La stanza dei suicidi

Un film di Jan Komasa. Con Jakub Gierszal, Roma Gasiorowska, Agata Kulesza, Krzysztof Pieczynski, Bartosz Gelner.
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Titolo originale Sala samobójców. Drammatico, durata 110 min. - Polonia 2011.
   
   
   

La vera realtà è dentro di noi Valutazione 3 stelle su cinque

di Sylya


Feedback: 3126 | altri commenti e recensioni di Sylya
giovedì 21 febbraio 2013

La tematica affrontata è semplice ed al tempo stesso viene mostrata in molti suoi aspetti dinamici che la rendono una trattazione sufficientemente profonda. Non si può dire che al film manchi qualcosa, almeno sotto questo aspetto, e credo che uno dei suoi punti di forza sia proprio il concentrarsi sulla tematica principale, lasciando che le altre affiorino, la arricchiscano, ma non diventino di troppo. D'altronde il suicidio diventa il protagonista della vita di qualcuno che lo desidera ben prima di compierlo. Un'altro punto di forza piuttosto interessante di questa pellicola indubbiamente è la messa in mostra di un mondo che, se viene vissuto da milioni di persone ogni giorno ormai da anni, non è comunque mai stato approfondito cinematograficamente a sufficienza, perlomeno non nel suo integrarsi con il mondo reale: mi riferisco al mondo di internet, in questo caso, e direi finalmente, inserito nel film non come problema o come protagonista-documentario (che è quel che solitamente ci si aspetta e che è sempre stato fatto fino ad ora) ma come *mezzo* per mostrare una realtà che non distingue "reale" o "non-reale" solo dai pixel, ma da quello che vive una persona dentro di sè. Finalmente vediamo la vita di un adolescente del mondo contemporaneo senza il pregiudizio degli antiprogressisti, senza i timori di chi pensa che internet sia una condanna, senza l'attribuzione -banalizzata- di una colpa ad una causa specifica. Vediamo un tutto tondo della nascita di un problema, ne osserviamo la sua trasformazione, gli errori di chi l'affronta ed il suo termine, doloroso eppure inevitabile, come si intuisce fin da subito. I protagonisti sono adeguati, realistici, senza la necessità di esagerare nulla. Ognuno viene approfondito quanto possibile, senza una ricerca spasmodica della psicanalisi, lasciando che sia lo spettatore a dedurre da episodi e comportamenti quali siano le linee guida di ciascuno. 
L'unica cosa che mi ha lasciata perplessa, a parte una certa lentezza del film, è che sembra girato come una fotografia ad obbiettivo aperto, di quelle che ritraggono, sì, il movimento, ma un movimento "fermo". E' un modo diverso di fare del cinema, manca, forse, la suspance a cui Hollywood ci ha abituati, e così il film prende una piega insolita. Al suo termine non abbiamo assistito ad un lungometraggio canonico, ma ad una parentesi di realtà che inizia e finisce con le stesse inquadrature, restando sospesa e quasi inconclusa. Ciò nonostante, ritengo che anche questa scelta, forse neppure consapevole, non faccia che prendere la stessa direzione del film, coronandone lo scopo in modo adeguato.

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