Paradise è il nome di un residence che sorge a Sauris, tra le alpi carniche. Nome quasi antifrastico, perché il paesaggio che lo circonda, d’inverno, nei giorni di maltempo, non è certo idilliaco (qualcuno potrebbe definirlo infernale per la selvatichezza, ma si tratta di gusti). Qui approda Calogero (Vincenzo Nemolato), fisico minuti, grandi occhi, naso lungo. Nella scena iniziale sta solo, nel gelo e tra le nuvole, assurdamente dietro al suo carrettino delle granite, che poi ripone nella rimessa. E’ un giovane siciliano, padre da poco, anche se non ha potuto vedere la figlia. Si trova qui per aver denunciato il nome di un mafioso assassino. Rientrato in un programma di protezione, è stato allontanato dalla moglie (che, per altro, avrebbe preferito la sua omertà).
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Paradise è il nome di un residence che sorge a Sauris, tra le alpi carniche. Nome quasi antifrastico, perché il paesaggio che lo circonda, d’inverno, nei giorni di maltempo, non è certo idilliaco (qualcuno potrebbe definirlo infernale per la selvatichezza, ma si tratta di gusti). Qui approda Calogero (Vincenzo Nemolato), fisico minuti, grandi occhi, naso lungo. Nella scena iniziale sta solo, nel gelo e tra le nuvole, assurdamente dietro al suo carrettino delle granite, che poi ripone nella rimessa. E’ un giovane siciliano, padre da poco, anche se non ha potuto vedere la figlia. Si trova qui per aver denunciato il nome di un mafioso assassino. Rientrato in un programma di protezione, è stato allontanato dalla moglie (che, per altro, avrebbe preferito la sua omertà). Nella solitudine delle montagne, incontra personaggi tipici, come la bionda ostessa (Katerina Cas) o il parroco, che prega Dio insegnando ai giovani lo Schuhplattler, a suon di schiaffi. Ma anche il killer che lui aveva denunciato. La scoperta lo terrorizza, tanto più quando vede che alloggia anche lui nel Paradise, e inaugura quel motivo noir del film, sottolineato anche da una fotografia molto dark, con tante scene notturne riprese senza effetti di illuminazione. In realtà il killer non è venuto a cercarlo: diventato collaboratore di giustizia, per un casuale e ironico errore della giustizia, è stato spedito pure lui a Sauris. Fisicamente l’attore che lo interpreta (Giovanni Calcagno) è molto diverso da Nemolato: alto, robusto, dai tratti marcati e virili, incute quasi paura. Il percorso dei due uomini è dunque parallelo, e contrassegnato da molte ambiguità, soprattutto per il carattere dinamico della personalità dell’ex (ex?) killer, che si è sentito liberato dalla maschera in cui era stato imprigionato dalla Mafia sin da bambino e vorrebbe ricominciare una nuova vita (l’orrore del sangue lo porta a diventare vegetariano). Invece l’ex venditore di granite rimane fedele a se stesso, a quei principi di onestà che vuole trasmettere alla sua bambina (che riuscirà finalmente a incontrare). Pensando a lei, incomincerà una nuova vita, anche a prezzo di rinunce dolorose. Discorso diverso per il compagno. I passaggi della relazione tra i due uomini e con la giustizia) non sono sempre ben esplicitati e approfonditi. Il regista triestino, Davide Del Degan, rimane (volutamente?) nel vago, forse a sottolineare l’insondabilità della psiche umana. Comunque la coppia artistica, nella diversità totale, funziona bene, e sarà un buon lancio per i due attori, si spera. Il film però è interessante e diverso dalle solite trame: mescolando generi diversi, ed aprendo spesso la porta al comico, si vede volentieri. L’ultima scena sembra un richiamo a quella di Tempi moderni ed è toccante.
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