wea
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domenica 4 febbraio 2024
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un film che non "corre"
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Cast importante, tanti soldi come da copione americano.
Un lasso di tempo troppo ristretto per poter rappresentare sia l’uomo che l’imprenditore; un format che ricorda Casa Gucci.
Non un film biografico ma la reinterpretazione di un uomo, che poco ha a che fare con il Ferrari reale ma che sembra più dire: noi pensiamo che lui fosse stato così, d’altronde questo film è stato ispirato da un libro, che ha sua volta è stato ispirato da un altro libro. Si reinterpreta la storia, non la si mette in atto.
Sceneggiatura debole, incentrata sui drammi familiari e che si perde in dettagli non importanti per la storia, quella vera, come ad esempio la lunga scena a teatro con Ferrari che danza con l’abito…
Lento, poco significativo, buona fotografia, cerca di scandalizzare o di impressionare con immagini truculente dopo una gara frammentaria e finisce improvvisamente, senza una vera fine.
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Cast importante, tanti soldi come da copione americano.
Un lasso di tempo troppo ristretto per poter rappresentare sia l’uomo che l’imprenditore; un format che ricorda Casa Gucci.
Non un film biografico ma la reinterpretazione di un uomo, che poco ha a che fare con il Ferrari reale ma che sembra più dire: noi pensiamo che lui fosse stato così, d’altronde questo film è stato ispirato da un libro, che ha sua volta è stato ispirato da un altro libro. Si reinterpreta la storia, non la si mette in atto.
Sceneggiatura debole, incentrata sui drammi familiari e che si perde in dettagli non importanti per la storia, quella vera, come ad esempio la lunga scena a teatro con Ferrari che danza con l’abito…
Lento, poco significativo, buona fotografia, cerca di scandalizzare o di impressionare con immagini truculente dopo una gara frammentaria e finisce improvvisamente, senza una vera fine.
Poche Ferrari, poca Ferrari.
Deludente.
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luigiluke
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venerdì 15 marzo 2024
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altra biopic, altra delusione
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Dispiace vedere Michael Mann, regista che si era guadagnato una solida credibilità con una bella serie di film tra la fine dei '90 ed il nuovo millennio (Heat e Insider, su tutti) accusare un declino così vistoso. Soprattutto in termini di sceneggiatura: non sua, d'accordo, ma quando sei un regista di rilievo devi comunque saper gestire anche script non di eccelso livello.
E non si dica che l'occasione che gli era stata offerta, 8 anni dopo il flop a tutti i livelli di Blackhat, non fosse quella giusta per riprendersi la scena.
Automobili da corsa, Ferrari, piloti che sono entrati (anche loro malgrado) nella leggenda dello sport, ma soprattutto il biennio orribile della Casa di Maranello.
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Dispiace vedere Michael Mann, regista che si era guadagnato una solida credibilità con una bella serie di film tra la fine dei '90 ed il nuovo millennio (Heat e Insider, su tutti) accusare un declino così vistoso. Soprattutto in termini di sceneggiatura: non sua, d'accordo, ma quando sei un regista di rilievo devi comunque saper gestire anche script non di eccelso livello.
E non si dica che l'occasione che gli era stata offerta, 8 anni dopo il flop a tutti i livelli di Blackhat, non fosse quella giusta per riprendersi la scena.
Automobili da corsa, Ferrari, piloti che sono entrati (anche loro malgrado) nella leggenda dello sport, ma soprattutto il biennio orribile della Casa di Maranello. Quello in cui persero la vita in 5 (anche se Hawthorn su una Jaguar) oltre alle vittime di Guidizzolo.
Un argomento già trattato in uno splendido ed appassionante docufilm del 2017 (Ferrari: un mito immortale, di Daryl Goodrich) dal quale emergeva un'immagine dell'uomo Enzo Ferrari non proprio commendevole. E forse per questo il film, oltre che occuparsi solo del primo di quei due anni, il 1957, vira verso una descrizione dell'uomo Ferrari che in qualche modo ne rivaluti l'anima e giustifichi certi suoi atteggiamenti e scelte.
Lasciando l'automobilismo quasi in secondo piano, e ci sta; ma finendo nello sforzo dell'agiografia per rendere la storia, crudamente drammatica per ambiente e personaggi di quel tempo, una specie di feuilleton sentimentale.
Fallendo però sotto molti punti di vista. Con Adam Driver che offre un'interpretazione del Drake più monocorde che coinvolgente, nel tentativo quasi impossibile di conferire empatia ad un Ferrari che però deve al tempo stesso apparire come una persona impassibile di fronte a qualsiasi sventura capiti alle persone che gravitano intorno alle sue ambizioni.
Con la Cruz a suo agio nel ruolo della moglie Laura, ma solo perché nel dipingerla quasi come la villain della storia può dare sfogo a quel suo modo di recitare quasi isterico che spesso gli vediamo fare dai tempi di Blow.
Lo stesso De Portago, il "Marchese al volante" così definito dal NYT prima che morisse, viene rappresentato in modo del tutto insignificante, con un minutaggio giustificato solo dal fatto che in qualche modo è protagonista dell'episodio culminante del film.
Che in fondo è l'unico motivo (insieme alla ricostruzione filmata dell'incidente di Castellotti) che lo rende in qualche modo attraente. Trattandosi per il resto dell'ennesima biopic che consuma due ore senza sussulti, con un approccio quasi televisivo per fotografia e montaggio ed una lentezza esasperante del suo incedere verso un finale in cui persino la Cruz si associa al marasma dei buoni sentimenti che devono comunque emergere dalla storia. Come ormai sembra dover essere così per forza, nel cinema made in USA.
E pazienza se la storia, quella vera, è tutt'altro.
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giovanni.massaro.64
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sabato 16 marzo 2024
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e'' lo stesso mann che ha prodotto "le mans ''66"?
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E' lo stesso Mann che ha prodotto "Le Mans '66"? Bale è Damon mi avevano emozionato per umanità, tensione e credibilità nella recitazione.
"Ferrari" è una vera americanata ma brutta. Se fossi stato in sala sarei uscito. Si può raccontare il carattere complesso e contrastato di un uomo senza infangarne la memoria. 10 anni per fare un film mediocre.
Avrei evitato le scene da macelleria ,per rappresentare il famoso incidente sulla statale, tipiche di un film di Tarantino.
Circa Pelelope cruz (è la stessa di "non ti muovere"?) è stata annullata la sua braura in un ruolo discutibile, lo stesso vale per Adam Drivers che l'unica congruenza con il leitmotiv del film è il cognome.
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E' lo stesso Mann che ha prodotto "Le Mans '66"? Bale è Damon mi avevano emozionato per umanità, tensione e credibilità nella recitazione.
"Ferrari" è una vera americanata ma brutta. Se fossi stato in sala sarei uscito. Si può raccontare il carattere complesso e contrastato di un uomo senza infangarne la memoria. 10 anni per fare un film mediocre.
Avrei evitato le scene da macelleria ,per rappresentare il famoso incidente sulla statale, tipiche di un film di Tarantino.
Circa Pelelope cruz (è la stessa di "non ti muovere"?) è stata annullata la sua braura in un ruolo discutibile, lo stesso vale per Adam Drivers che l'unica congruenza con il leitmotiv del film è il cognome. Tralaltro Enzo Ferrari non parlava nemmeno inglese e quindi la scelta di un attore di stampo americano è sbagliatissima.
Favino ha ragione, mentre ci sono grandi attori come lui che si calano in film oltreoceano con uno standing invidiabile non si può dire lo stesso del contrario.
Michael Mann rimane un grande regista, probabilmente aveva un sogno nel cassetto che avrebbe potuto fare la differenza ma il risultato è deludente.
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gsilecchia
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lunedì 29 aprile 2024
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un trionfo di delusioni
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Sono rari i momenti in cui un'opera cinematografica riesce a deludere così profondamente, a tradire così spietatamente le aspettative e a scivolare nell'abisso della mediocrità. "Ferrari", il tanto atteso progetto di Michael Mann, si erge come un monumento alla mancanza di sensibilità, alla superficialità e alla mancanza di comprensione della cultura italiana.
Il regista, acclamato come uno dei grandi della storia del cinema, si è rivelato completamente incapace di catturare l'essenza di una storia così intrinsecamente italiana. La sceneggiatura è una serie di colpi mancati, incapace di inquadrare adeguatamente i personaggi e di immergersi nella ricca e complessa cultura italiana.
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Sono rari i momenti in cui un'opera cinematografica riesce a deludere così profondamente, a tradire così spietatamente le aspettative e a scivolare nell'abisso della mediocrità. "Ferrari", il tanto atteso progetto di Michael Mann, si erge come un monumento alla mancanza di sensibilità, alla superficialità e alla mancanza di comprensione della cultura italiana.
Il regista, acclamato come uno dei grandi della storia del cinema, si è rivelato completamente incapace di catturare l'essenza di una storia così intrinsecamente italiana. La sceneggiatura è una serie di colpi mancati, incapace di inquadrare adeguatamente i personaggi e di immergersi nella ricca e complessa cultura italiana.
Invece di abbracciare l'anima della storia, Mann opta per un approccio informativo ed espositivo, privo di qualsiasi forma di empatia o coinvolgimento emotivo. I personaggi sono ridotti a meri stereotipi, privi di profondità e autenticità, mentre la trama si perde in un labirinto di banalità e nozioni superficiali.
Ciò che emerge è un ritratto distorto e irriconoscibile di Enzo Ferrari e del suo mondo. Le dinamiche familiari sono ridotte a cliché melodrammatici, privi di qualsiasi autenticità o significato. Mann sembra incapace di penetrare oltre la superficie, di cogliere la complessità e la ricchezza della storia che si proponeva di raccontare.
Inoltre, la mancanza di attenzione ai dettagli è evidente in ogni aspetto del film. Dalla scenografia alla fotografia, tutto sembra privo di vita e di ispirazione. Persino le celebri auto Ferrari sono trascurate, ridotte a semplici comparse in una narrazione priva di passione o autenticità.
Il risultato è un film che manca completamente il bersaglio, che si perde in un mare di banalità e superficialità. "Ferrari" è un'opera che si erge come un monumento alla mancanza di talento e alla mancanza di comprensione della cultura italiana, un fallimento totale che non merita neanche di essere ricordato.
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carlov67
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giovedì 7 marzo 2024
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maranello, california.
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Americanata di grana grossa. Opera distopica che pretende di spacciare per Enzo Ferrari, l'uomo, l'imprenditore, lo sportivo profondamente italiano ed emiliano, nato e cresciuto nella terra dei motori e di lasagne e lambrusco, come venisse dalla California o giù di lì. E sì che che nelle interviste si legge che gli sceneggiatori si sono avvalsi delle consulenze di testimoni diretti dell'epoca. Tipo la figlia di Taruffi e dello stesso Piero Ferrari. Si vede che ci hanno capito poco. Adam Driver gesticoladi continuo come un predicatore protestante nelle tv commerciali alle due di notte, con quelle mani nodose che verrebbe da prenderle a bacchettate come facevano ai miei tempi le suore all'asilo ai bimbi discoli.
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Americanata di grana grossa. Opera distopica che pretende di spacciare per Enzo Ferrari, l'uomo, l'imprenditore, lo sportivo profondamente italiano ed emiliano, nato e cresciuto nella terra dei motori e di lasagne e lambrusco, come venisse dalla California o giù di lì. E sì che che nelle interviste si legge che gli sceneggiatori si sono avvalsi delle consulenze di testimoni diretti dell'epoca. Tipo la figlia di Taruffi e dello stesso Piero Ferrari. Si vede che ci hanno capito poco. Adam Driver gesticoladi continuo come un predicatore protestante nelle tv commerciali alle due di notte, con quelle mani nodose che verrebbe da prenderle a bacchettate come facevano ai miei tempi le suore all'asilo ai bimbi discoli. Si cade nel ridicolo quando, nella scena in cui si vede Ferrari chiedere all'infelice pilota de Portago, in procinto di partire nella tappa che lo porterà alla morte, un autografo per il piccolo Piero, lo fa scandendone il nome con il tipico spelling anglosassone: P - I - E- R - O. Un elemento che mi fa sospettare il ricorso all'intelligenza artificiale. Oppure gli americani pensano che pure noi siamo privi nella nostra lingua di regole fonetiche che ci permettano di sapere come si scrivono le parole. Forse per lesinare l'impiego di sceneggiatori. Chissà. Dove non si è lesinato affatto è nell'utilizzo del rendering 3d nelle scene di corsa. L'unico elemento divertente da vedere che stempera la noia e la pesantezza costante di tutto il film, tale da renderne la visione mortificante. L'atmosfera di famiglia, tra la vecchia mamma e la prima moglie impersonata da Penelope Cruz, sembra mutuata da Beautiful. Quindi un'americanata anche qui. Tediosa, qua e là ridicola. Ai titoli di coda sono uscito dal cinema con un sospiro di sollievo. A quanto pare il film è piaciuto molto alle riviste del settore automobilistico. Forse galvanizzati dalle scene di corsa. E dire che da quelle parti Enzo Ferrari lo hanno conosciuto in tanti per davvero e qualcuno ancora se lo ricorda...
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enzo70
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domenica 24 dicembre 2023
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grande omaggio alla memoria di un grande uomo
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Enzo Ferrari è il simbolo dell’Italia che corre, del genio e dell’inventiva del nostro Paese, un uomo che ha vissuto sognando di costruire macchine che tutti avrebbero sognato di guidare. Michael Mann propone un bel film in cui racconta una breve parte della vita del grande vecchio, quando ancora vecchio non era e quando rischiava che il suo sogno si scontrasse con la realtà del mercato. Ferrari costruiva macchine per correre, per vincere, e finanziava l’attività sportiva con la vendita delle sue macchine. Era un imprenditore inusuale, il profitto come strumento per raggiungere la gloria e non come fine. E nel 1957 la Ferrari era sull’orlo della bancarotta, le vendite delle macchine non bastavano a reggere i conti dell’azienda e l’unico modo per uscire dal baratro era vincere la Mille miglia.
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Enzo Ferrari è il simbolo dell’Italia che corre, del genio e dell’inventiva del nostro Paese, un uomo che ha vissuto sognando di costruire macchine che tutti avrebbero sognato di guidare. Michael Mann propone un bel film in cui racconta una breve parte della vita del grande vecchio, quando ancora vecchio non era e quando rischiava che il suo sogno si scontrasse con la realtà del mercato. Ferrari costruiva macchine per correre, per vincere, e finanziava l’attività sportiva con la vendita delle sue macchine. Era un imprenditore inusuale, il profitto come strumento per raggiungere la gloria e non come fine. E nel 1957 la Ferrari era sull’orlo della bancarotta, le vendite delle macchine non bastavano a reggere i conti dell’azienda e l’unico modo per uscire dal baratro era vincere la Mille miglia. Ma Ferrari era anche un uomo distrutto dalla morte del figlio Dino e in crisi con Laura, la moglie proprietaria del cinquanta per cento delle quote azionarie. E Ferrari aveva anche un figlio, Piero, nato dalla relazione clandestina con Lina. La situazione non era certo semplice, ma Ferrari non era un uomo comune. E per il resto consiglio di andare a vedere questo bel film al cinema anche per apprezzare l’ottima interpretazione di Adam Driver e di Penelope Cruz.
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felicity
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martedì 5 marzo 2024
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un film gigantesco sulla caduta degli dei
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Ferrari mette la vita dell’imprenditore modenese allo specchio. La forza incredibile del film è proprio la capacità di oltrepassare quel corpo, di far sentire il suo mondo non solo attraverso il suo ambiente (le famiglie, la fabbrica) e di rendere familiare la sua casa, ma soprattutto con i rumori dei motori che è un suono ricorrente e dove, istintivamente, si potrebbe avvertire la differenza tra quello della Maserati e quello della Ferrari.
Ferrari ricostruisce gli incidenti in pista durante le prove e soprattutto la tragedia di Guidizzolo durante le Mille Miglie con una maniacalità impressionante che è quella che ha sempre caratterizzato il cinema di Michael Mann.
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Ferrari mette la vita dell’imprenditore modenese allo specchio. La forza incredibile del film è proprio la capacità di oltrepassare quel corpo, di far sentire il suo mondo non solo attraverso il suo ambiente (le famiglie, la fabbrica) e di rendere familiare la sua casa, ma soprattutto con i rumori dei motori che è un suono ricorrente e dove, istintivamente, si potrebbe avvertire la differenza tra quello della Maserati e quello della Ferrari.
Ferrari ricostruisce gli incidenti in pista durante le prove e soprattutto la tragedia di Guidizzolo durante le Mille Miglie con una maniacalità impressionante che è quella che ha sempre caratterizzato il cinema di Michael Mann.
Ferrari è un film sulla ‘caduta degli Dei’, l’Enzo Ferrari disegnato dalla mostruosa bravura di Adam Driver si muove sempre sul filo sospeso tra il Paradiso e l’Inferno, il successo e il baratro. E l’anno in cui è ambientato, il 1957, è stato uno dei periodi più bui della sua vita e deve continuamente fronteggiare gli attacchi della stampa che, tra i vari appellativi, lo hanno soprannominato anche ‘creatore di vedove’.
Ferrari finisce non solo nel momento giusto, ma nell’inquadratura giusta.
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imperior max
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lunedì 18 dicembre 2023
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enzo e la ferrari all'apice della loro tragicità.
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Un bel sabato sera, grazie ad un grande Michael Mann e il suo FERRARI.
Polemiche sterili di Favino a parte, ci leviamo dalle palle i difetti. I primi minuti fanno fatica a prendere ritmo con situazioni iniziali un attimo non del tutto chiare, almeno dal punto di vista del montaggio, finiti i quali scatta che è una meraviglia. In più la maggior parte dei personaggi parlano un italiano troppo perfetto, neanche uno straccio di accento modenese, emiliano, romano o spagnolo, ma questo è più dovuto dal doppiaggio, dopo non so’ se la cosa è retroattiva in lingua originale. Per fortuna l’avvocato Agnelli ha mantenuto la sua fantomatica erre moscia.
Il resto è lodevole, praticamente un capolavoro.
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Un bel sabato sera, grazie ad un grande Michael Mann e il suo FERRARI.
Polemiche sterili di Favino a parte, ci leviamo dalle palle i difetti. I primi minuti fanno fatica a prendere ritmo con situazioni iniziali un attimo non del tutto chiare, almeno dal punto di vista del montaggio, finiti i quali scatta che è una meraviglia. In più la maggior parte dei personaggi parlano un italiano troppo perfetto, neanche uno straccio di accento modenese, emiliano, romano o spagnolo, ma questo è più dovuto dal doppiaggio, dopo non so’ se la cosa è retroattiva in lingua originale. Per fortuna l’avvocato Agnelli ha mantenuto la sua fantomatica erre moscia.
Il resto è lodevole, praticamente un capolavoro. La storia narra principalmente di crisi, esistenziale per Enzo Ferrari ed economica per la sua azienda automobilistica nel loro anno peggiore in assoluto che è il 1957. Lui che è ancora in lutto e segnato per la morte di suo figlio Dino, sua moglie Laura sempre più distaccata da lui sia per il lutto che per i sospetti di tradimento che appunto peggioreranno in litigi e discordie quando salteranno fuori la sua amante Lina e il figlio Piero, ancora illegittimo. Come se non bastasse lavorano entrambi faticosamente per evitare la bancarotta della Ferrari, tra spese, rischi di acquisizioni estere e preparazioni tecnico-logistiche per la gara delle Millemiglia da vincere categoricamente, fino ad un tragico risvolto.
In ambedue le parti si avverte molta crudezza. Un Enzo Ferrari cinico, fermo, risoluto nelle decisioni, leader da caposquadra talvolta ironico quando sta’ al lavoro, è combattuto, si costruisce dei muri emotivi ed è in bilico tra Lina che vuol far riconoscere Piero e la moglie Laura, di carattere, precisa nei conti, nell’amministrare, forte e decisa e che pretende onestà, condizioni e chiarezza, soprattutto verso Enzo.
Le corse in auto neanche a discuterne, rumorosissime, tesissime e adrenaliniche a tal punto che da un secondo all’altro al minimo sgarro può succedere di tutto. Se pensiamo al film Rush dove negli anni ’70 partecipare alla Formula 1 significava morire per un 20% di probabilità, figuriamoci vent’anni prima! Senza contare che all’epoca i soli sistemi di sicurezza erano le balle di fieno a delimitare il percorso e le lettere ai familiari scritte dai piloti prima di una gara. Infine la sequenza di Guidizzolo sarà praticamente impossibile rimuoverla dalla memoria, così come il finale un po’ da quiete dopo la tempesta e un po’ rincuorante.
La regia è ottima, pulita, si prende i suoi tempi nei primi piani degli attori ed è attaccato ben bene ai piloti durante le corse, senza contare le scene in auto molto cristalline. Il montaggio riesce a mantenere un buon ritmo andando sempre più avanti. Buona la ricostruzione storica, i panorami italiani e le automobili. Adam Driver in parte e abbastanza somigliante nel trucco, Penelope Cruz bravissima.
Per quanto mi riguarda è secondo solo a Killers of the Flower Moon e spanne sopra a Oppenheimer in quanto dura il giusto, non è pesante inutilmente e i personaggi non hanno percorsi emotivi tranciati, ma anzi diventano parte integrante del racconto.
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