maumauroma
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sabato 16 settembre 2017
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il colore nascosto delle cose
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I suoi primi quaranta anni Matteo, Teo per gli amici, li ha vissuti in modo piuttosto superficiale, senza mai porsi particolari problematiche esistenziali. Lavora come pubblicitario, ha sempre trascurato i propri parenti e ha un debole per le donne. Si, e' vero, ha una fidanzata ufficiale, ma Teo e' irrimediabilmente attratto dal gentil sesso, gli piace collezionare ragazze per il solo gusto di una effimera conquista, senza preoccuparsi di approfondire il rapporto, come un moderno farfallone amoroso che predilige volare di fiore in fiore per succhiarne il nettare, come un dongiovanni 2.0 che magari illustra con una foto da mostrare ai colleghi di lavoro l'ultima " preda " che e' riuscito a " timbrare", arricchendo il tal modo il suo catalogo di madamine.
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I suoi primi quaranta anni Matteo, Teo per gli amici, li ha vissuti in modo piuttosto superficiale, senza mai porsi particolari problematiche esistenziali. Lavora come pubblicitario, ha sempre trascurato i propri parenti e ha un debole per le donne. Si, e' vero, ha una fidanzata ufficiale, ma Teo e' irrimediabilmente attratto dal gentil sesso, gli piace collezionare ragazze per il solo gusto di una effimera conquista, senza preoccuparsi di approfondire il rapporto, come un moderno farfallone amoroso che predilige volare di fiore in fiore per succhiarne il nettare, come un dongiovanni 2.0 che magari illustra con una foto da mostrare ai colleghi di lavoro l'ultima " preda " che e' riuscito a " timbrare", arricchendo il tal modo il suo catalogo di madamine. Per di piu', da abile creativo come il suo lavoro gli impone e' bravissimo a crearsi alibi o giustificazioni all' istante per salvare la faccia da situazioni imbarazzanti o compromettenti. Ma, che strano il destino, sara' proprio durante una delle sue usuali " battute di caccia" che Teo incontrera' la persona che gli fara' cambiare non solo il modo di approcciarsi alle donne ma forse anche quello di affrontare la vita. Emma, osteopata, non vedente, cosi' fragile, cosi' bisognosa di aiuto anche per le piu' semplici necessita' quotidiane, eppure cosi' forte e determinata ad affrontare la sua disabilita', riuscira'a cambiare il cinico rapporto con il prossimo che con gli anni ha prosciugato l'anima di Teo . Emma non vede con gli occhi, ma il suo cuore e' pieno di colori, di positivita' che riesce a trasmettere a Teo, che forse per la prima volta imparera' ad assaporare il sapore dell' amore.
Come sempre, anche in questo suo ultimo lavoro, Soldini si dimostra regista attento e preciso, straordinariamente sensibile. La dificile tematica della disabilita', in questo caso la cecita', viene affrontato con delicatezza, rispetto e un tutto sommato giusto pizzico di ironia, senza fortunatamente mai scivolare nel dramma o, peggio, nel macchiettistico. Bravi tutti gli attori. In particolare spicca la prova di Valeria Golino, perfetta nella rappresentazione dei gesti e della psicologia di chi e' privo del bene della vista.
Una critica pero' va fatta a questo film. Un tempo si sponsorizzavano marche di liquori o di sigarette in maniera rapida e quasi inavvertita, tanto da chiamarla pubblicita' occulta. In questo film la reclame di una casa automobilistica entra addirittura nella sua sceneggiatura. Speriamo non diventi una abitudine
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maurizio.meres
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lunedì 11 settembre 2017
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film sensibile e soprattutto vero
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Con una grande sensibilità il regista inquadra perfettamente lo stato d'animo di una non vedente,libera spigliata ma inesorabilmente consapevole delle barriere che si contrappongono nella socialità della vita .
Emma così si chiama non pretende nulla,vuole solo essere se stessa in un ambiente umano ancora retrogrado e consapevolmente incapace di comprende chi nella vita viene considerato un diverso.
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Con una grande sensibilità il regista inquadra perfettamente lo stato d'animo di una non vedente,libera spigliata ma inesorabilmente consapevole delle barriere che si contrappongono nella socialità della vita .
Emma così si chiama non pretende nulla,vuole solo essere se stessa in un ambiente umano ancora retrogrado e consapevolmente incapace di comprende chi nella vita viene considerato un diverso.
Ma un sentimento chiamato amore non conosce le diversità della vita,entra nel più profondo di ogni persona si trasforma in passione,desiderio,e quello vero non conosce ostacoli di nessun genere,il contatto diventa la vera essenza dell'uno verso l'altro.
Film molto intenso con alcune pause volute per dare un attimo di riflessione al publico,
Il rapporto tra Teo ed Emma diventa pian piano conflittuale,la sceneggiatura del film si basa proprio in una serie di situazioni fatte di sopportazioni,di routine di una vita quella di Teo dove le abitudini ormai statiche e senza sentimento lo portano ad un ritorno di ciò che è stato,o di quello che voleva essere.
Ottima recitazione della Golino,si vede che prima di girare il film abbia voluto conoscere in tutti i sensi le problematiche dei non vedenti,più che positiva la prova di Giannini,cosi come tutti gli altri in particolare modo,Laura Adriani che interpreta una ragazza giovanissima anch'essa non vedente la quale rifiuta qualsiasi aiuto,ma diventa l'artefice nel finale del film,di un qualcosa di meraviglioso,il coraggio di essere se stessa.
Film da vedere senza paraocchi.
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mughetto
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venerdì 22 settembre 2017
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il colore sbiadito delle cose
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Il film di Soldini piace e piacerà perché scorre senza traumi, fluido e piacevole, equilibrato e tenero. Qua e là ti strapperà qualche risata, perché le due amiche ipovedenti sono donne intelligenti e autoironiche e riescono con la loro empatia a consentire a Teo di affacciarsi al loro mondo. La disabilità è vissuta dalle tre donne che ne sono affette in modi diversi: scanzonata e allegra quella dell'amica veneta, introversa e ribelle quella dell'allieva di Emma, intensa e a tratti gioiosa quella di Emma. Emma vive in un mondo ricco e intenso, pieno di suoni, percezioni tattili, profumi e vive con intensità e coinvolgimento tutto quello che le sta attorno.
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Il film di Soldini piace e piacerà perché scorre senza traumi, fluido e piacevole, equilibrato e tenero. Qua e là ti strapperà qualche risata, perché le due amiche ipovedenti sono donne intelligenti e autoironiche e riescono con la loro empatia a consentire a Teo di affacciarsi al loro mondo. La disabilità è vissuta dalle tre donne che ne sono affette in modi diversi: scanzonata e allegra quella dell'amica veneta, introversa e ribelle quella dell'allieva di Emma, intensa e a tratti gioiosa quella di Emma. Emma vive in un mondo ricco e intenso, pieno di suoni, percezioni tattili, profumi e vive con intensità e coinvolgimento tutto quello che le sta attorno. Il finale è simpatico e ingegnoso, e chiude il cerchio. Si ritorna al punto in cui si erano incontrati i due protagonisti, con una consapevolezza nuova. Quello che non convince però è proprio l'assioma su cui il film si basa, che è trito e banale: il mondo dei mormodotati che è confuso e insensibile, privo di luce, il mondo degli ipovedenti che è molto più ricco e pieno di luce. Questo punto di vista accompagna in modo un po' didascalico lo spettatore dall'inizio alla fine.
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carlosantoni
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domenica 17 settembre 2017
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l'amore cieco al tempo del digitale
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Lo dico subito, così metto le cose in chiaro: questo film non è male, ma neanche vale più di tanto. Se regge il merito va tutto alla bravura di Adriano Giannini e soprattutto della straordinariamente brava Valeria Golino. Per il resto, direi che la cecità è sì giocata come un handycapp (lo è eccome!) nel rapporto amoroso fra i due, ma non incide in maniera determinante, non più della capacità di lui di mentire, tant'è che alla storia non manca un abbastanza casuale e soprattutto banale happy end.
Verso la metà del film mi sono venute in mente un paio di riflessioni, in fondo l'una conseguenza dell'altra.
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Lo dico subito, così metto le cose in chiaro: questo film non è male, ma neanche vale più di tanto. Se regge il merito va tutto alla bravura di Adriano Giannini e soprattutto della straordinariamente brava Valeria Golino. Per il resto, direi che la cecità è sì giocata come un handycapp (lo è eccome!) nel rapporto amoroso fra i due, ma non incide in maniera determinante, non più della capacità di lui di mentire, tant'è che alla storia non manca un abbastanza casuale e soprattutto banale happy end.
Verso la metà del film mi sono venute in mente un paio di riflessioni, in fondo l'una conseguenza dell'altra. La prima è che Teo, il ruolo che svolge non solo nella storia stretta stretta, ma nella società attraverso il suo lavoro di "creativo", al netto del progresso invadente della tecnologia digitale ora imperante (il suo smartphone che squilla continuamente, i robot domotici...), allora assai ridotta, mi ricorda da vicino gl'insopportabili yuppies degli anni '80: il modo apparentemente (apparentemente) casual di vestire, l'appartamento luminoso e vagamente zen, l'interesse per i vini, le sciarpine al collo, soprattutto la totale assenza del conteso sociale. Non ne faccio una colpa al bravo Adriano Giannini, ne faccio una colpa a Silvio Soldini: il suo film finisce per essere l'ennesima riproposizione di una storia privata, molto privata, con nessuna novità di rilievo, se non meramente formale (la protagonista cieca: ma a ben "vedere" nella storia del cinema ce ne sono state altre), non strutturale. Non si va affatto in fondo alle cose: resta la storia da fotoromanzo fra un tipo che cerca di cavarsela raccontando balle continuamente (è un creativo...) e una tipa in gamba e sfortunata costretta a subire le offese della vita e soprattutto dei creativi.
la seconda cosa che mi è venuta in mente è che questo film mi ricorda "Nove settimane e 1/2" di Lyne, non saprei dire perché, ma una ragione deve pur esserci. Ma in quel film del 1986, almeno, la colonna sonora era di tutto rispetto, e non c'era un happy end...
Insomma, come avrebbe detto Andrea Pazienza, una "sturiellett". Niente di più.
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ritacirrincione
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giovedì 8 novembre 2018
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la cecità come condizione per vedere
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Il film inizia con Emma e Teo che escono da un ambiente buio e ovattato dopo un percorso sensoriale fatto di suoni, odori, percezioni tattili come nel Teatro de Los Sentidos di Vargas. Ma la bella e sensuale Emma che ha appena condotto l’attività, non torna alla luce: è una giovane donna cieca che lavora come osteopata e conduce una vita piena di interessi muovendosi risoluta e curiosa al ticchettio del suo bastone. Teo, un creativo che lavora nel mondo della pubblicità, irresponsabile e immaturo nelle relazioni con familiari, fidanzata e amante, incomincia a corteggiarla, un po’ per curiosità, un po’ per scommessa. La storia tra i due si evolverà costringendo Teo a crescere e a maturare scelte difficili.
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Il film inizia con Emma e Teo che escono da un ambiente buio e ovattato dopo un percorso sensoriale fatto di suoni, odori, percezioni tattili come nel Teatro de Los Sentidos di Vargas. Ma la bella e sensuale Emma che ha appena condotto l’attività, non torna alla luce: è una giovane donna cieca che lavora come osteopata e conduce una vita piena di interessi muovendosi risoluta e curiosa al ticchettio del suo bastone. Teo, un creativo che lavora nel mondo della pubblicità, irresponsabile e immaturo nelle relazioni con familiari, fidanzata e amante, incomincia a corteggiarla, un po’ per curiosità, un po’ per scommessa. La storia tra i due si evolverà costringendo Teo a crescere e a maturare scelte difficili. Se l’intento di Soldini è di raccontare la disabilità fuori dai cliché, forse cade in uno stereotipo alla rovescia dove il limite diventa risorsa: Emma è vitale, spiritosa, leggera; la fidanzata - vedente e normalmente carina - è noiosa e soffocante. La cecità come condizione per vedere.
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stefano capasso
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mercoledì 6 marzo 2019
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eterni immaturi
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Teo è un creativo pubblicitario quarantenne, è fidanzato con Greta e si concede diverse avventure con altre donne. Viene da una storia famigliare difficile e forse per questo fatica ad impegnarsi nelle relazioni e mantiene un profilo superficiale nelle cose della vita. Quando incontra Emma, osteopata non vedente, si trova ad affrontare situazioni nuove che lo mettono alla prova e che richiedono un diverso tipo di impegno.
Soldini affronta un tema che ha già affrontato in film precedenti e che ormai è divenuto uno stereotipo di un certo cinema italiano degli ultimi anni: le relazioni, in particolare l’uomo, vissute in modo immaturo, mosse dalle passioni più che da sentimenti profondi.
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Teo è un creativo pubblicitario quarantenne, è fidanzato con Greta e si concede diverse avventure con altre donne. Viene da una storia famigliare difficile e forse per questo fatica ad impegnarsi nelle relazioni e mantiene un profilo superficiale nelle cose della vita. Quando incontra Emma, osteopata non vedente, si trova ad affrontare situazioni nuove che lo mettono alla prova e che richiedono un diverso tipo di impegno.
Soldini affronta un tema che ha già affrontato in film precedenti e che ormai è divenuto uno stereotipo di un certo cinema italiano degli ultimi anni: le relazioni, in particolare l’uomo, vissute in modo immaturo, mosse dalle passioni più che da sentimenti profondi. La difficoltà del protagonista di vivere in modo adulto il rapporto di coppia si risolve miracolosamente grazie ad un nuovo incontro, che dovrebbe, teoricamente spingerlo ad un passo evolutivo. Da quello che vediamo però non si capisce come questo percorso diventi possibile visto quanto poco sono strutturati i personaggi, che vivono da eterni immaturi. Non che non esistano storie e persone simili, anzi, ma questo personaggio che Soldini prolunga nel tempo meriterebbe finalmente un’evoluzione diversa.
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mariaelena
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mercoledì 20 settembre 2017
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la luce del buio
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La trama del film è alquanto retorica. "La cieca" fa luce finalmente nell'anima di un lui affascinante e modaiolo che consuma i giorni tra il lavoro creativo e l'altrettanta creatività nello giostrarsi tra vari incontri, giocati tutti all'insegna della superficialità e del
sesso. E lo redime, mette ordine in quelle varie trame erotiche di cui lui non ha mai saputo fare a meno e gli fa scoprire il
vero significato dell'amore attraverso un progressivo coinvolgimento dei sensi Sorgono così prima interesse poi curiosità, tenerezza ed infine scoperta di se stesso attraverso una diversa capacità di relazionarsi all'altro.
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La trama del film è alquanto retorica. "La cieca" fa luce finalmente nell'anima di un lui affascinante e modaiolo che consuma i giorni tra il lavoro creativo e l'altrettanta creatività nello giostrarsi tra vari incontri, giocati tutti all'insegna della superficialità e del
sesso. E lo redime, mette ordine in quelle varie trame erotiche di cui lui non ha mai saputo fare a meno e gli fa scoprire il
vero significato dell'amore attraverso un progressivo coinvolgimento dei sensi Sorgono così prima interesse poi curiosità, tenerezza ed infine scoperta di se stesso attraverso una diversa capacità di relazionarsi all'altro. E' per lui, superficiale e menzognero, una escalation verso sentimenti mai saputi che lo eccitano, lo affascinano e coinvolgono al punto da non poter più rinunciare e che lo portano verso una scelta definitiva , " la cieca" appunto
. Ma questa svolta è mostrata nel film con poca profondità, non vi è traccia di scavo interiore nell protagonista, cosa che avrebbe già di per sè costituito la trama di un film a parte,a mio parere. Il ruolo rimane superficiale, da novella televisiva, così come tutto il film, a parte la recitazione che però si muove su tali binari..
Anche la figura della cieca, resa ottimamente dalla protagonista, non rivela tutta la complessità del personaggio, costretta a vivevere con quella cecità sopravvenuta, dopo un suicidio tentato per la disperazione.
Per tutto il film esso rimane monocorde, non vi è mai un momento di cedimento, una sorta di consapevolezza amara, una accettazione sofferta e la sua vita si sgrana con monotonia appagante in un mondo altro dove tutto viene vissuto come ovvietà attraverso quindi una accettazione che neppure l'incontro con l'amore riesce a scardinare. Non credo che in una vita così sconvolta da trovarsi a vivere in un'altra dimensione e costretta a relazionarsi in un mondo non più suo non si abbia mai ripensamenti... Anche questo per la complessità della tematica sarebbe un altro film di persè...
Bella, fresca e quindi vera rimane la figura invece della ragazzina che con la tipica irruenza dei suoi anni finalmente immette nel film una nota di autenticità. Perchè anche la figura dell'amica allegrona mi pare un tantino esagerata e quasi caricaturale di
un altro meccanismo di difesa in cui entrambi i personaggi sono fissati prima lo spostamento (la cieca) ora, in questa sorta di beona, addirittura la negazione
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vanessa zarastro
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lunedì 25 settembre 2017
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ti ricordi di antoine doinel?
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Devo premettere che Silvio Soldini è uno dei miei autori italiani preferiti. Ha fatto vari buoni film, ma a me è piaciuto moltissimo Brucio nel vento del 2002, tratto da un romanzo dell’ungherese Ágota Kristóf, che ho trovato un po’ truffautiano nello spirito. Questa capacità di inserire l’elemento del sogno e di dare spazio alla fantasia all’interno di vite talvolta monotone, mi pare sia una caratteristica di questo regista che si distacca dal neo-neo-realismo di tantissimi autori italiani. Anche quando gira dei documentari – come ne Il fiume ha sempre ragione del 2016 – la carica poetica si unisce a quella tecnica.
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Devo premettere che Silvio Soldini è uno dei miei autori italiani preferiti. Ha fatto vari buoni film, ma a me è piaciuto moltissimo Brucio nel vento del 2002, tratto da un romanzo dell’ungherese Ágota Kristóf, che ho trovato un po’ truffautiano nello spirito. Questa capacità di inserire l’elemento del sogno e di dare spazio alla fantasia all’interno di vite talvolta monotone, mi pare sia una caratteristica di questo regista che si distacca dal neo-neo-realismo di tantissimi autori italiani. Anche quando gira dei documentari – come ne Il fiume ha sempre ragione del 2016 – la carica poetica si unisce a quella tecnica. La sua concezione di cinema sembra essere quella di una “lente attraverso la quale si legge la vita”, che porta avanti con una regia rigorosa, minimalista, e un tocco leggero in contrapposizione ai personaggi inquieti che descrive nei suoi film.
In Il colore nascosto delle cose Soldini affronta il tema della cecità, ma sembra quasi un pretesto per parlare delle donne versus gli uomini. Ha scelto di descrivere il rapporto che nasce tra Emma (una splendida e bravissima Valeria Golino) una fisioterapista non vedente e Teo (il seduttivo Adriano Giannini) un pubblicitario che lavora in un’importante agenzia. Lui è il simbolo del maschio italiano (ma solo italiano?) ancora immaturo a quarant’anni, cioè affetto di peterpanismo, incapace di affrontare le cose per quello che sono, e di dire la verità anche, e specialmente, quando potrebbe far male. Quindi, Teo finisce per comportarsi male con tutte le donne con cui ha un rapporto, anche con quella che crede di amare. Siamo a Roma in un habitat medio borghese – si riconosce il quartiere Flaminio - fatto di edifici alti attorno ad ampi cortili. Teo conosce casualmente Emma partecipando all’esperienza di “Dialogi al buio” in cui si viene guidati in un percorso privo di fonti luminose, cercando di sviluppare gli altri quattro sensi. Lì le persone prive di vista sono avvantaggiate perché abituate all’ascolto, agli odori alle altre sensazioni. Sempre accidentalmente Teo rincontra Emma in un negozio di vestiti femminili. Gli scatta la curiosità - oltre alla vanità della conquista – e va in terapia da lei pur di parlarle e di tentare di sedurla. Man mano impara a conoscerla e scopre che è una donna estremamente differente a tutte quelle che ha conosciuto. Emma è una persona positiva nonostante sia diventata cieca da adolescente, coraggiosa e autonoma. È piena di interessi, ama e cura le piante, ama anche il cinema e la musica, dà ripetizioni di francese a una ragazza anch’essa cieca che non vuole accettare la propria menomazione. Teo sfugge ogni responsabilità anche in famiglia. Il padre gli è morto quando lui aveva sei anni e la madre si era risposata, ma Teo non è riuscito mai ad accettare il patrigno, pertanto non ha fatto altro che sfuggire dal piccolo paesino toscano da cui proveniva: collegio, università, lavoro, donne. Non tornerà a casa neanche per il funerale del patrigno. Sembra che le sofferenze infantili forgino in maniera decisiva i personaggi maschili del cinema: anche Truffaut narrava di Antoine Doinel che aveva patito le cattiverie del patrigno in I quattrocento colpi del 1959, il primo film della serie sulla vita di Antoine.
Nel 2014 Soldini si è trovato in terapia da un osteopata non vedente e su questa idea ha già girato il documentario Per altri occhi – avventure quotidiane di un manipolo di ciechi. Da qui ha costruito questa storia d’amore dove la donna, in quanto essere femminile e per di più non vedente, possiede una sensibilità molto sviluppata contro la quale cozza l’incapacità di essere corretto del “curioso delle donne” per dirla con Alberto Bevilacqua. Il film è stato presentato fuori concorso alla 79ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
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cripar
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lunedì 30 ottobre 2017
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un film poetico e realistico
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Con questo film Silvio Soldini fa vibrare le corde dell'anima grazie a due talentuosi attori come Adriano Giannini e Valeria Golino. Il tema della disabilità visiva viene descritto con diverse sfumature, come tanti sono i colori delle cose, delle situazioni, degli stati d'animo e anche di ciò che non si vede, e così si va dal coraggio di Emma (Valeria Golino) che rimane cieca a 17 anni e ricorda se stessa e i suoi cari come se il tempo non passasse mai, alla leggerezza ironica della sua amica ipovedente, alla paura nell'affrontare qualsiasi ostacolo da parte della giovane amica di Emma (che però alla fine diventerà padrona di se stessa e artefice del lieto fine del film).
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Con questo film Silvio Soldini fa vibrare le corde dell'anima grazie a due talentuosi attori come Adriano Giannini e Valeria Golino. Il tema della disabilità visiva viene descritto con diverse sfumature, come tanti sono i colori delle cose, delle situazioni, degli stati d'animo e anche di ciò che non si vede, e così si va dal coraggio di Emma (Valeria Golino) che rimane cieca a 17 anni e ricorda se stessa e i suoi cari come se il tempo non passasse mai, alla leggerezza ironica della sua amica ipovedente, alla paura nell'affrontare qualsiasi ostacolo da parte della giovane amica di Emma (che però alla fine diventerà padrona di se stessa e artefice del lieto fine del film).
Teo (Adriano Giannini), a causa di un mancato rapporto affettivo col padre che abbandona senza spiegazioni la famiglia, non riuscirà mai ad accettare il patrigno e di conseguenza perderà anche l'affetto della madre e dei fratelli. Tutto ciò lo porta a diventare un quarantenne brillante nel suo lavoro di grafico pubblicitario e un inguaribile Peter Pan a caccia di donne con le quali preferisce instaurare relazioni superficiali e basate sul sesso. Conoscerà l'amore grazie alla conoscenza di Emma, un'osteopata non vedente separata e disillusa che ha imparato a vivere in autonomia con coraggio e determinazione. Non ha però perso la grande sensibilità, anzi, pare proprio che la cecità le abbia regalato doti extra sensoriali sia riguardo le cose che le persone. Dovrà quindi fare i conti anche con la superficialità, l'immaturità e il cinismo di Teo che pare abbia un'estrema difficoltà a vivere le emozioni e i sentimenti. Se all'inizio il bel grafico sembra affascinato da Emma e dal suo mondo, arriverà per lui il momento della paura, paura che potrebbe diventare panico se le emozioni venissero a galla. Ma le emozioni talvolta sono fortissime, anche più della paura e allora non si può far altro che guardarle in faccia. Così farà Teo, quando prende la decisione di andare a trovare sua madre e la sua famiglia, e ritornare per un attimo bambino, un bambino impaurito e confuso che trova conforto nell'abbraccio materno. E' lì che capisce che ha avuto sempre paura di amare. Ma ora l'amore per Emma è fortissimo e non può più scappare, ora non può più vivere senza la sua passione e la sua intensità.
Nel film il tema della cecità viene espresso in maniera realistica e poetica assieme, il regista dimostra un'attenzione curata verso le peculiarità e le problematiche di questo handicap, e riesce a far partecipare emotivamente il pubblico al vissuto che deriva dal potenziamento degli altri quattro sensi, non a caso l'inizio e la fine del film è inscenato al buio, così come la storia nasce e finisce in tal modo, una sorta di narrazione cinematografica e umana dell'essere ciechi.
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florianaavellino
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venerdì 2 febbraio 2018
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nessuno vede il buio
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Affascinante e talentuoso pubblicitario in carriera, Teo ama scherzare con tutti e non si fa avvicinare da alcuno: ha una fidanzata che vorrebbe convivere, “un’amica di letto” a cui fare visita di tanto in tanto e un robottino aspirapolvere ad attenderlo al rientro dal lavoro.
Senza volerlo, l’incontro e l’attrazione per Emma, osteopata non vendente, fragile e allo stesso tempo piena di forza e disposta ad affrontare traumi e dolori lo costringeranno a confrontarsi con il suo passato e lo sfideranno a cambiare il modo di affrontare legami e relazioni.
Con questo film Soldini non lascia spazio a stereotipi e banalità: non incontriamo “una povera cieca” da compatire, lo schema è ribaltato tanto da chiedersi chi salvi chi, mentre la difficoltà oggettiva di perdere la vista e adattarsi a questa condizione diventa un modo per indagare la relazione con l’altro, ma anche e forse soprattutto con sé stessi.
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Affascinante e talentuoso pubblicitario in carriera, Teo ama scherzare con tutti e non si fa avvicinare da alcuno: ha una fidanzata che vorrebbe convivere, “un’amica di letto” a cui fare visita di tanto in tanto e un robottino aspirapolvere ad attenderlo al rientro dal lavoro.
Senza volerlo, l’incontro e l’attrazione per Emma, osteopata non vendente, fragile e allo stesso tempo piena di forza e disposta ad affrontare traumi e dolori lo costringeranno a confrontarsi con il suo passato e lo sfideranno a cambiare il modo di affrontare legami e relazioni.
Con questo film Soldini non lascia spazio a stereotipi e banalità: non incontriamo “una povera cieca” da compatire, lo schema è ribaltato tanto da chiedersi chi salvi chi, mentre la difficoltà oggettiva di perdere la vista e adattarsi a questa condizione diventa un modo per indagare la relazione con l’altro, ma anche e forse soprattutto con sé stessi.
Riuscita l’interpretazione di una Valeria Golino perfettamente calata nella parte e di un Adriano Giannini che fluisce senza strappi nella recitazione.
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