Ruggine |
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Un film di Daniele Gaglianone.
Con Filippo Timi, Stefano Accorsi, Valerio Mastandrea, Valeria Solarino, Giampaolo Stella.
continua»
Drammatico,
durata 109 min.
- Italia 2011.
- Fandango
uscita venerdì 2 settembre 2011.
MYMONETRO
Ruggine
valutazione media:
3,16
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un campo lungo cinematograficodi Reservoir DogsFeedback: 47505 | altri commenti e recensioni di Reservoir Dogs |
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domenica 4 settembre 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Sotto una luce giallastra (quasi grondante di ruggine) due giovani anime conversano su un polveroso materasso, Cinzia e Sandro e poi Cosimo; bambini che trovano nel "Castello", una accozzaglia di ferracci rugginosi, il loro luogo d'esilio, di divertimento, di "involontaria" crescita. A distanza di trent'anni la vita di quei bambini in quell'estate è stata segnata da un fatto; l'arrivo dell'Orco, il Dr Boldrini (Timi), borghese dal pensiero neonazi-fascista, pedofilo e assassino. La banda degli Alveari sarà costretta ad armarsi per difendersi dal mostro lasciando nella propria anima (collettiva) segni laceranti ed indelebili. Come definito dallo stesso Gaglianone alla presentazione del film alla 68° Mostra del Cinema di Venezia: "E' una moderna fiaba nera, dove l'Orco tenta di uccidere i bambini"; una moderna fiaba nera le cui tematiche toccano piaghe odierne, piaghe purtroppo ancora tristemente aperte della pedofilia. Un film sul Potere afferma il regista, un potere decaduto ma ancora persistente, che il dr Boldrini rappresenta ed esercita con le estreme conseguenze. Tratto dal romanzo omonimo di Stefano Massaron, il quarto lungometraggio di Daniele Gaglianone attinge a piene mani da "M - il mostro di Düsseldorf"; il suo Dr. Boldrini, canticchia una macabra canzone come l'Hans Beckert di Fritz Lang e la stessa ombra incute terrore più del corpo stesso. Si ritrovano nel regista anconetano elementi stilistici già presenti nel precedente “Pietro”: apertura dell'obbiettivo con conseguente visione sfocata, quasi si avesse la vista “appannata” per il dolore/pianto e bruschi stacchi d'inquadratura, senza dissolvenza, con ritorno alla precendente inquadratura, come se si volesse tentare invano di distogliere lo sguardo dalle atrocità, “Ora ci vedo, ora non ci vedo” dice il Pietro del film omonimo citando “inconsapevolmente” il Michel Strogoff di Jules Verne. L'igenuità puerile farà ben presto spazio alla necessità di sopravvivenza; se per la banda il dottore risulta divertente, seminudo nel mezzo al prato, per "l'adulto" fruitore il peggio sta per riverificarsi. Si raggiunge dunque la presa di coscienza: “i grandi non ci crederebbero mai” con l'incosapevolezza, dopo il fatto, di essere diventati comunque "Adulti". Si torna dunque alla "ruggine" che all'inizio cadeva dall'alto, ruggine che si è attaccata al corpo ed è penetrata all'interno "bloccando" le vite del gruppo, un amore mai sbocciato completamente, un amicizia perduta, il tempo passa e i tre si allontanano e "Un campo lungo cinematografico" (canzone delle Luci della centrale elettrica) nella metropolitana dei titoli di coda diventa necessario per un illusorio(?) ritrovo.
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