maledetto dell'Inghilterra del 600, più conosciuto come il Conte di Rochester, singolare quanto abile consigliere alla corte del re Carlo II,
in una Londra in cui il vizio e la dissolutezza dei costumi sono i veri motori dell'esistenza, pur dentro un bieco puritanesimo.
Profondamente dedito al sesso, come a una missione, Wilmot finirà per perdere la testa e tutto se stesso per amore di una giovane attrice, del tutto priva di talento, ma che la sua passione tasformerà in autentica icona teatrale, oltremodo amata dal pubblico.
le atmosfere sono lugubri, le scene costantemente dominate dalla nebbia, che non è solo dei luoghi, ma anche degli animi, la fotografia straordinariamente curata nei particolari, l'intreccio carnale dei corpi più che ricorrente, senza che peraltro si sfiori mai la pura volgarità.
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Johnny Depp è un carismatico John Wilmot, poeta maledetto dell'Inghilterra del 600, più conosciuto come il Conte di Rochester, singolare quanto abile consigliere alla corte del re Carlo II,
in una Londra in cui il vizio e la dissolutezza dei costumi sono i veri motori dell'esistenza, pur dentro un bieco puritanesimo.
Profondamente dedito al sesso, come a una missione, Wilmot finirà per perdere la testa e tutto se stesso per amore di una giovane attrice, del tutto priva di talento, ma che la sua passione tasformerà in autentica icona teatrale, oltremodo amata dal pubblico.
le atmosfere sono lugubri, le scene costantemente dominate dalla nebbia, che non è solo dei luoghi, ma anche degli animi, la fotografia straordinariamente curata nei particolari, l'intreccio carnale dei corpi più che ricorrente, senza che peraltro si sfiori mai la pura volgarità.
Ancora una volta, uno straordinario Depp, maggiormente nella seconda metà del film, trasfigurato e avvinto dalla malattia.
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federico pavani
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domenica 26 febbraio 2006
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the libertine
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Lo schermo è nero, e come illuminato da una tenue fiamma di candela, compare lentamente il viso pallido ed accanito di Johnny Depp, questa volte nei panni di John Wilmot, più conosciuto come il conte di Rochester. "Non vi piacerò e non voglio piacervi" è quanto afferma il conte in questo suo primo monologo con un'aria completamente disinteressata e stralunata, quasi adottando un atteggiamento di superiorità e di disprezzo nei confronti del suo uditorio. Ma nonostante i suoi buoni intenti, anche per questa volta, Johnny Depp non riesce a farsi disprezzare. Al contrario dà ulteriormente prova delle sue straordinarie capacità recitative e di trasformazione, e di quanto sia capace di dare vita con estrema facilità a personaggi completamente differenti tra loro.
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Lo schermo è nero, e come illuminato da una tenue fiamma di candela, compare lentamente il viso pallido ed accanito di Johnny Depp, questa volte nei panni di John Wilmot, più conosciuto come il conte di Rochester. "Non vi piacerò e non voglio piacervi" è quanto afferma il conte in questo suo primo monologo con un'aria completamente disinteressata e stralunata, quasi adottando un atteggiamento di superiorità e di disprezzo nei confronti del suo uditorio. Ma nonostante i suoi buoni intenti, anche per questa volta, Johnny Depp non riesce a farsi disprezzare. Al contrario dà ulteriormente prova delle sue straordinarie capacità recitative e di trasformazione, e di quanto sia capace di dare vita con estrema facilità a personaggi completamente differenti tra loro. In realtà quello che forse non ci piace più di tanto è il film preso nel suo complesso. Diretto dall'esordiente Laurence Dunmore, The Libertine ripercorre la vita del poeta inglese John Wilmot, una vita votata all' eccesso e all'auto distruzione, devota ai piaceri carnali e dell'alcool. Johnny Depp ritorna così ad interpretare personaggi estremi e ribelli come già aveva fatto all'inizio della sua carriera. Il contesto in cui si sviluppa la vicenda è una Londra del seicento perfettamente ricostruita dove il buio, la sporcizia e il fango dominano ogni angolo della città e ogni singola inquadratura del film. Ed è questo eccessivo aspetto cupo del film, unito ad un ritmo a tratti troppo basso, che non rende la pellicola altrettanto attraente e seducente come il suo protagonista. Suona quindi un po' stonato e fuori luogo il monologo iniziale della pellicola: più che "non vi piacerò" Johnny Depp magari avrebbe potuto dire "la storia che vi sto per raccontare non vi piacerà".
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(di davide gamberini)
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des_demona
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giovedì 7 gennaio 2010
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fra 'essere' e 'apparire'
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Dal buio e nel buio John Wilmot (1647-80), secondo conte di Rochester , racconta se stesso. Una vita scabrosa e frenetica, disseminata di trasudanti avventure sessuali, conversazioni al limite dell’osceno, viaggi notturni nella lordura delle strade londinesi, fra bettole e puttane. Espulso dal regno per aver scandalizzato la corte declamando un poema poco ortodosso, Wilmot (Johnny Depp) vi fa ritorno richiamato da re Carlo II (John Malkovich), in debito con lui e per questo disposto ad offrirgli una seconda possibilità di reintegrazione. Per niente intenzionato a redimersi, si immette nuovamente nel loop della sua personalissima concezione dell’esistenza, votata – come “da copione” – al libertinaggio e alla sfrenatezza senza alcun controllo.
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Dal buio e nel buio John Wilmot (1647-80), secondo conte di Rochester , racconta se stesso. Una vita scabrosa e frenetica, disseminata di trasudanti avventure sessuali, conversazioni al limite dell’osceno, viaggi notturni nella lordura delle strade londinesi, fra bettole e puttane. Espulso dal regno per aver scandalizzato la corte declamando un poema poco ortodosso, Wilmot (Johnny Depp) vi fa ritorno richiamato da re Carlo II (John Malkovich), in debito con lui e per questo disposto ad offrirgli una seconda possibilità di reintegrazione. Per niente intenzionato a redimersi, si immette nuovamente nel loop della sua personalissima concezione dell’esistenza, votata – come “da copione” – al libertinaggio e alla sfrenatezza senza alcun controllo. Vittima e carnefice del suo tempo, finirà con l’essere consumato dalla medesima, estrema passione alla quale si è dedicato anima e corpo - ma soprattutto con quest’ultimo.
Dramma dai risvolti grossolanamente pirandelliani, The Libertine porta il teatro sul grande schermo, con originalità e stile, ma senza classe. L’opera prima di Laurence Dunmore pecca di autocompiacimento e ridondanza, non tanto per l’abbondanza di falli e parolacce, ma per quell’infinito ribattere aforistico atto a compensare i silenzi melodrammatici sparsi per l’intera pellicola, della durata di quasi due ore. Un soggetto teatrale che diventa sceneggiatura per il cinema – per mano, fra l’altro, del suo stesso autore Stephen Jeffreys – e di cui non vengono sfruttate le inconfutabili potenzialità.
La figura del conte, enorme incognita partorita dal conflitto eterno fra ‘essere’ e ‘apparire’, indissolubilmente connessa alla teatralità, dell’individuo quanto della società, è l’unica ragione valida, il collante che tiene insieme un’interminabile serie di sequenze eleganti ma per lo più didascaliche – eccezion fatta per la ‘visione’ mattutina dell’orgia, dove il ralenti prende il sopravvento.
Johnny Depp è impeccabile nell’assumere la pesantezza del ruolo; John Malkovich, imponente e quasi irriconoscibile, lo spalleggia nell’ombra della sua secondarietà. Stucchevole e isterica, invece, l’interpretazione di Samantha Morton nei panni dell’attricetta che ruba il cuore al bel libertino. Sullo sfondo, una Londra virata al seppia da Alexander Melman: un marasma di odori, calca, fanghiglia che si sente, si tocca. E poi non resta che lui, il reietto conte di Rochester, al riparo da indiscrete luci di candela, spogliato delle sue vesti di triviale saltimbanco, pronto a ritornare nell’oscurità da cui è emerso per raccontarsi in uno splendido e raggelante monologo che, da solo, vale tutto lo sforzo di aver ascoltato fino in fondo la sua storia.
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topkarol88
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giovedì 29 gennaio 2009
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johnny colpisce ancora!
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Provate ad immaginare solo per un istante di essere in una sala buia e silenziosa. Davanti a voi uno schermo completamente nero e, all’improvviso uno squarcio di luce nell’oscurità, un volto pallido che incomincia a parlare…
“ Consentitemi di essere esplicito fin dall’inizio. Non credo che vi piacerò. “
Queste le prime parole di Johnny Depp, protagonista del film, che accoglie lo spettatore con un singolare monologo.
La nostra storia si svolge nel 1600 nell’Inghilterra di Carlo II, interpretato da John Malkovich, ed ha come protagonista John Wilmot il secondo conte di Rochester letterato inglese famoso più per la sua vita dissoluta e libertina che per i suoi lavori.
John, dopo un lungo esilio da Londra, viene richiamato dal re stesso, suo caro amico, ed incaricato di scrivere un’opera teatrale che esalti la grandezza dell’Inghilterra e soprattutto del suo re, affinchè si possa dimostrare al Parlamento di essere meritevoli di fiducia e di eventuali finanziamenti.
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Provate ad immaginare solo per un istante di essere in una sala buia e silenziosa. Davanti a voi uno schermo completamente nero e, all’improvviso uno squarcio di luce nell’oscurità, un volto pallido che incomincia a parlare…
“ Consentitemi di essere esplicito fin dall’inizio. Non credo che vi piacerò. “
Queste le prime parole di Johnny Depp, protagonista del film, che accoglie lo spettatore con un singolare monologo.
La nostra storia si svolge nel 1600 nell’Inghilterra di Carlo II, interpretato da John Malkovich, ed ha come protagonista John Wilmot il secondo conte di Rochester letterato inglese famoso più per la sua vita dissoluta e libertina che per i suoi lavori.
John, dopo un lungo esilio da Londra, viene richiamato dal re stesso, suo caro amico, ed incaricato di scrivere un’opera teatrale che esalti la grandezza dell’Inghilterra e soprattutto del suo re, affinchè si possa dimostrare al Parlamento di essere meritevoli di fiducia e di eventuali finanziamenti. Il conte, poco incline al rispetto e alla sottomissione, a malincuore accetta l’incarico promettendo al re uno spettacolo al di là delle sue aspettative.
Tornato ad assaporare la bella vita londinese, alla prima di uno spettacolo teatrale l’attenzione di John ricade su di un’attrice, una certa Lizy berry, Samantha Morton, molto poco dotata, scialba ed insignificante che però subito riesce a rapire il conte che ne è come ipnotizzato.
Tra i due inizia un’intensa frequentazione: lui le dà lezioni di recitazione promettendole la gloria del palcoscenico e lei in cambio gli dona un po’ del suo tempo e della sua compagnia. In poco tempo si scoprono amanti, pieni di grande passione l’uno per l’altra. Il conte che ha sempre disprezzato i comportamenti irrazionali dettati dal cieco sentimento dell’amore si trova per la prima volta in balia dei propri sentimenti che lentamente lo accompagneranno fino alla fine dei suoi giorni.
Tratto dall’omonima opera teatrale di Stephen Jeffreys, The libertine, debutto cinematografico di Laurence Dunmore, conserva molti degli aspetti tipici della pièce: primi piani traballanti, luci soffuse, panoramiche sfuocate. Tuttavia, seppur lento e dallo stile ampolloso, è un film piacevole anche perché offre un affresco della Londra libertina di cui tanto si parla nei romanzi storici, da un punto di vista del tutto originale. Il cast è sicuramente uno dei punti di forza del film poiché i personaggi sono molto ben delineati. Tra di loro certamente spiccano John Malkovich che con tutto il suo charme e la sua austerità sa essere un ottimo re, Samantha Morton che, grazie al suo viso pulito e quasi inespressivo è azzeccassima per il ruolo dell’attricetta ma meno per quello della prostituta ed infine Johnny Depp, il protagonista perfetto. Il suo ciondolare aggraziato che, ricorda un po’ il capitan Jack Sparrow di Pirati dei Caraibi, rende bene l’idea del nobile strafottente e pieno di sè insieme al suo sguardo attento e volutamente malizioso ne fanno il libertino perfetto. La sceneggiatura a volte lascia spazi vuoti, silenzi imbarazzanti quasi interminabili che inevitabilmente deconcentrano lo spettatore ma, c’è da dire che nel film sono presenti alcuni dialoghi , in particolar modo quelli tra i due amanti che sono spettacolari per stile ed intensità narrativa. Così come lo sono il prologo e l’epilogo ed il discorso finale di John Wilmot di fronte al Parlamento, che da solo vale i soldi del biglietto.
Come John Wilmot nel suo monologo conclusivo lo spettatore si ritrova a contraddirsi sorpreso, perché, spesso, le cose sono quelle che sembrano.
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