anna rosa
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domenica 8 gennaio 2023
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amicizia e amore hanno la stessa radice
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Ho pensato costantemente, soprattutto guardando la prima parte, ai capitoli in cui Elias Canetti ne "La lingua salvata" racconta l'amicizia appassionata che lo legava ad un ragazzino suo coetaneo, e d'altra parte ho ripensato all'intensità dell'amicizia che da giovanissima liceale mi legava ad una compagna di scuola, talmente stretta che i miei genitori ne erano preoccupati, come capii più tardi. Questo bellissimo film racconta con grande delicatezza la storia di Léo e Rémi nel momento in cui non solo l'identità sessuale ma tutta la personalità esita tra infanzia e adolescenza e non ha consapevolezza di sé, ma solo tenta di darsi una forma. Léo, più incline dell'amico a cercare l'approvazione degli altri nel gruppo dei compagni di scuola, allontana Rémi, che, ferito, pone fine ai suoi giorni (nessuna indulgenza al voyeurismo neanche qui).
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Ho pensato costantemente, soprattutto guardando la prima parte, ai capitoli in cui Elias Canetti ne "La lingua salvata" racconta l'amicizia appassionata che lo legava ad un ragazzino suo coetaneo, e d'altra parte ho ripensato all'intensità dell'amicizia che da giovanissima liceale mi legava ad una compagna di scuola, talmente stretta che i miei genitori ne erano preoccupati, come capii più tardi. Questo bellissimo film racconta con grande delicatezza la storia di Léo e Rémi nel momento in cui non solo l'identità sessuale ma tutta la personalità esita tra infanzia e adolescenza e non ha consapevolezza di sé, ma solo tenta di darsi una forma. Léo, più incline dell'amico a cercare l'approvazione degli altri nel gruppo dei compagni di scuola, allontana Rémi, che, ferito, pone fine ai suoi giorni (nessuna indulgenza al voyeurismo neanche qui). Léo si abbrutisce nel lavoro nei campi dei genitori e nello sport più duro cercando di spegnere i sensi di colpa e il ricordo di Rémi, ma troverà pace - e mi viene da piangere a pensarci - solo quando sarà capace di dire alla mamma dell'amico che "è stato per causa sua" e ne avrà avuto il perdono. Nell'ultimo fotogramma è di nuovo estate e Léo corre nei campi nuovamente in fiore. È solo, ma sa che il suo amico è con lui. Per sempre.
Una parola ancora per elogiare i due giovanissimi attori, stupefacenti, e certo anche i doppiatori. Ai registi: un sentitissimo plauso. Tra questo film e "Le otto montagne", Il cinema belga sta facendo scuola.
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[+] un amaro e intenso ritratto adolescenziale
(di antonio montefalcone)
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fede17
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giovedì 5 gennaio 2023
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un labirinto di sguardi che tenta la via dell’identità repressa
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C’è uno stato, una posizione nei confronti di sé stessi, nei confronti della propria identità che si definisce gradualmente, a cominciare dalle prime parole con cui si apre la storia: “shh, non fare rumore”. Silenzio, ignoranza, chiusura. La spontaneità d’un legame d’amicizia agreste e naturale ancora tutto da esplorare comincia a incrinarsi quando si confronta con le paure che esso nascondeva, la paura del comune giudizio morale e di una identità ancora ignota. Nessuno, all’infuori dei due, può sentire veramente quello che loro hanno sentito e di fronte a cui si sono chiusi, ma soltanto ascoltare, offrire il proprio abbraccio (come vediamo ad esempio nell’incontro nel bosco tra Sophie e Léo).
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C’è uno stato, una posizione nei confronti di sé stessi, nei confronti della propria identità che si definisce gradualmente, a cominciare dalle prime parole con cui si apre la storia: “shh, non fare rumore”. Silenzio, ignoranza, chiusura. La spontaneità d’un legame d’amicizia agreste e naturale ancora tutto da esplorare comincia a incrinarsi quando si confronta con le paure che esso nascondeva, la paura del comune giudizio morale e di una identità ancora ignota. Nessuno, all’infuori dei due, può sentire veramente quello che loro hanno sentito e di fronte a cui si sono chiusi, ma soltanto ascoltare, offrire il proprio abbraccio (come vediamo ad esempio nell’incontro nel bosco tra Sophie e Léo). Tutto questo ci viene comunicato attraverso gli sguardi, i primi piani, le poche parole, i paesaggi, il ritratto di una solitudine e la progressiva costruzione di un’apparente socialità nella quale Léo si è rinchiuso. Mentre prima giocare insieme, dormire nello stesso letto, guardarsi negli occhi durante le notti insonni, accarezzarsi era del tutto normale, per Léo e Remi non lo sarà più. Repulsione, respinta, chiusura, e un dolore che li accompagnerà per sempre. Persino la madre di Remi, una volta che avrà finalmente ascoltato le parole che Léo non era ancora riuscito a dire a nessuno, lo respingerà. Ma un attimo dopo, all’iniziale chiusura nei confronti della possibile comprensione dell’accaduto si succederà una dolorosa eppure speranzosa apertura da parte della madre, un abbraccio e uno sguardo che soltanto un’arte come il cinema può regalarci, lo sguardo che sa andare oltre gli schemi e le parole, che riesce a esprimere ciò che a parole non vorremo mai dire, che dischiude e ci avvicina a ciò che vorremmo rimanesse chiuso e distante. “Close”, per l’appunto.
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johnny1988
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giovedì 5 gennaio 2023
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straziante e impossibile non immedesimarsi
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Aggiungo ai miei film preferiti dell'anno 2022 CLOSE di Lukas Dhont, giovanissimo regista classe 1991, già acclamato dalla critica quattro anni fa per GIRL.
Close è il vincitore indiscusso del gran premio della giuria di Cannes '22 e conferma il talento dell'autore belga.
Da tradursi con "vicini", il film indaga sull'amicizia atavica che lega i piccoli Leo e Remi che stanno per accedere alla scuola media e quindi anche all'adolescenza. Vicini di casa, vicini nell'anima, la loro comunione è speciale e spontanea, fuori dagli impulsi puberali, di quei legami che uno pensa e vuole non finiscano mai, tanto che insieme pianificano di diventare ricchi pionieri sulla luna. Ma il loro affetto viene messo a ferro e fuoco dall'ingerenza dei nuovi compagni di banco, che insistono, seppur non in modo diretto nè autoritario, a porre una frattura dettata da canoni sociali che da una parte accettano, oggi, la straordinarietà di questo sentimento ma che nemmeno lo comprende, dall'altro.
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Aggiungo ai miei film preferiti dell'anno 2022 CLOSE di Lukas Dhont, giovanissimo regista classe 1991, già acclamato dalla critica quattro anni fa per GIRL.
Close è il vincitore indiscusso del gran premio della giuria di Cannes '22 e conferma il talento dell'autore belga.
Da tradursi con "vicini", il film indaga sull'amicizia atavica che lega i piccoli Leo e Remi che stanno per accedere alla scuola media e quindi anche all'adolescenza. Vicini di casa, vicini nell'anima, la loro comunione è speciale e spontanea, fuori dagli impulsi puberali, di quei legami che uno pensa e vuole non finiscano mai, tanto che insieme pianificano di diventare ricchi pionieri sulla luna. Ma il loro affetto viene messo a ferro e fuoco dall'ingerenza dei nuovi compagni di banco, che insistono, seppur non in modo diretto nè autoritario, a porre una frattura dettata da canoni sociali che da una parte accettano, oggi, la straordinarietà di questo sentimento ma che nemmeno lo comprende, dall'altro. Una circostanza scomoda per Leo che, oltre ai dubbi che personalmente già sente per l'amico, si vede spinto a compiere una scelta definitiva e ad allontanarsi da Remi, per compiacere i compagni e per sedare i pettegolezzi.
Se GIRL affrontava una fase critica nella transizione di una ballerina determinata a cambiare sesso, e conseguentemente a prendersi carico delle responsabilità che comporta il passaggio all'età adulta, di nuovo CLOSE avvicina la macchina da presa sulle responsabilità che non tocca solo i grandi, ma anche i più piccoli, come Leo, che deve fare i conti con la sua coscienza, erosa da una colpa, se delitto non si può chiamare, in cui è impossibile non immedesimarsi e che risveglia ricordi repressi.
Dhont, con un grandissimo rispetto per le fragilità umane e con una delicatezza fuori dal comune per il tema trattato - per molti sarebbe stato inaccettabile chiedere a un piccolo attore di interpretare un personaggio schiacciato dalla sua meschinità - disvela silenziosamente le maschere di una società educata solo a chiacchiere all'inclusione e all'accettazione, ma non le giudica nemmeno, tale è la consapevolezza matura di come i principi morali e la spontaneità sono secondari a un sistema che invece, crescendo con gli anni, ci catalizza e ci identifica in base ai comportamenti prestabiliti e costumi codificati.
È alla base del grave tradimento di Leo che si consuma la tragedia, e corrode i cuori, fino a lasciarci con l'inconsolabile e straziante desiderio di riavvolgere il nastro e fare ammenda per i nostri torti.
Mai, come non succedeva da anni, ci si appassionava ai protagonisti fin dai primi secondi, in cui, nello specifico caso, si sentono solo le voci su schermo nero. Grazie anche alla incredibile performance dei due attori.
Un film sapientemente bilanciato fra una fotografia erede della lezione di Sven Nykvist e inquadrature che incrociano gesti e sguardi, rifuggendo le potenziali ambiguità, e che ora si avvicinano e si allontanano dal protagonista in base ai suoi pensieri: la macchina infatti usa i CLOSE UP puliti e morbidi su Leo quando si vuole raccontare del suo rapporto con Remi e si passa a campi più lunghi e confusi quando si abbandona Leo fra i compagni, fuggevoli e fuori fuoco.
Costruito su numerose e non ingenue corrispondenze simboliche, Close merita più di una visione e di una qualunque conversazione da bar. La sua forza sta nel fluire e parlare dell'umanità senza accusare nessuno e con naturalezza, come le stagioni che incorniciano la vicenda e che tutte portano con sé il dolore e la bellezza della vita. Ma soprattutto la bellezza e il calore che convergono nella cura che si applica verso di sé e l'altro. Perché senza l'altro si è soli. E nulla può veramente sosituire o completare il vuoto che ci si scava sotto i piedi da soli.
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