Dunkirk

Tanto per cominciare, hanno sbagliato il titolo: Dunkirk è un villaggio dell'Inghilterra meridionale, vicino Canterbury, mentre il luogo in oggetto si chiama Dunkerque ed è sempre (prima di questo film di risonanza internazionale) stato chiamato così e con quest'appellativo è sempre stato citato in tutti i documentari e film che ho visto sull'argomento. Adesso noto che gli hanno cambiato nome persino su Google Maps, forse in omaggio al film in discussione (!); è come se Roma si chiamasse Rome.

Secondo poi, il film, come si diceva bene una volta, è un "mattone": monocorde, è ulteriormente aggravato dalla confusione temporale creata dall'alternarsi e sovrapporsi dei medesimi fatti, per cui alla fine non si capisce più come fa l'ora degli aviatori a coincidere col giorno dei marinai e dei soldati sulla spiaggia. L'uso, sempre più invalso in molti spettacoli, di voler raccontare parecchie vicende parallele, finisce col confondere lo spettatore sullo svolgimento e sulle conclusioni.

Povera quella nazione che ha bisogno di eroi, diceva Brecht. Gli sfortunati quattrocentomila uomini sulle spiagge di Dunkerque sono stati semplicemente "lasciati andare" dalle forze nemiche, sia perché Hitler aveva esaurito le forze nei mesi precedenti, sia perché, comunque, si rendeva conto che non aveva mai avuto le risorse per invadere e occupare il Regno Unito, per cui contava in una resa britannica. Nemmeno la "strage" promessa da Goering con la sua Luftwaffe si poté attuare, a causa del cattivo tempo. Per fortuna il regista inglese ci ha risparmiato uno di quei disgustosi conati di patriottismo all'americana, mantenendosi sul dignitoso.