carloalberto
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mercoledì 25 aprile 2018
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due registi per un film doppio
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Due registi inglesi, Dyson e Nyman, per un film doppio, tipo The Others, che non è quello che vuol sembrare di essere. Come, durante tutto il film, è ripetuta la frase: “il cervello vede quello che vuol vedere”, così, in sala, si è convinti di assistere ad una pellicola horror inusuale e un po’ eccentrica, attraversata dalla tipica ironia anglosassone, perché è quel che si è venuti a vedere, considerato il trailer e soprattutto il titolo, salvo poi ricredersi alla fine. Un professore che ha dedicato la vita a smascherare le truffe di finti veggenti, come le protagoniste di Red lights e 1921 Il mistero di Rookford, interpretato magnificamente da uno dei due registi, Andy Nyman, conduce lo spettatore nell’apparente viaggio nel mondo dell’occulto alla ricerca di prove dell’esistenza del soprannaturale, al di là delle evidenze della pura logicità razionale.
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Due registi inglesi, Dyson e Nyman, per un film doppio, tipo The Others, che non è quello che vuol sembrare di essere. Come, durante tutto il film, è ripetuta la frase: “il cervello vede quello che vuol vedere”, così, in sala, si è convinti di assistere ad una pellicola horror inusuale e un po’ eccentrica, attraversata dalla tipica ironia anglosassone, perché è quel che si è venuti a vedere, considerato il trailer e soprattutto il titolo, salvo poi ricredersi alla fine. Un professore che ha dedicato la vita a smascherare le truffe di finti veggenti, come le protagoniste di Red lights e 1921 Il mistero di Rookford, interpretato magnificamente da uno dei due registi, Andy Nyman, conduce lo spettatore nell’apparente viaggio nel mondo dell’occulto alla ricerca di prove dell’esistenza del soprannaturale, al di là delle evidenze della pura logicità razionale. Alla fine del primo tempo si rimane un poco perplessi, perché il film, come horror, non sembra prendersi troppo sul serio e spesso nelle scene di maggiore suspense scivola nel genere fantasy o in quello drammatico, ma la vita è sogno e nel finale fa capolino Calderon de la Barca, che capovolge la prospettiva, demolisce le nostre convinzioni, lasciandoci addosso un senso di inquietudine, compensato, soltanto in parte, dalla soddisfazione di aver scoperto il trucco o almeno di averlo capito, dopo che ci è stato svelato da Andy Nyman, che, non a caso, nella vita, oltre ad attore e regista, è anche un illusionista di professione.
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radiante
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domenica 14 ottobre 2018
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i veri fantasmi sono dentro di noi
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Ghost Stories non è, a mio avviso, un film dell'orrore. O almeno, anche se lo è nella forma, non lo è nella sostanza. Non nel senso classico del termine.
E, anche se tutto sembra condurre lo spettatore sui binari di una paurosa, ma forse scontata, storia di fantasmi, col tempo il velo cade e, nel finale, se ne comprende appieno il vero significato.
Non ci sono entità provenienti dall'aldilà o da un'altra dimensione. I fantasmi in questione albergano nel cuore, nella mente e nell'animo del protagonista e, inevitabilmente, di ogni essere umano.
"Ogni azione che tu abbia mai fatto (o non fatto) ha avuto un effetto, lasciando una piccola traccia, un fantasma di sé".
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Ghost Stories non è, a mio avviso, un film dell'orrore. O almeno, anche se lo è nella forma, non lo è nella sostanza. Non nel senso classico del termine.
E, anche se tutto sembra condurre lo spettatore sui binari di una paurosa, ma forse scontata, storia di fantasmi, col tempo il velo cade e, nel finale, se ne comprende appieno il vero significato.
Non ci sono entità provenienti dall'aldilà o da un'altra dimensione. I fantasmi in questione albergano nel cuore, nella mente e nell'animo del protagonista e, inevitabilmente, di ogni essere umano.
"Ogni azione che tu abbia mai fatto (o non fatto) ha avuto un effetto, lasciando una piccola traccia, un fantasma di sé".
Rimorsi e sensi di colpa. Nei momenti di debolezza le più intime paure prendono il sopravvento e quei fantasmi tornano a tormentarci.
La vera contrapposizione non è tanto tra naturale e sovrannaturale, quanto tra logico e irrazionale, tra ragione e sogno, tra la volontà dell'intelletto di spiegare e mettere tutto in ordine, e l'indomabile ma confusa forza dell'inconscio e dell'istinto, che parla un'altra lingua e non conosce ragioni.
Un film veramente ben fatto, un thriller psicologico che si serve, con ironia di fondo, degli elementi dell'orrore, riuscendo bene tanto nella forma, quanto nella sostanza.
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elgatoloco
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mercoledì 27 maggio 2020
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intelligente, pieno di humor, capace di far pensar
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"GHsot Stories"(Jeremy Dyson e Andy Nyman, 2017, anche autori di soggetto e sceneggiatura-il fim è la trasposzione dela loro omonima opera teatrale), very british, ossia con quel sense of humor che altri(leggi in primis americani, nel senso di USA, speicilamente)non hanno, ossia la cpaacità di ridere anche del"soprannaturale", detto più chiaramente di ghost-stories, appunto. qui se ne propongono tre, che devono coinvolgere e stravolgere lo psicologo che si occupa di fenomeno"paranomrmali", in realtà molto criticamente. I primi due lo lasciano molto scettico, anzi confermano la sua concezione oltremodo scettica, ovvero sostanzialmnete negatrice di quei fenomeni, ma il terzo riesce a far presa sulle su strruture mentali molto razionali, coivinolgendo, se vogliamo l'amigadala, ossia quella parte del cervello che è pià sensisbile a ricordi emozionanti ed emozioni che l segno.
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"GHsot Stories"(Jeremy Dyson e Andy Nyman, 2017, anche autori di soggetto e sceneggiatura-il fim è la trasposzione dela loro omonima opera teatrale), very british, ossia con quel sense of humor che altri(leggi in primis americani, nel senso di USA, speicilamente)non hanno, ossia la cpaacità di ridere anche del"soprannaturale", detto più chiaramente di ghost-stories, appunto. qui se ne propongono tre, che devono coinvolgere e stravolgere lo psicologo che si occupa di fenomeno"paranomrmali", in realtà molto criticamente. I primi due lo lasciano molto scettico, anzi confermano la sua concezione oltremodo scettica, ovvero sostanzialmnete negatrice di quei fenomeni, ma il terzo riesce a far presa sulle su strruture mentali molto razionali, coivinolgendo, se vogliamo l'amigadala, ossia quella parte del cervello che è pià sensisbile a ricordi emozionanti ed emozioni che l segno...Il protagonista si sente ripprtato alla sua infanzia m nella quale molti compagni di sucola lo dileggiavano(il pregiduziio antisemita, sciocco di per sé è duro a morire e tende a tramndarsi anahc euslla spinta di pregiduzi religiosi indotti e interiorizz<ati fin dalla più tenera età)in quanto Ebreo. Il"Play"è intelligente, dicevo, perché a priori non scarta nulla, ma propone un'anlaisi che, di primo acchito, si rivela assolutamente impossibile. in genere il ghost-movie classico è quello che afferma senza meno la "verità"(verdidictà)di questi fenomeni, che vengono considerati appunto veri come tali e proposti in modo tale da generare orrore o almeno spavento(sulle gradazioni della paura ci sarebbe da discutere per vario tempo...),mnetre qui nulla è di per sé sciuro, tutto può essere(per rimanere nell'ambito anche semantico qui usato)"rimesso in gioco"e le sequenze relative sono decisamente esemplificatrici dell'impossibilità di dare una soluzione"sicura"in un senso o invece nell'altro...Qyalche riserva, da parte di chi scirve, sulla scelta di Andy Nyman di interpretare lui stesso il ruolo del protagonista, che non è che non sia convincente, ma, diciamolo, non è per sua natura un"interprete nato"-sarebbe certo più a suo agio sevedessimo una documetnazione, per non dire un docuemntario, ma qui non è un docu-movie, né abbiamo a che fare un film di"genere misto". Meglio Martin Freeman, certamente. Spesso film come questo vengono scambiati per insuccessi i"film troppo marcatamente culturali"-la definziione non è nuova- mentre in realtà il suo appeal richiede un certo impegno, che non tutti gli spettatori assicurano fin dall'inizio-.,. El Gato
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tmpsvita
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giovedì 12 aprile 2018
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un inusuale, bizzarro e ironico horror
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Ho avuto la grande fortuna di vederlo all'anteprima italiana seguita da un incontro con lo stesso Martin Freeman, perciò diciamo che è stata un'esperienza piuttosto emozionante e che dimenticherò difficilmente.
"Ghost Stories" si presenta all'inizio come un horror sul soprannaturale molto, troppo, classico e, per questo, banale ma fin dai primi minuti, nonostante la trama sembri molto poco originale e stimolante, si percepisce una certa ricerca di un'identità ben precisa e, allo stesso tempo originale.
Nonostante questo tentativo, la parte iniziale l'ho trovata molto debole e sicuramente poco spaventosa.
È, finalmente, nella parte centrale (il film è diviso in maniera molto chiara e netta tramite racconti sottoforma di casi, differenti) che questo film comincia davvero a contraddistinguersi dal panorama horror attuale, comincia ad apparire come qualcosa di molto diverso ed estremamente interessante rispetto all'inizio poco convincente.
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Ho avuto la grande fortuna di vederlo all'anteprima italiana seguita da un incontro con lo stesso Martin Freeman, perciò diciamo che è stata un'esperienza piuttosto emozionante e che dimenticherò difficilmente.
"Ghost Stories" si presenta all'inizio come un horror sul soprannaturale molto, troppo, classico e, per questo, banale ma fin dai primi minuti, nonostante la trama sembri molto poco originale e stimolante, si percepisce una certa ricerca di un'identità ben precisa e, allo stesso tempo originale.
Nonostante questo tentativo, la parte iniziale l'ho trovata molto debole e sicuramente poco spaventosa.
È, finalmente, nella parte centrale (il film è diviso in maniera molto chiara e netta tramite racconti sottoforma di casi, differenti) che questo film comincia davvero a contraddistinguersi dal panorama horror attuale, comincia ad apparire come qualcosa di molto diverso ed estremamente interessante rispetto all'inizio poco convincente.
Cambia l'atmosfera che si fa sempre più bizzarra e fuori dal normale, grazie ad un umorismo molto particolare, un mix funzionale di umorismo nero e quello demenziale quasi da parodia, e ciò che stupisce di più è che funziona benissimo, soprattutto grazie alla straordinaria interpretazione di Alex Lawther, giovane attore che, come penso molte persone, ho conosciuto con la serie Netflix di cui è protagonista, ovvero "The End of the F***ing World"; e che qui riesce ad essere credibile in ognuna delle innumerevoli espressioni che compaiono sul viso del suo personaggio.
E quando sembra che si sia raggiunto l'apice della stranezza del film, arriva la terza parte, e il tutto si fa ancora più bizzarro e ancora più interessante, un susseguirsi di brillanti colpi di scena davvero ben congeniati e perfettamente inseriti in un puzzle di tessere una più curiosa, bizzarra, assurda e originale dell'altra.
La regia mi ha davvero colpito in alcuni momenti con delle inquadrature inusuali e davvero ben studiate, ottimo poi il lavoro svolto dal cast, primo tra tutti il suddetto Lawther, molto bravo anche il protagonista Andy Nyman, che entra perfettamente in nel suo ruolo e risulta molto credibile, impossibile, poi, non elogiare Martin Freeman che qui svela un nuovo lato di sé interpretando in maniera davvero gratificante un ruolo particolarmente insolito per lui ma che ha saputo gestire perfettamente.
Peccato per una conclusione troppo chiusa per un film così aperto e ricco d immaginazione, che impedisce al film di trovare un'identità totalmente chiara e definita, nonché definitiva.
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