robert eroica
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martedì 5 settembre 2017
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pablo
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#Venezia74. LOVING PABLO. La nascita e l'espansione del narcotraffico attraverso l'ascesa e il declino del cartello colombiano di Medellin capeggiato da Pablo Escobar. La testimonianza e' quella della giornalista televisiva Virginia, interpretata dalla Cruz, a lungo l'amante di Pablo. Atrocita' e omicidi propinati con ghignante sequenzialita', ritmati a suon di musica come avrebbe fatto Scorsese (con altro sguardo morale) trenta e passa anni fa. Bardem presenta Escobar con un fisico da sessantenne e appare spesso caricaturale. La Cruz fa sul serio ma ha ben capito il calibro di film che si e' scelta ? Voto: 5
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andrea
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lunedì 23 aprile 2018
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il “re della droga” attraverso una nuova ottica
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Negli ultimi anni la figura del più grande narcotrafficante mai esistito è sotto una continua analisi. Tra serie tv e varie pellicole di buon successo, Pablo Escobar continua ad essere “venerato” e raccontato sotto diversi aspetti della sua lunga carriera di boss colombiano. Nel caso de Escobar - Il fascino del male, la vicenda è raccontata sotto il punto di vista di una sua amante: Virginia Vallejo. A differenza di Escobar - Paradise lost, dove il malcapitato protagonista è l’amante della nipote; nel film di Aranoa la prescelta è una giornalista, appunto la Vallejo, che diventerà una delle sue più grandi amanti. Virginia rimane subito affascinata da quell’uomo.
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Negli ultimi anni la figura del più grande narcotrafficante mai esistito è sotto una continua analisi. Tra serie tv e varie pellicole di buon successo, Pablo Escobar continua ad essere “venerato” e raccontato sotto diversi aspetti della sua lunga carriera di boss colombiano. Nel caso de Escobar - Il fascino del male, la vicenda è raccontata sotto il punto di vista di una sua amante: Virginia Vallejo. A differenza di Escobar - Paradise lost, dove il malcapitato protagonista è l’amante della nipote; nel film di Aranoa la prescelta è una giornalista, appunto la Vallejo, che diventerà una delle sue più grandi amanti. Virginia rimane subito affascinata da quell’uomo. La sua imponenza, il suo carisma, il suo altruismo da benefattore creano attrazione. Ella però non sa ancora che questo si sta per trasformare in un viaggio infernale, dal quale sarà diffcile uscirne...viva.
Aranoa ci ritrae quindi una nuova ottica del “re della droga” e posso affermare che l’esito finale è positivo.
Per chi ha anche visto il film del 2014 potrà notare delle sostanziali differenze caratteriali: se il boss di Del Toro è stato raffigurato come un implacabile caligola del narcotraffico, imprendibile, organizzato e metodico; l’Escobar di Bardem assume un’aria meno raffinata, più umana e rozza, dipinta anche di forti tentazioni, ma anche di preoccupazioni. Nonostante in alcune sequenze si possa comunque notare il potere che aveva sulla Colombia e all’estero, in molte occasioni lo si raffigura come padre di famiglia, che per lui rappresenta tutto, e se provi a metterla in mezzo...è la fine. Tutto il resto viene dopo.
Javier Bardem è anch’esso ottimo nei panni del narcotrafficante, ed anche la Cruz ha saputo mantere sulle righe il suo ruolo da “amante Pablo, odiante Escobar”.
Il tutto naturalmente grazie ad una buona regia, montaggio, al buon realismo delle situazioni ma anche al comparto scenico, che ci regala alcune sequenze spettacolari.
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felicity
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venerdì 2 novembre 2018
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probabilmente il film più inutile di sempre
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Ancora Escobar.
Questa volta in un film davvero inutile in cui si sprecano due superstar hollywoodiane.
Girato come una telenovela, tutto è fintissimo come le parrucche di Bardem e Cruz. E soprattutto l'inguardabile pancia-fasulla di Bardem.
E anche i dialoghi sono da telenovela, una barzelletta.
Se vi affascina la storia del criminale Pablo Escobar, il punto di riferimento rimane la serie "Narcos".
Rispetto alla quale questo film copia male e riassume in peggio.
Se si cercava un altro punto di vista, si poteva davvero fare di meglio.
[+] inutile e brutto
(di enrica raviola)
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udiego
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martedì 24 aprile 2018
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il fascino perduto
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Approcciarsi ad un’opera del genere non è sicuramente tra le cose più semplici, soprattutto per due motivi: il primo è che riuscire a raccontare qualcosa di originale e nuovo su uno dei personaggi più narrati della storia del cinema e della letteratura in genere non è facile, il secondo è che creare un prodotto a distanza così ravvicinata dalla serie televisiva Narcos (tra le più amate dal pubblico degli ultimi tempi) rischia di porre di fronte allo spettatore un confronto che per ovvi motivi sarebbe schiacciante a favore della serie stessa.
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Approcciarsi ad un’opera del genere non è sicuramente tra le cose più semplici, soprattutto per due motivi: il primo è che riuscire a raccontare qualcosa di originale e nuovo su uno dei personaggi più narrati della storia del cinema e della letteratura in genere non è facile, il secondo è che creare un prodotto a distanza così ravvicinata dalla serie televisiva Narcos (tra le più amate dal pubblico degli ultimi tempi) rischia di porre di fronte allo spettatore un confronto che per ovvi motivi sarebbe schiacciante a favore della serie stessa.
Fernando Leòn de Aranoa, già regista dell’apprezzato “Perfect Day”, purtroppo cade nelle trappole sopra citate e con “Escobar – Il Fascino del Male” crea un prodotto piatto, senza particolari spunti e il cui giudizio subisce l’inevitabile confronto con l’amata serie tv. Apprezzabile il tentativo del regista spagnolo di approcciarsi al personaggio da un punto di vista diverso rispetto al solito: quello della giornalista Virginia Vallejo, che, dopo aver intuito l’imminente caduta del signore della droga, decide di rivelare i dettagli di ciò che vedeva ed in generale di quanto accadeva nella vita di Escobar nel periodo in cui i due erano amanti.
Purtroppo la sceneggiatura è strutturata in modo che il racconto si sviluppi quasi come fosse un mero documentario sulla vita di Pablo Escobar dagli anni della nascita del cartello di Medellin fino alla sua cattura ed alla morte sopra i tetti della sua città, attraversando un po’ tutte le fasi della sua ascesa e discesa, dall’ingresso in politica, agli anni di prigionia volontaria dentro il carcere da lui stesso costruito “La Cathedral”, passando per il periodo delle stragi e degli attentati fino alla latitanza ed alla definitiva resa. I fatti si susseguono però uno dietro l’altro, senza mai coinvolgere o far appassionare lo spettatore ai diversi personaggi.
“Escobar – Il fascino del male”, purtroppo, da l’impressione di essere l’ennesimo prodotto commerciale su un uomo di cui ormai si è detto tutto. La scelta del periodo di produzione è forse dettata dalla volontà di cavalcare l’onda del clamore che la serie televisiva ha regalato ad un personaggio che, in quanto a fascino e popolarità, aveva iniziato la fase calante del suo percorso.
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maramaldo
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sabato 28 aprile 2018
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la historia de un amor
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Amanti Latini. Tradizione vuole che non ce ne siano raccomandabili. Di solito, si tratta di creature immorali che in un'attrazione rovinosa s'incamminano in un percorso di delitto e di abiezione che porta inevitabilmente a qualche tragedia. Ma nel film c'è anche romanticismo. Vero, autentico. Non dei protagonisti ma degli stagionati colomboni che li impersonano. Un tempo lontano si videro, si piacquero, in pratica non si lasciarono più. Un'efebica e sgusciante Penelope Cruz svolazzava davanti agli occhi di un Javier Bardem, la faccia patibolare di sempre, che in agguato ostentava indifferenza ritagliandosi fette di pata negra.
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Amanti Latini. Tradizione vuole che non ce ne siano raccomandabili. Di solito, si tratta di creature immorali che in un'attrazione rovinosa s'incamminano in un percorso di delitto e di abiezione che porta inevitabilmente a qualche tragedia. Ma nel film c'è anche romanticismo. Vero, autentico. Non dei protagonisti ma degli stagionati colomboni che li impersonano. Un tempo lontano si videro, si piacquero, in pratica non si lasciarono più. Un'efebica e sgusciante Penelope Cruz svolazzava davanti agli occhi di un Javier Bardem, la faccia patibolare di sempre, che in agguato ostentava indifferenza ritagliandosi fette di pata negra. Jamòn Jamòn, il set del film di Bigas Luna. Prosciutto Prosciutto, trionfo, appunto, della carnalità. C'è ne ancora tanta nell'Escobar di Aranoa. Non c'è, invece, un pretesto decente per occuparsi ancora di questo più che frequentato mitico tagliagole, specie dopo il lavoro serio e severo di Andrea Di Stefano.
Avrà voluto dire Aranoa qualcosa in più, una verità che ci era sfuggita? Ad un certo punto ripropone lo sketch dei due Reagan che sconsigliano la droga. Tirata, sembra, di sana pianta da American Made (Barry Seal - Una storia americana). Come sembra che dal sedere di Tom Cruise abbia tratto ispirazione, non solo facendo scappare ignudo nella selva l'obeso Pablito, ma dallo sberleffo di quell'ostentazione utile per orientarci su certe responsabilità di un disastro umano prima ancor che sociale.
C'è anche la lezione che proviene dal libro, un resoconto di un vissuto sofferto: dopo anni goderecci e spendaccioni, in simbiosi col crimine, questa Vallejo se ne esce:" Ho amato Pablo, ho odiato Escobar". Dialettica sempre attuale. Di questa Virginia apprezziamo il fiuto politico, il discernimento nel capire dove e quando vuotare il sacco al fine di farla franca.
Pochezza di un film. Solo para aficionados. Soltanto perchè c'è lei, l'Encantadora.
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enzo70
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lunedì 14 settembre 2020
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escobar vissuto con gli occhi di una donna
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La vita del più grande narco trafficante della storia raccontata sulla base del rapporto con la giornalista colombiana, Virginia Vallejo, interpretata dalla bellissima Penelope Cruz. La trama è intrigante, appassionante, la cifra criminale fa il paio con il coraggio dell’uomo che ha proposto al suo governo l’amnistia in cambio dell’accollo del debito pubblico e che si è costituito dopo essersi costruito la prigione. Una guerra personale, quella tra Pablo Escobar, interpretato ottimamente da Javer Bardiem, e il Governo degli Stati Uniti, preoccupati sia della diffusione della cocaina all’interno del Paese sia dall’importante drenaggio di risorse statunitensi verso il cartello di Medellin.
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La vita del più grande narco trafficante della storia raccontata sulla base del rapporto con la giornalista colombiana, Virginia Vallejo, interpretata dalla bellissima Penelope Cruz. La trama è intrigante, appassionante, la cifra criminale fa il paio con il coraggio dell’uomo che ha proposto al suo governo l’amnistia in cambio dell’accollo del debito pubblico e che si è costituito dopo essersi costruito la prigione. Una guerra personale, quella tra Pablo Escobar, interpretato ottimamente da Javer Bardiem, e il Governo degli Stati Uniti, preoccupati sia della diffusione della cocaina all’interno del Paese sia dall’importante drenaggio di risorse statunitensi verso il cartello di Medellin. I limiti di Escobar sono evidenti quando cerca di entrare in politica, facendosi eleggere senatore sulla base di un facile consenso elettorale. E tutto questo raccontato con gli occhi di una bellissima giornalista che prima subisce il fascino di Pablo e poi capisce gli orrori della vita di Escobar. Un film ben diretto che rappresenta bene la vita di un uomo che, comunque, ha scritto una pagina di storia della Colombia contemporanea.
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eugen
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martedì 28 febbraio 2023
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loving pablo, hating escobar
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"Loving Pablo"(Fernando Leo'n de Aranoa, dal libro autrobiografico di Virginia Vallejo, giornalista realmente innamorata del boss, 2017)e'una biografia di Pablo Esbobar dall'angolo visuale di Virginia Vallejo, appunto, ossia di una star della TV colombiana(gionralista)che, intevistando Esboar, se ne era innamorata, distinguendo pero'l'uomo amante dal cinico narcotrafficante e omidica, er interposta persona. Deicsmanete, dunque, e volutamente, un punto di vista parziale sul criminale, dove e'la stessa Vallejo, che quando "non serve piu'"ai trastulli amorosi del boss(che ne aveva tanti altri, con ragazze minorenni etc.), viene miancciata finche'si decide a collaborare con la"giustizia", che , in realta', e'anch'essa molto parziale in Colombia in quelllepoca e che non diviene mai assolutamente "giustiza reale"in quanto da sempre pesantemente asservita agli USA e nella fattispeice alla DEA, teoricmanete rivolta contro il narcotraffico, in realta'sollo e dirigerlo verso mercati diversi da quello degli States.
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"Loving Pablo"(Fernando Leo'n de Aranoa, dal libro autrobiografico di Virginia Vallejo, giornalista realmente innamorata del boss, 2017)e'una biografia di Pablo Esbobar dall'angolo visuale di Virginia Vallejo, appunto, ossia di una star della TV colombiana(gionralista)che, intevistando Esboar, se ne era innamorata, distinguendo pero'l'uomo amante dal cinico narcotrafficante e omidica, er interposta persona. Deicsmanete, dunque, e volutamente, un punto di vista parziale sul criminale, dove e'la stessa Vallejo, che quando "non serve piu'"ai trastulli amorosi del boss(che ne aveva tanti altri, con ragazze minorenni etc.), viene miancciata finche'si decide a collaborare con la"giustizia", che , in realta', e'anch'essa molto parziale in Colombia in quelllepoca e che non diviene mai assolutamente "giustiza reale"in quanto da sempre pesantemente asservita agli USA e nella fattispeice alla DEA, teoricmanete rivolta contro il narcotraffico, in realta'sollo e dirigerlo verso mercati diversi da quello degli States. Javier Bardem e Penelope Cruz, "giocano"(e'il caso di dirlo, anche perche'in altre linmgue significa"recitano"da par loro, ma al serivizio di un'operazione comunque parziale ed eterodiretta: Deicamanente is poteva(mna forse non si voleva )fare di meglio, ma, tenendo conto, appunto, dell'angolo visuale, prendere o lasciare... Eugen
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loland10
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domenica 29 aprile 2018
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...(esco)bardem...
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“Escobar. Il fascino del male” (Loving Pablo, 2017) è l’ottavo lungometraggio del regista-sceneggiatore madrileno Fernando Leon de Aranoa.
A pochi anni dal film ‘Escobar: Paradise Lost’ di Andrea Di Stefano (del 2014 e distribuito in Italia a fine Agosto 2016 con incassi non certo eclatanti) ecco arrivare dopo poco tempo un'altra pellicola sul ‘fascino’ (nel sottotitolo in italiano con modifica di quello originale…come sempre senza un motivo) di Pablo Escobar e il suo impero ‘sporchissimo’ del narcotraffico in Bolivia.
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“Escobar. Il fascino del male” (Loving Pablo, 2017) è l’ottavo lungometraggio del regista-sceneggiatore madrileno Fernando Leon de Aranoa.
A pochi anni dal film ‘Escobar: Paradise Lost’ di Andrea Di Stefano (del 2014 e distribuito in Italia a fine Agosto 2016 con incassi non certo eclatanti) ecco arrivare dopo poco tempo un'altra pellicola sul ‘fascino’ (nel sottotitolo in italiano con modifica di quello originale…come sempre senza un motivo) di Pablo Escobar e il suo impero ‘sporchissimo’ del narcotraffico in Bolivia.
Medellin (definita ‘città della eterna primavera’) è la fine-patria per Pablo Escobar e quello che il suo impero toccava: narcotrafficante di tutta l’America latina per Usa, Canada e l’Europa. Un personaggio che controllava tutto e un accumulo di ricchezza esorbitante. Nel film si parte dagli anni ottanta fino alla sua morte del 2 dicembre 1993. Il ‘cartello di Medellin’ aveva chiuso: tutto divenne nel breve un autunno e la fine.
Una biografia ad alto ritmo monocorde o meglio a basso vigore narrativo. Pablo per gli amici (molti) della sua cerchia non ama preamboli e liste di compiacenze ma va diritto ad ogni successo senza badare a guerriglie, fuoco, violenza e mercato oltre ogni dovuto. La cocaina, di cui è il re, deve essere ben spiegata e venduta immediatamente.
Basta bloccare il traffico di un'autostrada con un tir in diagonale per avere spazio libero e un atteggio di un aereo ....per depositare pacchi, molti pacchi, quintali e quintali di polvere bianca. E i faccendieri che divo smerciare e vendere caricano a più non posso.E sì che Pablo vuole fare carriera senza remore e senza sconti per nessuno, i nemici e gli amici che sanno troppo e i vicini che devono ubbidire. Guardie del corpo strette a lui fino alla fine e il suo ragazzo accanto.....fino alla morte : fa scappare prima lui, si fidava ma i colpi di proiettile colpiscono entrambi.
A Medellín in Colombia il boss è lui, fa mercato dappertutto, e anche Reagan e Nancy intervengono in tv (immagini di repertorio) con dichiarazioni contro la droga e per fermare il proliferare del narcotraffico. A tal proposito è uscito l'anno scorso un altra pellicola che parlava di traffico di droga tra America latina e Usa ('Seals. Una storia americana' dove alcune immagini, fotogrammi tv sembrano ricalcare e viceversa l'argomento...interessante il confronto di persone, date e posti di smercio: infatti il pilota di cui si parla arriva al ‘cartello di Medellin’).
Javier Bardemha la parvenza (oramai), o meglio dire la pasta corporea e di sguardo, del truce personaggio. Ultimamente l'attore riempie recitazione forti, oltre misura, scorrette che non guardano al gusto personale. Pellicole dove il tignoso, il faccendiere, il rompi schermo è quasi sempre lui. E si deve dire che fa poca fatica ad essere antipatico e in parte.
Sono finiti i tempi, o forse non ci sono mai stati, di parti edulcorate, accondiscendenti e semplici e poco g(t)esticolanti; il Pablo è l'eroe di tutti al contrario, vede gli altri soccombere, sottovivi, mortuari, pezzi di carne (letteralmente tagliarli per chi si permette di solo pensare per contraddirlo), peni mosci e donne usatissime. C'è solo la sua famiglia fino alla fine, la moglie che gli perdona tutto (chi sa se il potere o come si usa e per che cosa fa gola sempre e comunque alle lady di sempre) e la figlia che avrebbe voglia di un buon gelato (ma le sbarre si aprono fin troppi per paura fino però ai fucili puntati senza sconti e il 'nostro' mostre si ritira ai suoi pochi metri quadrati. La vita usata per avere tutto, droghe varie da vendere, denaro a fiumi, giornalisti consenzienti, voci corali, corpi protezione, vagine varie e nudità in un vortice del ‘meglio’. E quando Escobar scappa dalla sua 'prigione' di difesa (in un bosco impervio) mentre gli elicotteri avvistano tutto ed inizia il corpo a corpo di pallottole , la sua nudità fa tristezza e fa effetto di sgradevole misura di poco da dare. Solo un'arma per tenere il suo corpo. Fino all'ultimo senza sconti. E le sue palle di grandezza finiscono come le altre ammosciate.E la telefonata ultima è per la sua famiglia, i suoi figli e il suo ultimo destino da salvare comunque.
Un film sfatto, sconclusionato, senza minima verve, soporifera-mente posticcio, palloso e petulante nello stesso tono monocorde. Sfaccettature linearmente piene di fuoco e rughe, tutto al quadrato con umanità quasi azzerata dove la politica boliviana è fuori ma rimane dentro in ogni cosa. Il popolo degli stracci mai lavati in una Medellín amorfa, spenta, morta e castrata dai suoi significati pre-antichi e per niente viva sul futuro. Bardem ci mette tutto se stesso per rendersi antipatico e 'figlio di puttana' sembra (anzi è) il marchio di fabbrica di tutto il suo parlare: si dovrebbero contare quante volte dice la stessa cosa sempre.
E la giornalista Virginia Valleio (Penelope Cruz) passa dall'inchiesta al divorzio, dall’amante all’odio, dalla camera letto al livore per Pablo: in un attimo è già ‘sotto’ al nemico della legge, in più di un attimo è inseguita dalla paura. Tutto in fretta. Senza medaglie da onorare. Mi aiuti, noi vogliono ammazzare, mi telefonano, tra noi la storia è finita: incubo che pervade la sua vita di pura compiacenza fino al giorno prima e fino alla fine terrena di Escobar e della sua guardia del corpo. La sua voce di racconto (fuori campo) troneggia con un senso di fastidio.
Regia mirata e livida, mesta e di appannaggio.
Voto: 6-/10 (**½) (voto addolcito…per una sala di pochi in un vuoto completo…rischia di alzare bandiera bianca...).
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lucascialo
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domenica 22 aprile 2018
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escobar visto da una donna che lo ha amato
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Negli ultimi tempi, il cinema sembra aver scoperto la figura di Pablo Escobar, potentissimo narcotrafficante colombiano che tra la fine degli anni '70 ed inizio anni '90, mise a ferro e fuoco la Colombia. O, quanto meno, chi provò ad ostacolarlo. Se con Escobar del 2014, diretto da Andrea De Stefano, con il grande Benicio Del Toro, il criminale-benefattore veniva ritratto dalla prospettiva del nipote e si metteva in luce il suo aspetto ambiguo (violento con rivali e istituzioni, dolce e compassionevole nel privato), in questa pellicola ci viene ritratto con gli occhi innamorati e affascinati della presentatrice e giornalista Virginia Vallejo. Del quale libro biografico della sua esperienza con Escobar, il film trae spunto.
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Negli ultimi tempi, il cinema sembra aver scoperto la figura di Pablo Escobar, potentissimo narcotrafficante colombiano che tra la fine degli anni '70 ed inizio anni '90, mise a ferro e fuoco la Colombia. O, quanto meno, chi provò ad ostacolarlo. Se con Escobar del 2014, diretto da Andrea De Stefano, con il grande Benicio Del Toro, il criminale-benefattore veniva ritratto dalla prospettiva del nipote e si metteva in luce il suo aspetto ambiguo (violento con rivali e istituzioni, dolce e compassionevole nel privato), in questa pellicola ci viene ritratto con gli occhi innamorati e affascinati della presentatrice e giornalista Virginia Vallejo. Del quale libro biografico della sua esperienza con Escobar, il film trae spunto. Ossia, un Escobar passionale, forte, determinato, che otteneva sempre ciò che voleva. Affascinante per il potere che aveva raggiunto, a cui la Vallejo non seppe resistere. Arrivando perfino a ricoprire il ruolo di Senatore e ad uccidere il Ministro della giustizia che lo aveva pesantemente accusato in Parlamento. Facendo morire di crepacuore anche il Magistrato che lo indagava, regalandogli una bara. Ma Pablo Escobar era anche un padre affettuoso, un marito infedele ma rassicurante. Nonché un benefattore con la povera gente costretta a vivere in baracche tra rifiuti. Per loro stava facendo costruire molte abitazioni. Perchè la criminalità è come un fiore del male che sorge laddove si cova solo odio e rancore verso le istituzioni. Per la loro non curanza. Il film è riuscito, per l'ottima regia di de Aranoa. La cui filmografia era fino a questo film quasi interamente dedicata a raccontare la Spagna più nascosta e meno conosciuta. Del resto, è andato sul sicuro, affidandosi al camaleontico Javier Bardem nel ruolo di Escobar e a Penelope Cruz in quello di Virginia Vallejo. Ottima però anche la fotografia e il montaggio di alcune scene spettacolari, come l'autostrada bloccata per far atterrare l'aereo carico di coca e lo stanamento di Escobar nel suo nascondiglio. Tante altre poi le scene coinvolgenti, come il tentativo di omicidio di Virginia nella gioielleria. Il confronto tra Del Toro e Bardem scatta automatico, sebbene andrebbe come sempre evitato. Del Toro è stato bravo nel mostrarci un Escobar in formato boss temuto e rispettato, con la sua stazza fisica imponente e il suo sguardo penetrante. Un uomo rassicurante, sicuro di sé, tutto d'un pezzo. Già all'apice e verso la decadenza. Il Don Pablo di Bardem è più pittoresco, umano, con debolezze e tentazioni. Talvolta anche buffo e ridicolizzato, come la scena della fuga nudo tra le fitte piantagioni. Se vale la regola "non c'è due, senza tre" ci aspettiamo un film sulle origini di Escobar.
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deadman
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martedì 1 maggio 2018
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javier e penelope a hollywood
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povero escobar non la finiscono più di cannibalizzare la sua (corta) vita per dare in pasto al pubblico un po di sangue e violenza, nessuna introspezione del personaggio solo gigionismo dei due interpreti altamente sopra le righe, soprattutto la cruz, il tutto visto dall'angolazione americana sfacciatamente razzista nei confronti dei boliviani, siano essi spacciatori arricchiti pedofili o politici ultracorrotti, salvo poi sorvolare sul fatto che fu la CIA stessa ad assassinare il povero Pablo ormai fuori dal giro interferendo pesantemente col governo boliviano, cosa non nuova Nicaragua, Cile, Argentina la stessa Cuba ne faranno le spese.
[+] bisogna decidersi, dedmen
(di maramaldo)
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