Difficile dare una definizione di questo film che mescola stili e direzioni, proponendo alternativamente la chiave romantica, la chiave onirica, la chiave surreale e la chiave psicologica, senza mai trovare la serratura giusta. Lo scrittore americano Tom Ricks, si reca a Parigi per vedere la figlia, da cui lo separa un ordine restrittivo voluto dall'ex moglie, perde bagaglio e portafoglio, si stabilisce in un albergo di periferia e comincia a scendere tutti i gradini della solitudine e della disperazione. L'incontro con una misteriosa donna, ambigua e sensuale, lo trascinerà negli abissi dell'inconscio e un lavoro oscuro lo coinvolgerà in trame sconosciute.
[+]
Difficile dare una definizione di questo film che mescola stili e direzioni, proponendo alternativamente la chiave romantica, la chiave onirica, la chiave surreale e la chiave psicologica, senza mai trovare la serratura giusta. Lo scrittore americano Tom Ricks, si reca a Parigi per vedere la figlia, da cui lo separa un ordine restrittivo voluto dall'ex moglie, perde bagaglio e portafoglio, si stabilisce in un albergo di periferia e comincia a scendere tutti i gradini della solitudine e della disperazione. L'incontro con una misteriosa donna, ambigua e sensuale, lo trascinerà negli abissi dell'inconscio e un lavoro oscuro lo coinvolgerà in trame sconosciute. Una giovane cameriera polacca, pura e ingenua, è l'unico elemento apparentemente catartico, ma anche la sua presenza sarà fonte di ulteriori fraintendimenti e perdite. Il regista polacco Pawlikoski sembra volersi ispirare ad un suo grande compatriota Polanski, e infatti spesso ci troviamo ad andare con la mente all' "Inquilino del terzo piano" dove però le spire della mente erano ben più affascinanti e ipnotiche, mentre qui si rimane su un piano sospeso senza mai affacciarsi veramente sull'abisso, quasi che le suggestioni debbano rimanere vaghe, quasi che il labirinto ossessivo in cui la mente e la vita di Ricks precipitano sempre più non abbia la forza di trasformarsi in scene evocative e significative da un punto di vista filmico. Ethan Hawke e Kristin Scott Thomas restano algidi nei gesti e nelle parole, e la sensazione finale, pur alleviata da alcune scene intense e alcuni snodi originali, è che il film manchi di carattere e di personalità. Troppi indizi disseminati e mai recuperati fanno venir meno quell'affascinante gioco di mistero che è alla base di ogni thriller psicologico, e non basta lo sguardo sinceramente disperato di Hawke nel finale ad emozionare e convincere gli spettatori.
[-]
|
|