coscientizzazione possibile, alla Freiriana maniera. Dal pensiero del pedagogista Freire,
cogliamo infatti il rapporto conflittuale tra la coscienza e il mondo, che il protagonista
sente e vive da vicino nella sua esperienza quotidiana di oppresso; condizione che riesce
a sovvertire accettando le contraddizioni e storture della realtà in cui esiste e agisce.
L’esilio dalla Tuscia lo costringe a evolvere come individuo e conquistare spazi nuovi,
impensati, trovando con l’affermazione della propria presenza nel mondo, la chiave per un
L’Opera di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis, inscrive lo spazio di una
coscientizzazione possibile, alla Freiriana maniera. Dal pensiero del pedagogista Freire,
cogliamo infatti il rapporto conflittuale tra la coscienza e il mondo, che il protagonista
sente e vive da vicino nella sua esperienza quotidiana di oppresso; condizione che riesce
a sovvertire accettando le contraddizioni e storture della realtà in cui esiste e agisce.
L’esilio dalla Tuscia lo costringe a evolvere come individuo e conquistare spazi nuovi,
impensati, trovando con l’affermazione della propria presenza nel mondo, la chiave per un
perdono autentico. La vita che lo ha schiacciato, allo stesso tempo gli ha permesso di
rinascere.
Re Granchio è un film che ti resta addosso, con la sua ineludibile verità, che svela quanto
la disperazione dell’animo umano possa andare lontano, nel tempo e nello spazio del
sentire.
Un uomo alla ricerca di chimere, che non potrà mai scorgere, se non guardando nella
natura, viaggiando dentro alla sua interiorità e conducendo l’espiazione della propria
colpa verso la ricerca della libertà e del proprio sé.
L’angosciante chiaroscuro pastello nei colori caldi di sangue e luce del primo capitolo
della pellicola, porta lo spettatore a interrogarsi, specchiarsi perfino, nelle catene che
legano il protagonista, con inquadrature chiuse e opprimenti.
Il lago e il mare, di contro, sono il simbolo di un’ellisse che si completa, forme della stessa
essenza dell’acqua che rappresenta la vita. Un eterno ritorno all’origine, per trovare una
pace.
Luciano non rappresenta un personaggio di rottura e ribellione, quanto più di
emarginazione.
Di fronte a quella solitudine interiore che lo pervade, egli non può che cercare conforto
nella fugace esperienza dell’ebbrezza. La ricerca di un agognato tesoro è la spirituale
corsa mal interpretata dagli uomini verso un desiderio oggettificato, che evapora in modo
evanescente, come l’esperienza umana ci insegna quando ci allontana dalle nostre
brame.
E quella via che scorge il granchio, a un certo punto non viene più delineata, si perde.
L’avidità dell’uomo malvagio si dissolve e non resta che la solitudine, di nuovo,
consegnata catarticamente all’acqua e al segreto che custodisce dalla notte dei tempi,
nel suo essere fonte primigenia di vita, dal grembo alla terra e dalla terra al grembo.
All’inizio del film Luciano rifiuta simbolicamente il denaro, mezzo di scambi commerciali
che rimandano agli interessi personali, in favore di una disposizione d’animo che non
accetta secondi fini. Egli è infatti alla ricerca di un bene non commercializzato, che
appartiene a quella natura benigna che disconosce la mercificazione dell’uomo moderno,
costretto a vendere la propria dignità in nome dell’apparenza e del successo.
La simbologia del dono che Luciano rievoca dal passato cogliendo un monile etrusco,
mira a suggellare l’amore che egli prova nei confronti di Emma.
Il dono è reciprocamente riconosciuto dagli amanti come il patto che li unisce e che viene
accolto da Emma attraverso una gratitudine che elimina il peso dell’obbligo di
contraccambiare.
Luciano ed Emma raggiungono così l’agape, quell’amore incondizionato che dona il
proprio sé all’altro e che gli permette di superare quel sentimento di privazione tipico
dell’eros platonico, guidato dal desiderio di possedere l’oggetto amato.
Sarà questa la vera missione degli amanti, che messi alla prova dagli impervi e scoscesi
paesaggi della Terra del Fuoco, metafora degli accadimenti della vita che erigono pietre
sul nostro cammino, raggiungeranno al di là della loro unione corporea, un destino di
stasi, in cui gli equilibri torneranno a brillare armoniosamente tra le increspature delle
onde e i loro sussurri.
Quello stesso paesaggio della Terra del Fuoco richiama inoltre il proscenio erotico messo
in scena da Michelangelo Antonioni in Zabriskie Point. In Re Granchio però, alla
desolazione del paesaggio si contrappone l’urlo enfatico del protagonista, che copre
quell’apparentemente insostenibile vacuità interiore con la propria voce, invece che con
un amplesso sessuale.
La nostalgia provocata dall’impossibilità di vivere e consumare questo amore
carnalmente, infatti, non priva Luciano ed Emma dell’occasione di eternare la loro intesa
emozionale.
Il viaggio di Luciano arriva a sublimare dalla natura la linfa dei suoi sentimenti, non
soltanto per l’amata, ma per la vita alla quale si ricongiunge.
Come scrisse Mark Rogin Aspach in À charge de revanche. Figures élémentaires de la
réciprocité : “Una relazione di reciprocità non potrebbe ridursi a uno scambio tra due
individui. Ogni volta emerge un terzo trascendente, anche se questo terzo non è niente
altro che la relazione stessa che si impone come autore a pieno titolo.”
E questo autore, in Re Granchio, è l'immaginario dei sentimenti umani, che vediamo
magistralmente dipinto negli occhi dei protagonisti.
Recensione di Giacomo Sorrentino
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