Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza |
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Un film di Roy Andersson.
Con Holger Andersson, Nisse Vestblom, Lotti Törnros, Charlotta Larsson.
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Titolo originale En Duva Satt På En Gren Och Funderade På Tillvaron.
Commedia drammatica,
Ratings: Kids+16,
durata 100 min.
- Svezia 2014.
- Lucky Red
uscita giovedì 19 febbraio 2015.
MYMONETRO
Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Beckettiano
di ZararFeedback: |
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domenica 22 febbraio 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il film di Andersson, ultimo della sua Trilogia sull’ “essere un essere umano”, si segnala innanzitutto per la sua atipicità: non racconto filmico, ma operazione fortemente intellettualistica di impossibilità di tale racconto, come fu, ad es., – nel territorio del romanzo - la famosa Trilogia di S. Beckett. Assistiamo al succedersi di scene – irrelate o debolmente collegate - che ricordano piuttosto istallazioni di video-art, ciascuna delle quali presenta un momento simbolico della desolata visione dell’umano del nostro regista, che si presenta nuda e dissociata, senza una possibilità di sintesi. Sono piccoli episodi di banalità, dolore, crudeltà, strazio, indifferenza, incomunicabilità, impastati di assurdo, comicità che raramente fa ridere, desolazione, o di quella che il Molloy beckettiano chiamerebbe “la tranquillità della decomposizione”. Personaggi di dolente o deformata espressività, alla Otto Dix, o automi che sembrano involucri del nulla, si muovono lenti come mimi davanti ad una telecamera fissa, in un’atmosfera asettica, uniformemente nitida e giallina, in ambienti che hanno la nudità di un palcoscenico deserto, articolano parole ostentatamente ‘recitate’, che non trovano mai veramente un interlocutore, creano tensioni che si dissolvono nel nulla con un semplice passaggio di scena. Così i due tristi venditori di denti di vampiro e maschere per il carnevale, la baldanzosa ballerina di flamenco respinta dall’oggetto del suo desiderio, i personaggi più diversi che non stanno bene per niente accomunati dal tormentone: “Sono contento/a di sentire che state bene”, la ragazzina goffa con la sua penosa poesiola alla recita scolastica, Carlo XII che irrompe truculento a cavallo in un bar (moderno) prima della campagna contro i Russi, e che vi ritorna sconfitto e mezzo morto trovando il gabinetto occupato, e via così. Un teatro dell’assurdo, che può mescolare reale e immaginario, in cui una canzoncina popolare può materializzarsi come per magia o la desolazione può moltiplicarsi in un gioco di specchi : ad un episodio di abbandono in primo piano fa da contrappunto un episodio di abbandono sullo sfondo, al di là di una vetrata di ristorante. Solo l'amore giovane senza parole sembra salvarsi con la forza della sua fisicità. Nonostante una notevole coerenza espressiva e stilistica, l’operazione di Andersson non riesce a coinvolgerti emotivamente sino in fondo: dopo un ottimo inizio, il film alterna a episodi di grande forza espressiva altri più deboli e ripetitivi, presenta forzature e genera alla lunga una certa stanchezza.
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