elgatoloco
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martedì 26 ottobre 2021
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film"politico", in qualche modo, pur se more gring
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"The Cpmpany Man"(John Wells, anche autore di soggetto e sceneggiatura, 2010), un padre di famiglia, marito e altro, non ancora quarantenne(Ben Affleck), viene licenziato nel peirodo corrispondente alla crisi del 2007(pare si inizi già in quell'anno)-2008, indotta dal "crollo"di "Lehman Brothers", con indubbi riflessi internazionali, proprio ad opera della multinazionale per la quale lavora. Si arrabatta, accettaa anche lavori umili, inadeguati alla sua prepazione e al suo curriculum lavorativo, ma ben presto anche a livello familiare sorgono notevoli difficoltà. Il fim vede anche il contrasto tra il"padrone"e il suo vice, decisamente più accogliente verso i dipendenti.
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"The Cpmpany Man"(John Wells, anche autore di soggetto e sceneggiatura, 2010), un padre di famiglia, marito e altro, non ancora quarantenne(Ben Affleck), viene licenziato nel peirodo corrispondente alla crisi del 2007(pare si inizi già in quell'anno)-2008, indotta dal "crollo"di "Lehman Brothers", con indubbi riflessi internazionali, proprio ad opera della multinazionale per la quale lavora. Si arrabatta, accettaa anche lavori umili, inadeguati alla sua prepazione e al suo curriculum lavorativo, ma ben presto anche a livello familiare sorgono notevoli difficoltà. Il fim vede anche il contrasto tra il"padrone"e il suo vice, decisamente più accogliente verso i dipendenti... Alla fine, anche in virtù di nuove opportunità offerte e per l'impegno personale del"vice", si ricreano situazioni favorevoli alla ripresa delle normali(quasi, in rrealtù)condizioni lavorative per il protagonista ma anche per i tanti altri licenziati e"tagliati"dalla direzione indiustriale. Molto"gringo", il film, lo è perché invece di mettere in discussione ciò che ha creato tali condizioni di sfruttamento e poi di espulsione dal mondo del lavoro, il"turbocapitalismo"o come si voglia chiamare, all'epoca di Bush junior, cui Obama cercava in seguito di porre rimedio, "personalizza"la storia, opponentdo il"padrone buono"(Tommy Lee Jones, nonostante il suo profilo molto duro, quasi "tagliato con l'accetta")al "padrone cattivo"(Kevin Costner), quasi riproponendo la logica"poliziotto buonmo vs.cattivo", dove non si coglie, in genere il fatto che si tratta di due facce della stessa medaglia... In ogni caso, il film ha notevole impatto, mostrando come un dirigente anziano(Chris Cooper)si suicida con il tubo di scappamento della propria automobile. Decisamente un film duro, certo nella logica USA, dove tutto viene un po'edulcorato, ma qui certamente meno che in altri film., che concedono molto al "divertissement", ai siparietti familiarri, che invece qui risultano duri, quasi"implacabili", mostrando la dura realtà familaire-sociale, senza quel"velo di Maja"che in genere tende a "indorare la plillola"ben oltre quanto sarebbe anche spettacolramente opportuno. Da rilevare qui il peso delle interpreti femminili, dove Rosemarie DeWitt interpreta la saggia moglie del licenziato protaognista, mentre Maria Bello è l'amante del capo, responsabile delle assunzioni e sempre disposta a"tagliare teste"anche ben oltre il dovuto... El Gato
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albertopezzi
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sabato 12 maggio 2018
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tremendamente attuale
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SENZA DUBBIO CI TROVIAMO DI FRONTE AD UN GRANDE FILM. JOHN WELLS RACCONTA CON DUREZZA E SPIETATEZZA IL DRAMMA DELLA DISOCCUPAZIONE, DIVENTATO ORMAI TEMA DI TUTTI I GIORNI PER MILIONI DI PERSONE A QUESTO MONDO. NEL SUO ESORDIO ALLA REGIA, WELLS SCEGLIE TONI DURI E DECISI NELL’ AFFRONTARE LA MOSTRUOSA CRISI ECONOMICA CHE CI ATTANAGLIA ORMAI DA PARECCHI ANNI. FILM AD ALTO CONTENUTO DRAMMATICO, SCORREVOLE E PIACEVOLE, A VOLTE COMPLESSO, MA SEMPRE CHIARO E LIMPIDO NEL LANCIO DEL SUO MESSAGGIO. BOBBY WALKER VIVE UNA VITA LUSSUOSA ED AGIATA, QUANDO AD UN TRATTO VIENE SCONVOLTO DALLA NOTIZIA DEL SUO LICENZIAMENTO. IL MONDO GLI CROLLA ADDOSSO METTENDO IN DUBBIO LA SUA INTERA ESISTENZA, A PARTIRE DAI LEGAMI AFFETTIVI.
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SENZA DUBBIO CI TROVIAMO DI FRONTE AD UN GRANDE FILM. JOHN WELLS RACCONTA CON DUREZZA E SPIETATEZZA IL DRAMMA DELLA DISOCCUPAZIONE, DIVENTATO ORMAI TEMA DI TUTTI I GIORNI PER MILIONI DI PERSONE A QUESTO MONDO. NEL SUO ESORDIO ALLA REGIA, WELLS SCEGLIE TONI DURI E DECISI NELL’ AFFRONTARE LA MOSTRUOSA CRISI ECONOMICA CHE CI ATTANAGLIA ORMAI DA PARECCHI ANNI. FILM AD ALTO CONTENUTO DRAMMATICO, SCORREVOLE E PIACEVOLE, A VOLTE COMPLESSO, MA SEMPRE CHIARO E LIMPIDO NEL LANCIO DEL SUO MESSAGGIO. BOBBY WALKER VIVE UNA VITA LUSSUOSA ED AGIATA, QUANDO AD UN TRATTO VIENE SCONVOLTO DALLA NOTIZIA DEL SUO LICENZIAMENTO. IL MONDO GLI CROLLA ADDOSSO METTENDO IN DUBBIO LA SUA INTERA ESISTENZA, A PARTIRE DAI LEGAMI AFFETTIVI. E’ SOLO RIPARTENDO CON UMILTA’ E SEMPLICITA’ CHE BOBBY RISCOPRIRA’ LA SUA VERA VITA, LA MOGLIE, I FIGLI E GLI AMICI. PELLICOLA MOLTO BELLA, FORSE NON ADATTA A TUTTI I TIPI DI PUBBLICO, ATTUALE E TREMENDAMENTE SCHIETTA. IMPRESSIONANTE IL CAST, COMPOSTO TRA GLI ALTRI DA BEN AFFLECK, TOMMY LEE JONES, CHRIS COOPER E KEVIN COSTNER. PENSO CHE QUESTO FILM ABBIA UNA STRAORDINARIA IMPORTANZA SOCIALE. DA VEDERE!!!
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giorpost
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martedì 16 febbraio 2016
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un lucido affresco sulle conseguenze della crisi
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La GTX è una multinazionale quotata in borsa, specializzata in costruzioni navali. Negli anni della grande recessione economica partita nel 2007 subisce un vertiginoso calo degli utili che spinge, senza colpo ferire e secondo una consolidata prassi negli USA dell'ultimo decennio, a prendere la strada dei licenziamenti. I primi ad essere colpiti sono soprattutto i colletti bianchi, il management della società che, alla voce spesa, ha il peso maggiore; Bobby Walker, quarantenne rampante con famiglia, villa e Porsche a seguito, è uno di questi. Il tipico esemplare medio-borghese americano dallo stipendio a 6 cifre si trova dalla sera alla mattina senza stipendio, un esoso mutuo che incombe ed una scarsissima flessibilità mentale tipica di chi pensa di potersi cullare sulla gloria passata; tre mesi di infruttuosi colloqui, ove si propone come “assolutamente adeguato al compito” ed eventualmente disponibile a “guadagnare anche 110.
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La GTX è una multinazionale quotata in borsa, specializzata in costruzioni navali. Negli anni della grande recessione economica partita nel 2007 subisce un vertiginoso calo degli utili che spinge, senza colpo ferire e secondo una consolidata prassi negli USA dell'ultimo decennio, a prendere la strada dei licenziamenti. I primi ad essere colpiti sono soprattutto i colletti bianchi, il management della società che, alla voce spesa, ha il peso maggiore; Bobby Walker, quarantenne rampante con famiglia, villa e Porsche a seguito, è uno di questi. Il tipico esemplare medio-borghese americano dallo stipendio a 6 cifre si trova dalla sera alla mattina senza stipendio, un esoso mutuo che incombe ed una scarsissima flessibilità mentale tipica di chi pensa di potersi cullare sulla gloria passata; tre mesi di infruttuosi colloqui, ove si propone come “assolutamente adeguato al compito” ed eventualmente disponibile a “guadagnare anche 110.000 dollari invece dei 120 a quali ero abituato, benefit a parte”, fanno capire che Bobby (Affleck) non ha minimamente realizzato la portata della crisi che ha colpito il pianeta, incapace nel calarsi in un una realtà diversa dalla vita agiata cui era abituato, ivi compresa la frequentazione del circolo di golf (dal quale verrà rapidamente espulso).
Anche il suo superiore Gene, eccellente la prova di Lee Jones, non riesce ad evitare l' allontanamento pur essendo braccio destro e amico intimo del CEO, mr Salinger; Gene è un tipo piuttosto pragmatico e quindi, forte di una ricca buonuscita come ex membro del C.D.A. (pratica molto usata anche da noi...), si attiva per poter ricavare qualcosa di buono dagli inaspettati eventi. Lo stesso non si po' dire, invece, del vecchio Phil (Cooper), sessantenne dalla lunga gavetta partita dal cantiere, dove saldava eliche a 20 metri di altezza, nonché amico d' infanzia proprio di Gene: fino a quel momento in una campana di vetro col suo lavoro impiegatizio e grazie anche al suo operato di lacchè del capo, Phil non regge l' umiliazione di dover chiedere a 60 anni suonati elemosina in giro a conoscenti che non se la sentono di assumerlo per ruoli più adatti a chi ha la metà dei suoi anni; emblematiche le sequenze nelle quali lo vediamo presentarsi ad un colloquio pieno di candidati under 40, per poi essere intervistato da una cinica responsabile che lo tratta con intollerabile superficialità. Subirà un lento e drammatico declino psicologico.
Intanto Bobby, istradato da una moglie molto più lungimirante di lui, accetta il lavoro offertogli dal cognato Jack (un redivivo Costner burbero quanto basta), capo di un' impresa di costruzioni; l' ex manager, dopo aver venduto macchina e casa, inizia ad impiantare chiodi e portare pesi sulle spalle mentre cerca di prestare le necessarie attenzioni nei confronti del figlio adolescente, finora trascurato.
Il susseguirsi degli eventi portano Bobby (finalmente convincente Affleck) a capire che il tenore di vita non può più essere quello di una volta e ad impegnarsi seriamente sui cantieri, pur tra le ovvie difficoltà di chi non ha dimestichezza coi lavori duri; un nuovo equilibrio che gli farà riapprezzare i valori reali e la saggezza della consorte (la brava DeWitt). Tuttavia non sarà questo l' epilogo di una storia in divenire...
Supportato da un cast di sicuro affidamento, nel quale ogni uno fa il suo ruolo esattamente come gli è stato chiesto e dove spicca l' eccellente prova di Tommy Lee Jones, l' esordiente John Wells porta al Cinema un affresco lucido e dettagliato sulla crisi economica che ha colpito l' occidente; come per Margin Call, con il quale condivide la barricata dalla quale si subiscono gli eventi (e con il quale c'è una curiosa assonanza riguardo ai due capi, da un lato il John Told di Jeremy Irons, dall' altro il Salinger di Craig T. Nelson), The Company Men (USA, 2010) risulta una di quelle opere che hanno meglio affrontato un argomento scottante e fastidioso che nelle sale, laddove è arrivato, non è riuscito ad ottenere un successo nettamente a portata di mano.
Voto: 7,5
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alberto58
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sabato 21 dicembre 2013
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il fantozziano outplacement
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Mi ci sono imbattuto per caso in questo film ieri sera in seconda serata. Il film era iniziato da poco e la scena che ho visto ha subito calamitato il mio interesse perchè era ambientata in una società che fa "outplacement", cioè ricollocazione del personale licenziato. Quella esperienza l'ho vissuta pure io esattamente 7 anni fa ed è stato proprio questo a spingermi a rimenere su quela canale (Rai Movies) ed a vedermi tutto il film nonostante l'ora tarda. Quando in fase di licenziamneto il capo del personale mi porspettò questo "outplacement" come un benefit qualche dubbio lo ebbi, infatti gli chiesi quanti solodi mi avrebbe dato in più se ci avessi rinunciato...ma lui mi parlava di percentuali di ricollocamento vicine al 100% e così mi feci convincere.
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Mi ci sono imbattuto per caso in questo film ieri sera in seconda serata. Il film era iniziato da poco e la scena che ho visto ha subito calamitato il mio interesse perchè era ambientata in una società che fa "outplacement", cioè ricollocazione del personale licenziato. Quella esperienza l'ho vissuta pure io esattamente 7 anni fa ed è stato proprio questo a spingermi a rimenere su quela canale (Rai Movies) ed a vedermi tutto il film nonostante l'ora tarda. Quando in fase di licenziamneto il capo del personale mi porspettò questo "outplacement" come un benefit qualche dubbio lo ebbi, infatti gli chiesi quanti solodi mi avrebbe dato in più se ci avessi rinunciato...ma lui mi parlava di percentuali di ricollocamento vicine al 100% e così mi feci convincere. In realtà questi posti vanno bene solo per diminuire lo choc di chi perde la scrivania e il computer e si ritrova a casa ma, in compenso, non fanno altro che fomentare pericolose illusioni. Ci passai 6 mesi e, ovviamente, non servì assolutamente a nulla. Mi vennero dati dei consigli come "evita le parole killer come CV", mi insegnarono a fare le telefonate, i recall e via di questo passo. L'atmosfera di questi "para uffici" è resa perfettamente nel film, secondo me è una delle parti migliori. Trovo invece inutilmente caricata la discesa agli inferi del protagonista che si ostina a non vendere la Porsche e poi si mette a fare il manovale, se perdi il lavoro a 50 anni dopo avere passato 20 anni in una grande azienda quello che realisticamente ti aspetta è una vita di lavoretti precari e sottopagati (o, talvolta, non pagati) quasi sempre da libero professionista, tanto negli USA quanto qui da noi, ma in campi simili a quelli a cui hai già lavorato perchè se sei abituato da 20 o 30 anni a pigiare sui tasti di un computer non puoi certo pensare di metterti a sollevare sacchi di sabbia a 50 anni, se non altro perchè anche in quel campo c'è concorrenza e chi fa da anni quel tipo di attività non sta certo ad aspettare te. Così il film che è tanto realista per alcune cose (anche la reazione della famiglia del protagonista è assai convincente) lo trovo inutilmente retorico nell'impianto generale. Insomma si poteva fare di meglio ma forse raccontare di lavoretti consulenziali avrebbe fattio meno scena che vedere il protagonista a spalare. In compenso mi è molto piaciuto Kevin Costner, molto convincente nel ruolo di ruvido capomastro.
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filippo catani
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sabato 24 agosto 2013
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il prezzo della crisi
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Una società che si occupa di diversi settori tra cui costruzioni navali, ferroviarie e anche ramo sanitario entra in crisi con il crollo di Wall Street. Per cercare di mantenere a galla la società si decide per un drastico taglio del personale. Prima il direttore delle vendite poi due tra i fondatori dell'azienda verranno licenziati e per loro si apriranno le porte dell'incertezza.
Un bel film diretto da Wells che riflette con cinismo e amarezza sull'America e sul mondo di oggi specialmente quello guidato dalla Borsa. I grandi manager rimangono stabilmente ancorati alle loro poltrone e ai loro stipendi da capogiro e a pagare i conti della crisi sono i sottoposti che si ritroveranno sulla strada dopo anni di servizio.
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Una società che si occupa di diversi settori tra cui costruzioni navali, ferroviarie e anche ramo sanitario entra in crisi con il crollo di Wall Street. Per cercare di mantenere a galla la società si decide per un drastico taglio del personale. Prima il direttore delle vendite poi due tra i fondatori dell'azienda verranno licenziati e per loro si apriranno le porte dell'incertezza.
Un bel film diretto da Wells che riflette con cinismo e amarezza sull'America e sul mondo di oggi specialmente quello guidato dalla Borsa. I grandi manager rimangono stabilmente ancorati alle loro poltrone e ai loro stipendi da capogiro e a pagare i conti della crisi sono i sottoposti che si ritroveranno sulla strada dopo anni di servizio. Sarà così per il personaggio interpretato da Ben Affleck che improvvisamente vede distruggersi il suo mondo dorato. Auto sportiva, casa da sogno, club, vestiti firmati e carte di credito e mutui a volontà. Ovviamente non appena lo stipendio smette di arrivare, non solo queste spese diventano insostenibili ma bisogna anche cercarsi un nuovo impiego. Il tutto scontando una forte umiliazione perchè i familiari e i vicini registrano la tua caduta dalle stelle. Sarà l'odiato cognato a dargli la possibilità di rimettersi in carreggiata scoprendo anche valori come il lavoro di fatica e la solidarietà tra colleghi come anche la vicinanza della famiglia. Non sarà così per il personaggio interpretato da Cooper che invece sprofonderà sempre più nel baratro dell'alcol e della depressione lui che aveva iniziato come operaio nel cantiere navale. Tra questi due estremi c'è il personaggio di Lee Jones che inizialmente si salva dal taglio di teste ma poi finirà silurato dal suo migliore amico e socio. Pure lui avrà modo di interrogarsi su una vita partita dal nulla e dove era arrivato ad avere tutto ma non la felicità e la realizzazione nel proprio lavoro. Solo ripartendo dall'inizio e cioè dal cantiere si può provare a costruire qualcosa di nuovo. Insomma un lucido e crudo ritratto degli USA post 2008 dove oltre alla gran massa di lavoratori anche manager di medio-alto calibro si sono ritrovati con un pugno di mosche in mano e una serie di debiti da pagare. A distanza di qualche anno duole ammettere che le cose non sono poi cambiate troppo e anzi la forbice tra i guadagni di un CEO e di un dipendente stanno raggiungendo cifre folli. Ecco il punto focale del film e la sua forza sta proprio nei diversi sguardi dei personaggi davanti ad una crisi inaspettata e alla prospettiva di un brusco cambio delle abitudini di vita; infatti ognuno reagisce in maniera diversa e purtroppo tante vicende si chiudono nel drama.
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rescart
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sabato 19 gennaio 2013
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c'è no e no
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Quante cose ci sono nella vita che pensavamo non avremmo mai fatto e invece poi ci ritroviamo a fare? La risposta ovviamente non è assoluta ma dipende da chi risponde. Ad esempio nel caso del fondatore della GTX la risposta potrebbe essere: nessuna. Anche perché una persona estremamente ambiziosa parte sin dall’inizio con l’idea di essere disposta a fare praticamente qualunque cosa pur di arricchirsi e rimanere ben stabile nella posizione di potere raggiunta. D’altronde è proprio per questo che ha raggiunto quella posizione di potere, perché non ha mai avuto esitazioni o dubbi, ha fatto subito quello che doveva essere fatto. Senza rimpianti né ripensamenti.
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Quante cose ci sono nella vita che pensavamo non avremmo mai fatto e invece poi ci ritroviamo a fare? La risposta ovviamente non è assoluta ma dipende da chi risponde. Ad esempio nel caso del fondatore della GTX la risposta potrebbe essere: nessuna. Anche perché una persona estremamente ambiziosa parte sin dall’inizio con l’idea di essere disposta a fare praticamente qualunque cosa pur di arricchirsi e rimanere ben stabile nella posizione di potere raggiunta. D’altronde è proprio per questo che ha raggiunto quella posizione di potere, perché non ha mai avuto esitazioni o dubbi, ha fatto subito quello che doveva essere fatto. Senza rimpianti né ripensamenti. Per questo Phil si suicida, perché sa che il no ricevuto ad essere riassunto come manager in giro per il mondo, no sarebbe restato. Invece il no di Bobby ad andare a lavorare con il cognato carpentiere e quello di vendere la casa per trasferirsi dal padre con tutta la famiglia, sono no provvisori, no che diventeranno sì. Forse fu inizialmente un no anche quello di Gene a reinvestire i suoi compensi ultramilionari nelle infrastrutture abbandonate dei vecchi cantieri navali. Gene commette un errore fondamentale rispetto al suo partner vincente: non capisce che a comandare non possono essere i sentimenti e le relazioni di amicizia professionali. Questo genere di amicizie sono in realtà un ossimoro. Gene d’altronde si arricchisce proprio perché viene licenziato, ultimo di una lunga catena di licenziamenti che si giustifica con la necessità di dare priorità al principio di massimizzazione del valore di borsa della società dato dalla quotazione delle sue azioni. Tale valore a volte è inversamente proporzionale al numero di dipendenti raggiunto, se i mercati ritengono, a torto o a ragione, che sia eccessivo. Per natura l’homo economicus è predisposto all’assunzione di rischi. I primi ad accollarsi i rischi sono stati gli investitori, che hanno acquistato azioni basandosi solo sulle inesatte informazioni fornite da bilanci pubblici certificati da società di revisione non sempre adamantine. Ma se è gli andata bene è perché hanno avuto “fiuto”. Lo stesso che adesso li porta a imporre drastici tagli all’inflessibile fondatore della GTX.
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ca55p
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venerdì 18 gennaio 2013
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prodotto di maniera
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Per le premesse da cui parte mi sarei aspettato di più da questo film,considerato anche il buon livello del cast.
Lascia un'impressione di qualcosa di inespresso come se nel montaggio si siano tagliate parti che avrebbero potuto dare
maggior convinzione al tema trattato.Certe figure come i figli o l'amante di T.L.jones rimangono troppo di contorno
ed il finale è decisamente retorico.
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donni romani
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domenica 8 luglio 2012
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la crisi economica brucia ancora
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La crisi economica e il licenziamento di un gran numero di impiegati e manager di una grande compagnia sono al centro di questo dolente affresco contemporaneo, in cui la grande crisi finanziaria resta sullo sfondo per concentrarsi invece sulle sue ripercussioni quotidiane nelle famiglie di chi ha perso il lavoro e con questo il proprio ruolo sociale. Inviare curriculm vitae, sostenere colloqui umilianti e dover seguire un corso di autostima sono quanto di più deprimente possa accadere a chi alla soglia dei quarant'anni pensava di essere già arrivato in vetta e si trova a doversi rimboccare le maniche, e non solo metaforicamente, visto che un paio dei protagonisti si ritroveranno a fare i carpentieri, per garantire alle proprie famiglie quel tenore di vita (club privati, scuole esclusive, macchine di lusso e mutui stratosferici per ville megagalattiche) che fino a pochi mesi prima davano per scontato e che invece dovranno dolorosamente imparare ad abbandonare.
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La crisi economica e il licenziamento di un gran numero di impiegati e manager di una grande compagnia sono al centro di questo dolente affresco contemporaneo, in cui la grande crisi finanziaria resta sullo sfondo per concentrarsi invece sulle sue ripercussioni quotidiane nelle famiglie di chi ha perso il lavoro e con questo il proprio ruolo sociale. Inviare curriculm vitae, sostenere colloqui umilianti e dover seguire un corso di autostima sono quanto di più deprimente possa accadere a chi alla soglia dei quarant'anni pensava di essere già arrivato in vetta e si trova a doversi rimboccare le maniche, e non solo metaforicamente, visto che un paio dei protagonisti si ritroveranno a fare i carpentieri, per garantire alle proprie famiglie quel tenore di vita (club privati, scuole esclusive, macchine di lusso e mutui stratosferici per ville megagalattiche) che fino a pochi mesi prima davano per scontato e che invece dovranno dolorosamente imparare ad abbandonare. Non tutti ce la fanno a superare il fallimento professionale che diventa personale (il consulente che dovrebbe aiutare i licenziati a "riposizionarsi" in pratica li massacra con consigli che sembrano sferzanti giudizi - perdi peso, tingiti i capelli, nessuno assume una persona trasandata come te -) spingendo un manipolo di loro ad abbandonare la tetra riunione per andare a giocare a football al parco e riappropriarsi di quella vita semplice e vera che solo lontani dalle strategie di mercato e dalle rigide regole per rimanere aggrappati al mondo del lavoro "che conta" si può ritrovare, magari inchiodando, storti, gli infissi di una casa in costruzione. Bella metafora di una società soffocante e frustrante che impone ruoli e mortifica personalità. Il finale è un po' consolatorio, ma anche pieno di speranza per tutti coloro che non vogliono arrendersi solo perchè gli schemi del mercato finanziario impongono di estromettere chi ha più di trent'anni.
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molenga
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giovedì 12 gennaio 2012
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un'ambizione che non finisce mai
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L'unico personaggio che susciti un po' di simpatia umana, in questo peraltro ben fatto film, è quello di kevin costner. Un'azienda si trova in cattive acque(ma no! che tema originale9 e chiude due cantiere. vanno a picco i lavoratori( non si vedono, naturalmente) ma anche alcuni pezzi"medi": homo homini lupus. Il pesce piccolo mangia quello grande. Mors tua vita mea. uno di questi pesci medi è ben affleck, orgoglioso e incapace di ammettere il suo fallimento, che presto diventa il fallimento di molti altri: si troverà a lavorare per il cognato-appunto, costner- che costruisce case: ma niente paura: presto un suo ex superiore, anch'egli saganato dalla casa madre, rimetterà in gioco il nostro uomo d'affari, e vissero tutti felici e contenti( non è vero, il finale è aperto).
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L'unico personaggio che susciti un po' di simpatia umana, in questo peraltro ben fatto film, è quello di kevin costner. Un'azienda si trova in cattive acque(ma no! che tema originale9 e chiude due cantiere. vanno a picco i lavoratori( non si vedono, naturalmente) ma anche alcuni pezzi"medi": homo homini lupus. Il pesce piccolo mangia quello grande. Mors tua vita mea. uno di questi pesci medi è ben affleck, orgoglioso e incapace di ammettere il suo fallimento, che presto diventa il fallimento di molti altri: si troverà a lavorare per il cognato-appunto, costner- che costruisce case: ma niente paura: presto un suo ex superiore, anch'egli saganato dalla casa madre, rimetterà in gioco il nostro uomo d'affari, e vissero tutti felici e contenti( non è vero, il finale è aperto).
Bel film, ottimi attori, regia all'altezza ma fuori dall'america, dove i cammelli passano per le crune d'ago, anche molto diseducativo. da guardare senza riflettere
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ultimoboyscout
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sabato 22 ottobre 2011
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la crisi non risparmia nessuno.
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Un cast di tutto rispetto per una produzione minore, che da noi non è passato per il circuito cinematografico. Tutto sommato non è che sia sto filmone, ci sono un paio di passaggi piuttosto tecnici ma è un film abbastanza comprensibile, che tratta la crisi e la recessione dal basso, dal punto di vista di un manager che si reinventerà carpentiere, un altro che si vedrà costretto a tingersi i capelli per sembrare più giovane ed un terzo che si intrattiene con una dirigente (digli scemo, la dirigente è Maria Bello! che non gli eviterà comunque il licenziamento. Tutti e tre si troveranno a spasso, in un vortice di devastazione personale. Il film è diretto da un Wells che non ha guizzi, descrive una storia moralista ma di forte impatto che mostra gli effetti squassanti della crisi economica nella popolazione "bene" americana.
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Un cast di tutto rispetto per una produzione minore, che da noi non è passato per il circuito cinematografico. Tutto sommato non è che sia sto filmone, ci sono un paio di passaggi piuttosto tecnici ma è un film abbastanza comprensibile, che tratta la crisi e la recessione dal basso, dal punto di vista di un manager che si reinventerà carpentiere, un altro che si vedrà costretto a tingersi i capelli per sembrare più giovane ed un terzo che si intrattiene con una dirigente (digli scemo, la dirigente è Maria Bello! che non gli eviterà comunque il licenziamento. Tutti e tre si troveranno a spasso, in un vortice di devastazione personale. Il film è diretto da un Wells che non ha guizzi, descrive una storia moralista ma di forte impatto che mostra gli effetti squassanti della crisi economica nella popolazione "bene" americana. Non brilla come pellicola ma ha il merito dell'efficacia, in particolare nel criticare illusioni ed equilibri che soldi e potere possono dare. Bravi i tre attori: Affleck, finalmente, offre una prova solida nonostante la monoespressività, Jones è un vecchio in un paese che non è per vecchi ma Cooper è senza dubbio il migliore del trio, quello che riesce meglio ad esternare il disagio e lo sconforto. Più di tre vite a confronto, semmai tre generazioni saranno messe alla prova nel momento in cui le proprie vite stanno per andare a rotoli, di pari passo col sistema. Opera estremamente asciutta per essere di produzione statunitense, col trascorrere dei minuti perde di credibilità e diventa estremamente fragile, probabilmente per la paura del regista di addentrarsi in un discorso troppo più grande di lui perdendo coerenze con la prima parte, la migliore. Io non ci sono mai passato per queste situazioni ma immagino che chi abbia avuto tale sfortuna ne possa percepire maggiormente significati e durezza. Kostner appare ormai bollito!
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