Il parco dei dinosauri riapre, 22 anni dopo. Gigantesche e suggestive scenografie, bellissime visite guidate su treni elettrici e sfere a due posti, nuovissime specie di rettili. Ma il risultato non cambia: i carnivori escono dai loro recinti seminando morte e distruzione. Il nuovo mostro è l’Indominus Rex, un ibrido spaventoso e incredibilmente aggressivo che uccide qualunque cosa gli capiti attorno.
Se visto a 22 anni di distanza, il progenitore spielbergiano lascia l’impressione di essere invecchiato benissimo. Nel 1993 il digitale era embrionale e le sequenze panoramiche con i dinosauri imperfette, ma quelle ravvicinate da antologia. Indimenticabili i Velociraptor nella cucina ma soprattutto la pupilla del T-Rex che si contraeva al fascio di luce della torcia.
Tra 22 anni potremo dire lo stesso di Jurassic World? Assai improbabile. L’impianto visivo del film è studiato, la topografia del nuovo parco a tema è dettagliata, mentre l’uso totale del CGI per le creature (ad eccezione forse del collo di uno Diplodocus morente) meraviglia molto meno.
Il pubblico è certamente più scafato, i mostri fanno meno paura anche ai più giovani e questo è l’inevitabile scotto al mordente che un Jurassic World, con così quotati predecessori, si trova a pagare. Ingiusto aspettarsi l’effetto sorpresa che Spielberg si trovò tra le mani col romanzo di Crichton. Oro colato, che più o meno scientificamente mostrava la possibilità di clonare un rettile di 100 milioni di anni fa a partire da una goccia di resina: il tutto spiegato da un filmino nel film, introdotto dal bravissimo John Hammond. Jurassic Park riusciva a legittimare se stesso, addentrandosi persino nella spiegazione etica con gli autorevoli pareri di un cast di spessore: Jeff Goldblum, Sam Neill e l’entusiasta Richard Attenborough. Un senso smarrito già nel comunque discreto sequel sempre firmato Spielberg, e poi perduto definitivamente nell’orrendo terzo capitolo, quasi un B movie.
Jurassic World tenta, in parte, di accennare un effetto nostalgia, facendo vedere alcuni scampoli del vecchio parco con qualche nota della prima colonna sonora. Dall’altra di fare un film nuovo dinamizzando tutto quel che i mezzi antiquati obbligavano ad essere statico. Ne risulta un film certamente spettacolare, ma assai poco affascinante. Un film che propone una lettura godzilliana dei predatori giurassici svuotandoli di quel realismo raggiunto da Spielberg. Un film che coinvolge solo in superficie, e certamente non diventerà un cult.
Alcune invenzioni visive notevoli, come il tratto da luna park (anche acquatico) che va oltre il semplice tour pianificato del 1993, sono oggettivamente affascinanti. Ma i dinosauri non altrettanto, e non solo sembrano meno reali, meno “palpabili” delle teste in animatronic, ma a volte sono fatti anche dannatamente peggio. Le scoperte recenti della paleontologia affermano che non dobbiamo più pensare ai dinosauri come rettili tutti verdi, marroncini o grigi, ma bestie colorate, variopinte. Perciò adesso c’è anche un Blue tra i nuovi raptor, la cui pelle non ha i riflessi umidicci e porosi dei suoi antenati, gli occhi più umanizzati ma non altrettanto vivi.
Perché poi il temibile Indominus Rex abbia l’occhio di Mordor rimane misterioso, e per illustrarcelo la regia offre la medesima scena citata prima, ponendosi a confronto con l’occhio del T- Rex di Spielberg. Anche ora la pupilla si contrae attraverso un vetro e i suoi 22 anni di vantaggio tecnologico non li dimostra affatto.
Il cast non sfigura, ma nemmeno crea veri personaggi come Malcom o il professor Grant. Chris Pratt ha il fisico dell’avventuriero e come tale affronta l’emergenza. Sempre sicuro di sé, lontano dal salvataggio spontaneo di Sam Neill. Claire (Bryce Dallas Howard), perennemente in tacchi e col trucco pesantissimo, è un pesce fuor d’acqua, che mette i brividi solo quando impugna un razzo per attirare il tirare il T – Rex fuori dalla sua gabbia.
Il risultato è che l’ultimo duello tra giganti, in stile disaster movie, sancisce la maggior simpatia del caro vecchio Tirannosauro sul nuovo mostro ibrido, e del vecchio Jurassic Park su questo. Solo un arguto Jake Johnson, che interpreta il personaggio meglio caratterizzato del film, sembra saperla lunga: fin dall’inizio porta la t-shirt del Jurassic Park (con tanto di cazziata del suo capo) e si dimostra scettico circa tutto il nuovo progetto.
Film di puro intrattenimento, che è piacevole se si considera per quello che è: un prodotto da effetto immediato, non destinato a fare epoca e di certo a non migliorare con l’età. In parte si tratta del difetto endogeno di un cinema esausto che vive sulla ripresentazione del passato: in parte la sceneggiatura e la scelta del cast hanno le loro colpe.
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